CKD-MBD in Dialisi Peritoneale

Abstract

La CKD-MBD definisce un disordine sistemico del metabolismo minerale ed osseo secondario alla CKD. La rilevanza clinica di tale sindrome ha portato ad identificare i target biochimici da raggiungere al fine di migliorare l’outcome del paziente. Tuttavia nella maggior parte dei pazienti, sia in trattamento emodialitico (HD) che in dialisi peritoneale (DP), tali target non vengono raggiunti. L’iperfosforemia è un predittore di mortalità cardiovascolare e per tutte le cause. In DP la rimozione del fosforo (P) avviene sia tramite diffusione che convezione, con un contributo dell’ultrafiltrazione pari a circa l’11%. La clearance del P è tempo dipendente, con differenze tra CAPD e APD e in base alle caratteristiche di trasporto della membrana. La funzione renale residua svolge un ruolo fondamentale nel bilancio del P in questi pazienti. La clearance del calcio (Ca) in DP dipende dai livelli di calcemia, dalla concentrazione di calcio nel dialisato e dall’ultrafiltrazione. Bilanci di Ca positivi favoriscono l’insorgenza di malattia adinamica dell’osso. Diverse sostanze prodotte dall’osso, alcune delle quali con azione di tipo ormonale, hanno gettato nuova luce sull’asse osso-sistema cardiovascolare. Le funzioni ormonali dell’osso sono verosimilmente correlate con le lesioni istologiche che si sviluppano in corso di insufficienza renale cronica. I dati recenti mostrano differenze meno evidenti rispetto al passato tra i quadri istomorfometrici dell’osso nei pazienti in HD rispetto ai pazienti in PD. Tuttavia in questi ultimi pazienti sembra esserci un minor numero di eventi fratturativi, probabilmente per la differente qualità dell’osso.

Parole chiave: CKD-MBD, dialisi peritoneale, calcio, fosforo, malattia adinamica dell’osso

Nel corso degli ultimi anni numerose evidenze scientifiche hanno mostrato una stretta correlazione tra i disordini del metabolismo minerale, le anomalie ossee, le calcificazioni extrascheletriche e l’aumento della morbilità e mortalità nei pazienti con malattia renale cronica (1). La tradizionale definizione di osteodistrofia renale non esprimeva in maniera completa questa sindrome complessa che invece è stata riconosciuta tale e ha preso il nome di CKD-Mineral Bone Disorders (Madrid 2005). Pertanto il termine CKD-MBD definisce un disordine sistemico del metabolismo minerale ed osseo dovuto alla malattia renale cronica che si manifesta in presenza di una sola o una combinazione delle seguenti condizioni: alterazioni dei parametri di laboratorio (calcemia, fosforemia, PTH, vitamina D); anomalie nel turnover, nella mineralizzazione, nel volume, nella crescita lineare o nella resistenza dell’osso; calcificazioni vascolari o dei tessuti molli (2). 

La visualizzazione dell’intero documento è riservata a Soci attivi, devi essere registrato e aver eseguito la Login con utente e password.

Pratica clinica per la diagnostica delle aritmie cardiache in pazienti in terapia renale sostitutiva: dati di una survey lombarda

Abstract

Tra i pazienti in dialisi il 40% dei decessi è dovuto a cause cardiovascolari e, delle morti ad eziologia cardiaca, il 60% è su base aritmica. Scopo di questa survey, eseguita con il supporto organizzativo della sezione lombarda della Società Italiana di Nefrologia, è di valutare la frequenza e la modalità di utilizzo dei comuni strumenti non invasivi per la diagnosi di aritmia cardiaca nei centri dialisi della Lombardia. Sono anche state richieste informazioni relative alla prevalenza e tipologia dei devices cardiaci in questa popolazione, al 1 dicembre 2016. Sono stati raccolti i dati di 18 centri, per un totale di 3395 pazienti in terapia renale sostitutiva, di cui 2907 (85.6%) in emodialisi e 488 (14.4%) in dialisi peritoneale. Tutti i centri utilizzano l’ECG a 12 derivazioni in caso di insorgenza di sintomi suggestivi di un evento aritmico e i 2/3 eseguono l’esame con cadenza programmata (in genere una volta l’anno). Non viene utilizzato l’ECG Holter 24 ore come strumento diagnostico di routine. La percentuale di devices cardiaci è relativamente elevata, rispetto ai dati riportati in letteratura: n=259, pari al 7.6% della popolazione. I pazienti portatori di pacemaker sono 166 (4.9%), quelli con defibrillatore intracardiaco 52 (1.5%), con terapia di risincronizzazione 18 (0.5%) e con terapia di risincronizzazione e defibrillatore 23 (0.7%). La survey fornisce interessanti informazioni e può costituire un importante punto di partenza per cercare di ottimizzare la pratica clinica e la collaborazione tra nefrologi e cardiologi davanti a un problema importante come quello della patologia aritmica nei pazienti in terapia renale sostitutiva.

