Gennaio Febbraio 2024 - Censimento

Il futuro della dialisi peritoneale

Il Censimento del Gruppo di Progetto di Dialisi Peritoneale (GPDP) del 2022 ha riportato che nei 183 Centri Italiani non-pediatrici e con dati completi (DP + HD) la prevalenza percentuale della DP è del 14,9%, valore in progressiva riduzione nonostante i riconosciuti vantaggi della metodica, l’invito delle politiche sanitarie regionali e nazionali alla domiciliazione delle cure, la documentata preferenza per la dialisi domiciliare da parte dei pazienti quando sono attivamente coinvolti nella scelta del trattamento (>50% dei pazienti privilegiano la DP).

In questa breve analisi saranno esaminate alcune situazioni sulle quali si potrebbe intervenire per incrementare l’utilizzo della DP in Italia:

A. Aumentare il numero dei medici dedicati alla DP. Con le nuove tecnologie che permettono il controllo da remoto della DP, possiamo modificare e ottimizzare la prescrizione quasi a piacimento: dal numero dei cicli alla durata delle singole stasi, dalla tonicità delle soluzioni al volume degli scambi, completi o con tidal. Con i cycler a disposizione siamo in grado di “cucire” le sedute dialitiche a seconda delle necessità e delle caratteristiche del paziente. Per fare questo in modo ottimale, è necessaria un’esperienza che può derivare solo da una applicazione costante della tecnica, investendo tempo e risorse. Inoltre, il medico dedicato alla DP non si occupa solo di impostare la seduta dialitica o di controllare gli esami di adeguatezza, ma gestisce l’ambulatorio delle visite periodiche, interviene in tutte le problematiche quotidiane che sono parte della metodica, prepara i pazienti all’immissione in lista trapianto, oltre a partecipare ai consueti servizi di reparto (guardie, consulenze, ambulatori, etc.). Se il medico che si occupa di DP (e del resto) deve provvedere anche alla copertura dei turni di emodialisi o di degenza, le occasioni di crescita e di miglioramento diventano sempre più complicate.

B. Consentire ai medici specializzandi di tutte le Scuole di Specializzazione di usufruire di un adeguato addestramento alla dialisi peritoneale. Considerando che non in tutte le Scuole è possibile praticare la DP, anche in riferimento a quanto indicato dalle norme ministeriali, si potrebbero proporre sedi esterne (sedi “HUB”) presso cui lo specializzando possa approfondire la conoscenza della metodica. Tali strutture potrebbero diventare punti di riferimento per i medici specializzandi, fornendo le basi fondamentali della dialisi peritoneale e permettendo il loro utilizzo nella pratica clinica quotidiana.

C. Adeguare il numero degli infermieri dedicati. Senza di loro non è possibile garantire una DP fatta bene. Il ruolo degli infermieri nella DP ha una valenza ancora maggiore che nelle altre sezioni in quanto può garantire la continuità di assistenza ai pazienti domiciliari. La struttura presso cui lavoro garantisce la presenza dell’infermiere dedicato alla DP 24/24 ore, 7/7 giorni. Per i pazienti in DP questo rappresenta una garanzia di assistenza che contribuisce a far superare eventuali insicurezze nella scelta del trattamento dialitico. Come evidenziato dal Questionario del 2007 i Centri in cui l’infermiere di DP deve occuparsi anche di altro hanno programmi di DP modesti. Se da un lato ciò è in parte comprensibile è anche vero che costituisce un fattore limitante all’espansione stessa del programma.

D. La presenza di dietista e psicologo dedicati. In numerose strutture sono già presenti esperti di alimentazione dedicati alla stesura delle terapie nutrizionali per i pazienti con insufficienza renale ma la complessità dell’argomento auspicherebbe la presenza di un professionista esclusivo per i pazienti in dialisi, essendo quelli più a rischio di malnutrizione. Inoltre, le implicazioni legate alla malattia cronica e all’accettazione della dialisi, necessitano di un supporto psicologico al paziente che dovrebbe iniziare già in fase pre-dialitica. Tuttavia, sono ben note le difficoltà delle Aziende di disporre di dietisti e psicologi dedicati, carenze che minano ulteriormente la possibilità del paziente di fare una scelta condivisa del trattamento.

E. La possibilità di accesso del caregiver dei pazienti in DP in tutte le strutture ospedaliere in caso di ricovero. Spesso ci troviamo di fronte alla necessità di trasferire pazienti in DP ricoverati presso altre strutture perché la Direzione non permette ai caregiver di assistere il paziente nell’esecuzione della DP. Oltre al disagio per i pazienti e familiari, questo atteggiamento complica ulteriormente le già difficili capacità recettive dei nostri reparti.

F. Il ricorso alla Telemedicina. Le possibilità offerte oggi dalla Telemedicina sembrano create apposta per un programma di dialisi domiciliare. Oltre a evitare spostamenti, garantendo un follow-up più accurato, il monitoraggio da remoto e la videodialisi offrono la possibilità di migliorare la qualità delle cure erogate ed espandere la popolazione che potrebbe beneficiare della DP. Ovviamente è richiesto un adeguamento organizzativo della struttura che vede di nuovo nell’infermiere la figura centrale.

