Ruolo diagnostico dell’ecografia con mezzo di contrasto in un caso di patologia renale

Abstract

L’ecografia standard (US) trova largo impiego nelle malattie renali come procedura di screening, ma non sempre è in grado di caratterizzare le lesioni, soprattutto nella diagnosi differenziale tra lesioni benigne e maligne. Al contrario, l’ecografia con contrasto (CEUS) è appropriata per differenziare tra lesioni solide e cistiche, nonché tra tumori e pseudotumori. Presentiamo il caso di un paziente nefropatico che aveva una massa renale complessa, grande e in crescita, caratterizzata attraverso una CEUS. Questo paziente di 75 anni, cardiopatico e diabetico, mostrava una cisti complessa e plurisettata di 6 cm all’ecografia del rene sinistro. I dati di laboratorio evidenziavano un’insufficienza renale cronica di stadio IIIb con GFR 30 ml/min, creatinina 2,33 mg/dl, azotemia 88 mg/dl. Il paziente ha eseguito una TC addominale senza mezzo di contrasto, che ha mostrato a livello del polo superiore sinistro una formazione tondeggiante delle dimensioni di circa 70x53x50 mm. Al controllo semestrale, l’esame nefrologico ha mostrato un lieve aumento della creatinina e, pertanto, dopo sei mesi, si è deciso di eseguire nuovamente una TC senza mezzo di contrasto. La TC ha mostrato un leggero aumento delle dimensioni della massa localizzata al rene sinistro (74x56x57 mm). Dato l’aumento delle dimensioni della massa sinistra, anche se modesto, è stata eseguita una CEUS per giungere a una diagnosi dirimente. La CEUS ha concluso per una formazione cistica complessa con presenza di materiale solido-corpuscolare intraluminale, a eziologia trombotico-emorragica, in fase progressiva di organizzazione, classificabile come cisti di Bosniak di tipo II. La CEUS nei reni è una tecnica di imaging economica e preziosa; è accurata nella caratterizzazione di lesioni indeterminate e cisti complesse.

Parole chiave: ecografia con mezzo di contrasto, CEUS, cisti renale, massa renale indeterminata

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Introduction

Ultrasound (US) is a non-invasive technique commonly used for first level investigation in renal diseases. It is known to be an easy-to-use and relatively inexpensive approach. Computed tomography (CT) and magnetic resonance (RM) are also used for these indications, but they certainly have a higher cost and risks such as exposure to ionizing radiation in the case of CT. Standard US finds wide use as a screening procedure, but it is not always able to characterize lesions. In fact, lesions may present as isoechoic to the renal parenchyma on grey-scale imaging, and the micro-circulation can be detected with difficulty using Doppler. In addition, the standard US fails to make differential diagnosis between benign and malignant lesions [1].

In contrast, the clinical use of contrast-enhanced ultrasonography (CEUS) in the kidney has been very well defined by the guidelines of the European Federation of Societies for Ultrasound in Medicine and Biology (EFSUMB) published in 2017. Based on these indications, CEUS is appropriate in identifying suspected vascular disorders such as infarction and cortical necrosis; in differentiating between solid and cystic lesions as well as between tumors and pseudotumors. CEUS is useful in the characterization and follow-up of complex cystic masses and in the identification of renal abscesses, as also in radiofrequency ablation of non-surgical masses [2]. 

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Rottura di cisti renale in seguito a trauma chiuso: case report e review della letteratura

Abstract

La rottura di cisti renale può essere spontanea, iatrogena o conseguente ad un trauma (anche di lieve entità), soprattutto in presenza di condizioni predisponenti come cisti, tumori o idronefrosi.

I reni sono infatti coinvolti in circa il 25% dei traumi addominali; il sistema di classificazione dell’American Association for the Surgery of Trauma (AAST) divide le lesioni renali in cinque categorie, in base al coinvolgimento renale e alle anomalie riscontrabili alla TC con mdc, metodica di scelta in caso di trauma addominale con sospetto di emorragia intraperitoneale.

Ematuria e/o dolore al fianco sono i sintomi con cui si presentano più frequentemente i pazienti, anche se possono essere anche asintomatici.

Il trattamento nella maggior parte dei casi è conservativo, ma a volte può essere necessaria la nefrectomia.

Nel nostro lavoro descriviamo il caso di un paziente maschio che si presenta alla nostra osservazione con dolore al fianco sinistro riferendo una caduta il giorno precedente. Grazie all’impiego dell’esame ecografico e della TC con mdc è stato diagnosticato emoretroperitoneo conseguente a rottura di cisti renale emorragica. Descriveremo di seguito le caratteristiche di imaging e le scelte terapeutiche.

