Diagnosi di amartomatosi biliare in paziente con ADPKD trapiantato di rene

Abstract

L’amartoma dei dotti biliari (AB) è una rara malformazione benigna caratterizzata dall’ectasia dei dotti biliari e causata da errori di sviluppo della lamina duttale, la struttura embrio-fetale da cui derivano i dotti biliari intraepatici . Gli AB sono in genere asintomatici, ma in qualche caso possono favorire la comparsa di ittero, epigastralgia e febbre. Esistono chiare evidenze scientifiche su comuni basi patogenetiche dell’AB con la malattia del rene policistico autosomico dominante (ADPKD). Pur essendo lesioni benigne, presentano rischio di trasformazione neoplastica, che aumenta nei casi di associazione con l’ADPKD e con stati di immunosoppressione. All’imaging, gli AB pongono problemi di diagnosi differenziale e possono risultare di difficile individuazione nell’ambito dell’ADPKD. Presentiamo il caso clinico di un paziente di 54 anni affetto da ADPKD e trapiantato di rene, in cui l’amartomatosi biliare, sino ad allora mai rilevata ai periodici esami ecografici, è stata sospettata all’ecografia 4 anni dopo il trapianto e successivamente confermata dalla RM. La demodulazione dei segnali proliferativi indotta dalla terapia immunosoppressiva, in particolare dagli inibitori delle calcineurine, potrebbe averne favorito la crescita, aumentandone il rischio di trasformazione neoplastica. Questo caso suggerisce l’importanza della ricerca periodica degli AB nei pazienti con ADPKD, specie se trapiantati con metodiche a maggiore sensibilità rispetto alla semplice ecografia, quali la CEUS e la RM.

Parole chiave: amartomatosi biliare, trapianto renale, malattia del rene policistico

Introduzione

Gli amartomi biliari (AB), anche conosciuti come complessi di von Meyenburg, sono rare malformazioni benigne dei dotti biliari di piccolo calibro che, senza predilezione di sesso, vengono riscontrati nel 5.6% delle autopsie e rappresentano un reperto ancor più raro nella analisi istologica delle biopsie epatiche (0.6%) (1). 

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La “pathway” della Vasopressina come target farmacologico in ambito nefrologico: una review narrativa

Abstract

L’ADH è un ormone secreto dalla neuroipofisi che svolge diversi ruoli in base all’organo bersaglio. A livello renale questo peptide è in grado di causare assorbimento di acqua libera da elettroliti giocando pertanto un ruolo fondamentale nell’equilibrio idro-elettrolitico. Esistono patologie e disturbi che mettono a repentaglio tale bilanciamento e, in questo campo, farmaci inibitori recettoriali dell’ADH come i vaptani potrebbero svolgere un ruolo fondamentale. Inibendo la via di attivazione della vasopressina, teoricamente trovano indicazione nelle iponatriemie ipotoniche ipervolemiche ed euvolemiche. Tuttavia i trial clinici nello scompenso cardiaco non hanno dato risultati favorevoli su outcome clinici. Anche nella SIADH, nonostante il loro largo impiego, le evidenze in favore dei vaptani sono tali che non vi è accordo tra gli esperti circa il loro impiego.

Poiché i vaptani inibiscono la pathway dell’AMPc nelle cellule tubulari, è stato proposto il loro impiego per inibire la cistogenesi. Un trial clinico ha dimostrato un effetto favorevole sulla progressione dell’ADPKD.

In considerazione degli effetti dell’ADH in modelli di patologie cistiche renali differenti dall’ADPKD, è stato suggerito l’impiego dei vaptani in patologie quali la nefronoftisi e la malattia policistica autosomica recessiva. Altri possibili impieghi potrebbero essere in ambito trapiantologico renale e nella sindrome cardio-renale.

Per il ruolo di ADH nei meccanismi coagulativi ed emostatici, sfruttando la via di attivazione dell’ADH attraverso i suoi analoghi come la Desmopressina Acetato, si può ridurre il rischio di sanguinamento nelle biopsie in pazienti a rischio emorragico.

