Settembre Ottobre 2016 - Linee guida per la malattia policistica renale dell'adulto

Trattamento della malattia policistica autosomica dominanate del rene (ADPKD): analoghi della somatostatina e inibitori mTOR

Abstract

Il recente miglioramento delle conoscenze dei meccanismi molecolari che sottendono la malattia policistica autosomica dominante del rene (ADPKD) ha fornito il razionale per lo sviluppo di diversi trattamenti volti ad arrestare o rallentare la progressione della malattia. In particolare, trial clinici hanno mostrato che l’impiego degli analoghi della somatostatina in pazienti con ADPKD è in grado di rallentare l’aumento di volume totale del rene così come il progressivo declino della funzione renale nel lungo periodo. Il trattamento con questi farmaci è generalmente ben tollerato e permette inoltre di controllare la crescita delle cisti nel fegato in pazienti con questa manifestazione extra-renale della malattia. Al contrario, gli inibitori dell’enzima mammalian target of rapamycin (mTOR), pur risultando promettenti in diversi modelli sperimentali di malattia del rene e del fegato, nella maggior parte degli studi clinici non sono stati efficaci nel rallentare la crescita del rene policistico e/o migliorare la perdita progressiva di funzione renale nei pazienti con ADPKD. La terapia con inibitori mTOR trova una limitazione importante anche a causa dell’elevata incidenza di eventi avversi, che richiedono frequentemente l’interruzione del trattamento o la riduzione del dosaggio del farmaco, vanificando l’eventuale effetto renoprotettivo.

Parole chiave: adpkd, analoghi della somatostatina, funzione renale, inibitori mTOR, volume renale

 

Introduzione

Il trattamento dei pazienti con ADPKD è mirato a ridurre la morbilità e la mortalità dovute alle complicazioni della malattia. In particolare, la sorveglianza clinica è indirizzata al controllo dell’ipertensione arteriosa e di altri fattori di rischio cardiovascolari, alla prevenzione delle infezioni e della formazione di calcoli renali. Tuttavia, nell’ultimo decennio il miglioramento delle conoscenze dei meccanismi molecolari alla base della ADPKD ha consentito lo sviluppo di una serie di trattamenti disegnati con l’obiettivo di arrestare o rallentare la progressione della malattia.

Raccomandazioni

In pazienti con ADPKD e funzione renale normale o lieve/moderata insufficienza renale (GFR > 40 mL/min/1.73m2) il trattamento prolungato con analoghi a lento rilascio della somatostatina rappresenta una terapia innovativa efficace perché è in grado di rallentare in modo significativo la crescita del volume totale delle cisti e dei reni e la perdita progressiva della funzione renale.

Il trattamento con gli inibitori di mTOR, pur risultando promettente in diversi modelli sperimentali di malattia policistica del rene e del fegato, nella maggior parte degli studi clinici non si è dimostrato efficace nel rallentare la crescita del rene e/o migliorare la perdita progressiva di funzione renale nei pazienti con ADPKD probabilmente a causa dell’impiego di dosi di sirolimus o everolimus insufficienti ad inibire l’attività dell’enzima mTOR.

La terapia con inibitori mTOR trova una limitazione importante nell’elevata incidenza di eventi avversi, anche seri, responsabili della frequente interruzione del trattamento, o nel migliore dei casi della necessità di ridurre significativamente il dosaggio del farmaco, vanificando l’eventuale effetto renoprotettivo.

Gli studi clinici disponibili sconsigliano l’impiego degli inibitori mTOR per rallentare la progressione della malattia renale in pazienti con ADPKD a causa dell’elevato rischio di tossicità e della relativa inefficacia anche a dosaggi relativamente elevati.

Trattamento con gli analoghi della somatostatina

Studi sperimentali hanno dimostrato che il deficit di policistica 1 o 2 nelle cellule tubulari renali comporta una riduzione delle concentrazioni di calcio intracellulare ed il conseguente aumento dei livelli di adenosina monofosfato ciclico (cyclic adenosine monophosphate, cAMP) [1] [2] (full text)[3] (full text). Elevate concentrazioni di cAMP a loro volta stimolano la secrezione di ioni cloro da parte del canale CFTR e la proliferazione cellulare, due processi alla base della formazione e della successiva crescita delle cisti [4] (full text) [5] (full text).

