Gennaio Febbraio 2016 - Editoriali

Perché la storia della Nefrologia?

Abstract

La Nefrologia è una disciplina relativamente nuova emersa nel tempo in cui la scrittura della storia della medicina stava cambiando drasticamente. Mentre i meriti della storia medica venivano decantati sin dall’antichità, solo nel Diciottesimo secolo iniziava la moderna storiografia della medicina, veniva coltivata, maturava e apprezzata tanto che verso la fine del Diciannovesimo secolo e agli inizi del Ventesimo secolo era inclusa nel curriculum medico e presentata ai congressi nazionali. Sfortunatamente, l’importanza della storia della medicina e la sua introduzione nell’educazione medica sono state guardate con sguardo indagatore nelle ultime decadi.

Paradossalmente, il decadimento è iniziato più o meno nello stesso tempo in cui il lavoro degli studiosi sulla storia della medicina era florido mentre quello delle scoperte scientifiche e dell’innovazione medica stava accelerando.

Le esigenze di una rigorosa ricerca nella storia della medicina hanno portato gradualmente alla nascita di una storia della medicina come disciplina indipendente all’interno di dipartimenti accademici di storia. Contemporaneamente, la crescita esponenziale di nuove informazioni generate dalla ricerca medica ha condotto ad un esubero di conoscenza medica in cui l’inclusione della storia della medicina veniva contestata e dismessa.

Questo accadeva proprio intorno al 1960, quando nasceva la nefrologia. Mentre inizialmente la ricerca delle origini ha indotto le riviste di nefrologia a pubblicare articoli storici, la più recente richiesta di aumentare gli impact factors delle riviste scientifiche ha portato all’esclusione degli articoli storici nel processo di pubblicazione scientifica. Il presente lavoro esamina le ragioni che hanno dato luogo alla separazione della nefrologia dalla sua storia e propone potenziali soluzioni per il loro riavvicinamento.

Parole chiave: William Osler, insegnamento medico, storia della medicina, storia della nefrologia, storiografia della medicina

 

Introduzione

Ampiamente definito, lo studio delle malattie renali ha una lunga storia che può essere retrodatata fino all’antichità [1]. Più dettagliatamente, la nefrologia, è una disciplina relativamente nuova nata nell’ultima metà del XX secolo. Mentre il termine nefrologia compare nei dizionari medici pubblicati intorno al 1840, [2] e la maggior parte dei nefrologi fanno risalire la sua origine alla descrizione di Richard Bright riguardante l’associazione tra proteinuria e malattia renale nel 1827, il termine nefrologia entra a far parte del linguaggio medico solo intorno al 1960. In realtà, con il crescente interesse nello studio del rene dopo la Seconda Guerra Mondiale diverse organizzazioni nazionali dedite allo studio delle malattie renali sono comparse in Francia nel 1949 (Societé de Pathologie Rénale), in Inghilterra nel 1950 (Renal Association) e in Italia nel 1957 (Società Italiana di Nefrologia, la prima società nazionale ad inserire il termine nefrologia nel suo stesso nome); ma è solo dopo la formale istituzione della Società Internazionale di Nefrologia nel 1961 che la nefrologia si è affermata come disciplina [3] [1]. Come ultima arrivata nella storia della medicina, il perché della storia della nefrologia può essere meglio compreso se si considera il tempo in cui la nefrologia è nata.

Le origini

Le origini della storia risalgono alle prime tracce della storia della civilizzazione umana. Il primo riconoscimento della sua importanza si ritrova in Clio, la figlia di Zeus, creata dai Greci nella loro mitologia come la dea della storia. I Greci le attribuiscono anche la diffusione dell’alfabeto fenicio in Grecia, un importante strumento fonetico basato sulle vocali che avrebbe consentito un più facile apprendimento e una più ampia alfabetizzazione che avrebbe lanciato la civilizzazione della Grecia. Continuando il suo messaggio, il padre fondatore della medicina, Ippocrate (460-375 A.C.), ha esposto pensieri medici sulla storia antica della Grecia nel suo Della Medicina Antica.