Parole chiave: cisti renale, emorragia renale, trauma renale chiuso, emoperitoneo

Introduzione

Le cisti renali semplici rappresentano le masse renali più comuni, infatti nella popolazione generale si stima che circa il 50% delle persone con più di 50 anni ne abbia almeno una [1, 2]. Solitamente sono asintomatiche, ma in alcuni casi possono causare ostruzione, infezione o emorragia. La presenza di cisti inoltre rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo nel coinvolgimento dei reni nei traumi addominali. La rottura post-traumatica di una cisti renale può avvenire nel sistema collettore, nello spazio subcapsulare e perinefritico, nel retroperitoneo o nella cavità peritoneale. L’emorragia renale massiva è un evento relativamente raro [3].

Descriviamo nel nostro lavoro il caso di un paziente giunto presso il nostro Pronto Soccorso per dolore addominale a causa della rottura di una cisti renale in seguito ad un piccolo trauma addominale chiuso avvenuto il giorno precedente.

 

Caso clinico

Paziente maschio di 55 anni giunge presso il Pronto Soccorso del nostro Ospedale per epigastralgia e dolore acuto al fianco sinistro. Riferisce caduta accidentale nella giornata precedente. In anamnesi presenta ipertensione arteriosa in terapia farmacologica; nessuna assunzione di farmaci antiaggreganti o anticoagulanti.

All’ingresso in ospedale clinicamente l’addome è trattabile, ma dolente in fianco sinistro.

La pressione arteriosa è 135/90 mmHg e la frequenza cardiaca 77 bpm ritmica.

Gli esami ematochimici mostrano solo un lieve incremento della PCR (1.6 mg/dl) con emoglobina nella norma.

Viene richiesta un’ecografia addominale che mostra la presenza, al rene di sinistra, di una cisti a contenuto disomogeneo, prevalentemente iperecogeno come da cisti emorragica, con sottile falda fluida perisplenica e modico incremento dello spazio splenorenale (Figura 1).

L’ecografia eseguita all’ingresso in Pronto Soccorso documenta al rene di sinistra la presenza di cisti complicata sepimentata
Figura 1: L’ecografia eseguita all’ingresso in Pronto Soccorso documenta al rene di sinistra la presenza di cisti complicata sepimentata, con pareti ispessite e contenuto misto ipo-iperecogeno (a). Concomita in sede perisplenica la presenza di falda fluida (b, freccia).

Si sospetta pertanto una rottura di tale cisti e si richiede TC con mdc ev, che conferma la presenza di versamento ematico libero perirenale e nello spazio splenorenale, secondario a rottura della nota cisti renale sinistra, senza significativi segni di sanguinamento attivo (Figura 2).

Figura 2: La TC con mdc conferma la presenza di versamento ematico perisplenico (freccia) e perirenale a sinistra (freccia tratteggiata) secondario a rottura di cisti renale (*).
Figura 2: La TC con mdc conferma la presenza di versamento ematico perisplenico (freccia) e perirenale a sinistra (freccia tratteggiata) secondario a rottura di cisti renale (*).

Essendo il paziente emodinamicamente stabile, viene scelta una strategia conservativa.

Nei tre giorni successivi il paziente resta stabile; al quarto giorno si assiste ad un brusco peggioramento delle condizioni cliniche con netta riduzione dell’emoglobina sierica (fino a raggiungere valori di 8,8 g/dl (Tabella 1).

 

GIORNO 0

 

GIORNO 1

 

GIORNO 2

 

GIORNO 3

 

GIORNO 4

EMOGLOBINA

(v.n. 12-17 g/dl)

 

 

15,6 g/dl

 

15,2 g/dl

 

15,1 g/dl

 

14,2 g/dl

11,2 g/dl

10,6 g/dl

8,8 g/dl

CREATININA

(v.n. 0,6 –1,17 mg/dl)

 

 

0,9 mg/dl

 

0,8 mg/dl

 

0,8 mg/dl

 

0,9 mg/dl

 

1,0 mg/dl

PCR

(v.n. 0-1 mg/dl)

 

 

1,6 mg/dl

 

4,8 mg/dl

 

5,0 mg/dl

 

7 mg/dl

 

15,7 mg/dl

Tabella 1: Valori ematochimici giornalieri seriati dal giorno 0 al giorno 4 (v.n.:valori normali)

Nel sospetto di una massiva perdita ematica, viene quindi sottoposto ad ulteriore TC con mdc, con riscontro di netto incremento dell’emoperitoneo ed emoretroperitoneo (Figura 3). Il paziente viene sottoposto ad intervento chirurgico di laparotomia esplorativa, nel corso del quale il rene appare dismorfico, con multiple e voluminose cisti emorragiche, e con quota parenchimale notevolmente ridotta. Pertanto viene optata, anche per la presenza di numerosi coaguli e aderenze, l’asportazione del rene di sinistra.

