L’aspetto educativo nella promozione della dieta iposodica, dell’attività fisica e dell’aderenza alle terapie in pazienti con malattia policistica autosomica dominante: una revisione della letteratura

Abstract

Background. La malattia del rene policistico (ADPKD) è la causa monogenica più comune di insufficienza renale allo stadio finale (ESRD) e, conseguentemente, di trapianto di rene e dialisi. Interventi educativi volti a favorire l’aderenza dei pazienti alla terapia, alla pratica dell’attività fisica e alla dieta adeguata possono rallentare la progressione della malattia sviluppando nel paziente competenze di autocura utili a promuovere la sua autonomia, conciliando al meglio i suoi progetti di vita con i trattamenti richiesti.
Lo scopo di questa revisione è analizzare l’aderenza dei pazienti con rene policistico alla terapia farmacologica, alla dieta a basso contenuto di sodio e all’attività fisica, così come evidenziato nella letteratura clinica, al fine di orientare interventi educativi strutturati.
Metodi. È stata condotta una revisione della letteratura dal 01/09/2021 al 30/12/2022 attraverso la combinazione di parole chiave libere e termini MeSH sui database: PubMed, CINAHL e Cochrane.
Risultati. I risultati della letteratura mostrano come l’attività fisica sia in grado di migliorare il controllo della pressione arteriosa, mentre osservare una dieta a basso contenuto di sodio possa rallentare la progressione verso l’ESRD. Inoltre, nonostante i pazienti sembrino essere aderenti alla complessa terapia farmacologica, emergono richieste educative inerenti alle scelte e ai comportamenti della vita quotidiana che, coinvolgendo la sfera dei sentimenti e delle emozioni, possono evolvere in manifestazione di ansia e stress.
Conclusione. Nei pazienti affetti da ADPKD, un supporto educazionale personalizzato, che consideri lo stadio della malattia e i fattori psicologici, può far acquisire conoscenze, abilità e comportamenti capaci di migliorare gli outcome clinici.

Parole chiave: rene policistico autosomico dominante, educazione del paziente, gestione della malattia

Introduzione

La malattia del rene policistico autosomico dominante (ADPKD) è la malattia renale ereditaria più diffusa [13], la cui prevalenza è compresa tra 1 su 400 e 1 su 1.000 nati vivi [2]. Questa è causata principalmente dalle mutazioni dei geni PKD1 e PKD2 ed è caratterizzata dallo sviluppo di cisti renali che aumentano progressivamente di numero e dimensione, compromettendo gravemente la qualità di vita e la funzione renale fino a causare insufficienza renale cronica (IRC) terminale nel 50% dei pazienti [1, 4, 5]. Tra le malattie che richiedono la terapia dialitica, il ADPKD è la quarta per incidenza e prevalenza. In Italia sono almeno 32.000 i pazienti affetti da ADPKD, dei quali circa 2900 in dialisi [6]. Le strategie primarie utili a prevenire lo sviluppo e la progressione della IRC nei pazienti con ADPKD includono interventi diretti a correggere i molteplici fattori che possono peggiorare la funzione renale, oltre all’identificazione e alla cura precoci della patologia. La sedentarietà, l’alimentazione inadeguata e la mancata aderenza alle terapie possono essere incluse tra i fattori di progressione. Lo stile di vita può essere perciò un importante complemento degli interventi terapeutici-farmacologici specifici per il ADPKD [7, 8].

La dieta assume un ruolo fondamentale per il benessere dei pazienti affetti da ADPKD, soprattutto la corretta assunzione di sale [9], poiché la limitazione del consumo alimentare di sodio-cloruro contribuisce a mantenere normali i valori della pressione arteriosa e a ridurre la crescita delle cisti renali [9, 10], rallentando così la progressione della malattia [1, 11]. L’attività fisica riveste un ruolo importante per l’evoluzione della IRC nei pazienti con ADPKD, infatti gli studi sull’argomento hanno dimostrato che l’esercizio e la performance fisica diminuiscono il peggioramento funzionale renale [12, 13] e riducono il rischio di morbilità e mortalità [14]. L’esercizio fisico favorisce un aumento della capacità di utilizzo tissutale dell’ossigeno e un miglior controllo della pressione arteriosa e della funzione cardiovascolare attraverso la liberazione di specifici mediatori biochimici, miochine, da parte delle cellule muscolari striate, che determinano un complessivo miglioramento delle condizioni generali [15, 16].

L’ADPKD ha un impatto negativo sulla qualità della vita dei pazienti, non solo perché è causa di IRC, ma anche perché causa disturbi invalidanti quali dolore addominale, ipertensione, ematuria, infezioni del tratto urinario, nefrolitiasi. Tutto questo è motivo di stress e frustrazione con conseguente elaborazione di nuove strategie di adattamento [17, 18]. Tra le criticità cliniche è stata soprattutto sottolineata la scarsa aderenza terapeutica, che è responsabile di complicanze ed eventi avversi potenzialmente evitabili [19] e della inefficacia delle terapie farmacologiche, con conseguente aumento delle complicanze cliniche [19, 20]. A tal proposito programmi educativi che stimolavano i pazienti alla attiva gestione della malattia hanno ottenuto un miglioramento della compliance terapeutica, degli esiti clinici e della qualità della vita [2123].

L’obiettivo di questa revisione è stato perciò quello di valutare se interventi educativi dedicati alla promozione dell’aderenza alla dieta iposodica, alla terapia farmacologica e alla pratica della attività fisica sono in grado di rallentare il peggioramento della funzionalità renale e migliorare la qualità della vita nei pazienti affetti da ADPKD.

 

Materiali e metodi

Con lo scopo menzionato, è stata condotta una revisione narrativa della letteratura seguendo la linea guida Preferred Reporting Items for a Systematic Review and Meta-Analysis guidelines PRISMA [24]. Essendo una revisione narrativa della letteratura, non tutti gli item suggeriti dalle linee guida di reporting sono stati seguiti; in particolare non sono stati seguiti gli item relativi alla valutazione della qualità degli studi.