Mentre i suoi seguaci si sono cimentati nella storia della Medicina ed è stato riportato che Menon (IV secolo a.c.), su richiesta del suo maestro Aristotele (384-322 a.c.) abbia scritto l’insegnamento dei medici (probabilmente la fonte del primo secolo a.c. Anonymous Londinensis), fu Galeno (120-200) che eccelse in tale azione. La massiva produzione letteraria di Galeno è la migliore testimonianza esistente della storia della medicina fino ad allora perché egli nomina ed elenca i contributi dei suoi predecessori – anche se per criticare e sminuire il loro lavoro al fine di esaltare il suo stesso contributo.

Più tardi, l’enciclopedista romano Celsus (25 a.c.-50 d.c.) nell’introduzione del suo De Medicina ha narrato l’antica pratica della medicina [5] [6] [7].

Molte delle prime iniziative nell’ambito della storia della medicina erano sostanzialmente compilazioni di estratti dalle scritture di autori medici del passato o una dossografia di idee piuttosto che una vera storiografia [7] [8]. Essa rappresentava una tradizione incorporatasi nella scrittura medica, sopravvissuta nella letteratura medica pubblicata durante l’ultima parte del secolo scorso ed era un modo di esporre lo sviluppo della conoscenza medica in modo tale che qualsiasi lettore avrebbe apprezzato perché uno studio era stato intrapreso, come mostrato ad esempio nella Figura 1.

Si confronti il riferimento degli autori per nome nell’esempio citato dalla pubblicazione inaugurale del 1981 dell’American Journal of Nephrology (AJN) con le dichiarazioni concise e impersonali in un articolo sullo stesso argomento pubblicato nello stesso giornale nel 2014. La differenza in tra questi due paragrafi introduttivi a distanza di appena 35 anni riflette i duri tempi in cui Clio e i suoi discepoli medici hanno fallito nel recente passato. Essenzialmente, laddove la familiarità con la storia medica e la sua messa in mostra era attesa e la presentazione dell’evoluzione delle idee e degli individui dietro esse era la norma, ora invece un simile tentativo è considerato un inutile informazione di fatti erronei e principi respinti e quindi per i quali è inutile spender tempo o impegno.

Quando si chiede “perché no la storia della medicina?”, la risposta degli autori di oggi è “a chi importa?”; un’attitudine minatoria non unica nella medicina ma un segno dei tempi che cambiano come espresso da Henry Ford un secolo fa, “La storia è più o meno una cavolata. Essa è tradizione. Ma noi non vogliamo tradizione. Noi vogliamo vivere nel presente, a la sola storia che di cui vale la pena fregarsene è la storia che facciamo oggi” (Chicago Tribune, 1916). Questa è una posizione sostenuta da coloro che la pensano alla stessa maniera in medicina, che sostengono che l’anatomia si sarebbe scoperta anche se Vesalius (1514-1564) non avesse mai vissuto, nemmeno la circolazione del sangue se William Harvey (1578-1657) non fosse mai esistito e l’associazione tra malattia renale e proteinuria se Richard Bright (1789-1858) non fosse mai nato. Il fatto è che essi sono esistiti ed è proprio il lavoro di queste persone creative che ha aperto la strada ai progressi che si sono succeduti nei rispettivi campi. Mentre da un lato, è vero che il progresso della scienza è il prodotto di molte forze ed individui, confermando il detto di Isaac Newton (1642-1726) che, “Avrei potuto vedere oltre solo stando sulle spalle dei Giganti”, il fatto è che in ogni momento della storia solo menti selezionate e creative, che traggono beneficio dallo stare sulle spalle dei giganti, vedono oltre e indicano la strada ad ognuno di noi. Certamente, essi meritano credito nel fare ciò. Come tale, la storia dei grandi uomini e delle loro grandi idee è importante e merita di essere raccontata. Una posizione inequivocabilmente presa da William Osler (1849-1919), “La storia e la conoscenza degli uomini sono parte della medicina allo stesso modo dei più recenti dispositivi tecnici e della conoscenza della scienza” [9].

