Efficacia dei test sierologici per COVID-19 in emodializzati asintomatici: esperienza di un centro dialisi italiano

Abstract

È qui riportata la breve esperienza di un piccolo Centro di Nefrologia situato nell’Ospedale di Massa Marittima, individuato, dalla direzione aziendale, come struttura no-COVID.

Si descrive l’approccio per la prevenzione della diffusione dell’infezione da COVID-19 tra i pazienti emodializzati ed il personale del reparto, le metodiche attuate per l’individuazione dei soggetti COVID-19 positivi con focus sull’uso dei test sierologici rapidi e dei tamponi rinofaringei (RT-PCR) in soggetti asintomatici.

I risultati dei primi test sierologici per le IgM e le IgG eseguiti su 34 pazienti, negativi ai tamponi rinofaringei, mostravano positività nel 41,18% dei casi. Essi sono classificabili come falsi positivi sia per i referti dei tamponi, che ripetutamente hanno dato risultati negativi, sia per la negatività dell’anamnesi e della clinica, sia per gli esiti della seconda determinazione, avvenuta dopo 18 giorni, in cui tutti i soggetti sono risultati negativi.

L’interpretazione dei test sierologici è complessa e deve essere inserita in una più ampia valutazione del soggetto che comprenda un’accurata anamnesi (storia epidemiologica, comorbidità), la presenza/assenza di segni e sintomi, i risultati di test di conferma con riferimento ad un periodo di osservazione ben preciso, per evitare di classificare come immunologicamente protetti, i soggetti falsi positivi.

Parole chiave: COVID-19, SARS CoV-2, test sierologici, soggetti asintomatici, falsi positivi

Introduzione

L’infezione realizzata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2 presenta forme variabili di malattia, dal contagio tra soggetti asintomatici o paucisintomatici [1] a forme simil-influenzali più o meno importanti, fino a gravi quadri con distress respiratorio necessitanti cure intensive in reparti di rianimazione [2].

Il primo focolaio di COVID-19 è stato segnalato a Wuhan, in Cina, il 31 dicembre 2019. Il primo focolaio italiano è esploso nelle settimane successive al ricovero di un caso COVID-19 positivo all’Ospedale di Codogno (Lodi) in data 21 febbraio 2020. Il 25 febbraio 2020 è stato segnalato il primo caso di infezione da SARS-CoV-2 in Toscana, a Firenze (un sessantenne rientrato in Italia da Singapore). Il 05 marzo 2020 è stato accertato il primo caso nella provincia di Grosseto. In data 08 marzo il Governo italiano ha dichiarato lo stato di isolamento dell’intera Lombardia e di ulteriori 14 province del Nord Italia. Il 09 marzo il Governo ha poi esteso le restrizioni a tutta l’Italia. L’11 marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato “Pandemia” il focolaio internazionale di infezione da nuovo coronavirus SARS-CoV-2.

L’esperienza riportata è relativa al Centro Dialisi situato in uno dei cinque ospedali della provincia di Grosseto, la provincia più estesa (4503 Km2) e meno popolata (223.652 abitanti) della Toscana.

Con la diffusione dell’epidemia l’Azienda ha predisposto percorsi separati per pazienti COVID-19 positivi ed individuato Ospedali COVID e Ospedali no-COVID (come il nostro). All’ingresso, oltre alla tenda pre-triage per l’accesso al Pronto Soccorso, è stata approntata anche una postazione di accoglienza per tutte le persone che entrano in Ospedale (utenti e personale). Chi entra è sottoposto ad una breve intervista, alla disinfezione delle mani ed alla misurazione della temperatura corporea. Anche i nostri pazienti transitano davanti alla postazione dell’accoglienza e subiscono un primo controllo che viene poi ripetuto, in reparto, dall’infermiere che ha in carico il paziente.