La strategia di ricerca ha incluso la costruzione delle stringhe di ricerca per le quali è stato utilizzato il metodo PIO (Popolazione-Intervento-Outcome): Quali strategie educative si possono mettere in atto per migliorare l’aderenza alla terapia farmacologica, alla dieta iposodica e all’attività fisica nei pazienti con ADPKD?

È stata condotta una ricerca bibliografica dal 01/09/2021 al 30/09/2022. Gli articoli rilevanti sono stati identificati attraverso la ricerca nelle banche dati: CINAHL, Medline-PubMed e Cochrane Library senza limiti temporali. I limiti impostati riguardavano esclusivamente la lingua inglese e italiana. La ricerca è stata effettuata utilizzando come parole chiave “autosomal dominant polycystic kidney”, “polycystic kidney disease”, “education”, “patient education as topic”, “empowerment patient education”, “patient outcome assessment”, “patient outcome”, “treatment adherence”, “physical activity” attraverso termini liberi e MESH combinati con gli operatori booleani AND e OR.

Gli studi sono stati selezionati con i seguenti criteri di inclusione: (1) studi primari (sperimentali, quasi-sperimentali, osservazionali, qualitativi), (2) studi secondari che includevano pazienti adulti di età > 18 anni con diagnosi di ADPKD [25], (3) studi che trattavano i temi dell’aderenza alla terapia farmacologica e/o alla dieta iposodica e all’attività fisica nei pazienti affetti da ADPKD, (4) studi che trattavano la qualità di vita dei pazienti con diagnosi di ADPKD.

Sono stati esclusi gli studi con le seguenti caratteristiche: (1) studi che trattavano pazienti in trattamento dialitico o trapiantati, (2) o pazienti pediatrici; (3) studi non disponibili in lingua inglese o italiana, (4) studi che trattavano raccomandazioni farmacologiche.

La ricerca bibliografica ha inizialmente identificato 532 lavori dai tre database elettronici: 327 in PubMed, 103 in CINHAL e 102 articoli in Cochrane. A seguito della rimozione di 205 duplicati sono stati considerati 327 articoli, sottoposti successivamente a una fase di screening per titolo e abstract, attraverso la quale sono stati esclusi altri 260 studi; in questo modo un totale di 67 studi sono stati considerati per la lettura full text. Nella fase di eleggibilità, a seguito della lettura full text sono stati esclusi altri 50 studi in quanto non corrispondevano ai criteri di inclusione. Gli articoli che rispettavano i criteri di eleggibilità richiesti per la revisione sono stati 17, dai quali sono stati esclusi ulteriori 11 studi perché non consideravano pazienti con ADPKD (n=5), oppure non rispettavano i nostri criteri di inclusione (n=4) oppure valutavano terapie farmacologiche (n=1). Attraverso una scansione manuale degli articoli è stato identificato un ulteriore articolo mancante dalla strategia di ricerca. Pertanto, 7 sono gli studi inclusi nella seguente revisione. Il relativo PRISMA flow diagram (Figura 1) descrive graficamente il processo di screening, selezione ed inclusione degli articoli. Il processo di estrazione dei dati è rappresentato dalla seguente tabella (Tabella 1).

Figura 1. PRISMA flow diagram del processo di screening, selezione ed inclusione degli articoli valutati in questa ricerca.
Figura 1. PRISMA flow diagram del processo di screening, selezione ed inclusione degli articoli valutati in questa ricerca.
Titolo, autori e anno Tipo di studio,  popolazione, obiettivo e strumenti utilizzati Outcome Risultati
10-Year Evaluation of Adherence and Satisfaction with Information about Tolvaptan in ADPKD: A Single-Center Pilot Study

 

Schirutschke, H., Gross, P., Paliege, A., & Hugo, C.

 

2021

–   Studio Osservazionale

–   12 pazienti

–   Indagare l’aderenza alla terapia con Tolvaptan

–   Questionari: MARS-D SIMS-D

Aderenza e soddisfazione delle informazioni ricevute sulle terapie farmacologiche

Il questionario MARS-D ha mostrato un alto grado di aderenza a Tolvaptan con una conta mediana di 23,5 punti (intervallo: 5 punti).

Il questionario SIMS-D AU ha mostrato un alto livello di soddisfazione per le informazioni ricevute, in particolare informazioni sull’azione e l’uso di tolvaptan (Punteggio somma mediana: 9, Intervallo: 1). 9 pazienti (75%) erano completamente soddisfatti delle informazioni ricevute sull’azione e l’uso di tolvaptan (9 punti ciascuno) e 3 pazienti (25%) hanno ottenuto un punteggio di somma di 8 punti.

Salt, but not protein intake, is associated with accelerated disease progression in autosomal dominant polycystic kidney disease

 

Kramers, B. J., Koorevaar, I. W., Drenth, J. P. H., de Fijter, J. W., Neto, A. G., Peters, D. J. M., Vart, P., Wetzels, J. F., Zietse, R., Gansevoort, R. T., & Meijer, E.

 

2020

–   Studio Osservazionale di coorte

–   589 pazienti

–   Effetto dell’assunzione di sale e proteine sulla progressione della malattia

–   Sodio urinario 24h

Aderenza alla dieta iposodica L’associazione dell’assunzione dietetica con la variazione annuale della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) e la crescita del volume renale. Lo studio mostra in follow-up mediano di 4 anni che l’assunzione di sale era significativamente associata a una variazione annuale dell’eGFR di -0,11 (intervallo di confidenza al 95% 0,20 – 0,02 ml/min/1,73 m2) per grammo di sale con un’assunzione media di sale stimata era di 9,1 g/die.
Rationale and design of the TEMPO (Tolvaptan Efficacy and Safety in Management of Autosomal Dominant Polycystic Kidney Disease and its Outcomes) 3-4 Study.