Figura 3: La TC con mdc eseguita dopo 4 giorni
Figura 3: La TC con mdc eseguita dopo 4 giorni, in seguito a peggioramento clinico e laboratoristico del paziente, documenta un netto incremento dell’emoperitoneo (freccia tratteggiata) ed emoretroperitoneo a sinistra (freccia) con dislocazione antero-mediale del rene omolaterale.

 

Discussione e review

I reni sono coinvolti in circa il 25% dei traumi addominali, soprattutto in presenza di condizioni predisponenti, quali idronefrosi, cisti o tumori [4].

L’emoperitoneo, ossia la presenza di sangue all’interno della cavità peritoneale, può essere spontaneo oppure conseguente ad un trauma. Il sanguinamento di qualsiasi organo addominale, compreso il rene, ne può essere responsabile.

Nei pazienti che presentano dolore addominale acuto, segni di instabilità emodinamica o evidenza di perdita di sangue agli esami ematochimici, è indispensabile un approfondimento diagnostico con esame di imaging [58].

Il nostro paziente riferiva dolore addominale, in assenza di segni di instabilità emodinamica.

Sia l’ecografia che la TC possono essere utilizzate nel sospetto di emoperitoneo in pazienti con trauma renale chiuso. La TC è sicuramente più accurata rispetto all’ ecografia, ma può dare falsi negativi se eseguita troppo precocemente [9].

Con l’ecografia è possibile identificare facilmente la presenza di raccolte, ma non è possibile differenziare il sangue coagulato dal tessuto solido [8, 10]. Tuttavia, essa risulta utile soprattutto nei bambini, oppure negli adulti con trauma minore, dal momento che ha un elevato valore predittivo negativo (circa 98%) [11, 12].

La TC con mdc rappresenta la metodica di scelta nel trauma con sospetto di emorragia intra-addominale. Nelle acquisizioni pre-contrastografiche, le raccolte ematiche si presentano come masse renali ben circoscritte, con valori densitometrici compresi tra 40 e 90 HU, maggiori rispetto al parenchima renale; a volte al loro interno può essere presente un livello fluido-fluido. Nelle acquisizioni post-contrastografiche, invece, i valori densitometrici delle raccolte ematiche risultano inferiori rispetto al parenchima renale; a volte può essere presente stravaso di mezzo di contrasto, segno di sanguinamento attivo [8, 13, 14].

Uno studio propone un metodo per valutare, attraverso una formula lineare, il volume dell’emoperitoneo, in relazione allo spessore del fluido nella tasca del Morrison rilevato con la TC; questa misurazione può essere utile per decidere la strategia terapeutica [15].

Prima dell’introduzione della TC, per la valutazione dei traumi renali si faceva ricorso all’urografia endovenosa e alla cistografia. Spesso, però, come riportato in diversi studi in letteratura, i reperti risultavano normali a causa della scarsa sensibilità e specificità [16].

Secondo l’American Association for the Surgery of Trauma (AAST), i traumi renali possono essere classificati in cinque gradi sulla base del coinvolgimento renale e delle anomalie riscontrabili alla TC [17]:

  • Grado I: comprende contusioni renali ed ematomi sottocapsulari; rappresentano il tipo di trauma renale più frequente (circa 80%);
  • Grado II: comprende gli ematomi perirenali confinati al retroperitoneo e piccole lacerazioni (< 1 cm) della corteccia, senza stravaso di urina;
  • Grado III: comprende lacerazioni più profonde (>1 cm) senza coinvolgimento del sistema collettore o stravaso di urina;
  • Grado IV: comprende le lacerazioni parenchimali con coinvolgimento della corticale, della midollare e del sistema collettore, oppure infarti renali segmentari causati da trombosi, dissezioni o lacerazioni delle arterie segmentarie;
  • Grado V: in caso di frantumazione renale o di avulsione dell’ilo renale e conseguente devascolarizzazione del rene.

Le principali complicanze che si possono manifestare dopo un trauma renale sono: stravaso di urina, urinoma, emorragie secondarie, ascesso perirenale, pseudoaneurisma, ipertensione e fistola artero-venosa [18].

Per investigare meglio le cause di rottura di cisti renali, con conseguente emoperitoneo, abbiamo effettuato una ricerca su PubMed utilizzando le parole “Renal Injury”, “Renal Hemorrhage”.