È increscioso che la conoscenza della storia della medicina, una volta riconosciuta come importante e promossa nell’educazione medica, sia stata ora letteralmente abbandonata e l’importanza del suo insegnamento nei curricula sempre più congestionati sia contestata ed abbandonata [10] [11] [12]. Ironicamente, la rottura è iniziata più o meno nello stesso periodo in cui il lavoro accademico nella storia della medicina stava iniziando mentre quello della scoperta e dell’innovazione nella medicina stava accelerando. Un divario che si è appianato solo quando il passo in entrambi i campi (storia e medicina) si è accelerato negli ultimi cinquanta anni.

Preoccupazione su questa sfortunata eventualità fu espressa nel 1905 da un medico di Chicago noto per la sua descrizione della malattia a cellule falciformi e dell’infarto del miocardio, James Herrick (1861-1954), “C’è una tendenza in questi tempi che corrono a cogliere al volo ciò che è nuovo e a dimenticare velocemente ciò che è vecchio”. Sfortunatamente, tra l’affermazione arrogante di Henry del 1916 e la seria preoccupazione su di essa espressa da James Herrick, la prima è prevalsa nel tempo e in molti casi è considerata uno spunto per discutere di cose vecchie e considerate obsolete, irrilevanti e non degne di considerazione. Di particolare interesse in questo ambito è la crescente attitudine degli editori di giornali medici, che sono attenti all’impact factor dei propri giornali, che quasi invariabilmente risulta nel rigettare o rifiutare di considerare gli articoli di interesse storico. La disparità creata nel tempo è evidente in AJN di cui sono riprodotti gli esempi in Figura 1. Laddove nei novi anni intercorsi tra il 1994 e il 2002 AJN ha pubblicato più di 153 articoli sulla storia della nefrologia, nello stesso intervallo intercorso tra il 2004 e il 2012 AJN ha pubblicato un solo articolo sulla storia della nefrologia nel volume di Gennaio 2010. Ancora un esempio di questo atteggiamento generale si riflette nella composizione editoriale di altri giornali che un tempo usavano introdurre sezioni editoriali dedicate alla storia della nefrologia come Kidney International (Carl W, Gottschalk, Leon Fine) e Nephrology Dialysis and Transplantation (J. Stewart Cameron, Garabed Eknoyan), ma non lo fanno più a partire dalla scorsa decade o giù di lì. Un’eccezione a questo atteggiamento è l’attuale Editor del Giornale Italiano di Nefrologia (GIN) Biagio Di Iorio, che generosamente ha accettato la pubblicazione di questo supplemento con gli atti di un congresso sulla storia della nefrologia e mi ha invitato a contribuire con questo articolo.

Cosa è successo

Per capire cosa ha causato la generale apatia e trascuratezza di una materia un tempo considerata una componente dell’educazione medica bisogna tornare alla storiografia della storia medica. La storiografia formale della medicina è stata datata intorno al XVII e VIII secolo. La maggior parte della storia precoce della medicina è stata scritta dai medici per glorificare e promuovere il progresso della scienza di cui essi stessi erano i discepoli. Questo accadeva nel tempo che seguì la Rivoluzione Scientifica, tempo in cui la ricerca di laboratorio ebbe una accelerazione, i concetti medici iniziarono a cambiare in meccanismi sperimentali verificabili e i vantaggi tecnologici progredivano. E, come il passo della ricerca e innovazione in medicina accelerava, l’enfasi sulla scrittura della storia medica virava verso il racconto del progresso raggiunto meritevole del supporto della ricerca ambiziosa che lo genera. Questo accadeva quando “grandi uomini, grandi scoperte” prosperavano. Ed è anche allora che la scrittura della storia medica iniziava a modificarsi in uno sforzo più rigoroso basato su una ricerca di archivio e cresceva verso una visione più ampia di un mero racconto della storia degli uomini che hanno fatto la medicina [5] [6] [7].