 

Torres, V. E., Meijer, E., Bae, K. T., Chapman, A. B., Devuyst, O., Gansevoort, R. T., Grantham, J. J., Higashihara, E., Perrone, R. D., Krasa, H. B., Ouyang, J. J., & Czerwiec, F. S

 

2011

–   Osservazionale

–   241 pazienti

–   Valutare l’associazione dell’assunzione di sale con la dieta e la progressione strutturale della malattia (aumento di volume renale) o funzionale (declino del filtrato glomerulare),

–   Sodio urinario 24h

Aderenza alla dieta iposodica L’assunzione di sale nella dieta è stata associato a un aumento del volume renale e a una diminuzione del filtrato glomerulare (eGFR).
Effects of individualized exercise program on physical function,psychological dimensions, and health‐related quality of life in patients with chronic kidney disease: A randomized controlled trial in China

 

Tang, Qing; Yang, Bin; Fan, Fengyan; Li, Ping; Yang, Lei; Guo, Yujie

 

2016

–   RCT

–   84 pazienti 42 gruppo di controllo 42 gruppo sperimentale

–   Esaminare gli effetti di un programma di esercizi domiciliari di 12 settimane sulla funzione fisica, le dimensioni psicologiche e la qualità della vita correlata alla salute per i pazienti con malattia renale cronica.

–   STS10 è una misura del tempo impiegato da un partecipante per alzarsi da una sedia e siediti 10 volte, il che riflettefunzione di forza muscolare delle estremità. 6MWT è una misura affidabile della funzione fisica, che dimostra il massimo distanza che i pazienti possono percorrere in 6 minuti. Lo stato psicologico è stato valutato utilizzando HAD l’Ansia Ospedaliera (HAD-A) e Scala della depressione (HAD-D) e KDQOL-36™, per valutare la qualità della vita correlata alla salute generale dei pazienti.

Aderenza all’ esercizio fisico e qualità di vita Il test del cammino di sei minuti e STS10 erano principalmente simili tra i 2 gruppi al basale (p = .527 e p = .287, rispettivamente). Dopo12 settimane di allenamento fisico, sono stati osservati miglioramenti significativi in pre e post tra i 2 gruppi per quanto riguarda 6MWT (t = 14.655, p < .001) e misure STS10 (t = −7.251,
p < .001). I pazienti nel gruppo di esercizio hanno dimostrato miglioramenti significativi nei punteggi di autoefficacia rispetto a quelli del gruppo di controllo: variazione media 6,64 (6,92) contro -3,72 (6,80). Prima dell’inizio del programma di esercizi,
i punteggi HAD-A e HAD-D ≥ 8 rappresentavano il 29,76% e il 36,90%, rispettivamente. Dopo l’intervento, si sono verificate tendenze decrescenti in entrambi i punteggi di HAD-A e HAD-D, con proporzioni punteggio ≥8 ridotto a 21,43% contro 25%. Differenze significative sono state rilevate tra i dati di base e quelli post-test suggerendo effetti benefici per i punteggi HAD-A (t = -3,059; p = .003) e HAD-D (t = -3.064; p = .003). Tutti i domini di KDQOL-36™ hanno mostrato differenze significative dopo 12 settimane di esercizio. Per quanto riguarda il sintomo/elenco dei problemi, il cambiamento medio nel gruppo di intervento è stato significativamente superiore al gruppo di controllo (Z = -2.675; p = .007). Per gli effetti di malattia renale, la variazione media nel gruppo sperimentale era significativamente superiore a quella del gruppo di controllo (Z = -2,839; p = 0,005). Anche i punteggi medi di cambiamento del carico di malattia renale, SF-12, PCS (componente fisica) e SF-12 MCS (componente mentale) erano significativamente differenti (p <.001, p = .045, p = .002).
Dietary salt restriction is beneficial to the management of autosomal dominant polycystic kidney disease

 

Torres VE, Abebe KZ, Schrier RW, et al.

 

2017

–   RCT

–   1044 pazienti

–   Esaminare l’aderenza alle prescrizioni dietetiche, in particolare indagare l’effetto dell’assunzione di sale nella dieta sui tassi di variazione del volume renale e sulla velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR)

–   Sodio urinario 24h

Aderenza alla dieta iposodica Un introito medio di sale di 10 g/die al controllo basale, valutato attraverso l’escrezione urinaria di sodio. Lo studio ha altresì confermato la relazione tra l’elevato contenuto di sodio nella dieta e l’aumento del volume renale durante un follow-up di 8 anni.
Understanding barriers to medication, dietary, and lifestyle treatments prescribed in polycystic kidney disease

 

Tran, W. C., Huynh, D., Chan, T., Chesla, C. A., & Park, M.

 

2017

–   Studio Qualitativo

–   17 pazienti

–   Esplorare i modelli di percezione della malattia dei pazienti con PKD per rivelare barriere nell’aderenza alle terapie prescritte; soddisfazione per le cure mediche.

–   Intervista

Aderenza all’ esercizio fisico e alla dieta iposodica I pazienti affetti da malattia policistica di questo studio erano altamente motivati e disposti al controllo della propria pressione sanguigna, all’esercizio fisico e ad osservare una dieta a basso contenuto di sale. Gli ostacoli all’adesione a queste terapie includono convinzioni personali e confusione a causa di raccomandazioni poco chiare da parte dei sanitari.
Understanding the physical and emotional impact of early-stage ADPKD: experiences and perspectives of patients and physicians.

 

Baker, A., King, D., Marsh, J., Makin, A., Carr, A., Davis, C., & Kirby, C.

 

2015

–   Studio Qualitativo

–   80 pazienti

–   Determinare l’esperienza e l’impatto dell’ADPKD sui pazienti in fase iniziale della malattia.

–   Intervista approfondita

Aderenza alla gestione della malattia (controllo pressorio attraverso la dieta iposodica) In questo studio sono stati riportati considerevoli sintomi fisici della malattia allo stadio iniziale da pazienti con malattia allo stadio iniziale. L’88% del campione ha riportato sintomi tra cui mal di schiena, dolore addominale o renale, affaticamento, dispnea, debolezza e malessere generale. Tali sintomi influiscono sull’aspetto emozionale nella gestione generale della malattia.
Tabella 1. Tabella di estrazione dati.