Al Centro Dialisi abbiamo progressivamente attuato le procedure per mantenere il distanziamento dei pazienti nelle aree comuni, implementato l’uso dei dispositivi di protezione individuali (DPI) e potenziato la sanificazione dei locali. Dal 10 marzo abbiamo dotato i pazienti di mascherine chirurgiche da indossare durante il viaggio da casa all’Ospedale e viceversa, durante il tragitto intraospedaliero e durante tutto il trattamento dialitico. Il personale medico ed infermieristico è stato dotato di mascherina chirurgica, da indossare per tutto il turno di lavoro, e di camici monouso da indossare sopra la divisa per tutta la durata del turno di lavoro, oltre ai DPI forniti regolarmente nel periodo precedente la pandemia [3].

Il lavoro (osservazionale, retrospettivo, monocentrico) ha lo scopo di valutare la diffusione del SARS CoV-2 tra la popolazione dializzata trattata nel Centro Dialisi di Massa Marittima mediante l’uso di RT-PCR e test sierologici.

 

Pazienti e metodi

Nell’ottica di mantenere l’Ospedale no-COVID sono stati pianificati tamponi naso-faringei per i pazienti dializzati a partire dal 27 marzo al 17 aprile, ripetuti ogni 7-10 giorni. Contestualmente, abbiamo eseguito anche una rilevazione di COVID-19 IgG e IgM con test rapido (immunochromatographic assay) in data 2 e 3 aprile, ripetuto dopo 18 giorni, in data 20 e 21 aprile.

Abbiamo limitato l’osservazione ai pazienti presi in carico dal Centro Dialisi antecedentemente al 15 marzo ed ivi trattati fino al 30 aprile 2020, ritenendo il periodo di osservazione di 45 giorni sufficiente a rilevare un eventuale contagio da SARS-CoV-2. Analogamente, abbiamo considerato soltanto il personale sanitario che effettivamente ha prestato servizio nel reparto dal 15 marzo al 30 aprile 2020. In questo modo abbiamo ottenuto un insieme di persone che si sono incontrate, nello stesso ambiente, con cadenza regolare, nell’arco dei 45 giorni di sorveglianza. Motivo di esclusione era il mancato consenso alla partecipazione allo studio.

Nessuno dei pazienti presentava il criterio epidemiologico che caratterizza i casi sospetti o i contatti stretti e nessuno aveva o aveva avuto, nelle settimane precedenti, sintomatologia riferibile all’infezione da SARS-CoV-2. Anche medici ed infermieri, tutti asintomatici e in assenza di criterio epidemiologico per caso sospetto o contatto stretto, sono stati sottoposti al test sierologico per COVID-19 IgG/IgM in data 09 aprile 2020.

Abbiamo utilizzato il test sierologico rapido come test diagnostico di screening su un campione di soggetti a basso rischio, confrontandone i risultati con i tamponi rinofaringei, ad oggi considerati metodica Gold Standard.

Il test utilizzato dal nostro laboratorio, ossia “COVID-19 IgG/IgM Rapid Test Cassette (sangue intero/siero/plasma)”, realizzato da Zhejiang Orient Gene Biotech Co. Ltd., esplicita, nella scheda tecnica, che le proprie performance, confrontate con i referti di RT- PCR, sono le seguenti: sensibilità del test per le IgM = 87,9% con specificità del 100%, sensibilità del test per le IgG = 97,2% con specificità del 100%.

L’osservazione dei 2 gruppi di soggetti, pazienti ed operatori, limitato ad un determinato periodo di tempo, ha permesso di contestualizzare i dati e stimare la prevalenza di COVID-19. Abbiamo scelto di procedere soltanto con l’elaborazione dei dati relativi ai pazienti poiché soltanto i pazienti sono stati sottoposti al tampone rinofaringeo.

Le prestazioni del test sierologico sono state valutate mediante il calcolo di: percentuale, specificità osservata, prevalenza apparente, valore predittivo positivo (VPP), valore predittivo negativo (VPN), intervalli di confidenza al 95% (IC95%) sia del VPP che del VPN.

 

Risultati

La popolazione dializzata in osservazione era composta da 34 persone di razza caucasica, 25M/9F, età media 72 anni, range 28-93 anni, con comorbidità multiple nel 67,65% dei casi (Figura 1).