Uno studio in letteratura [19] riporta che la rottura di una cisti renale può essere spontanea, avvenire in seguito ad un trauma renale chiuso oppure essere iatrogena (ad esempio in seguito ad un’endoscopia retrograda effettuata per altri motivi).

La rottura spontanea o traumatica delle cisti renali si manifesta molto comunemente con ematuria o con dolore al fianco. A volte può essere presente anche la febbre. Raramente il paziente è asintomatico.

Alcune condizioni che predispongono alla rottura delle cisti renali sono: infezioni del tratto urinario, trauma, uropatia ostruttiva, ipertensione, anomalie di coagulazione del sangue [19].

Per quanto riguarda la patogenesi, in caso di trauma penetrante si viene a creare una comunicazione diretta tra cisti e gli spazi adiacenti. Nei traumi renali chiusi, invece, si verifica, come nel caso da noi descritto, un rapido aumento della pressione all’interno della cisti, per cui si può avere un’emorragia interna, o immediatamente oppure in un secondo momento. In caso di infezione di una cisti renale, oltre all’aumento della pressione al suo interno, la rottura può verificarsi anche a causa dell’indebolimento delle pareti [20].

Per quanto riguarda la rottura di cisti renali in seguito a trauma renale chiuso, in letteratura sono riportati diversi casi con quadri clinici di diversa gravità, in relazione all’entità del trauma stesso: la maggior parte dei pazienti è trattata in maniera conservativa, in alcuni è necessario ricorrere a nefrectomia. Sporadicamente sono descritti anche alcuni casi di morte (ad esempio uno riguardante un paziente in terapia anticoagulante, un altro riguardante un paziente senza patologie preesistenti ma in cui si era verificata una lesione vascolare) [3, 6, 19, 21, 22, 23, 24].

 

Conclusioni

La rottura di una cisti renale in seguito ad un trauma renale chiuso è un’evenienza molto rara e spesso il trattamento è conservativo, tuttavia non va sottovalutata perché, anche se di piccola entità, potrebbe rappresentare un’insidia diagnostica ed essere fatale per la vita del paziente.

 

Bibliografia

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Un bambino con severo ritardo di crescita e cisti renali

Abstract

Descriviamo il caso di un bambino di 5 anni che viene valutato in ambulatorio di endocrinologia per iposomia. In anamnesi riferita poliuria e familiarità per calcolosi renale. Tra gli accertamenti previsti per la bassa statura esegue un’ecografia addominale che evidenzia reni di normali dimensioni con segni di de-differenziazione cortico-midollare, diffusa iperecogenicità midollare con riduzione dello spessore corticale e cisti cortico-midollari. I reperti ecografici, confermati anche in RM ci orientano verso una nefropatia cistica geneticamente determinata, del tipo nefronoftisi o malattia cistica midollare (MSK). L’analisi molecolare per la nefronoftisi tipo 1 non evidenzia delezioni del gene NPHP1. Anche l’analisi dei geni HNFb1 e UMOD risultano negative. Riscontriamo inoltre una acidosi metabolica severa con funzione renale normale ed ipopotassiemia, reperto non usuale in una nefronoftisi. Eseguiamo quindi anche l’analisi molecolare per acidosi tubulare distale (dRTA) che evidenzia la associazione di due varianti genetiche su due geni implicati nella dRTA (ATP6V1B1 e SLC4A1). Queste “doppie mutazioni” sono state ereditate dalla madre che tuttavia non presenta il fenotipo classico della dRTA. Tali varianti attualmente non soddisfano i criteri per una diagnosi molecolare conclusiva di dRTA ma rappresentano varianti di incerto significato clinico. Tuttavia considerando la clinica ed i dati di laboratorio si può ragionevolmente concludere che il bambino abbia una diagnosi “verosimile” di acidosi tubulare distale. A sostegno dell’ipotesi diagnostica, l’inizio della terapia con sodio bicarbonato e citrato di potassio ha determinato una rapida ripresa della crescita staturoponderale. In letteratura è descritta l’associazione tra acidosi tubulare distale e cisti renali. L’ipotesi è che l’ipopotassiemia cronica possa giocare un ruolo eziopatogenetico nella formazione delle cisti renali.

 

Parole chiave: ritardo di crescita, cisti renali, acidosis tubulare, ipopotassiemia

Caso clinico

Descriviamo il caso di GL, maschio di 4 anni e mezzo che viene inviato dal pediatra curante all’ambulatorio di endocrinologia pediatrica per iposomia. Il bambino è nato a termine da parto spontaneo, senza problemi perinatali, l’acquisizione delle tappe psicomotorie è risultata nella norma.  

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