 

Risultati

I 7 lavori dichiarati eleggibili includevano tre studi osservazionali [2628], due studi randomizzati controllati (RCT) [29, 30] ed infine sono stati considerati tre studi qualitativi [31, 32].

Aderenza alla terapia da parte dei pazienti con ADPKD

Due studi qualitativi [31, 32] hanno esplorato l’aderenza alla terapia e alla dieta iposodica nei pazienti con ADPKD attraverso un’intervista; questi studi ponevano l’accento sulla percezione della malattia da parte del malato, senza necessariamente riportare le frequenze dei disturbi o altri dati quantitativi. Il primo studio [32] ha indagato 80 pazienti affetti da ADPKD nella fase iniziale della malattia e ha evidenziato tre temi principali: sintomatologia, gestione della malattia ed effetti emotivi scaturiti dalla comunicazione della diagnosi. In particolare, gli Autori si sono occupati del dolore, del controllo pressorio e dell’aderenza ai controlli medici: tra i pazienti con CKD in stadio 1-2 (25 pazienti), l’88% (22 pazienti) riferiva almeno uno di questi sintomi che in alcuni di essi avevano severità tale da impedire il lavoro e l’esercizio fisico. Il secondo studio [31] ha esplorato i modelli di percezione della malattia in 17 pazienti con ADPKD, indagando l’aderenza alla terapia antipertensiva, all’attività fisica, all’introito idrico, alla dieta iposodica. I risultati dello studio hanno dimostrato che molti pazienti erano altamente motivati a mantenere l’aderenza alla terapia antipertensiva (16 pazienti su 17) e alla dieta iposodica (14 pazienti su 17), nonché ad implementare l’esercizio fisico (14 pazienti su 17) e a controllare la pressione sanguigna (17 pazienti su 17). Entrambi gli studi ribadivano l’importanza del coinvolgimento dei pazienti nella gestione della malattia focalizzandosi sul fatto che raccomandazioni incentrate sul self-care possono migliorare i sintomi e ridurre le eventuali complicanze della malattia.

Infine, un recente studio osservazionale pilota [26] ha considerato 12 pazienti in terapia con Tolvaptan da 10 anni. L’aderenza al farmaco, a differenza dei precedenti due studi, è stata misurata con metodi quantitativi attraverso il questionario MARS-D (Medication Adherence Report Scale) che attraverso cinque elementi otteneva un punteggio tra 5 e 25 che esprimeva in maniera crescente l’aderenza alla terapia con Tolvaptan. I risultati del questionario hanno mostrato un alto grado di aderenza a Tolvaptan da parte dei pazienti con un conteggio mediano di 23,5 punti.

Aderenza alla dieta iposodica e accrescimento del volume renale

Torres e colleghi [30] hanno condotto uno studio osservazionale sull’apporto di sodio in 241 pazienti durante un follow-up di 6 anni. I pazienti avevano un intake medio di sale di 11 gr/die rilevato dall’escrezione urinaria di 24 ore. I ricercatori hanno mostrato che i pazienti con più alto valore di sodio urinario al prelievo basale sviluppavano un maggiore incremento del volume renale nei 3 e 6 anni successivi. Anche Kramers e colleghi [27] hanno studiato l’associazione tra l’assunzione di sale e proteine e la progressione della malattia in una coorte di 589 pazienti con ADPKD. Anche in questo caso l’assunzione di sale e proteine è stata stimata dall’escrezione urinaria di sodio/cloro e urea nelle 24 ore mentre la concentrazione plasmatica di copeptina è stata misurata come surrogato della vasopressina. I pazienti arruolati nello studio avevano un eGFR mediano di 64 ml/min/1,73 m2 e un htTKV mediano di 880 ml/min e sono stati seguiti per 4 anni (valore mediano). In questi pazienti l’assunzione media stimata di sale era di 9,1 g/die, mentre quella di proteine era di 84 g/die. La loro assunzione di sale era significativamente associata a una riduzione dell’eGFR di -0.11 ml/min/1,73 m2 per grammo di sale per anno (95% CI – 0.20-0.02). Il consumo di proteine non risultava viceversa correlato alle variazioni del volume renale. L’associazione tra l’assunzione di sale e il declino del eGFR risultava significativamente associato alla copeptina plasmatica, ma non alla pressione sistolica.

Oltre al precedente studio, Torres e colleghi hanno condotto uno studio randomizzato controllato di su 1044 affetti da ADPKD in trattamento antipertensivo [29] allo scopo di esplorare la relazione tra l’assunzione di sale, la pressione arteriosa e il blocco Renina Angiotensina Aldosterone. Ai partecipanti allo studio è stata prescritta una dieta iposodica, con un apporto di sale inferiore ai 6 g/die. I risultati hanno osservato un consumo medio di sale di 10 g/die al controllo basale, valutato attraverso l’escrezione urinaria di sodio, e hanno confermato la relazione tra l’alto contenuto di sodio della dieta e l’aumento del volume renale durante un follow-up di 8 anni, in analogia a quanto osservato in un suo studio precedente [28]. Inoltre, il declino del eGFR associato all’intake di sale era un marcatore del rischio di sviluppo di insufficienza renale terminale. In particolar modo, attraverso un modello misto lineare, questo studio ha mostrato un’associazione significativa tra l’escrezione urinaria di sodio media e il tasso annuale di crescita del volume renale (0,43% per anno per ogni 18 mEq/24 ore di escrezione di sodio). Il danno del GFR legato all’apporto di sale è stato successivamente anche dimostrato in uno studio osservazionale (Baker et al 2015) su 589 pazienti con un follow-up mediano di 4 anni. Questo studio ha osservato una relazione tra l’elevata assunzione di sale e la variazione del eGFR che era pari a -0.11 ml/min/1.73 m2 per grammo di sale per anno. L’assunzione media di sale stimata in questi pazienti era di 9,1 g/24 ore.) 