I tamponi dei pazienti sono risultati negativi nel 100% dei casi, mentre i referti delle Immunoglobuline (1a rilevazione) hanno dato esiti variabili classificabili in 4 gruppi Quadro A, B, C, D secondo la positività/negatività delle IgM e IgG (Figura 2).

 

Figura 1: Rappresentazione delle comorbidità dei pazienti. Classificazione dei pazienti in 3 gruppi secondo il numero di comorbidità presenti (riquadro in alto)

 

Figura 2: Risultati del primo test rapido di ricerca degli anticorpi suddivisi, secondo le possibili risposte delle 2 linee di lettura del test rapido, in Quadro A, B, C, D

 

Lo staff sanitario, non sottoposto a tampone, costituito da 10 operatori tutti caucasici e di sesso femminile, età media 53,8 anni, range 46-59 anni, presentava al test sierologico soltanto il Quadro A (IgM-, IgG-).

Una prima interpretazione dei risultati, avulsi dalla clinica e dai referti dei tamponi, mostrava il 41,18% dei pazienti positivo al test sierologico (Quadro B, C, D). Nel totale dei soggetti indagati (pazienti + operatori) abbiamo riscontrato una positività del 31,82%, una percentuale molto elevata rispetto all’atteso, data la bassa prevalenza del COVID-19 calcolata sugli operatori sanitari dell’Ospedale di Massa Marittima pari allo 0.01 (2 RT-PCR positivi su 64 RT-PCR effettuati, dopo screening con test sierologico, sui 190 operatori sanitari dell’Ospedale).

Il risultato dei tamponi rinofaringei e la mancanza di sintomatologia da COVID-19 conferivano tranquillità. I successivi 2 controlli dei tamponi eseguiti sui pazienti, a distanza di 7-10 giorni (totale 3 tamponi), confermavano la negatività al COVID-19 di tutti i soggetti.

Non abbiamo messo in atto ulteriori precauzioni rispetto a quanto adottato prima della disponibilità dei referti delle Immunoglobuline, considerando come adeguati i provvedimenti già attivati.

A distanza di 18 giorni dalla 1a rilevazione abbiamo ripetuto il test sierologico a tutti i pazienti ottenendo nella totalità dei casi il Quadro A (IgM-, IgG-). I referti dei soggetti positivi alla 1a valutazione non avevano subito modifiche compatibili con una progressione della malattia e ciò avvalorava l’ipotesi che le positività del primo test potessero essere classificate come falsi positivi.

Prendendo in esame separatamente i risultati dei test sierologici per le IgM e le IgG COVID-19 (il test sierologico valuta le 2 classi di Immunoglobuline con 2 linee di lettura separate), abbiamo osservato i seguenti risultati nei nostri pazienti non contagiati da SARS-CoV-2 (criterio epidemiologico, clinico e diagnostico).

Per le IgM la situazione è esplicitata in Tabella I, utilizzando i dati ivi riportati è possibile calcolare la Specificità osservata IgM (Spo IgM) = 21/34 = 0,618 e la Prevalenza apparente IgM (Preva IgM) = 13/34 = 0,382, che risulta molto elevata rispetto alla prevalenza reale di diffusione del COVID-19, stimata come assimilabile alla prevalenza del campione degli operatori sanitari dell’Ospedale di Massa Marittima pari a 1%.

Il calcolo del Valore Predittivo Positivo IgM (VPP IgM) e del Valore Predittivo Negativo IgM (VPN IgM) sia atteso che osservato, mediante applicazione del Teorema di Bayes [4], ha fornito maggiori informazioni circa la probabilità che un soggetto positivo al test fosse realmente ammalato e che un soggetto negativo fosse realmente sano, formule e calcoli sono riportati in Tabella II. Dato il piccolo campione di popolazione studiato, abbiamo proceduto alla stima dei valori predittivi mediante il calcolo degli intervalli di confidenza al 95% (IC 95%).

