Abstract
Circa il 5% dei pazienti con scompenso cardiaco (SC) raggiunge lo stadio terminale della malattia, caratterizzato da ricoveri ripetuti, sintomi importanti e scarsa qualità della vita, e diviene refrattario alla terapia. L’ultrafiltrazione peritoneale (PUF), rimuovendo acqua e sodio (Na+), può essere utilizzata nei pazienti con SC allo stadio terminale. Tuttavia, gli effetti della metodica sulla rimozione di fluidi ed elettroliti non sono stati completamente valutati nei precedenti lavori.
In questo studio pilota condotto su pazienti con SC cronico e insufficienza renale cronica moderata, abbiamo valutato gli effetti della rimozione di acqua e sodio tramite PUF sul rimodellamento ventricolare, sulle ospedalizzazioni e sulla qualità della vita.
I pazienti con insufficienza cardiaca allo stadio terminale (classe NYHA IV, ≥3 ospedalizzazioni per SC/anno nonostante la terapia ottimale), non idonei al trapianto cardiaco, sono stati sottoposti a posizionamento di catetere peritoneale e hanno iniziato un monoscambio notturno con icodestrina (n=6) o 1-2 scambi giornalieri con soluzione ipertonica (3,86%) per 2 ore con volume di carico di 1,5-2 L (n=3).
Al basale, l’ultrafiltrazione media era 500±200 ml con icodestrina e 700±100 ml con soluzione ipertonica. L’escrezione peritoneale di Na+ era maggiore con icodestrina (68±4 mEq/scambio) rispetto alla soluzione ipertonica (45±19 mEq/scambio).
Dopo un follow-up mediano di 12 mesi, i ricoveri sono diminuiti, mentre la classe NYHA e la qualità della vita (secondo il questionario Minnesota Living with Heart Failure) sono migliorate.
Nei pazienti con SC allo stadio terminale, la PUF ha ridotto le ospedalizzazioni e ha migliorato la qualità della vita. Può essere un valido trattamento aggiuntivo per controllare i volumi e il bilancio del sodio.
Parole chiave: Ultrafiltrazione peritoneale, scompenso cardiaco, sodio, insufficienza renale