L’imaging quantitativo nella clinica nefrologica: i limiti e le potenzialità dell’elastosonografia

Abstract

La patologia renale cronica, indipendentemente dall’eziologia, provoca un sovvertimento strutturale del parenchima con progressivo sviluppo di fibrosi. Il grado di fibrosi renale sembrerebbe correlare con un rischio aumentato di progressione verso l’uremia terminale; pertanto, il monitoraggio nel tempo della fibrosi renale può svolgere un ruolo importante nel follow-up delle patologie renali sia focali che diffuse, e nella valutazione della risposta ai trattamenti. La biopsia renale è l’unica metodica in grado di fornire informazioni oggettive e confrontabili sull’estensione della fibrosi rispetto al parenchima sano ma, data la sua invasività, non è indicata per il follow-up dei pazienti con malattia renale cronica. L’elastosonografia rappresenta una metodica ultrasonografica innovativa e non invasiva che consente la misura dell’elasticità tissutale attraverso la trasmissione di onde meccani­che e la misurazione della loro velocità di propaga­zione. Sebbene numerosi autori abbiano dimostrato l’utilità delle tecniche elastosonografiche per la quan­tificazione della fibrosi epatica, pochi sono gli studi sistema­tici sulle applicazioni dell’elastosonografia nelle pato­logie renali. Inoltre, fattori quali la profondità dei reni nativi rispetto al piano cutaneo, l’elevata anisotropia del tessuto renale e la possibilità di esaminare solamente una piccola regione di interesse limitano ad oggi la diffusione della metodica nella pratica clinica. Obiettivo di questa review è quello di riesaminare i principi fisici dell’elastosonografia e di passare in rassegna le ultime evidenze circa le possibili applicazioni del modulo ARFI (acoustic radiation force impulse) nello studio delle patologie renali.

Parole chiave: ultrasonografia, fibrosi, elastosonografia renale, ARFI, quantitative imaging

Introduzione

La malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD) è una condizione patologica ad elevata prevalenza nella popolazione generale, caratterizzata da alterazioni della funzione renale e/o anomalie strutturali presenti per più di tre mesi, con variabile tendenza alla progressione verso forme più gravi di insufficienza d’organo [1]. Sebbene numerose patologie del parenchima, dei vasi o delle vie escretrici (sia primitive che secondarie) possano provocare la CKD, la fibrosi d’organo rappresenta la caratteristica comune a tutti i differenti meccanismi patogenetici responsabili di danno renale. Il grado di fibrosi sembra inoltre essere correlato con un maggior rischio di progressione verso l’End Stage Renal Disease (ESRD), pertanto possiede un elevato valore predittivo negativo per l’outcome delle patologie renali croniche [2]. 

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L’ultrasonografia nella diagnosi e nel management della nefrolitiasi: stato dell’arte e prospettive future

Abstract

L’iter diagnostico per giungere ad un corretto management del paziente con nefrolitiasi costituisce un tema centrale dell’attività clinica del nefrologo. Negli ultimi anni i tassi di incidenza e prevalenza della nefrolitiasi hanno mantenuto un trend in continua crescita nel mondo, mostrando una stretta correlazione con altre patologie croniche quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, obesità, sindrome metabolica e insufficienza renale. Le linee guida internazionali indicano la tomografia computerizzata come metodica di prima scelta per tutti i pazienti adulti con sintomatologia acuta sospetta per nefrolitiasi ostruttiva. La pielografia endovenosa è più utile nel follow-up dei pazienti con nefrolitiasi recidivante e composizione del calcolo già nota, mentre gli elevati costi e i lunghi tempi di acquisizione delle immagini limitano l’utilizzo routinario della risonanza magnetica. Le ultime innovazioni tecnologiche hanno permesso di ridurre sempre di più il dislivello tra ultrasonografia e tomografia computerizzata. Il corretto settaggio dell’apparecchio ecografico, il ricorso a nuovi parametri per la determinazione della dimensione del calcolo e l’uso appropriato del modulo color Doppler contribuiscono a migliorare la risoluzione dell’immagine e, quindi, l’accuratezza diagnostica dell’ultrasonografia. Obiettivo di questa review è stato riesaminare le ultime evidenze sui fattori di rischio e sulla fisiopatologia della nefrolitiasi e mettere a confronto le diverse tecniche di imaging nella gestione del paziente con calcolosi renale, ponendo l’accento sul ruolo dell’ultrasonografia e sulle strategie (sia attuali che in fase di studio) volte a migliorarne l’accuratezza diagnostica.

 

Parole chiave: nefrolitiasi, diagnostica per immagini, ultrasonografia, ecografia B-Mode, eco color Doppler, twinkling artifact

Introduzione

Il management del paziente con colica renale richiede un lavoro di equipe multidisciplinare, in cui i contributi del nefrologo e dell’urologo sono determinanti per giungere a una diagnosi eziologica precoce. La nefrolitiasi è senza dubbio una delle cause più frequenti di colica renale, i cui tassi di prevalenza e incidenza sono in continua crescita a livello globale. La vecchia concezione della nefrolitiasi come di una patologia circoscritta all’apparato urinario appare ormai obsoleta: le attuali evidenze scientifiche dimostrano infatti che essa è responsabile di numerose complicanze sistemiche, non per ultima una maggiore predisposizione allo sviluppo di insufficienza renale cronica. Sebbene l’anamnesi e l’esame obiettivo siano tappe fondamentali nell’iter diagnostico del paziente con colica renale, le tecniche di imaging sono di grande ausilio per il clinico al fine di una rapida diagnosi differenziale e consentono di acquisire alcune importanti informazioni, quali l’esatta determinazione della sede e delle dimensioni del calcolo, necessarie per pianificare la strategia terapeutica più opportuna. Obiettivi di questa review sono stati quelli di riesaminare le ultime evidenze sui fattori di rischio e sulla fisiopatologia della nefrolitiasi e di mettere a confronto le diverse tecniche di imaging nella gestione del paziente con calcolosi renale, ponendo l’accento sul ruolo dell’ultrasonografia e sulle strategie (sia attuali che in fase di studio) volte a migliorarne l’accuratezza diagnostica.

 

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