La somatostatina è un peptide endogeno secreto dalle isole pancreatiche (cellule D), dal tratto gastrointestinale, dall’ipotalamo e dalla tiroide [6]. Mediante l’interazione con recettori accoppiati a proteine G (SSTRs 1-5), la somatostatina inibisce l’attività dell’enzima adenilato ciclasi, la proliferazione cellulare, la secrezione di numerosi ormoni (e.g., ormone della crescita, insulina, glucagone, gastrina, colecistochina) e di fattori di crescita (e.g., fattore di crescita simil-insulinico 1 e fattore di crescita dell’endotelio vascolare) [7] [8] (full text). Tutti i recettori della somatostatina sono espressi dalle cellule epiteliali tubulari e dai colangiociti. In particolare, SSTR1 e -2 sono espressi nel tratto ascendente dell’ansa di Henle, nel tubulo distale e nel dotto collettore, mentre SSTR3, -4 e -5 sono espressi nel tubulo prossimale [9] (full text) [10] (full text) [11][12]. La somatostatina inibisce selettivamente la sintesi di cAMP nelle cellule epiteliali dei tubuli distali e dei dotti collettori sia in vitro che in vivo [13] (full text) [14], e nei colangiociti [15]. Poiché l’emivita plasmatica della somatostatina nativa è molto breve (1-3 minuti), sono stati prodotti degli analoghi sintetici più stabili per l’impiego nella pratica clinica: octreotide, lanreotide e pasireotide. Questi composti differiscono per stabilità ed affinità recettoriale. In particolare, octreotide e lanreotide hanno un’emivita di 2 ore e presentano elevata affinità per SSTR2 e SSTR3 e moderata affinità per SST5. Pasireotide invece ha elevata affinità per tutti i recettori della somatostaitna, ad eccezione di SSTR4, e la sua emivita plasmatica è di circa 12 ore [16]. Sono state introdotte nella pratica clinica formulazioni di octreotide e lanreotide a lento rilascio (Long Acting Release, LAR) che consentono la somministrazione ogni 28 giorni per via intramuscolare o intradermica profonda.

Evidenze in modelli sperimentali di PKD

Gli studi sperimentali con analoghi della somatostatina in modelli di malattia policistica del rene e del fegato sono stati ispirati da un iniziale studio clinico pilota in 13 pazienti che ne aveva dimostrato la potenziale efficacia nel rallentare la crescita del volume totale del rene (TKV) e della relativa sicurezza del trattamento [17] (full text).

Numerosi studi preclinici hanno poi confermato l’efficacia del trattamento con gli analoghi della somatostatina nell’inibire la crescita delle cisti renali ed epatiche [18]. Nel 2013 Tietz Bogert et al. hanno sviluppato un modello di zebrafish che consente di testare la possibile efficacia di composti nell’inibire la cistogenesi epatorenale. L’esposizione di embrioni di zebrafish a pasireotide riduceva significativamente l’area delle cisti [19]. Uno studio recente ha inoltre valutato l’efficacia di pasireotide e tolvaptan (un antagonista del recettore V2 della vasopressina) in un modello murino di ADPKD con fenotipo isomorfico della policistina 1. Il trattamento con pasireotide o tolvaptan singolarmente ha ridotto notevolmente la crescita delle cisti, e l’effetto è risultato ancora più marcato combinando i due farmaci [20] (full text).

Evidenza in pazienti con ADPKD

Finora sono stati pubblicati sei studi clinici sull’efficacia e la tollerabilità del trattamento con gli analoghi della somatostatina in pazienti con ADPKD. Nel 2005 un primo studio randomizzato con disegno crossover ha confrontato gli effetti di 6 mesi di trattamento con octreotide-LAR (40 mg per via intramuscolare ogni 28 giorni) o placebo in 14 pazienti con ADPKD ed insufficienza renale lieve, moderata o severa (velocità di filtrazione glomerulare media al basale: 57.1 mL/min, range 24.4-95.3 mL/min). Nonostante il volume totale del rene fosse aumentato durante entrambi i periodi di studio, la percentuale di aumento risultò significativamente inferiore durante il trattamento con octreotide-LAR rispetto al placebo (2.2 ± 3.7% versus 5.9 ± 5.4%, rispettivamente; P<0.05). La velocità di filtrazione glomerulare (GFR), misurata mediate la tecnica della clearance plasmatica dello ioexolo [21] (full text), non si modificò durante i due periodi di trattamento [17] (full text). Un’analisi post hoc dello stesso studio ha mostrato che il volume del fegato diminuiva significativamente con octreotide-LAR (da 1595 ± 478 mL a 1524 ± 453 mL) senza alcun cambiamento apprezzabile durante il trattamento con placebo [22] (full text). La terapia con octreotide-LAR fu ben tollerata da tutti i pazienti. Tuttavia, in tre pazienti comparve diarrea acquosa, risolta poi spontaneamente, durante il primo mese di trattamento con octreotide-LAR. In due pazienti i livelli plasmatici di alanina aminotransferasi aumentarono transitoriamente e marginalmente durante il trattamento con octreotide-LAR, e in un paziente durante la somministrazione del placebo, ma queste anomalie scomparvero spontaneamente entro 1-2 mesi [17] (full text).