Attività fisica e aderenza all’attività fisica

L’attività fisica è stata oggetto di uno studio randomizzato controllato [28] che ha coinvolto 84 pazienti, 42 arruolati nel gruppo di controllo e 42 in quello di intervento. I risultati hanno messo in evidenza l’effetto positivo dell’esercizio fisico su fattori quali ansia, depressione e qualità di vita nei pazienti affetti da ADPKD. L’attività fisica è stata testata mediante il test della sedia (sit to stand, STS10) che misurava il tempo impiegato dal paziente per alzarsi e sedersi per 10 volte: il test basale otteneva risultati simili nei due gruppi di intervento e controllo. Dopo 12 settimane di allenamento fisico, il test era ripetuto e i suoi risultati erano significativamente migliorati rispetto al dato basale. Era anche effettuato il test del cammino, che misurava la distanza che i pazienti percorrevano in 6 minuti: confrontata con quella basale, la distanza percorsa aumentava significativamente dopo le 12 settimane di training. In considerazione della accresciuta performance fisica dopo l’intervento di training, questi Autori hanno valutato l’ansia e la depressione prima e dopo l’inizio del programma di esercizio. Mediante i punteggi dei questionari HAD-A e HAD-D sono state quantizzate rispettivamente l’ansia ospedaliera e la depressione. I due test mostravano che il 30% di pazienti erano ansiosi e il 37% depressi all’indagine basale. A seguito dell’intervento sulla performance fisica, la percentuale di pazienti che avevano punteggi HAD-A e HAD-D indicativi di ansia si riduceva significativamente al 21% e al 25% per la depressione. Questo studio ha anche valutato la qualità della vita correlata alla malattia renale mediante il test KDQOL-36™ (87 item, 36 relativi alla qualità di vita, 42 specifici per la malattia renale) e ha osservato come tutti gli item del test risultassero significativamente migliorati dopo 12 settimane di esercizio.

 

Discussione

Dai risultati emerge che nei pazienti affetti da ADPKD la dieta iposodica e un corretto esercizio fisico giornaliero conducono a un miglioramento delle condizioni di salute e possono prevenire il decadimento della funzione renale [8].

Ampi studi epidemiologici hanno osservato che l’attività e la performance fisica diminuiscono con il progredire del ADPKD. Questo dato è anche conforme con il fatto che il ridotto esercizio fisico e lo stile di vita sedentario sono comuni tra i pazienti affetti da insufficienza renale cronica. Numerosi studi randomizzati controllati, condotti sia nella popolazione generale che in quella con insufficienza renale cronica, forniscono la prova che l’attività e la performance fisica possono ridurre il rischio di mortalità [13, 33]. Inoltre, gli studi d’intervento hanno dimostrato come l’esercizio fisico possa migliorare la condizione di ansia e depressione e quindi qualità complessiva della vita nei pazienti con CKD [14, 18, 34].

Per quanto concerne la dieta iposodica la revisione della letteratura di Meijer e colleghi [35] condotta su una popolazione di 1874 soggetti, con l’obiettivo di indagare nuovi interventi dietetici in pazienti affetti da ADPKD, ha proposto come raccomandazioni per una sana alimentazione le stesse norme usate nei pazienti con CKD, una riduzione del consumo di sale da cucina a meno di 5 g/die e l’aumento dell’intake idrico in modo da mantenere una buona condizione di idratatazione. Inoltre, i risultati della revisione suggerivano di moderare l’assunzione di caffeina e alcol, e di mantenere un Body Mass Index (BMI) tra 20 e 25.

A sostegno di quanto raccomandato nello studio di Meijer e colleghi [35] un’altra recente revisione della letteratura [2] concorda che interventi sull’assunzione alimentare di sale e sull’esercizio fisico possono migliorare la condizione cardiovascolare e pressoria. Esiste perciò un sostanziale accordo sul fatto che la dieta iposodica possa assumere un ruolo fondamentale nella vita dei pazienti affetti da ADPKD.

L’aderenza alle terapie farmacologiche è un aspetto critico e molto presente nei pazienti affetti da malattie croniche e in particolar modo della CKD a causa dei molteplici aspetti clinici che si manifestano nella malattia renale e della conseguente quantità di farmaci che devono essere assunti [36]. Pochi studi sono stati sviluppati riguardo all’aderenza alla terapia farmacologica cronica dei pazienti con ADPKD. Una precedente revisione della letteratura condotta da Tesfaye e colleghi [37] che includeva 27 studi, dei quali 22 quantitativi e 5 qualitativi, mostrava che il 39% dei pazienti con CKD non rispettava le prescrizioni terapeutiche a causa dei costi elevati e della scarsa accessibilità di alcuni farmaci, degli effetti collaterali, della carente informazione dei pazienti circa la patologia e la terapia, dei frequenti cambi di terapia e infine di una comunicazione inadeguata tra pazienti e personale sanitario. A conferma di ciò, uno studio qualitativo di Rivera e colleghi [38] con lo scopo di indagare le percezioni della IRC da parte dei pazienti ha trovato che solo il 40% di essi risultava rispettare le prescrizioni terapeutiche.

 

Conclusioni

La malattia del ADPKD è una patologia cronica dove la centralità del paziente e il suo engagement diventano punti cardine nell’assistenza. Tanto più il paziente si sente coinvolto nel percorso di cura tanto maggiore sarà la sua aderenza alle cure farmacologiche e dietetiche e la sua disponibiltà ai cambiamenti dello stile di vita [3, 39, 40].

Uno dei maggiori impegni che i professionisti sanitari si trovano oggi ad affrontare è quello di soddisfare le necessità educative dei pazienti con patologie croniche con lo scopo di sviluppare nei pazienti competenze utili a prendere decisioni imparando a condividere con il team di cura obiettivi di miglioramento dei risultati clinici, dello stato di salute e della qualità di vita [4143]. Il paziente nefropatico rappresenta il tipico esempio di malattia cronica che richiede uno strutturato percorso di cura nel quale il paziente deve essere educato ad acquisire conoscenze e abilità comportamentali necessarie per garantire l’aderenza a percorsi di cura complessi che spesso persistono per tutta la vita [4]. A dispetto di tutto ciò, oggi il paziente spesso ha una scarsa conoscenza della sua patologia e delle complicanze che ne derivano. È necessario perciò che i pazienti ricevano maggiori conoscenze e informazioni da parte del personale sanitario per migliorare la gestione della malattia e migliorare di conseguenza la qualità di vita [18, 40].

