Gennaio Febbraio 2019 - Specialità e professioni a colloquio

Relazioni tra Medicina e Spiritualità

Abstract

Questa rassegna ha l’intento di analizzare i legami tra medicina e spiritualità, due concetti apparentemente distanti. Agli albori, la medicina era intrisa di rituali con i quali s’invocavano interventi di entità soprannaturali, non sapendo gli uomini fare molto per fronteggiare la malattia, la sofferenza e la fragilità del proprio corpo. Oggigiorno, nell’era post-genomica, la medicina può beneficiare di conoscenze scientifiche e tecnologiche che permettono approcci diagnostici e terapeutici molto sofisticati e che offrono possibilità di cura impensabili prima d’ora. L’elevato sviluppo della medicina, anche tecnologico, non deve però far dimenticare che una malattia induce, sempre e comunque, cambiamenti non solo nel corpo del paziente, ma anche nella sua sfera affettiva e sociale. La malattia, specialmente quando è grave e/o con prognosi infausta, suscita interrogativi profondi sul significato della vita, degli affetti, della morte e del dopo-morte. Negli ultimi decenni molti studiosi, tra cui medici, religiosi, teologi e psicologi, proprio in considerazione di tali interrogativi, hanno sottolineato come la spiritualità possa costituire una rilevante componente per la cura del malato e della sua malattia.

Partendo da alcune frasi del libro “Quando il respiro si fa aria”, scritto dal medico Paul Kalanithi, vorremmo sottolineare alcune riflessioni che evidenziano perché la spiritualità dovrebbe essere percepita come un importante fattore per il percorso terapeutico. L’obiettivo è di approfondire il concetto di spiritualità, differenziandolo da quello di religiosità, fede, e misticismo, e di capire come la spiritualità possa e debba integrarsi con gli aspetti ed effetti positivi della medicina post-genomica.

Parole chiave: Medicina, Spiritualità, Comunicazione, Comunione, Pazienti, Medici

Introduzione

Nel libro “Quando il respiro si fa aria” il medico Paul Kalanithi, un neurochirurgo morto all’età di 37 anni per un tumore incurabile ai polmoni, narrando la sua esperienza di medico e paziente, tratta del rapporto che l’essere umano ha con la malattia e la sofferenza (1). Come medico era stato sempre sensibile al dolore dei pazienti e dei loro cari ed esplicitamente dichiarava che “l’eccellenza tecnica non è abbastanza”. 

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