Successivamente un altro studio randomizzato ha confrontato gli effetti di 6 mesi di trattamento con lanreotide (120 mg per via sottocutanea ogni 28 giorni) o placebo in 54 pazienti con malattia policistica del fegato, di cui 32 con ADPKD ed i rimanenti con malattia epatica policistica isolata (Isolated Polycystic Liver Disease, PCLD) [23]. Il volume medio del fegato diminuì del 2.9% nei pazienti trattati con lanreotide (da 4606 mL a 4471 mL) mentre aumentò dell’1.6% nel gruppo placebo (da 4689 mL a 4895 mL) (P<0.01). Stratificando i pazienti in base alla causa della malattia (ADPKD e PCLD), la percentuale di riduzione del volume del fegato era significativamente più elevata con lanreotide rispetto al placebo (P<0.01 per entrambe le malattie). Inoltre, nei pazienti con ADPKD il volume totale medio del rene si ridusse dell’1.5% dopo trattamento con lanreotide (da 1000 mL a 983 mL) mentre aumentò del 3.4% nel gruppo placebo (da 1115 mL a 1165 mL) (P=0.02) [23]. Dopo sei mesi di trattamento con lanreotide anche la percezione dei pazienti riguardo al loro stato di salute era migliorata significativamente. Non si riscontrarono eventi avversi severi riconducibili al farmaco in studio. I principali parametri di laboratorio ed il peso corporeo non presentarono alterazioni clinicamente rilevanti. L’effetto collaterale più comune fu l’emissione di feci liquide (19 pazienti). In sei di questi pazienti il trattamento con enzimi pancreatici risolse prontamente i sintomi. In tredici pazienti del gruppo lanreotide (48%) si osservò la formazione di noduli nel sito di iniezione [23]. In uno studio successivo di estensione in aperto i pazienti che avevano partecipato al trial iniziale furono riarruolati per completare un periodo di trattamento di 12 mesi con lanreotide [24] (full text). Il volume del fegato diminuì del 4% dopo 12 mesi di trattamento con lanreotide, con l’effetto maggiore riscontrato durante i primi 6 mesi. Nei 25 soggetti con ADPKD il volume totale del rene rimase stabile al termine dei 12 mesi di terapia con lanreotide. Inoltre, in 15 pazienti con ADPKD venne ripetuta una tomografia computerizzata del rene 6 mesi dopo la conclusione del trattamento con lanreotide. In questo sottogruppo, il volume totale del rene rimase stabile durante i 12 mesi di trattamento con lanreotide, riprese ad aumentare dopo la sospensione del farmaco, con un aumento del 2% nei 6 mesi di follow-up. Per quanto riguarda la tollerabilità, il trattamento venne interrotto in 5 pazienti (12%) a causa di steatorrea (n=1), trapianto di fegato (n=2), perdita di capelli (n=1) e timore riguardo alla progressione della malattia (n=1) [24] (full text).

In un trial pubblicato nel 2010, 42 pazienti con malattia policistica del fegato, di cui 34 con ADPKD, sono stati randomizzati a 12 mesi di trattamento con octreotide-LAR (40 mg per via intramuscolare ogni 28 giorni) o placebo [25] (full text). Il volume totale del fegato si ridusse del 4.9% nel braccio di trattamento con octreotide-LAR ma aumentò dello 0.9% nel gruppo placebo (P=0.048). Nei pazienti con ADPKD (e funzione renale al basale normale o lievemente ridotta) il volume totale del rene rimase invariato nel gruppo octreotide-LAR (+0.25%) ma aumentò dell’8.6% nel gruppo placebo (P=0.045). Anche la funzione renale, valutata come GFR misurato mediante la clearance plasmatica dello iotalamato, si ridusse numericamente meno in pazienti trattati con octreotide-LAR (5.1% vs basale), rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo (7.2%), sebbene la differenza non raggiunse la significatività statistica (P=0.98). L’effetto collaterale più comune fu il dolore nel sito di iniezione, riportato nel 75% dei pazienti trattati con octreotide-LAR e nel 21% dei pazienti del gruppo placebo. Diarrea lieve venne documentata nel 61% dei pazienti trattati con octreotide e nel 28 % di quelli assegnati al gruppo placebo. Dolori addominali e gonfiore vennero registrati nel 50% dei pazienti trattati con octreotide-LAR e nel 21% con placebo. Rispetto ai valori basali, i livelli ematici di glucosio aumentarono in entrambi i casi, del 10% e del 2% rispettivamente nel gruppo octrotide-LAR e nel gruppo controllo (P=0.02), senza tuttavia sviluppare diabete mellito (P=0.02) [25] (full text). Anche questo studio proseguì in aperto per altri 12 mesi [26] (full text). Nel gruppo inizialmente randomizzato ad octreotide-LAR, la riduzione di volume del fegato rimase evidente fino al termine del secondo anno di trattamento (-5.95% rispetto al basale), sebbene l’effetto non risultò significativo durante il secondo anno di trattamento (-0.77% rispetto al primo anno). Nel gruppo originariamente randomizzato a placebo che ha poi proseguito con octreotide-LAR, il volume totale del fegato diminuì significativamente dopo un anno di trattamento con il farmaco (-7.66%, P=0.011). Nella coorte di pazienti con ADPKD inizialmente randomizzati ad octreotide-LAR, l’inibizione della crescita del rene osservata durante il primo anno non si mantenne nel secondo anno di studio mentre in quelli originariamente randomizzati a placebo il volume totale del rene rimase invariato dopo un anno di trattamento con octreotide-LAR. Dopo due anni di terapia con questo analogo della somatostatina alcuni aspetti della qualità di vita migliorarono significativamente rispetto al basale. La somministrazione ripetuta di octreotide-LAR risultò ben tollerata. Un solo paziente interruppe lo studio dopo un anno a causa di streatorrea e perdita di peso ritenuti riconducibili al farmaco. Anche durante il secondo anno l’evento avverso più comune fu la diarrea (28%) [26] (full text).