In considerazione di tutti questi dati è possibile affermare che interventi educativi strutturati all’interno dei percorsi di cura sono parte delle strategie che possono rallentare la progressione della malattia renale cronica sensibilizzando il paziente all’aderenza alle terapie farmacologiche e dietetiche e all’esercizio fisico. L’analisi della letteratura ha fatto emergere la necessità di approfondire tali tematiche andando ad esplorare nel dettaglio la loro applicazione e l’effetto sullo stato di salute dei pazienti. Trial clinici randomizzati controllati rivolti ad accertare l’efficacia di tali programmi sono necessari per confermare questi orientamenti.

 

Bibliografia

  1. Torres, V. E., Harris, P. C., & Pirson, Y. (2007). Autosomal dominant polycystic kidney disease. Lancet (London, England), 369(9569), 1287–1301. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(07)60601-1.
  2. Bergmann, C., Guay-Woodford, L. M., Harris, P. C., et al. (2018). Polycystic kidney disease.Nature reviews. Disease Primers, 4(1), 50. https://doi.org/10.1038/s41572-018-0047-y.
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Approccio pratico alla terapia del paziente affetto da Rene Policistico Autosomico Dominante

Abstract

Il Rene Policistico Autosomico Dominante (ADPKD) è la più frequente patologia genetica di interesse nefrologico e coinvolge dal 7 al 10% dei soggetti in trattamento sostitutivo renale. Si stima che un numero compreso tra 24.000 e 34.000 soggetti in Italia siano affetti da questa condizione. In una patologia che è stata a lungo negletta per mancanza di opzioni terapeutiche è ora disponibile una attraente possibilità di trattamento: tolvaptan ha dimostrato in due trial clinici (pazienti ADPKD con insufficienza renale precoce e pazienti ADPKD con insufficienza renale avanzata) una efficacia clinica nel rallentare la progressione di malattia. La possibile tossicità epatica espressa in circa il 4% dei soggetti esposti al farmaco e un importante effetto acquaretico suggeriscono prudenza e attenzione nell’utilizzo di questa nuova molecola. Sulla base di queste criticità, alcuni medici con una diretta esperienza nell’uso del farmaco hanno brevemente raccolto nelle pagine a seguire le principali raccomandazioni cliniche al trattamento dei pazienti ADPKD. Le raccomandazioni riguardano l’approccio generale al paziente affetto da ADPKD ma con una attenzione particolare agli aspetti legati al nuovo trattamento. Sarà approfondito il delicato compito di introdurre al paziente le opportunità e i limiti della terapia offerta. Infine il documento vuole suggerire come meglio organizzare un ambulatorio dedicato a questa condizione.

Parole chiave: Rene Policistico Autosomico Dominante, insufficienza renale, cisti, aneurismi, tolvaptan

INTRODUZIONE

Riccardo Magistroni

 

Il Rene Policistico Autosomico Dominante (ADPKD) è la più frequente patologia genetica di interesse nefrologico e coinvolge dal 7 al 10% dei soggetti in trattamento sostitutivo renale (13).

 

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Sequenziamento di Nuova Generazione: una valida strategia nella diagnosi molecolare di Rene Policistico

Abstract

L’ADPKD è la malattia genetica ereditaria più frequente al mondo causata da mutazioni del gene PKD1 nell’85% dei casi e da PKD2 nel restante 15%. Sebbene la diagnosi sia generalmente ottenuta attraverso ecografia, RMN e TC, alcune condizioni rendono lo studio genetico strettamente necessario come fenotipo clinico non tipico, casi senza familiarità, donazione da consanguinei. Purtroppo la presenza di pseudogeni in PKD1, la grandezza del gene, i costi del sequenziamento Sanger e l’eterogeneità genetica alla base delle patologie renali rendono particolarmente difficile l’analisi genetica. Il Sequenziamento di Nuova Generazione (NGS) ha rivoluzionato la diagnosi molecolare delle patologie cistiche renali ereditarie grazie alla possibilità di analizzare contemporaneamente più geni. A tale proposito, abbiamo sviluppato una piattaforma NGS, chiamata Nephroplex, con lo scopo di identificare variazioni esoniche in 115 geni, responsabili di numerose patologie renali, comprese malattie cistiche e policistiche, ottenendo, complessivamente, una regione target di 338.8 kbp. La tecnologia utilizzata per l’arricchimento è il sistema HaloPlex, basata sulla digestione del DNA genomico con enzimi di restrizione e la cattura delle regioni d’interesse con specifiche sonde d’ibridazione. Con la nostra piattaforma, abbiamo, dunque, analizzato 9 pazienti con diagnosi clinica di ADPKD. Abbiamo ottenuto un coverage depth di 100x per il 96.5% del target, mentre la regione non coperta rappresentava solo il 3% della regione di interesse. In 6 pazienti, abbiamo riscontrato mutazioni causative nei geni PKD1 e PKD2, ottenendo una detection rate del 66%. In conclusione, la piattaforma NephroPlex è un ottimo tool per la diagnosi molecolare di patologie renali e potrebbe chiarire i meccanismi alla base dell’eterogeneità genetica riscontrata nelle nefropatie

Parole chiave: Sequenziamento di Nuova Generazione, rene policistico, malattie genetiche

Introduzione

 

