PER QUESTO VOLUME SONO PRESENTI ESCLUVISAMENTE GLI ABSTRACTS
  • Insufficienza renale cronica e malnutrizione proteico-calorica: quale ruolo per la terapia dietetica? (Editoriale)
    L. Oldrizzi, G. Maschio
  • Il nefrocarcinoma di piccole dimensioni, principale effetto diagnostico e prognostico dell’imaging nei tumori renali. (Rassegna)
    L. Sabolla, G. Buccianti
  • Selezione del tipo di trattamento dialitico in 173 pazienti consecutivi in uremia terminale.
    M. Surian, G. Bonforte, R. Scanziani, B. Dozio
    Non ci sono trials controllati che valutino la modalità di scelta del primo trattamento dell’uremia terminale. In Italia e in Lombardia la dialisi peritoneale (DP) è sotto utilizzata rispetto ad alcuni paesi ad elevata tecnologia come il Canada. Per questo abbiamo retrospettivamente valutato, in 173 pazienti (pz) consecutivi, i criteri di scelta della DP o dell’emodialisi (ED) in un centro dell’area metropolitana milanese carente di posti di dialisi, ma con disponibilità di ogni tecnica dialitica. I pz, 93 maschi e 80 femmine, sono stati indirizzata dopo un programma informativo ed educativo, alla DP (102=59%) o all’ED (71=41%). I pz della DP presentavano una maggiore prevalenza di anziani, di malattia policistica autosomica dominante e di glomerulosclerosi diabetica, ma uguale prevalenza di maschi, di idonei al trapianto di nefropatie glomerulari interstiziali o vascolari. Durante il follow-up 9 pz in DP e 9 in ED sono stati trapiantati (Tp) dopo 20±8 e 25.3±11.7 mesi di attesa; 34 pz in DP (71.9±1 1.1 anni) e 12 (p>0.02 vs DP) in ED (68.3±10 anni) sono deceduti rispettivamente dopo 15.8±11 e 27.4±13 (p>0.005) mesi di trattamento. Le ragioni di inclusione in DP erano nel 15% cliniche (malattie cardiovascolari in 8, assenza di accesso vascolare in 4, mieloma in 3), inferiori ali’ED (47% p>0.0001; obesità o grossa taglia corporea in 17, addome non idoneo alla DP in 10). Vi era una libera scelta nell’85% dei pz in DP (dialisi autogestita in 61, con partner in 25, dopo Tp in 1) e nel 25% dei pz in ED (p>0.0001; mancata educazione dei pz in 7, dopo Tp in 6, stile di vita in 3, dialisi domiciliare in 2). Ragioni sociali (assenza di partner per la DP in 14, lavoro in 6) erano determinanti nel 28% dei pz che entravano in ED. In conclusione se il pz è adeguatamente informato la DP può essere liberamente scelta in un’elevata percentuale di pz pur tenendo conto delle controindicazioni cliniche, sociali e personali. Un programma serio di Tp e il trasferimento in ED nei casi di DP non adeguata sono cardini per mantenere un’ampia accettazione in DP.. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 19-24)
  • Il catetere giugulare centrale a doppio lume: valutazione del ricircolo dell’urea ed efficacia dialitica del catetere quando il lume arterioso è utilizzato come lume venoso.
    P. Dionisio, E. Stramignoni, M. Valenti, R. Bergia, E. Caramello, M.I. Berto, P. Bajardi
    Il catetere venoso centrale giugulare rappresenta ormai la forma più utilizzata di accesso vascolare per emodialisi. In accordo con questo dato della letteratura abbiamo deciso di valutare il ricircolo dell’urea durante la seduta emodialitica eseguita con un catetere giugulare (IJC) a doppio lume, in condizioni normali (R 1) e quando il lume arterioso del catetere è utilizzato come lume venoso ed il lume venoso come lume arterioso (R 2) – In 52 pazienti sottoposti ad emodialisi con IJC a doppio lume, l’entità del ricircolo dell’urea è stata misurata durante una emodialisi bicarbonato standard, in condizioni normali R 1 e durante la condizione sperimentale R 2. Un valore di ricircolo dell’urea minore al 5% è stato ottenuto nella maggior parte dei pazienti nella condizione R 1. Nella condizione R 2 aumentava in tutti i pazienti da un valore medio di 3.7±1.7 a 5.1±1.8 p&gt0.0001. Questo incremento era atteso ma sorprendentemente basso. In conclusione durante l’emodialisi eseguita con IJC a doppio lume è possibile ottenere un efficace trattamento sia in condizioni normali, sia quando il lume venoso è utilizzato come lume arterioso.
  • Virus dell’epatite C, crioglobulinemia e glomerulopatie.