Il movimento iniziava nell’ultima metà del XIX secolo con Kurt Sprengel (1766-1833) e Max Newburger (1868-1955) e in Francia con Emile Littré (1801-1881) e Charles Daremberg (1817-1872), e fioriva nella prima metà del XX secolo con una nuova generazione di ricercatori come Karl Sudhoff (1853-1938), Fielding Garrison (1870-1935), Charles Singer (1876-1960), Arturo Castiglioni (1874-1953), Henry Sigerist (1891-1957), Owsei Temkin (1902-2002) e George Rosen (1910-1977), per nominarne giusto alcuni. Essi erano tutti uomini che hanno studiato la medicina ma erano devoti allo studio della storia della medicina [8] [13] [14] [15] [16] [17].

Il lavoro di fondo nell’ambito della ricerca storica di questi venerabili pionieri crebbe ulteriormente nell’ultima metà del XX secolo con l’intervento di storici professionisti. Come risultato, la nuova scrittura della storia della medicina passata dagli storici clinici ai ricercatori con dottorati di ricerca nei dipartimenti universitari di storia, che poi si sono ulteriormente modificati, ha ampliato e raffinato lo scopo della storia medica. Il risultato di questa “rivoluzione” della storiografia è stata l’emergenza di una disciplina di ricerca autonoma nella storia della medicina con un cambiamento dell’accento sugli aspetti sociali, culturali, filosofici ed economici della medicina [18] [19] [20]. Questo ammirevole progresso ha creato nuovi problemi. Non solo la scrittura della storia medica è diventata sempre più ardua, ma questi nuovi storici accademici ora dominano la disciplina, scrivono per tutti gli altri e considerano naive il lavoro degli storici clinici [10] [12] [18] [19] [20]. Questi cambiamenti non sono avvenuti solamente nella storia della medicina, ma si sono osservati contemporaneamente nella storia delle scienze in generale e nella disciplina della storia stessa poiché l’accento si è spostato sugli aspetti sociali, economici e geografici piuttosto che su quelli politici, militari, diplomatici. Essenzialmente, l’attenzione dei nuovi dipartimenti accademici di storia è focalizzata non più su specifici eventi o persone, ma sugli aspetti sociali, economici, climatici, geografici e su fattori esterni che hanno influenzato gli eventi e hanno dato forma al lavoro dei “grandi uomini” del passato. È proprio in questo tempo in cui si sono osservati tali mutamenti nella scrittura della storia della medicina che la nefrologia è emersa come disciplina.

Perché la storia della nefrologia?

Perché quindi la storia della nefrologia? Dall’inizio, è importante ammettere che la conoscenza storica non è indispensabile alla pratica di una buona medicina da parte di un nefrologo ben formato, oppure ad una solida ricerca nefrologica da parte di un medico ricercatore esperto.

La risposta una volta superba che la professione medica ha interessi che trascendono i suoi propositi utilitaristi non è più sostenibile. Rimane però il fatto che molti illustri leader che hanno contribuito alle scienze mediche sono ben addentro agli studi umanistici e alla conoscenza della storia delle proprie discipline, come la lettura della biografia e delle lezioni dei passati Nobel laureati in chimica, fisiologia, o medicina riveleranno chiaramente [vedi: nobelprize.org].