Tabella I : Tabella a doppia entrata riassuntiva dei referti relativi alla ricerca di IgM e IgG

 

Tabella II: Test rapido per le IgM: applicazione del Teorema di Bayes per il calcolo dei valori predittivi positivi e negativi, calcolo degli intervalli di confidenza relativi

I soggetti positivi al test rapido per le IgM avevano la probabilità del 2,27% di essere ammalati con un IC 95% ± 0,08; una bassa probabilità, quindi, con intervallo fiduciale esteso dallo 0 al 10,27%, valori estremamente distanti dal VPP atteso (100%).

I soggetti negativi al test avevano la probabilità del 99,8% di essere sani con un IC 95% ± 0,019; una elevata probabilità con intervallo fiduciale molto piccolo dal 97,9% al 100%. In questo caso, il test ha fornito risultati sovrapponibili al VPN atteso (99,88%).

Sempre in Tabella I sono riportati i dati per le IgG con i quali sono stati calcolati la Specificità osservata IgG (Spo IgG) = 27/34 = 0,794 e la Prevalenza apparente (IgG Preva IgG) = 7/34 = 0,206.

Anche in questo caso abbiamo calcolato il Valore Predittivo Positivo IgG (VPP IgG), il Valore Predittivo Negativo IgG (VPN IgG) ed i rispettivi IC 95% (Tabella III).

 

Tabella III: Test rapido per le IgG: applicazione del Teorema di Bayes per il calcolo dei valori predittivi positivi e negativi, calcolo degli intervalli di confidenza relativi

 

I soggetti positivi al test rapido per le IgG avevano la probabilità del 4,5% di essere ammalati con un IC 95% ±0,15, ossia una bassa probabilità con intervallo fiduciale esteso dallo 0 al 19,95%.

I soggetti negativi al test per le IgG avevano la probabilità del 99,96% di essere sani con un IC 95% ± 0,00755, ossia una elevata probabilità con un intervallo fiduciale molto piccolo dal 99,21% al 100%. Il VPN osservato per le IgG mostrava valori sovrapponibili all’atteso (99,97%), mentre il VPP differiva notevolmente dai valori attesi (100%).

Le performance ottenute dai test sierologici utilizzati nel nostro reparto hanno fornito risultati congrui con quanto atteso in popolazioni a bassa prevalenza di malattia. I VPP delle IgM e delle IgG ed i rispettivi IC 95% informano sulla bassa fiducia che dobbiamo riporre nel considerare ammalati o guariti i soggetti positivi al test. I VPN delle IgM e delle IgG con i rispettivi IC 95% forniscono una minima incertezza relativa alla probabilità che i soggetti negativi al test siano realmente sani.

 

Discussione

Secondo la settima edizione delle Linee Guida “Diagnosis and Treatment Guidelines for COVID-19” (03 marzo 2020), elaborate dal Comitato Nazionale per la Salute della Repubblica Popolare Cinese, per la conferma dei casi sospetti è necessario combinare almeno 3 criteri: anamnesi per eventuali contatti, manifestazioni cliniche (segni e sintomi) e referti di indagini diagnostiche [5].

Le metodiche attualmente disponibili per la diagnosi dell’infezione da SARS CoV-2 sono state approntate e sperimentate prevalentemente su soggetti sintomatici con quadro TC positivo, quindi su soggetti con evidenza clinica di patologia. Ad oggi è consigliato valutare i dati dei test sierologici integrandoli con i risultati dei tamponi [6,7], considerati tutt’ora il test disponibile più attendibile. L’integrazione è necessaria poiché test sierologici e tamponi forniscono informazioni differenti, la sierologia rileva la presenza degli anticorpi e fornisce informazioni sulla risposta dell’ospite all’infezione, mentre i tamponi individuano gli acidi nucleici virali [8]. L’interpretazione dei test sierologici è piuttosto complessa, richiede conoscenza di limiti e punti di forza della metodica oltre ai necessari approfondimenti successivi [7]. La sierologia da sola non può confermare o escludere la diagnosi o dare informazioni sullo stato dell’infezione [7].