PAROLE CHIAVE: Aritmie, emodialisi, dialisi peritoneale, elettrocardiogramma, ecocardiogramma, devices cardiaci

Introduzione e background

Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di mortalità e morbilità nei pazienti con insufficienza renale terminale. Tra i pazienti in dialisi il 40% dei decessi è dovuto a cause cardiovascolari e, delle morti ad eziologia cardiaca, il 60% è su base aritmica (1, 2).

Le aritmie più frequenti tra i dializzati sono la fibrillazione atriale (FA), le aritmie ventricolari complesse e le bradiaritmie.

La prevalenza riportata di FA tra i dializzati è elevata ed è pari al 12% (3), anche se l’aritmia è probabilmente sottodiagnosticata. Nella popolazione generale una delle possibili cause di ictus criptogenetico, ossia un evento ischemico cerebrale in assenza di un’eziologia ben definitiva, sono gli episodi subclinici di FA parossistica asintomatica, che vengono documentati solo in seguito a specifiche indagini di monitoraggio (tramite ECG Holter o loop recorder). Dallo studio ASSERT (4) emerge che i pazienti che presentavano tachiaritmie atriali subcliniche avevano un aumentato rischio di sviluppare sia FA clinica, sia ictus ischemico o trombo-embolia periferica. Vista l’elevata prevalenza e incidenza di ictus nei pazienti dializzati (5) è possibile che anche in questa popolazione una parte degli episodi cerebrovascolari possa essere attribuibile a episodi di FA non diagnosticati. Come nella popolazione generale la presenza di FA anche nei pazienti con insufficienza renale terminale è associata ad un aumento di mortalità totale e cardiovascolare (6). 

La visualizzazione dell’intero documento è riservata a Soci attivi, devi essere registrato e aver eseguito la Login con utente e password.

La Dialisi Peritoneale in Italia: il censimento del GSDP-SIN 2012 (CS-12)

Abstract

OBIETTIVI Conoscere modalità e risultati della DP in Italia.

METODI Il Censimento (Cs-12) è stato condotto mediante un questionario on-line in tutti i 224 Centri pubblici non pediatrici che hanno utilizzato la DP nel 2012. I risultati sono stati confrontati con quelli dei precedenti.

RISULTATI
Incidenza. Nel 2012 hanno iniziato la DP (1° trattamento) 1.433 pz (CAPD: 54,3%) e l’HD 4.700 pz (incidenza-DP%= Cs-12: 23,4%; Cs-10: 23,3%; Cs-08: 22,8%; Cs-05: 24,2%; p=NS), con un ulteriore aumento della DP incrementale (Cs-12: 28,8%; Cs-10: 22,8%; Cs-08: 18,3%; Cs-05: 11,9%; p<0,001).
Prevalenza. Al 31/12/12 erano in DP 4.299 pz (CAPD: 46,1%) (prevalenza-DP%= Cs-12: 17,1%; Cs-10: 16,6%; Cs-08: 16,7%; Cs-05:16,8%; p=NS) di cui il 24,5% in DP assistita (familiare: 82,3%; badante: 12,4%; infermiere: 0,7%;  RSA: 3,0%).
Out. Nel 2012 il drop out non si è modificato (30,9 ep/100 anni-pz) (morte: 481; Tx: 290; a HD: 511 pz). Motivo principale di trasferimento ad HD è rimasta la peritonite (28,2%).
Peritoniti. L’incidenza di peritonite (1.179 episodi) è stata 0,284 ep/anni-pz.
EPS. L’incidenza di nuovi casi di EPS nel biennio 2011-12 (43 casi=0,505 ep/100 anni-pz) è sovrapponibile al passato (2009-10= 0,529; 2004-08= 0,701 ep/100 anni-pz).
Other results. Rispetto al 2010, nel 2012 è aumentato il numero di Centri che utilizzano il 3,86% per il PET (30,8% vs 15,6%-p<0.001), mentre è rimasto invariato il numero di quelli che fanno le visite domiciliari (56,3 vs 59,4%).

CONCLUSIONI Cs-12 conferma stabilità e buoni risultati della DP in Italia. La DP incrementale è in aumento, l’EPS rimane un evento raro.

Parole chiave: Dialisi Peritoneale, Dialisi Peritoneale Incrementale, Dp Assistita, Fallimento Della Tecnica, Peritoniti, Visite Domiciliari

INTRODUZIONE

L’utilizzo della dialisi peritoneale (DP) in Italia è risultato confinato, nel 2012, ad una incidenza del 12,8% ed una prevalenza del 9,8% (1) se si considerano tutti i Centri Dialisi, anche quelli che non utilizzano la metodica, ed è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi anni, sempre comunque con una notevole variabilità da regione a regione e da centro a centro (2). L’utilizzo della DP viene rilevato dal Gruppo di Studio della DP (GSDP) della Società Italiana di Nefrologia (SIN) mediante un Censimento, condotto ogni 2 anni, di tutti i Centri che utilizzano la DP.

In questo report sono presentati i risultati dell’edizione condotta nel 2013-14 e relativa all’anno 2012 (Cens-12), confrontati con quelli degli anni precedenti: 2005 (Cens-05) e 2008 (Cens-08) (3), 2010 (4) e con i dati internazionali.
 

La visualizzazione dell’intero documento è riservata a Soci attivi, devi essere registrato e aver eseguito la Login con utente e password.