Più recentemente nello studio multicentrico ALADIN condotto in Italia, 79 pazienti con ADPKD e GFR stimato > 40 mL/min/1.73m2 sono stati randomizzati a tre anni di trattamento con octreotide-LAR (40 mg per via intramuscolare ogni 28 giorni, n=40) o placebo (una soluzione di cloruro di sodio allo 0.9%, n=39) [27]. Si tratta dello studio con il più lungo follow-up di pazienti con ADPKD trattati con un analogo della somatostatina. Lo studio ALADIN è stato disegnato con l’obiettivo primario di valutare l’efficacia di octreotide-LAR nel rallentare o arrestare la crescita del volume totale del rene. Dopo un anno, l’aumento medio del volume totale del rene è stato significativamente inferiore nei pazienti trattati con octreotide-LAR rispetto a quelli a cui era stato somministrato il placebo (46.2 mL versus 143.7 mL, P=0.032). Al terzo anno l’aumento medio del volume totale del rene nel braccio di trattamento con octreotide-LAR risultò numericamente inferiore rispetto al gruppo placebo, senza tuttavia raggiungere la significatività statistica (220.1 mL versus 454.3 mL, P=0.25). Tuttavia, la percentuale di aumento del volume totale del rene risultò significativamente minore nel braccio di trattamento con octreotide-LAR rispetto a quello con placebo sia al primo (0.7% versus 6.7%, rispettivamente; P=0.0018) sia al terzo anno di studio (10.9% versus 19.9%, rispettivamente; P=0.0416). Durante l’intero periodo di studio, la riduzione annuale di GFR (misurato con la clearance plasmatica di ioexolo) è stata tendenzialmente inferiore nel gruppo octreotide-LAR rispetto al gruppo placebo (3.85 mL/min/1.73m2/anno versus 4.95 mL/min/1.73m2/anno, P=0.25), sebbene la differenza non abbia raggiunto la significatività statistica. Tuttavia un’ulteriore analisi ha documentato che mentre la riduzione di GFR dopo un anno era comparabile nei due gruppi, successivamente la perdita cronica di funzione renale tra il primo ed il terzo anno era significativamente più lenta nel braccio di trattamento con octreotide-LAR rispetto al gruppo placebo, con una differenza di circa il 50% (2.28 mL/min/1.73m2/anno versus 4.32 mL/min/1.73m2/anno, P=0.03) [27]. Nel gruppo octreotide-LAR, dopo un’iniziale riduzione il GFR si è pressoché stabilizzato fino al termine dello studio, indicando che nel lungo periodo il trattamento con questo farmaco può rallentare il progressivo declino della funzione renale verso l’insufficienza renale cronica terminale. E’ noto che octreotide-LAR causa riduzione acuta del GFR in individui sani e in pazienti con diabete mellito di tipo 1 o cirrosi epatica, mediante meccanismi emodinamici probabilmente legati all’inibizione della secrezione dell’ormone della crescita [28] (full text). Pertanto, in pazienti con ADPKD questo effetto potrebbe contribuire ad attenuare l’iperfiltrazione compensatoria dei glomeruli che sopravvivono all’effetto distruttivo della crescita incontrollata delle cisti [29] (full text). Questa osservazione potrebbe avere importanti implicazioni cliniche poiché l’iperfiltrazione glomerulare a lungo termine può causare la prematura senescenza dei glomeruli con peggioramento della proteinuria, la riduzione della capacità filtrante e in ultima analisi glomerulosclerosi [30] [31], eventi che quasi invariabilmente accompagnano il corso della ADPKD, in particolare negli stadi più avanzati della malattia caratterizzati da un’accelerazione del declino della funzione renale. Il trattamento con octreotide-LAR potrebbe quindi essere renoprotettivo in pazienti con ADPKD, non solo prevenendo la crescita delle cisti ma anche inibendo eventi di adattamento che contribuiscono alla progressiva perdita dei nefroni. Trentasette partecipanti del gruppo octreotide-LAR (92.5%) e 32 (82.1%) di quelli del gruppo placebo hanno sviluppato almeno un evento avverso nel corso dello studio (P=0.163). Anche la proporzione di pazienti con almeno un evento avverso severo è stata simile nei due gruppi di trattamento. Tuttavia, quattro casi di calcolosi biliare o colecistite acuta che si sono verificati nel gruppo octreotide-LAR erano probabilmente associati al trattamento. Inoltre, in cinque pazienti trattati con octreotide-LAR si è osservata la formazione di un leiomioma uterino. Si tratta di un evento avverso inaspettato e probabilmente dovuto al caso, poiché lo sviluppo di leiomiomi non è mai stato riportato come un possibile effetto associato al trattamento con octreotide-LAR, e la somatostatina è una delle terapie impiegate per questa condizione [32]. In due pazienti trattati con octreotide-LAR sono stati riportati episodi di ipoglicemia facilmente controllati; in un paziente l’assunzione di octreotide è stata interrotta dopo 6 mesi dalla randomizzazione a causa di ipoglicemia persistente. Tutti gli altri partecipanti hanno assunto octreotide-LAR a dose piena per l’intera durata dello studio, ad eccezione di un paziente in cui la dose è stata dimezzata dal sesto mese dalla randomizzazione a causa della comparsa di tremore ad un arto [27].