Parole chiave: vasopressina, vaptani, iponatriemia, ADPKD, biopsia

Introduzione

La vasopressina, nota anche come adiuretina o arginin-vasopressina (AVP) o ormone antidiuretico (ADH), è un ormone neuropeptidico prodotto a livello dei nuclei sopraottico e paraventricolare che viene secreto dall’ipofisi posteriore in risposta ad un aumento della tonicità plasmatica o alla diminuzione del volume plasmatico (1).

 

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Sequenziamento di Nuova Generazione: una valida strategia nella diagnosi molecolare di Rene Policistico

Abstract

L’ADPKD è la malattia genetica ereditaria più frequente al mondo causata da mutazioni del gene PKD1 nell’85% dei casi e da PKD2 nel restante 15%. Sebbene la diagnosi sia generalmente ottenuta attraverso ecografia, RMN e TC, alcune condizioni rendono lo studio genetico strettamente necessario come fenotipo clinico non tipico, casi senza familiarità, donazione da consanguinei. Purtroppo la presenza di pseudogeni in PKD1, la grandezza del gene, i costi del sequenziamento Sanger e l’eterogeneità genetica alla base delle patologie renali rendono particolarmente difficile l’analisi genetica. Il Sequenziamento di Nuova Generazione (NGS) ha rivoluzionato la diagnosi molecolare delle patologie cistiche renali ereditarie grazie alla possibilità di analizzare contemporaneamente più geni. A tale proposito, abbiamo sviluppato una piattaforma NGS, chiamata Nephroplex, con lo scopo di identificare variazioni esoniche in 115 geni, responsabili di numerose patologie renali, comprese malattie cistiche e policistiche, ottenendo, complessivamente, una regione target di 338.8 kbp. La tecnologia utilizzata per l’arricchimento è il sistema HaloPlex, basata sulla digestione del DNA genomico con enzimi di restrizione e la cattura delle regioni d’interesse con specifiche sonde d’ibridazione. Con la nostra piattaforma, abbiamo, dunque, analizzato 9 pazienti con diagnosi clinica di ADPKD. Abbiamo ottenuto un coverage depth di 100x per il 96.5% del target, mentre la regione non coperta rappresentava solo il 3% della regione di interesse. In 6 pazienti, abbiamo riscontrato mutazioni causative nei geni PKD1 e PKD2, ottenendo una detection rate del 66%. In conclusione, la piattaforma NephroPlex è un ottimo tool per la diagnosi molecolare di patologie renali e potrebbe chiarire i meccanismi alla base dell’eterogeneità genetica riscontrata nelle nefropatie

Parole chiave: Sequenziamento di Nuova Generazione, rene policistico, malattie genetiche

Introduzione

 

1. Caratteristiche Cliniche della Malattia Policistica Renale Autosomica Dominante (ADPKD)

La Malattia Policistica Renale Autosomica Dominante dell’adulto (ADPKD), è la più comune tra le nefropatie cistiche ereditarie con una prevalenza stimata di 1:400-1:1000, ed è una delle più frequenti malattie monogeniche (1). È caratterizzata dalla progressiva sostituzione del parenchima renale funzionale con multiple cisti di origine tubulare. Ciò comporta progressivo aumento del volume renale associato al potenziale rischio di infezione ed emorragia delle cisti, nefrolitiasi, dolore, riduzione del GFR con evoluzione verso l’ESRD richiedente trattamento emodialitico e trapianto in circa il 10% della popolazione mondiale (12). La formazione di cisti può interessare anche altri organi quali fegato (70%) e pancreas (5-10%) in primis (3), ma anche milza, tiroide, aracnoide, vescicole seminali e prostata (4). Manifestazioni non cistiche includono: ipertensione arteriosa (70-80%), ernie addominali, anomalie delle valvole cardiache (25%) e anomalie vascolari intracraniche, compresi gli aneurismi (8%). La rottura degli aneurismi cerebrali rappresenta un’importante complicanza dell’ADPKD associata a grave morbidità e mortalità e si presenta in circa 1/2000 persone l’anno con un incidenza 5 volte maggiore rispetto alla popolazione generale (5,6). Il Rene Policistico autosomico dominante è causato da mutazioni del gene PKD1 (85% dei casi) e del gene PKD2 (15% dei casi) (7). Questi due geni codificano, rispettivamente, per la Policistina 1 e la Policistina 2,  proteine costituenti una sottofamiglia (TRPP) dei transient receptor potential (TRP) channel (8). Sono state proposte diverse localizzazioni delle Policistine, incluso il reticolo endoplasmatico (dove è maggiormente localizzata la policistina 2), membrana apicale e basolaterale o esosomi (9,10,11), anche se la localizzazione a livello del ciglio primario sembra essere il maggior determinante di malattia (12). Il gene PKD1 è costituito da 46 esoni e la regione compresa tra gli esoni 1 e 33 si caratterizza per la presenza di ben 6 pseudogeni, ossia copie geniche non funzionali (13). Le mutazioni responsabili del rene policistico interessano tutta l’estensione del gene e rappresentano mutazioni inattivanti.