Anche le indagini microbiologiche soffrono di limitazioni: in letteratura sono segnalati casi di falsi negativi e falsi positivi tra i referti dei tamponi. I falsi negativi potrebbero essere dovuti ad errori di tecnica nell’esecuzione del tampone, alla bassa carica virale presente nel momento del prelievo sia in fase acuta che in convalescenza [7]. Risultati falsi positivi nei RT-PCR possono verificarsi per errori tecnici e/o contaminazione dei reagenti [8]. Un tampone è positivo quando rileva RNA virale e ciò non implica necessariamente la presenza del virus [8].

D’altronde, la risposta immunitaria che il virus SAR-CoV-2 innesca nel corpo umano è stata studiata per un periodo di tempo troppo limitato. Una prolungata clearance virale è stata segnalata in una proporzione di pazienti che potrebbe essere sottostimata [9]. Non sappiamo ancora se il nuovo Coronavirus possa rimanere presente nell’organismo anche dopo aver generato una risposta anticorpale, dando luogo ad una infezione cronica asintomatica.

I test sierologici rapidi per SARS-CoV-2 sono stati costruiti sul modello dei test immunocromatografici di routine; questi test, ormai collaudati, presentano falsi positivi nei soggetti con elevata risposta anticorpale, Fattore Reumatoide (FR) elevato, paraproteinemie, malattie autoimmuni [10,11]. Nel caso specifico del SARS-CoV-2, i falsi positivi possono risultare anche da reazioni crociate con altri Coronavirus per infezioni pregresse non legate al COVID-19 [7,12].

Il test utilizzato dal nostro laboratorio COVID-19, IgG/IgM Rapid Test Cassette, si dichiara, nella scheda tecnica, come un test qualitativo che fornisce risultati preliminari che devono essere confermati mediante esami realizzati con metodiche alternative e dati clinici. IgG ed IgM anti SARS-CoV-2 possono rilevarsi nel sangue a partire dalla settimana precedente la comparsa dei sintomi fino a varie settimane dopo l’esposizione e il loro titolo incrementa rapidamente [12,8]. Alcuni pazienti, nelle prime fasi di malattia, possono presentare positività alle immunoglobuline e negatività all’RNA test con tampone naso-faringeo, per cui la ricerca delle immunoglobuline può aiutare nell’individuare i pazienti esposti, così come nel monitoraggio della malattia accertata [6,12]. Si tratta di un test qualitativo, e non quantitativo, a risposta binaria che rileva anticorpi, ossia entità dosabili; perciò, la risposta positiva è legata alla rilevazione di un quantitativo di Ig adeguato ad essere letto dal test. Per titoli inferiori rispetto alla capacità di lettura del test e in caso di assenza degli anticorpi (a seconda delle fasi della malattia), il test fornisce risultati negativi. Un test rapido negativo non esclude un contatto e/o un contagio con il Nuovo Coronavirus poiché il soggetto potrebbe trovarsi nella condizione di essere stato esposto al SARS-CoV-2 e di non aver ancora sviluppato anticorpi.

Nella scheda tecnica del test da noi utilizzato si avverte che, per un risultato corretto, è necessario che il campione di sangue non sia emolizzato, che i campioni siano conservati a temperatura adeguata e che tutte le fasi del test siano rispettate. La scheda tecnica esplicita anche che, prima dell’immissione in commercio, il test è stato valutato su 113 campioni di sangue ottenuti da pazienti con sintomi respiratori e diagnosi clinica, inclusi i referti di TC torace e RT-PCR, di cui 14 erano COVID-19 negativi.

La situazione di sperimentazione e convalida del test rapido, usato nella nostra esperienza, risulta molto diversa da quella presente nel Centro Dialisi di Massa Marittima, reparto a bassa prevalenza di contagio da COVID-19, in cui tutti i soggetti sottoposti al test erano asintomatici e non vi era consapevolezza di pregressi contatti sospetti.