Uno studio clinico in aperto più recente ha valutato l’efficacia di 6 mesi di trattamento con lanreotide (120 mg per via sottocutanea ogni 4 settimane) in 43 pazienti con malattia policistica sintomatica del fegato e ADPKD (GFR stimato > 30 mL/min/1.73m2) [33]. Rispetto ai valori basali, la mediana del volume del fegato è diminuita significativamente da 4859 mL a 4595 mL (3.1%, P<0.001) come pure quella del rene da 1023 mL a 1012 mL (1.7%, P=0.006). La funzione renale stimata con la formula Modification of Diet in Renal Disease (MDRD) è diminuita del 3.5% dopo la prima somministrazione di lanreotide, ma successivamente è rimasta stabile fino al termine dello studio. Il trattamento con lanreotide ha migliorato significativamente alcuni sintomi, in particolare sazietà precoce, distensione addominale e dispnea. Gli eventi avversi più comuni sono stati diarrea, emissione di feci molli e crampi addominali; si sono verificati principalmente dopo la prima somministrazione di lanreotide ed erano autolimitanti [33].

Una recente meta-analisi ha confermato l’efficacia degli analoghi della somatostatina nel rallentare l’aumento progressivo del volume del rene, in media con una riduzione del 9% rispetto alla crescita osservata in pazienti trattati con placebo o terapie convenzionali (P<0.001). Il trattamento con analoghi della somatostatina non ha effetti rilevanti sul GFR stimato [34]. Tuttavia uno studio recente ha dimostrato che in pazienti con ADPKD, la valutazione della funzione renale con formule che predicono la stima di GFR introduce un errore significativo di sottostima o sovrastima rispetto alla misura diretta di GFR con metodica standard di riferimento, quale la clearance plasmatica di ioexolo [35] (full text). Questa osservazione mette in discussione i risultati ottenuti finora sugli effetti degli analoghi della somatostatina sulla funzione renale valutata come GFR stimato in pazienti con ADPKD.

Raccomandazioni all’impiego degli analoghi della somatostatina 

Gli studi clinici che hanno valutato gli effetti degli analoghi della somatostatina in pazienti con ADPKD hanno mostrato risultati comparabili. In particolare, il progressivo aumento del volume renale si arresta durante il primo anno di trattamento per poi riprendere, probabilmente con un tasso di crescita inferiore rispetto a quello riportato con le terapie convenzionali. Il volume del fegato diminuisce del 4-6% durante il primo anno di trattamento e questa riduzione si mantiene durante il secondo anno. Inoltre, il trattamento prolungato con gli analoghi della somatostatina rallenta la progressiva riduzione della funzione renale nel lungo periodo [27].

Recentemente l’European Medicines Agency (EMA) ha attribuito all’analogo della somatostatina lanreotide la designazione di Farmaco Orfano per il trattamento di ADPKD (Tabella 1). Diversamente da tolvaptan, il cui effetto è probabilmente limitato alle cellule del tubulo distale e dotto collettore, gli analoghi della somatostatina, i cui recettori sono localizzati anche in altri segmenti del nefrone,come il tubulo prossimale dove si possono formare le cisti renali, possono essere efficaci su uno spettro più ampio di cisti [36].

La terapia con gli analoghi della somatostatina negli studi clinici è stata generalmente ben tollerata senza particolari problemi rispetto alla qualità di vita dei pazienti. Diversi studi hanno dimostrato che la formazione di cisti epatiche è una manifestazione extra-renale comune della ADPKD, e che il trattamento con gli analoghi della somatostatina migliora il fenotipo epatico[22] (full text) [23] [24] (full text) [25] (full text) [26] (full text) [33].