2. Diagnosi di ADPKD

La diagnosi dell’ADPKD negli adulti è tipicamente basata sul riscontro di reni policistici bilateralmente ingranditi in ecografia (14). Per individui a rischio di ADPKD (familiari di primo grado di un soggetto affetto) sono stati proposti e revisionati criteri per migliorare la performance diagnostica dell’ecografia: la presenza di almeno 3 cisti renali (unilaterali o bilaterali) e di due cisti in ogni rene è sufficiente per la diagnosi in individui a rischio di età rispettivamente compresa tra 15-39 anni e 40-59 anni. Per individui di età superiore ai 60 anni sono richieste 4 o più cisti in ogni rene (15). TC e RMN sono utilizzate quando si necessita di informazioni in più sulla struttura e funzione renale, in presenza di casi equivoci, o quando la risoluzione dell’ecografia è scarsa (14). La diagnosi genetica, invece, non viene eseguita di routine soprattutto a causa dei costi elevati e delle difficoltà connesse alle metodiche di sequenziamento. Esistono tuttavia delle condizioni in cui l’indagine molecolare si rende strettamente necessaria:

  • Quando è richiesta una diagnosi definitiva in individui giovani, come nel caso di potenziali donatori viventi con diagnostica strumentale equivoca in famiglie con storia di ADPKD
  • In famiglie con diagnosi precoce di ADPKD, dal momento che in questi casi potrebbero essere coinvolti alleli ipomorfici o eredità oligogenica (16, 17)
  • In caso di necessità di consulenza genetica, soprattutto per le coppie che richiedono una diagnosi pre-impianto (18)
  • In pazienti con storia familiare negativa per ADPKD, a causa del potenziale overlap fenotipico con altre patologie, come per esempio, fenocopie di ADPKD che derivano invece da mutazioni in altri cistogeni noti quali HNF1β, PRKCSH,SEC63 (19,20,21) o PKHD1 (22), che possono tener conto della malattia in alcuni individui, o per il coinvolgimento di geni che tipicamente causano altre ciliopatie con manifestazioni extrarenali, come la nefronoftisi (NPH) e la sindrome di Barted-Biedl (BBS) che, in alcuni casi, possono mimare la malattia policistica, specialmente in epoca prenatale (23).

Al di là di queste indicazioni, il test genetico potrebbe avere grosse implicazioni nella diagnosi e  gestione dei pazienti con ADPKD (24), tenendo conto anche della possibilità di effettuare valutazioni prognostiche (per esempio il decorso clinico è più severo nei pazienti con mutazione in PKD1 che in PKD2, con età media di inizio dell’ESRD rispettivamente di 54.3 e 74 anni) (25). Inoltre, con lo sviluppo di nuove terapie potenzialmente efficaci per il trattamento dell’ADPKD, la necessità di accurati test genetici sta diventando ancora più convincente (26). Purtroppo l’analisi genetica è complicata, soprattutto a causa della complessa struttura genomica, specie in riferimento a PKD1, e dell’eterogeneità genetica e clinica. I test diagnostici convenzionali, infatti, prevedono una laboriosa amplificazione locus specifica mediante Long-Range PCR (LR-PCR), seguita dal sequenziamento Sanger, che richiede tempi lunghi e costi elevati (27). Il sequenziamento di nuova generazione (NGS) ha rivoluzionato il campo della diagnostica genetica e molecolare e ha permesso il sequenziamento in parallelo di tutti i geni malattia che possono essere considerati in un dato paziente. A tale proposito, abbiamo sviluppato una piattaforma NGS, chiamata Nephroplex, con lo scopo di identificare variazioni esoniche in 115 geni, responsabili di numerose patologie renali, comprese malattie cistiche e policistiche, dimostrandone l’alta specificità e sensibilità.