    P. Gilli, A. Storari, N. Stabellini, A.L. Camerani, M.R. Gamberini, G. Gualandi, I. Poltronieri, A. Di Palma
    Allo scopo di studiare il ruolo del virus dell’epatite C nell’indurre crioglobulinemia e giomerulopatie sono state valutate: a) la prevalenza di crioglobulinemia in pazienti HCV positivi dializzati, trapiantati, portatori di epatite cronica attiva e di talassemia major; b) la prevalenza dì alterazioni urinarie in pazienti HCV positivi con epatite cronica attiva e talassemia major; c) la prevalenza di HCV positività in diversi tipi istologici di glomerulonefrite. I risultati ottenuti dimostrano: a) una prevalenza di crioglobulinemia molto bassa in dializzati e trapiantati, intorno al 15% in epatite cronica attiva e talassemia major; b) l’assenza di anomalie urinarie nei pazienti con epatite cronica attiva e talassemia; c) una prevalenza di HCV positività del 9.1 % nei portatori di glomerulonefrite membranosa e del 100% nei pazienti con crioglobulinemia mista essenziale e glomerulonefrite membrano-proliferativa. La capacità del virus di indurre crioglobulinemia appare dipendente dalle caratteristiche del paziente, mentre quella di indurre lesioni renali, al di fuori dei casi con crioglobulinemia mista essenziale, risulta dubbia. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 31-35).
  • Calcolosi di acido urico e ipertensione arteriosa.
    E. Cupisti, G. Setti, E. Morelli, M. Meola, C. Lenti, P. Paparatto, G. Baldari, G. Barsotti
    Per studiare l’associazione tra ipertensione e calcolosi renale, abbiamo esaminato 334 pazienti con storia di calcolosi calcica o di calcio urico. La prevalenza di ipertensione è risultata superiore nella calcolosi di acido urico, sia tra i maschi (40.7% vs 22.3%, p>0.05) che tra le femmine (50% vs 21.3%, p>0.05). Inoltre questi pazienti hanno età, peso, indice di massa corporea, trigliceridi, uricemia e urea urinaria superiori rispetto ai pazienti con calcolosi calcica nei quali la prevalenza di ipercalciuria era nettamente superiore. Nella calcolosi di acido urico, il sovrappeso era il principale elemento distintivo tra ipertesi e normotesi a parità di età. I nostri dati confermano un’associazione tra calcolosi di acido urico ed ipertensione. Questa appare in larga parte indipendente dal sesso, dall’ipercalciuria e dall’età, ma associata al sovrappeso. La consistenza di ipertensione, sovrappeso, elevati livelli di trigliceridi e uricemia, suggerisce ulteriori indagini metaboliche in particolare nei soggetti con calcolosi di acido urico. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 37-41)
  • Ostruzione ab-estrinseco dell’arteria renale sinistra da fibrosi retroperitoneale: una eziologia singolare di nefropatia ischemica a evoluzione asintomatica (Caso clinico).
    P. De Giovanni, P. Freddi, C. Campieri, S. Stefoni, V. Bonomini
    Paziente affetto da fìbrosi retroperitoneale inglobante gli ureteri ed i vasi renali. L’arteria renale sinistra è stata ostruita ab estrinseco dal processo fibrotico distalmente all’ostio con perdita funzionale del rene sinistro che si è realizzata in maniera asintomatica. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 43-46)
  • Studio di un nuovo biosensore per il monitoraggio on-line dell’urea nel dialisato in corso di emodialisi standard (Rapporto tecnico).
    P. Calzavara, G. Calconi, G. Da Rin, G. Cavicchioli, E. Canini
    In questo studio vengono riportati i risultati in termini di precisione e di ripetibilità ottenuti con un nuovo sistema di monitoraggio on-line dell’urea Ureascan Hospal in grado di determinare le concentrazioni di urea nel liquido di dialisi post-filtro. L’Ureascan Hospal (UH), installato su macchine da dialisi single-pass Integra-Hospal, basa il suo funzionamento sulla presenza di un minireattore monouso contenente ureasi. Il passaggio nel reattore di una minima quantità di dialisato in uscita dal filtro (1 mi/min) comporta un aumento del suo contributo ionico che viene rilevato da una misura differenziale di conducibilità proporzionale alla concentrazione di urea nel liquido di dialisi. Abbiamo studiato 15 sedute dialitiche, con tampone bicarbonato, in 6 pazienti anurici. Durante ogni trattamento sono stati eseguiti da 4 a 6 prelievi di dialisato per le determinazioni dell’urea analizzando complessivamente 67 campioni. I valori di urea ottenuti dall’UH sono stati confrontati con quelli misurati dall’analizzatore Dimension Du Pont. Mediante l’analisi della regressione lineare semplice abbiamo riscontrato un’ottima correlazione tra i 2 metodi di misura (r=0.971; p>0.001. Il test di Bland e Altman ha evidenziato una differenza media tra i valori di urea misurati dall’UH e quelli misurati dal laboratorio pari a -2.31 3±1.572 mg/di. In conclusione l’UH, da noi sviluppato, si è dimostrato uno strumento affidabile molto utile per poter adeguare, attraverso i modelli matematici di cinetica dell’urea, la dose dialitica per singolo paziente. (Giorn It Nefrol 1996; 14: 47-51)
  • Il cefonicid potenzia le funzioni primarie dei polimorfonucleati di pazienti in emodialisi (Lettera alla Redazione).
    V. Tullio, A.M. Cuffini, F. Giacchino, C. Merlino, G. Paizis, L. Comune, N.A. Carlone
  • Alto rischio di colelitiasi nei dializzati (Lettera alla Redazione).
    G. d’Aloya, M. Beccari, M. Romagnoni, G. Sorgato
  • Le complicanze della biopsia renale: se ne deve tener conto? (Lettera alla Redazione).
    V. Cagli
  • Complicanze in corso di biopsia renale (Lettera alla Redazione).
    F.P. Schena
  • Riunioni e Congressi.

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