Al contrario tolvaptan non è in grado di rallentare la crescita delle cisti in questo tessuto.

Complessivamente, queste osservazioni indicano che l’impiego degli analoghi della somatostatina è promettente nel rallentare il decorso della malattia renale in pazienti con ADPKD, comporta pochi effetti collaterali e contemporaneamente permette di controllare la crescita delle cisti nel fegato in pazienti con questa manifestazione extra-renale della malattia.

Trattamento con gli inibitori dell’enzima mTOR

La serina/treonina chinasi mammalian Target of Rapamycin (mTOR) è un enzima che svolge un ruolo critico nella proliferazione e nella crescita cellulare [37]. La policistina-1, formando un complesso con la tuberina (la proteina la cui mutazione causa la sclerosi multipla), agisce come inibitore endogeno di mTOR. Il deficit genetico o di funzione di policistina 1 nella ADPKD comporta un’attivazione aberrante di questo enzima nelle cellule epiteliali delle cisti renali[38] (full text). Sulla base di questi dati è stato suggerito un possibile ruolo terapeutico degli inibitori di mTOR nella ADPKD.

Sirolimus, un lattone macrociclico prodotto per fermentazione da Streptomyces hygroscopicus, esercita potenti effetti antiproliferativi e antifibrotici mediate l’inibizione del segnale intracellulare mediato da mTOR. Sirolimus ed il suo derivato everolimus, utilizzati nella terapia immunosoppressiva di mantenimento in pazienti sottoposti a trapianto di rene, sono stati perciò proposti come potenziali nuovi farmaci per rallentare la crescita delle cisti e la progressione della malattia policistica del rene e del fegato verso l’insufficienza renale terminale [39].

Evidenze in modelli sperimentali di PKD

Gli effetti del trattamento con gli inibitori di mTOR sono stati valutati in diversi modelli sperimentali di malattia policistica del rene [40] (full text) [41] (full text) [42] [43] (full text). Un primo studio ha dimostrato che in ratti Han:SPRD la somministrazione di sirolimus per 5 settimane riduceva significativamente la proliferazione delle cellule tubulari, inibiva la cistogenesi e la crescita del rene, e preservava la funzione renale [44] (full text). Più recentemente si è osservato che il trattamento prolungato con sirolimus nello stesso modello sperimentale normalizza il volume del rene, la funzione renale e la pressione arteriosa [45] (full text). Altri ricercatori hanno documentato che in un modello murino knock out condizionale per il gene PKD1, la somministrazione di sirolimus inibiva la crescita delle cisti renali e la fibrosi renale preservando al contempo la funzione renale [40] (full text).

Nell’insieme, questi studi sperimentali hanno documentato che l’iperattivazione di mTOR svolge un ruolo chiave nella patogenesi della malattia renale policistica e hanno fornito il razionale per il disegno di diversi trial clinici prospettici volti a verificare l’efficacia del trattamento con gli inibitori di mTOR in pazienti con ADPKD.

Evidenze in pazienti con ADPKD

Finora sono stati pubblicati cinque studi clinici prospettici di efficacia e tollerabilità degli inibitori dell’enzima mTOR in pazienti con ADPKD. Un primo studio randomizzato in doppio cieco ha confrontato gli effetti di 2 anni di trattamento con everolimus (5 mg/giorno) o placebo in 433 pazienti con ADPKD e GFR >30 mL/min/1.73m2 [46] (full text). Nel primo anno di studio l’incremento di volume totale del rene è risultato significativamente minore nel braccio di trattamento con everolimus rispetto al gruppo placebo (102 mL versus 157 mL, P=0.02), effetto non confermato al termine del secondo anno (P=0.06). Inoltre, l’iniziale efficacia di everolimus nel rallentare la crescita del rene non si è tradotta in un miglioramento della funzione renale stimata con la formula MDRD. Infatti, dopo 2 anni di studio la riduzione di GFR è risultata numericamente superiore nei pazienti trattati con everolimus rispetto a quelli a cui era stato somministrato il placebo (8.9 mL/min/1.73m2 versus 7.7 mL/min/1.73m2, rispettivamente; P=0.15). Va anche segnalata l’elevata percentuale di pazienti che ha interrotto lo studio nel gruppo everolimus rispetto al gruppo placebo a dimostrazione della scarsa tollerabilità del trattamento con l’inibitore mTOR (32.7% versus 14.7%, rispettivamente). L’escrezione urinaria di proteine è aumentata significativamente nel braccio di trattamento con everolimus mentre non ha subito cambiamenti apprezzabili nel gruppo placebo. Complessivamente l’incidenza di eventi avversi è risultata più elevata nel gruppo everolimus, con iperlipidemia, leucopenia, trombocitopenia, acne, stomatite ed edema periferico tra le manifestazioni più rilevanti [46] (full text).

