Iperfosfatemia in dialisi: la scelta del chelante

Abstract

Le linee guida KDIGO del 2017 confermano le indicazioni delle precedenti sulla necessità di mantenere i livelli sierici di fosforo nei pazienti in dialisi quanto più possibile vicino alle concentrazioni normali dello ione.
Questi suggerimenti nascono da numerosi studi che hanno evidenziato sia una stretta associazione tra livelli di fosforemia ed eventi fatali e non fatali sia che circa il 30% dei pazienti emodializzati presenta livelli sierici elevati di fosforo.
Le stesse linee guida KDIGO forniscono indicazioni terapeutiche sul controllo della iperfosforemia, sottolineando l’importanza sia della nutrizione sia dell’opportuna prescrizione dei chelanti del fosforo in considerazione del parziale controllo della iperfosforemia ottenibile mediante le tecniche dialitiche.
Il chelante “ideale” tuttora non esiste; tuttavia l’ ampia disponibilità di chelanti del fosforo consente di ottenere una terapia personalizzata cioè funzionale al singolo paziente. Questo contribuisce ad ottenere sia un miglior controllo della fosforemia con minori effetti collaterali sia di incrementare la aderenza (compliance) del paziente alla terapia chelante. La quantità di pillole prescritta dal medico al paziente è inversamente correlata all’aderenza terapeutica del paziente stesso. A rendere questo problema particolarmente importante è il peso enorme che ha la terapia chelante il fosforo sul carico di compresse assunto ogni giorno dai pazienti dializzati.
Negli ultimi anni è disponibile un chelante non contenente calcio l’ossidrossido sucroferrico, il cui potere legante il fosforo è molto elevato per cui si rende necessario prescrivere un numero limitato di pillole. Questa caratteristica dell’ossidrossido sucroferrico è stata confermata dagli studi controllati e randomizzati finora disponibili.
L’ossidrossido sucroferrico può rappresentare una alternativa terapeutica, in monoterapia e in associazione, nel trattamento dell’iperfosforemia. Studi sono in corso per verificare nella “real life” la incidenza di effetti collaterali gastroenterici evidenziati con l’ossidrossido sucroferrico.

Parole chiave: Fosforo; Chelante; Iperparatiroidismo secondario

Lo scenario attuale

Le alterazioni del metabolismo minerale, ed in particolare l’iperfosforemia, sono riconosciute oggi fattori di rischio importanti per l’incremento della morbilità e mortalità dei pazienti affetti da malattia renale cronica, sia durante le fasi iniziali che nelle fasi più avanzate di malattia (1, 2).  Il controllo del bilancio fosforico rappresenta pertanto un punto cardine nel trattamento di questi pazienti.

 

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CKD-MBD in Dialisi Peritoneale

Abstract

La CKD-MBD definisce un disordine sistemico del metabolismo minerale ed osseo secondario alla CKD. La rilevanza clinica di tale sindrome ha portato ad identificare i target biochimici da raggiungere al fine di migliorare l’outcome del paziente. Tuttavia nella maggior parte dei pazienti, sia in trattamento emodialitico (HD) che in dialisi peritoneale (DP), tali target non vengono raggiunti. L’iperfosforemia è un predittore di mortalità cardiovascolare e per tutte le cause. In DP la rimozione del fosforo (P) avviene sia tramite diffusione che convezione, con un contributo dell’ultrafiltrazione pari a circa l’11%. La clearance del P è tempo dipendente, con differenze tra CAPD e APD e in base alle caratteristiche di trasporto della membrana. La funzione renale residua svolge un ruolo fondamentale nel bilancio del P in questi pazienti. La clearance del calcio (Ca) in DP dipende dai livelli di calcemia, dalla concentrazione di calcio nel dialisato e dall’ultrafiltrazione. Bilanci di Ca positivi favoriscono l’insorgenza di malattia adinamica dell’osso. Diverse sostanze prodotte dall’osso, alcune delle quali con azione di tipo ormonale, hanno gettato nuova luce sull’asse osso-sistema cardiovascolare. Le funzioni ormonali dell’osso sono verosimilmente correlate con le lesioni istologiche che si sviluppano in corso di insufficienza renale cronica. I dati recenti mostrano differenze meno evidenti rispetto al passato tra i quadri istomorfometrici dell’osso nei pazienti in HD rispetto ai pazienti in PD. Tuttavia in questi ultimi pazienti sembra esserci un minor numero di eventi fratturativi, probabilmente per la differente qualità dell’osso.

Parole chiave: CKD-MBD, dialisi peritoneale, calcio, fosforo, malattia adinamica dell’osso

Nel corso degli ultimi anni numerose evidenze scientifiche hanno mostrato una stretta correlazione tra i disordini del metabolismo minerale, le anomalie ossee, le calcificazioni extrascheletriche e l’aumento della morbilità e mortalità nei pazienti con malattia renale cronica (1). La tradizionale definizione di osteodistrofia renale non esprimeva in maniera completa questa sindrome complessa che invece è stata riconosciuta tale e ha preso il nome di CKD-Mineral Bone Disorders (Madrid 2005). Pertanto il termine CKD-MBD definisce un disordine sistemico del metabolismo minerale ed osseo dovuto alla malattia renale cronica che si manifesta in presenza di una sola o una combinazione delle seguenti condizioni: alterazioni dei parametri di laboratorio (calcemia, fosforemia, PTH, vitamina D); anomalie nel turnover, nella mineralizzazione, nel volume, nella crescita lineare o nella resistenza dell’osso; calcificazioni vascolari o dei tessuti molli (2). 

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