L’elevata percentuale dei pazienti positivi alla 1a rilevazione del test rapido può chiarirsi ricordando che i valori predittivi di un test di screening variano al variare della prevalenza della malattia ricercata [13]. Nel campione sottoposto al test, minore è la prevalenza reale, minore risulta il valore predittivo positivo del test (incremento dei falsi positivi) e maggiore risulta il valore predittivo negativo (riduzione dei falsi negativi). Gli esami utilizzati come test di screening devono possedere elevata sensibilità per poter individuare anche basse positività, “lo scopo dell’esame è infatti quello di evitare la mancata individuazione di soggetti positivi” [14]. Per riuscire a trovare tutti i soggetti positivi, risulta accettabile un numero anche elevato di falsi positivi, da sottoporre ad ulteriori test diagnostici. Questo è vero per i test di screening in genere, a maggior ragione in caso di una malattia infettiva emergente in corso di pandemia. Il rischio sociale di ottenere falsi negativi sarebbe intollerabile per la rapida diffusione dei contagi che comporterebbe.

L’entità dei falsi positivi dipende anche dal punto di cut-off scelto per la lettura dei test. “Il punto di cut-off è la concentrazione in cui la ripetizione del test sullo stesso campione si rivela positiva nel 50% dei casi e negativa nell’altro 50%. Il leggero incremento o decremento della concentrazione sposta di molto la percentuale positiva o negativa dei risultati ottenuti. Questo dimostra come a concentrazioni vicine al limite del cut-off l’imprecisione dei metodi sia elevata” [14].

La stima del valore predittivo positivo e negativo dipende anche dalla numerosità del campione di popolazione osservato; a parità di prevalenza, un piccolo numero di soggetti valutati comporta un piccolo numero di test (positivi o negativi) al denominatore e quindi un più ampio intervallo fiduciario.

Nel nostro reparto, il 41,18% del campione è risultato mis-classificato dal test sierologico; si tratta di un campione di pazienti con età media elevata e comorbidità multiple. I fattori che possono aver favorito risultati falsi positivi sono: la bassa prevalenza di malattia, concentrazioni anticorpali vicine al cut-off del test, errori nella conservazione dei campioni e/o nella metodologia impiegata. La piccola numerosità campionaria ha influenzato l’incertezza della stima dei valori predittivi.

I vantaggi della metodica immunocromatografica, quali la facilità di esecuzione, la rapidità nell’ottenere i risultati, i bassi costi, ne permetteranno una diffusione capillare sul territorio.

I test sierologici saranno importanti per comprendere l’epidemiologia dell’emergente infezione da SARS CoV-2 nei soggetti asintomatici [6]; a questo scopo, saranno utilizzati in maniera sempre più estesa, nei prossimi mesi, e saranno usati in campioni di popolazione aventi prevalenza differente, variabile nel tempo e di scarsa numerosità. Date le peculiarità dei test sierologici, l’evidenza di una positività alle IgM e/o IgG per SARS-CoV-2 non può, da sola, far ritenere i soggetti “protetti” dalla presenza di anticorpi specifici. Si rischierebbe anzi di esporre i falsi positivi a facili contagi, per omissione di misure di protezione, isolamento e contenimento, fino all’esclusione dalla vaccinazione.

 

Conclusioni

Abbiamo accertato che nel mese di aprile 2020 il Centro Dialisi dell’Ospedale di Massa Marittima, Ospedale no-COVID, non era interessato dal contagio da SARS CoV-2.

L’esito dei test sierologici effettuati sugli operatori ha dato risultati negativi.

L’esito dei test sierologici effettuati sui pazienti ha dato, alla prima rilevazione, il 41,18% dei risultati positivi. Essi sono classificabili come falsi positivi sia per i referti dei tamponi, che ripetutamente hanno dato risultati negativi, sia per la negatività dell’anamnesi e della clinica, sia per gli esiti della seconda determinazione, avvenuta dopo 18 giorni, in cui tutti i soggetti sono risultati negativi.

I risultati della nostra esperienza confermano la necessità di sottoporre ad ulteriori indagini i soggetti positivi ai test sierologici. Suggeriscono, inoltre, prudenza nel classificare i casi risultati positivi al test come protetti, per evitare di sovrastimare la copertura anticorpale della popolazione.

 

 

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