Lo studio SWISS, pubblicato in concomitanza con lo studio precedente, ha confrontato gli effetti del trattamento per 18 mesi con sirolimus (2 mg/giorno) o con terapia convenzionale in 100 pazienti con ADPKD e GFR ≥ 70 mL/min/1.73m2 [47] (full text). L’aumento mediano del volume totale del rene è stato comparabile, 99 mL nel braccio di trattamento con sirolimus e 97 mL nel gruppo di controllo. Nel corso dell’intero periodo di studio il GFR stimato è risultato simile tra i due gruppi. Tuttavia, al diciottesimo mese l’escrezione urinaria di albumina era significativamente più elevata nei pazienti trattati con sirolimus rispetto a quelli del gruppo di controllo. La percentuale di pazienti in cui sono comparsi effetti collaterali gastrointestinali è stata superiore nel braccio di trattamento con sirolimus (94%) rispetto al gruppo di controllo (52%). L’edema periferico si è osservato nel 16% dei pazienti in trattamento con sirolimus, ma in nessun paziente del gruppo di controllo [47] (full text).

Lo studio randomizzato SIRENA (con disegno crossover) ha confrontato gli effetti del trattamento con sirolimus o con la sola terapia convenzionale per 6 mesi in 21 pazienti con ADPKD e GFR ≥ 40 mL/min/1.73m2 [48] (full text) . Il trattamento con sirolimus si è associato ad un minore aumento del volume totale del rene rispetto alla terapia convenzionale, sebbene la differenza non abbia raggiunto significatività statistica (46 ± 81 mL versus 70 ± 72 mL, rispettivamente; P=0.45). Inoltre, sirolimus ha bloccato la crescita delle cisti, il cui volume è invece aumentato durante i 6 mesi di terapia convenzionale (P=0.013). Non si sono osservate variazioni apprezzabili di GFR misurato in corso di trattamento con sirolimus o terapia convenzionale. Sei pazienti hanno interrotto prematuramente lo studio, tre dei quali per eventi avversi associati al farmaco in esame (un caso di eritema nodulare e due casi di trombocitopenia) che si sono completamente risolti dopo la sospensione del trattamento. Inoltre, in 10 dei 15 pazienti che hanno completato lo studio, la terapia con sirolimus si è complicata con la comparsa di afte nella maggior parte dei casi controllate con un trattamento topico. L’escrezione urinaria di proteine e di albumina ed i livelli ematici di colesterolo totale sono aumentati significativamente durante il trattamento con sirolimus mentre non hanno subito cambiamenti apprezzabili con la terapia convenzionale [48] (full text).

In un successivo studio in aperto, 55 pazienti con ADPKD ed insufficienza renale lieve o moderata sono stati randomizzati a 24 mesi di trattamento con ramipril (gruppo di controllo), ramipril in combinazione ad alte dosi di sirolimus (livelli ematici target 6-8 ng/mL) o ramipril in combinazione a basse dosi di sirolimus (livelli ematici target 2-4 ng/mL) [49] (full text). Rispetto ai valori basali, il volume totale delle cisti è diminuito significativamente in entrambi i bracci di trattamento con sirolimus, mentre è aumentato nel gruppo di controllo. In parallelo, la funzione renale (GFR stimato) è rimasta relativamente stabile in entrambi i gruppi di trattamento con sirolimus, ma è peggiorata nel gruppo controllo. Tuttavia, al termine dei 2 anni di trattamento l’escrezione urinaria di proteine e l’incidenza di iperlipidemia erano significativamente più elevate nei pazienti trattati con alte dosi di sirolimus rispetto al gruppo di controllo [49] (full text).

In un studio pilota più recente 30 pazienti con ADPKD e GFR misurato ≥ 25 mL/min/1.73m2 sono stati randomizzati a ricevere per 12 mesi basse dosi di sirolimus (livelli ematici target 2-5 ng/mL), dosi standard di sirolimus (livelli ematici target > 5-8 ng/mL) o terapia convenzionale [50] (full text). Il volume totale del rene non si è modificato in modo significativo nei due gruppi di trattamento con sirolimus, ma neppure in quello con terapia convenzionale, rendendo difficile documentare un eventuale effetto protettivo della terapia con l’inibitore mTOR. L’interpretazione di questi risultati è ancora più complicata dall’osservazione che la funzione renale è migliorata (GFR misurato mediante clearance plasmatica dello iotalamato) con basse dosi di sirolimus, ma non con le dosi standard del farmaco. Tre pazienti hanno interrotto lo studio per eventi avversi seri: uno nel braccio di trattamento con basse dosi di sirolimus (per embolia polmonare), e due nel braccio di trattamento con dosi standard di sirolimus (un caso di polmonite ed un caso di proteinuria nel range nefrosico) [50] (full text).

