Gestione dell’Iperossaluria Primitiva tipo 1 in Italia

Abstract

L’iperossaluria primitiva tipo 1 è una malattia genetica rara; l’esordio dei sintomi varia dall’infanzia alla sesta decade di vita e la malattia può non essere riconosciuta per diversi anni. C’è la necessità di farmaci in grado di inibire la produzione epatica di ossalato e di prevenire la progressione della malattia; uno dei farmaci più promettenti è lumasiran, molecola innovativa basata sulla RNAi interference. Un gruppo dei principali esperti italiani sulla malattia, sulla base dell’analisi delle principali evidenze scientifiche e dalla loro esperienza personale, ha tentato di rispondere ad alcuni degli unmet medical needs (diagnosi precoce, disponibilità dei test genetici e del dosaggio dell’ossalato plasmatico, timing del trapianto di fegato, la necessità di un trattamento eziologico). I bambini che mostrano i sintomi caratteristici della malattia vengono in genere sottoposti a screening metabolico e la diagnosi è precoce, mentre negli adulti l’esperienza è molto limitata e la diagnosi difficoltosa. È pertanto indispensabile aumentare le conoscenze sulla patologia, sull’importanza dello screening metabolico e genetico, definire una checklist di criteri clinici e laboratoristici condivisi e instaurare una gestione multidisciplinare dei pazienti sospetti. L’ossalato rappresenta la causa della malattia: è di fondamentale importanza ridurre sia l’ossaluria che l’ossalemia mediante appropriate strategie terapeutiche, in grado di prevenire e/o ridurre le complicanze renali e sistemiche dell’iperossaluria primitiva tipo 1. Lumasiran ha permesso di ridurre in maniera significativa i livelli di ossalato nel sangue e nelle urine, mettendo le basi per rallentare il decorso della malattia, prevenendo le gravi complicanze renali e sistemiche se iniziata in fase precoce di malattia.

Parole chiave: iperossaluria primitiva tipo 1, iperossalemia, iperossaluria, lumasiran

Introduzione

L’iperossaluria primitiva tipo 1 (PH1) è una malattia genetica autosomica recessiva ultra-rara, con una prevalenza stimata di 1-3 casi per milione di popolazione e un’incidenza di circa 1 caso ogni 120.000 nati in Europa, ed è responsabile dell’1-2% dei casi di insufficienza renale terminale (ESKD) pediatrici [12].

La PH1 è causata da mutazioni nel gene AGXT che codifica per l’enzima epatico L-alanina-gliossilato amino transferasi (AGT), il quale catalizza la conversione di gliossilato a glicina. Si tratta quindi di un difetto metabolico epatico. Quando l’attività della AGT è assente, il gliossilato viene trasformato in ossalato, la cui iperproduzione determina aumento dei livelli ematici di ossalato ed iperossaluria aumentando il rischio di nefrolitiasi (figura 1) [2].

 

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