1. Caratteristiche Cliniche della Malattia Policistica Renale Autosomica Dominante (ADPKD)

La Malattia Policistica Renale Autosomica Dominante dell’adulto (ADPKD), è la più comune tra le nefropatie cistiche ereditarie con una prevalenza stimata di 1:400-1:1000, ed è una delle più frequenti malattie monogeniche (1). È caratterizzata dalla progressiva sostituzione del parenchima renale funzionale con multiple cisti di origine tubulare. Ciò comporta progressivo aumento del volume renale associato al potenziale rischio di infezione ed emorragia delle cisti, nefrolitiasi, dolore, riduzione del GFR con evoluzione verso l’ESRD richiedente trattamento emodialitico e trapianto in circa il 10% della popolazione mondiale (12). La formazione di cisti può interessare anche altri organi quali fegato (70%) e pancreas (5-10%) in primis (3), ma anche milza, tiroide, aracnoide, vescicole seminali e prostata (4). Manifestazioni non cistiche includono: ipertensione arteriosa (70-80%), ernie addominali, anomalie delle valvole cardiache (25%) e anomalie vascolari intracraniche, compresi gli aneurismi (8%). La rottura degli aneurismi cerebrali rappresenta un’importante complicanza dell’ADPKD associata a grave morbidità e mortalità e si presenta in circa 1/2000 persone l’anno con un incidenza 5 volte maggiore rispetto alla popolazione generale (5,6). Il Rene Policistico autosomico dominante è causato da mutazioni del gene PKD1 (85% dei casi) e del gene PKD2 (15% dei casi) (7). Questi due geni codificano, rispettivamente, per la Policistina 1 e la Policistina 2,  proteine costituenti una sottofamiglia (TRPP) dei transient receptor potential (TRP) channel (8). Sono state proposte diverse localizzazioni delle Policistine, incluso il reticolo endoplasmatico (dove è maggiormente localizzata la policistina 2), membrana apicale e basolaterale o esosomi (9,10,11), anche se la localizzazione a livello del ciglio primario sembra essere il maggior determinante di malattia (12). Il gene PKD1 è costituito da 46 esoni e la regione compresa tra gli esoni 1 e 33 si caratterizza per la presenza di ben 6 pseudogeni, ossia copie geniche non funzionali (13). Le mutazioni responsabili del rene policistico interessano tutta l’estensione del gene e rappresentano mutazioni inattivanti.

2. Diagnosi di ADPKD

La diagnosi dell’ADPKD negli adulti è tipicamente basata sul riscontro di reni policistici bilateralmente ingranditi in ecografia (14). Per individui a rischio di ADPKD (familiari di primo grado di un soggetto affetto) sono stati proposti e revisionati criteri per migliorare la performance diagnostica dell’ecografia: la presenza di almeno 3 cisti renali (unilaterali o bilaterali) e di due cisti in ogni rene è sufficiente per la diagnosi in individui a rischio di età rispettivamente compresa tra 15-39 anni e 40-59 anni. Per individui di età superiore ai 60 anni sono richieste 4 o più cisti in ogni rene (15). TC e RMN sono utilizzate quando si necessita di informazioni in più sulla struttura e funzione renale, in presenza di casi equivoci, o quando la risoluzione dell’ecografia è scarsa (14). La diagnosi genetica, invece, non viene eseguita di routine soprattutto a causa dei costi elevati e delle difficoltà connesse alle metodiche di sequenziamento. Esistono tuttavia delle condizioni in cui l’indagine molecolare si rende strettamente necessaria:

  • Quando è richiesta una diagnosi definitiva in individui giovani, come nel caso di potenziali donatori viventi con diagnostica strumentale equivoca in famiglie con storia di ADPKD
  • In famiglie con diagnosi precoce di ADPKD, dal momento che in questi casi potrebbero essere coinvolti alleli ipomorfici o eredità oligogenica (16, 17)
  • In caso di necessità di consulenza genetica, soprattutto per le coppie che richiedono una diagnosi pre-impianto (18)
  • In pazienti con storia familiare negativa per ADPKD, a causa del potenziale overlap fenotipico con altre patologie, come per esempio, fenocopie di ADPKD che derivano invece da mutazioni in altri cistogeni noti quali HNF1β, PRKCSH,SEC63 (19,20,21) o PKHD1 (22), che possono tener conto della malattia in alcuni individui, o per il coinvolgimento di geni che tipicamente causano altre ciliopatie con manifestazioni extrarenali, come la nefronoftisi (NPH) e la sindrome di Barted-Biedl (BBS) che, in alcuni casi, possono mimare la malattia policistica, specialmente in epoca prenatale (23).

Al di là di queste indicazioni, il test genetico potrebbe avere grosse implicazioni nella diagnosi e  gestione dei pazienti con ADPKD (24), tenendo conto anche della possibilità di effettuare valutazioni prognostiche (per esempio il decorso clinico è più severo nei pazienti con mutazione in PKD1 che in PKD2, con età media di inizio dell’ESRD rispettivamente di 54.3 e 74 anni) (25). Inoltre, con lo sviluppo di nuove terapie potenzialmente efficaci per il trattamento dell’ADPKD, la necessità di accurati test genetici sta diventando ancora più convincente (26). Purtroppo l’analisi genetica è complicata, soprattutto a causa della complessa struttura genomica, specie in riferimento a PKD1, e dell’eterogeneità genetica e clinica. I test diagnostici convenzionali, infatti, prevedono una laboriosa amplificazione locus specifica mediante Long-Range PCR (LR-PCR), seguita dal sequenziamento Sanger, che richiede tempi lunghi e costi elevati (27). Il sequenziamento di nuova generazione (NGS) ha rivoluzionato il campo della diagnostica genetica e molecolare e ha permesso il sequenziamento in parallelo di tutti i geni malattia che possono essere considerati in un dato paziente. A tale proposito, abbiamo sviluppato una piattaforma NGS, chiamata Nephroplex, con lo scopo di identificare variazioni esoniche in 115 geni, responsabili di numerose patologie renali, comprese malattie cistiche e policistiche, dimostrandone l’alta specificità e sensibilità.

 

Materiali e Metodi

 

Pazienti

Sono stati selezionati dal nostro database 9 pazienti con diagnosi clinica di ADPKD. Ciascun paziente ha prestato il proprio consenso informato al trattamento dei dati genetici in forma anonima per scopi scientifici. Per ogni soggetto sono stati raccolti 4 ml di sangue venoso periferico anticoagualto con EDTA. Il sangue raccolto è stato conservato a – 20° C fino al momento dell’utilizzo presso il dipartimento di Biochimica, Biofisica e Patologia Generale della Seconda Università degli Studi di Napoli. Il DNA è stato estratto seguendo le procedure standard.