Raccomandazioni all’impiego degli inibitori mTOR

Il trattamento con gli inibitori di mTOR, pur risultando promettente in diversi modelli sperimentali di malattia del rene e del fegato, nella maggior parte degli studi clinici non si è dimostrato efficace nel rallentare la crescita del rene e/o migliorare la perdita progressiva di funzione renale nei pazienti con ADPKD. Sono state formulate diverse ipotesi per spiegare le discrepanze tra i risultati ottenuti negli studi sperimentali e in quelli clinici. E’ possibile che le dosi di sirolimus o everolimus utilizzate nei trial clinici non fossero sufficienti ad inibire l’attività dell’enzima mTOR nelle cellule renali tubulari [51] (full text) o che il trattamento sia iniziato in uno stadio troppo avanzato della malattia per ottenere un miglioramento della funzione renale [52]. Questa possibilità è sostenuta da evidenze sperimentali in un modello di malattia policistica del rene in cui dosi elevate di sirolimus (livelli ematici target 30-60 ng/mL) ma non basse dosi del farmaco (3 ng/mL), somministrate in una fase precoce della malattia sono in grado di rallentare il processo di cistogenesi [53] (full text). Va infatti considerato che i livelli ematici di sirolimus raggiunti negli animali PKD che avevano ricevuto alte dosi del farmaco erano 10-20 volte più elevati di quelli raggiunti in pazienti con ADPKD che avevano partecipato ai diversi trial clinici menzionati in precedenza [53] (full text).

Oltre alla mancata/ridotta efficacia, la terapia con inibitori mTOR trova una limitazione importante nell’elevata incidenza di eventi avversi, anche seri, che comunque sono responsabili della frequente interruzione del trattamento, o nel migliore dei casi della necessità di ridurre significativamente il dosaggio del farmaco, vanificando l’eventuale effetto renoprotettivo. Ad esempio, nello studio SWISS le dosi di sirolimus utilizzate sono state del 25% inferiori rispetto a quelle previste dal protocollo clinico, principalmente per gli effetti collaterali dose-dipendenti associati al trattamento [47] (full text). Inoltre, la percentuale di pazienti che ha interrotto lo studio a causa di eventi avversi riconducibili agli inibitori di mTOR è stata del 25% nel trial condotto dal gruppo di Walz [46] (full text) e del 29% nello studio SIRENA [48] (full text). I risultati di una recente meta-analisi hanno infatti documentato che la somministrazione degli inibitori di mTOR rispetto a placebo o a trattamenti convenzionali in pazienti con ADPKD aumenta significativamente il rischio di eventi avversi tra cui stomatite, acne, infezioni, diarrea, edemi periferici, tutti elementi che compromettono in modo importante la qualità di vita, oltre ad anemia e dislipidemia [34]. Va anche considerato che spesso il trattamento con inibitori mTOR si associa alla comparsa di proteinuria [46] (full text) [47] (full text) [48] (full text) [49] (full text), un fattore che contribuisce al danno renale cronico. A lungo termine, il danno secondario alla proteinuria persistente neutralizzerebbe ogni eventuale effetto renoprotettivo degli inibitori mTOR attribuibile alla loro azione sulla crescita delle cisti.

In conclusione, gli studi clinici disponibili sconsigliano l’impiego degli inibitori mTOR per rallentare la progressione della malattia renale in pazienti con ADPKD, soprattutto per l’elevato rischio di tossicità e la relativa inefficacia anche a dosaggi relativamente elevati.

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Tabella 1
Analoghi della somatostatina e tolvaptan nel trattamento di ADPKD
Analoghi della somatostatina Tolvaptan
Meccanismo d’azione Mediante l’interazione con recettori accoppiati a proteine G (SSTR 1-5), inibiscono la formazione di cAMP Bloccando in modo selettivo il recettore V2 della vasopressina localizzato principalmente nel dotto collettore, riduce il riassorbimento di acqua e inibisce la formazione di cAMP intracellulare
Vie di somministrazione per il trattamento di ADPKD Sottocutanea, Intramuscolare Orale
Segmenti del nefrone su cui agiscono i farmaci Tubulo contorto prossimale, tubulo contorto distale e dotto collettore Tubulo contorto distale e dotto collettore
Efficacia nel trattamento della malattia policistica del fegato No
Principali effetti collaterali Crampi addominali, diarrea, formazione di noduli nel sito di iniezione, calcolosi biliare, steatorrea e perdita di peso Eventi avversi riconducibili all’aumento dell’acquaresi (sete, poliuria, polidipsia, nicturia), disidratazione, ipotensione, possibile peggioramento acuto (reversibile) della funzione renale e tossicità epatica (aumento transaminasi, iperbilirubinemia)
Approvazione da parte delle agenzie regolatorie Nell’agosto 2015 l’EMA ha attribuito a lanreotide la designazione di farmaco orfano per il trattamento di ADPKD E’ stato approvato in Giappone nel marzo 2014, in Canada nel febbraio 2015 e dall’EMA nel maggio 2015 per il trattamento di ADPKD

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