 

Materiali e Metodi

 

Pazienti

Sono stati selezionati dal nostro database 9 pazienti con diagnosi clinica di ADPKD. Ciascun paziente ha prestato il proprio consenso informato al trattamento dei dati genetici in forma anonima per scopi scientifici. Per ogni soggetto sono stati raccolti 4 ml di sangue venoso periferico anticoagualto con EDTA. Il sangue raccolto è stato conservato a – 20° C fino al momento dell’utilizzo presso il dipartimento di Biochimica, Biofisica e Patologia Generale della Seconda Università degli Studi di Napoli. Il DNA è stato estratto seguendo le procedure standard.

Analisi NGS (Sequenziamento di nuova generazione)

Per lo sviluppo della piattaforma Nephroplex abbiamo selezionato 115 geni responsabili delle principali malattie renali cistiche e non cistiche comprese  la S. di Bardet Biedl, la S di Meckel, le Nefronoftisi, la Malattia cistica della Midollare, ottenendo, complessivamente, una regione target  di 338.8 kbp.  L’arricchimento è stato eseguito con la piattaforma Haloplex dell’Agilent e le librerie sono state sequenziate utilizzando la piattaforma HiSeq1000 system. Abbiamo ottenuto un coverage medio di 20X per il 98,8% del target e il 96.5% aveva una copertura 100X. In media, abbiamo identificato 205 varianti per ciascun paziente ed abbiamo selezionato le mutazioni non sinonime presenti nella popolazione generale con una frequenza inferiore all’1%. In questo modo, abbiamo ottenuto, in media, 11 variazioni per paziente.

 

Risultati

In 6 dei 9 pazienti con diagnosi clinica di rene policistico analizzati, abbiamo riscontrato mutazioni causative nei geni PKD1 e PKD2, ottenendo una detection rate del 66%. In particolare, abbiamo identificato 4 pazienti con mutazioni inattivanti nel gene PKD1 (3 mutazioni frameshift ed una non senso) e 2 pazienti con mutazioni frameshift nel gene PKD2. Le mutazioni identificate sono tutte nuove, mai descritte in letteratura.

Figura 1. Targeting  workflow

 

Discussione

In un lasso di tempo relativamente breve, il Sequenziamento di Nuova Generazione ha sostanzialmente rivoluzionato le potenzialità nel campo della diagnostica e della ricerca genomica. Alla luce di queste nuove potenzialità, il nostro studio si propone di indagare pazienti con ADPKD in maniera rapida e a costi contenuti. Inoltre, la possibilità di disporre di un pannello di 115 geni coinvolti in gran parte delle patologie renali (comprese quelle cistiche, policistiche e le ciliopatie) permette un inquadramento genetico globale del paziente policistico. In ciascuno dei nostri 9 pazienti, sono state identificate varianti in altri geni associati a patologia. Il significato clinico di queste variazioni resta, al momento, di difficile interpretazione. Tuttavia, la nostra piattaforma potrebbe chiarire i meccanismi genetici alla base dell’eterogeneità clinica del rene policistico e di tutte le patologie renali. Nonostante le dimensioni della nostra coorte siano modeste, i risultati sembrano molto incoraggianti grazie al buon coverage ottenuto che ha permesso di identificare mutazioni in molti geni con sensibilità comparabile a quella delle metodiche tradizionali di sequenziamento. Riguardo ai tre pazienti per cui l’analisi genetica non ha fornito alcun risultato, stiamo approfondendo l’indagine alla ricerca di mutazioni introniche profonde o di riarrangiamenti genomici complessi.

 

Conclusioni

In conclusione possiamo affermare che il nostro approccio è rapido, economico e incontra i criteri di sensibilità e specificità richiesti per la diagnostica molecolare e come tale è pronto a sostituire i classici metodi nella diagnostica genetica dell’ADPKD

 

Bibliografia

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