Analisi NGS (Sequenziamento di nuova generazione)

Per lo sviluppo della piattaforma Nephroplex abbiamo selezionato 115 geni responsabili delle principali malattie renali cistiche e non cistiche comprese  la S. di Bardet Biedl, la S di Meckel, le Nefronoftisi, la Malattia cistica della Midollare, ottenendo, complessivamente, una regione target  di 338.8 kbp.  L’arricchimento è stato eseguito con la piattaforma Haloplex dell’Agilent e le librerie sono state sequenziate utilizzando la piattaforma HiSeq1000 system. Abbiamo ottenuto un coverage medio di 20X per il 98,8% del target e il 96.5% aveva una copertura 100X. In media, abbiamo identificato 205 varianti per ciascun paziente ed abbiamo selezionato le mutazioni non sinonime presenti nella popolazione generale con una frequenza inferiore all’1%. In questo modo, abbiamo ottenuto, in media, 11 variazioni per paziente.

 

Risultati

In 6 dei 9 pazienti con diagnosi clinica di rene policistico analizzati, abbiamo riscontrato mutazioni causative nei geni PKD1 e PKD2, ottenendo una detection rate del 66%. In particolare, abbiamo identificato 4 pazienti con mutazioni inattivanti nel gene PKD1 (3 mutazioni frameshift ed una non senso) e 2 pazienti con mutazioni frameshift nel gene PKD2. Le mutazioni identificate sono tutte nuove, mai descritte in letteratura.

Figura 1. Targeting  workflow

 

Discussione

In un lasso di tempo relativamente breve, il Sequenziamento di Nuova Generazione ha sostanzialmente rivoluzionato le potenzialità nel campo della diagnostica e della ricerca genomica. Alla luce di queste nuove potenzialità, il nostro studio si propone di indagare pazienti con ADPKD in maniera rapida e a costi contenuti. Inoltre, la possibilità di disporre di un pannello di 115 geni coinvolti in gran parte delle patologie renali (comprese quelle cistiche, policistiche e le ciliopatie) permette un inquadramento genetico globale del paziente policistico. In ciascuno dei nostri 9 pazienti, sono state identificate varianti in altri geni associati a patologia. Il significato clinico di queste variazioni resta, al momento, di difficile interpretazione. Tuttavia, la nostra piattaforma potrebbe chiarire i meccanismi genetici alla base dell’eterogeneità clinica del rene policistico e di tutte le patologie renali. Nonostante le dimensioni della nostra coorte siano modeste, i risultati sembrano molto incoraggianti grazie al buon coverage ottenuto che ha permesso di identificare mutazioni in molti geni con sensibilità comparabile a quella delle metodiche tradizionali di sequenziamento. Riguardo ai tre pazienti per cui l’analisi genetica non ha fornito alcun risultato, stiamo approfondendo l’indagine alla ricerca di mutazioni introniche profonde o di riarrangiamenti genomici complessi.

 

Conclusioni

In conclusione possiamo affermare che il nostro approccio è rapido, economico e incontra i criteri di sensibilità e specificità richiesti per la diagnostica molecolare e come tale è pronto a sostituire i classici metodi nella diagnostica genetica dell’ADPKD

 

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Manifestazioni Renali del Rene Policistico Autosomico Dominante

Abstract

Il rene policistico colpisce oltre 12 milioni di individui nel mondo ed è la quarta causa di ESRD. E’ la principale malattia monogenica che colpisce il rene e determina la progressiva formazione di cisti che portano all’insufficienza renale dopo qualche decennio. Le principali manifestazioni della malattia si osservano anche in giovane età.
La prima manifestazione renale è rappresentata dal difetto di concentrazione urinaria dovuta sia all’alterazione della midollare da parte delle cisti sia ad una resistenza alla vasopressina. Queste alterazioni anatomiche determinano anche l’instaurarsi dell’iperfiltrazione, di un alterato trasporto dell’ammonio, di una predisposizione alla formazione di calcoli ma soprattutto alla comparsa di ipertensione arteriosa anche in età pediatrica. E’ stata dimostrata un’attivazione del sistema renina-angiotensina responsabile del mantenimento di elevati valori pressori nonché della crescita delle cisti e della fibrosi renale. L’ipertensione arteriosa sarebbe responsabile dell’ipertrofia ventricolare. Molti recenti studi hanno confermato il ruolo del controllo pressorio, soprattutto se rigoroso, nella riduzione della progressione della malattia renale e l’utilizzo degli ACE-inibitori sembrerebbe avere un’efficacia superiore agli altri farmaci antiipertensivi.
La progressione della malattia renale si evidenzia con la caduta del filtrato glomerulare che può essere minimo nei primi anni grazie all’iperfiltrazione ma in seguito può anche superare i 5 ml/min per anno soprattutto quando il volume renale totale (TKV) supera i 1500 ml.
Nelle forme a più rapida progressione l’ESRD può comparire intorno a 55 anni di età ed i principali fattori di rischio sono rappresentati dall’età, la mutazione genetica, la familiarità per ESRD, episodi di macroematuria e l’insorgenza di ipertensione in giovane età. Alcuni autori hanno proposto degli score sia genetici sia clinici che possono fornire indicazioni sulle probabilità di rapida progressione.
Altre manifestazioni della malattia sono il dolore renale, la nefrolitiasi, le infezioni delle vie urinarie e delle cisti. Il carcinoma renale è un evento molto raro.

PAROLE CHIAVE: rene policistico autosomico dominante dell’adulto, ipertensione arteriosa, sistema renina-angiotensina-aldosterone, iperfiltrazione compensatoria, volume renale, ESRD.

Introduzione

Il rene policistico rappresenta la malattia ereditaria monogenica più frequente in ambito nefrologico. Ne sono affetti circa 12,5 milioni di individui nel mondo ed è la quarta causa di insufficienza renale terminale dopo il diabete, l’ipertensione e le glomerulonefriti (1). 

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