Gennaio Febbraio 2024 - In depth review

Fibrin sheath calcifico dopo rimozione di CVC incarcerato: case report e review della letteratura

Abstract

La prevalenza dell’uso dei cateteri venosi centrali (CVC) nel trattamento emodialitico si assesta attorno al 20-30%. In questo scenario, le complicanze legate all’uso del CVC sono di comune riscontro e impegnano il nefrologo nella loro gestione. Si annoverano complicanze infettive e legate al malfunzionamento del CVC. Tra queste ultime, la formazione di una guaina fibrosa a manicotto attorno al catetere (fibrin sheath) legata alla reazione da corpo estraneo dell’organismo, può determinare con varie modalità il malfunzionamento del CVC. Anche dopo eventuale rimozione del catetere, il fibrin sheath può rimanere all’interno del lume vascolare (ghost fibrin sheath) e in rari casi andare incontro a calcificazione. Descriviamo in questo articolo il caso clinico di una paziente emodializzata cronica che, successivamente alla rimozione di un CVC malfunzionante, incarcerato, presentava, a un riscontro occasionale, una struttura tubulare calcifica nel lume della vena cava superiore, diagnosticato come calcified fibrin sheath (CFS). Questa rara evenienza, descritta in letteratura in altri 8 casi, per quanto rara è sicuramente sotto diagnosticata e può andare incontro a complicanze come sepsi per infezione del CFS, embolismi polmonari e trombosi vascolare. Gli approcci terapeutici vanno presi in considerazione unicamente nei casi sintomatici e prevedono l’approccio chirurgico invasivo.

Parole chiave: Complicazioni CVC, guaina di fibrina, fibrin sheath calcificato, catetere incarcerato, emodialisi

Introduzione

La malattia renale cronica (MRC) rappresenta un crescente problema di sanità pubblica a livello mondiale, associata a morbilità, mortalità e incremento dei costi per la sanità [1, 4]. Nel 2017 è stato stimato che circa 850 milioni di individui fossero affetti da malattia renale cronica, ovvero il doppio della prevalenza stimata del diabete a livello mondiale e oltre venti volte la prevalenza globale stimata dell’HIV o dell’AIDS [5].

I dati derivanti dallo studio Global Burden of Disease (GBD) mostrano come la prevalenza della MRC è aumentata del 19,6% nell’ultima decade [6]. Oltre a questo, come logico aspettarsi, si è osservato un incremento della prevalenza della malattia renale cronica terminale (End-stage renal disease ‒ ESRD), raggiungendo più di 2 milioni di pazienti in trattamento sostitutivo della funzione renale di cui circa l’87% in emodialisi [7]. L’aumento dell’aspettativa di vita e l’incremento di patologie croniche hanno determinato una modifica del fenotipo eziopatogenetico della MRC contando un incremento di ipertensione arteriosa, diabete e cardiopatia quali principali cause di MRC [8].

L’accesso vascolare di prima scelta adatto all’esecuzione della terapia dialitica è rappresentato dalla fistola artero-venosa distale con vasi nativi (FAV), poiché, in confronto agli innesti protesici (graft) e ai cateteri venosi centrali (CVC), presenta una minore incidenza di complicanze infettive e trombotiche oltreché una ridotta morbilità e mortalità e una maggiore durata [9, 10]. 

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