Identificazione e descrizione dei pazienti con malattia renale cronica candidabili agli inibitori SGLT2 mediante l’analisi integrata dei dati amministrativi sanitari e delle cure primarie

Abstract

Introduzione. La malattia renale cronica (CKD) può essere trattata con successo con gliflozine, indipendentemente dal diabete. I database amministrativo di Fondazione Ricerca e Salute (ReSD) e delle cure primarie di Health Search (HSD) sono stati combinati nel Database Consortium ReS-HS, per quantificare e descrivere i pazienti con CKD potenzialmente candidabili a gliflozine e valutare i costi diretti a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Metodi. Sono stati selezionati i pazienti di età ≥18 anni con CKD e tasso di filtrazione glomerulare stimato (eGFR) <60 ml/min nel 2018, dopo aver escluso i soggetti in dialisi e/o che avevano subito un trapianto renale. Tramite l’HSD sono stati sviluppati e convalidati algoritmi basati su covariate, per stimare l’eGFR nel ReSD. Sono stati valutati comorbilità, farmaci dispensati e costi assistenziali.
Risultati. Nel 2018, sono stati identificati 66.297 (il 5,0% della popolazione HSD) e 211.494 (il 4,4% della popolazione ReSD) pazienti con CKD potenzialmente eleggibili a gliflozine (femmine ≥58%). La prevalenza aumentava con l’età e ha presentato un picco tra 75-84 anni. Nelle coorti HSD e ReSD, rispettivamente: il 31,0% e il 41,5% avevano diabete; >82% e >96% hanno ricevuto ≥1 trattamento farmacologico, di cui ≥50% e ≥25% cardiovascolare e antidiabetico. Il costo medio pro capite a carico del SSN è stato di €3.825 (IC 95%, €3.655-€4.000): >50% per ospedalizzazioni e >40% per farmaci (>31% per farmaci cardiovascolari e >10% per antidiabetici).
Conclusione. Attraverso il Database Consortium ReS-HS, il 5% degli assistiti SSN adulti con CKD è stato considerato potenzialmente candidabile a gliflozine e ha mostrato un’alta frequenza di comorbilità cardio-metaboliche che può favorire il rischio di progressione di CKD.

Parole chiave: gliflozine, malattia renale cronica, cure primarie, costi assistenziali, servizio sanitario nazionale

Ci spiace, ma questo articolo è disponibile soltanto in inglese.

This work was supported by an unconditional grant from Astra Zeneca Italy SpA. The financial support for this study was provided with a funding agreement ensuring maintenance of author independence in study design, data interpretation, writing, and decision to publish.

Competing interests: APM received personal fees for the participation in clinical studies supported by Bayer, Novartis, Sanofi and Astra Zeneca, outside the present work. FL and EM and provided consultancies in protocol preparation for epidemiological studies and data analyses for AstraZeneca and Mundipharma. DP, CC, GP and GM provided clinical consultancies for AstraZeneca. RP received honoraria for lectures from Lilly, Boehringer, AstraZeneca, Novo-Nordisk, Vifor, Alfa-Sigma, and Bayer, outside the present work. CP, LD, SC, GR and NM are employees of Fondazione Ricerca e Salute (ReS). AP is consultant for Fondazione Ricerca e Salute (ReS).  

Introduction

Sodium-glucose cotransporter-2 inhibitors (SGLT2-Is) have shown positive outcomes on the reduction of glycated hemoglobin (Hb1cA) levels, the protection from cardiovascular events in high-risk patients with type 2 diabetes mellitus (T2DM), the prevention of cardiovascular death and heart failure regardless of T2DM, and of the progression of chronic kidney disease (CKD) [1, 3]. The latter is likely to be independent from the glucose-lowering effects and favored by the glucose-related natriuresis and osmotic diuresis that reduce intraglomerular pressure; the DAPA-CKD (Dapagliflozin and Prevention of Adverse Outcomes in Chronic Kidney Disease) trial was based on this hypothesis and aimed at assessing the long-term efficacy and safety of dapagliflozin in patients with CKD, regardless of T2DM [4]. This trial has shown that patients with CKD assessed by an estimated glomerular filtration rate (eGFR) ranging from 25 to 75 ml/min, regardless of T2DM, have benefited from dapagliflozin through a significant reduction of the risk of sustained decline in eGFR of at least 50%, end-stage kidney disease (ESKD) and renal- or cardiovascular-related death [4]. 

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