Abstract
L’insufficienza renale cronica (CKD) è una condizione clinica associata ad un elevato rischio di eventi cardiovascolari (CV), mortalità e progressione verso la fase terminale della malattia, anche nota come kidney failure (KF). La CKD è caratterizzata da una ampia variabilità di progressione, che dipende in parte da una variabilità di risposta individuale ai trattamenti nefroprotettivi. Da ciò ne consegue che un consistente numero di pazienti presenta un elevato rischio residuo sia CV che renale, confermato dal fatto che circa il 70% dei pazienti seguiti dal nefrologo ha proteinuria elevata. Tra i nuovi farmaci, che sono stati sviluppati proprio con lo scopo di minimizzare tale rischio residuo, una classe di particolare interesse è rappresentata dai nuovi antagonisti recettoriali dei mineralocorticoidi non steroidei (MRA non-steroidei). Tali farmaci esercitano un importante effetto anti-fibrotico e anti-proteinurico e, a differenza degli MRA steroidei, sono associati ad un’incidenza di effetti avversi nettamente inferiore. La molecola MRA non-steroidea di cui sono disponibili più dati è il finerenone, che è potente ed estremamente selettivo e questo ne spiega in parte le differenze in termini di efficacia e sicurezza rispetto agli MRA steroidei. Nei trials clinici, il finerenone ha dimostrato di ridurre significativamente il rischio di progressione verso la KF. Inoltre, ci sono anche evidenze che la combinazione degli MRA non-steroidei insieme agli inibitori dei canali SGLT2 possa rappresentare una valida opzione terapeutica per ridurre il rischio residuo nei pazienti CKD. Date queste evidenze, gli MRA non-steroidei stanno acquisendo slancio nella cura, ed in particolare nella cura individualizzata, dei pazienti con CKD.
Parole chiave: CKD, epidemiologia, aldosterone, iperpotassiemia, insufficienza renale, rischio cardiovascolare