G. Ottenere RSA e riabilitazioni con personale addestrato a gestire la DP. Secondo i dati del recente censimento del GPDP, meno del 5% dei pazienti sono sottoposti a DP presso le RSA. La collaborazione con queste strutture potrebbe essere d’aiuto soprattutto per i pazienti più fragili che potrebbero usufruire della DP in un ambiente protetto. L’esperienza della Nefrologia di Trento che ha a disposizione alcuni posti riservati ai pazienti in DP presso le RSA del territorio, dovrebbe essere replicata in altre realtà quando necessario. La situazione diventa ancora più difficile quando si deve affrontare il problema della riabilitazione post-ricovero per i pazienti in DP. In molte province non sono disponibili strutture riabilitative per questi pazienti che in caso di necessità si trovano costretti a shiftare momentaneamente all’emodialisi o, nei casi più fortunati, devono fare affidamento a un caregiver disponibile a eseguire quotidianamente la DP nella struttura di ricovero. D’altra parte non è così semplice ricorrere al personale della RSA per l’esecuzione della DP. Infatti l’elevato turnover del personale, che spesso caratterizza queste strutture, impone una continua attività di addestramento e di riaddestramento talora improponibile. Un rimedio possibile è oggi offerto dalla telemedicina che consente di effettuare in sicurezza training ripetuti evitando stress e spostamenti.

H. Garantire in tutti Centri di Nefrologia una completa informazione a tutti trattamenti sostitutivi. Anche se non presenti nel Centro di riferimento, è fondamentale per una scelta condivisa del trattamento esporre ai pazienti e ai familiari tutte le soluzioni terapeutiche oggi disponibili, dal trapianto da vivente fino alle terapie palliative, eventualmente indirizzando il paziente ad altri Centri dove è disponibile il trattamento preferito. Ad esempio: in Italia sono pochi gli Ospedali che dispongono di una Unità Operativa dedicata ai trapianti, eppure tutti i nefrologi, quando è clinicamente possibile, informano e preparano i pazienti al trapianto di rene. La stessa cosa dovrebbe accadere per la DP: la metodica, per ragioni logistiche e organizzative, non può essere presente in tutte le UO di Nefrologia ma, così come per il trapianto, i pazienti devono essere a conoscenza della possibilità di utilizzarla. L’indagine del 2007 (allegata ai dati del Censimento) evidenziava tale carenza, ma il problema rimane. I nefrologi devono prendere atto che è eticamente scorretto non informare i pazienti dell’esistenza di una valida terapia alternativa.

I. La presenza sul territorio di personale addestrato (OS, ASA) per la dialisi assistita a domicilio. È probabilmente il punto più importante per lo sviluppo delle DP del futuro. Già nel 2016 il Piano Nazionale della Cronicità del Ministero della Salute (Figura 1) tra gli obiettivi specifici indicava di “Personalizzare la terapia dialitica mantenendo il paziente a domicilio (abitazione, RSA, case di riposo, etc.). Inoltre, riportava:

“La personalizzazione della terapia dialitica deve tenere conto delle caratteristiche del paziente, come appresso riportato:

      • Paziente autosufficiente: alta possibilità di effettuare la dialisi domiciliare.
      • Pazienti anziani autosufficienti, soli, che necessitano di mantenere e sviluppare i rapporti sociali per evitare l’isolamento: possibilità di dialisi presso i centri per anziani con personale ausiliario addestrato dal centro nefrologico di riferimento.
      • Paziente parzialmente autosufficiente/non autosufficiente con familiari o caregiver: elevata possibilità di effettuare la dialisi domiciliare, sia peritoneale che emodialisi. Nella realizzazione di una dialisi domiciliare potrebbero essere utili strumenti di teledialisi assistita che favoriscono corrette pratiche dialitiche e minimizzano i rischi di manovre non corrette.
      • Paziente parzialmente autosufficiente senza caregiver: valutazione del grado di fragilità ed eventuale valutazione di dialisi peritoneale assistita a domicilio”.
Figura 1. Obiettivi, linee di intervento per la Malattia Renale Cronica.
Figura 1. Obiettivi, linee di intervento per la Malattia Renale Cronica. Piano Nazionale della Cronicità del Ministero della Salute, 2016 (https://www.salute.gov.it).

La pandemia da SARS-CoV-2 ci ha tragicamente confermato l’importanza della domiciliazione del paziente: la differenza di mortalità tra i pazienti dializzati nella propria abitazione e quelli in Centro è stata devastante. E anche i successivi interventi parlamentari hanno sottolineato la necessità di implementare le terapie a domicilio con l’istituzione delle Case di Comunità e la nomina di infermieri di territorio che dovrebbero intervenire nelle cure domiciliari. Per conoscenza, riporto la definizione di Casa di Comunità, previste già dal PNRR del 2021, e descritte nel DM 77 del 23 maggio 2022, pubblicato sul numero 144 della Gazzetta Ufficiale: “La Casa della Comunità è il luogo fisico, di prossimità e di facile individuazione al quale l’assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria. La CdC è una struttura facilmente riconoscibile e raggiungibile dalla popolazione di riferimento, per l’accesso, l’accoglienza e l’orientamento dell’assistito”. Inoltre: “La Cdc hub deve obbligatoriamente garantire:

a. Presenza medicah24 – 7 giorni su 7 anche attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale.

b. Presenza infermieristicah12 – 7 giorni su 7 (fortemente raccomandata la presenza infermieristica h24 – 7 giorni su 7).

c. Équipe multiprofessionali(Medico di Medicina Generale, PLS, Continuità Assistenziale, Specialisti Ambulatoriali Interni (SAI) e dipendenti, Infermieri e altre figure sanitarie e sociosanitarie)”.

Quanto descritto potrebbe costituire una formidabile locomotiva per trainare l’incremento della DP (ma anche dell’emodialisi domiciliare) in Italia, soprattutto nei pazienti fragili che maggiormente si gioverebbero di questa forma di assistenza.