Per quelli appassionati al rapido adeguamento della medicina nell’abbracciare l’innovazione e nel rigettare il passato come obsoleto, è degno di nota il fatto che la ricerca di oggi possa essere apprezzata meglio quando considerata nel suo contesto storico; specialmente, poiché tutti i ricercatori medici, ristretto il loro campo di ricerca, sono parte di una grande tradizione storica e, ancora più importante, la loro ultima motivazione della ricerca è la scoperta di una nuova verità che possa cambiare la storia del loro campo di ricerca. Come ad esempio, la realizzazione della propria ricca eredità professionale e vera ragione d’essere nella ricerca può solo arricchire la propria soddisfazione intellettuale. Inoltre, darà loro la rassicurazione nell’affrontare i trial e le problematiche della ricerca. In sostanza, lo screditare il passato è deleterio solo per il pieno apprezzamento del proprio lavoro in cui sono impegnati.

Piuttosto che solo la domanda “perché la storia della nefrologia?” una domanda migliore da fare sarebbe se la pratica nefrologica, privata della sua storia, renda un medico o un ricercatore migliore. Sicuramente la maggior parte di noi penserebbe di no. Come prima considerazione c’è da notare che la storia è radicata nella vera pratica della medicina. Ogni buon medico, anche quelli che disprezzano la storia medica, devono essere dei buoni storici per portare alla luce e ricordare i fatti della “passata storia medica” di ogni paziente. Questo è lo scopo di ogni aspirante medico, così ben promulgato da William Osler, considerato l’ultimo studioso medico. La sua affermazione sull’importanza della storia medica è stata citata altrove. Cosa più importante è il modello Osler usato per nutrire questo concetto. Come uno dei fondatori della medicina moderna alla Scuola di Medicina Johns Hopkins University, Osler non solo ha fatto lezioni sulla storia della medicina ma fu essenziale nel lanciare il suo istituto sotto la guida di William Welch (1850-1934). L’affermazione di uno dei colleghi di Osler, Eugene Cordell (1843-1913), è una delle migliori e spesso citate ragioni per l’importanza della storia della medicina (Figura 2)[21]. L’impegno continuativo di Osler nei confronti di questi principi si riflette nei suoi sforzi dopo il trasferimento a Oxford nel 1905 quando ha provato a lanciare la Sezione di Storia della Medicina della Royal Society of Medicine nel 1912 [9]. Tutto questo, come icona di una medicina moderna, era noto a tutti gli studenti di medicina e ai praticanti indipendentemente dai propri interessi nella storia della medicina.

Cosa succede ora?

Tentativi di insegnare la storia nelle scuola di medicina possono essere inutili. Ciò che ha contribuito a tale difficoltà è stata la crescente velocità della conoscenza. Laddove alla fine della Seconda Guerra Mondiale, la conoscenza umana era stimata raddoppiarsi ogni 25 anni, nel 2014 è stato stimato che si raddoppi ogni 13 mesi. Per uno studente che inizi una scuola medica di 4 anni ciò significa che metà delle cose imparate nel corso del primo anno sarà già superata al tempo della laurea. Oltretutto, la scuola medica rappresenta solo un breve periodo di 4 anni nell’intero arco della vita di un medico. Per gli studenti di medicina interessati la soluzione è stata quella di offrire la storia della medicina come materia di elezione, che sfortunatamente è stata scelta da un piccolo numero di studenti [12] [22] [23] [24]. Come tale la battaglia di integrare la storia della medicina nel corso di medicina dovrebbe essere posticipata ai più lunghi 40-50 anni in cui i medici laureati svolgono la loro attività. Le società mediche dovrebbero riempire questo gap così come le società che rappresentano le varie specializzazioni. Esse dovrebbero assumere la guida nell’educazione medica continua dei rispettivi membri. Questo può solo tornare a vantaggio come si capisce dalle parole di August Comte (1798-1857), padre fondatore della moderna sociologia, “Per capire la scienza è necessario conoscere la sua storia”.

Questa è stata la ragione d’essere dell’International Association for the History of Nephrology (IAHN) fondata nel 1994 per incoraggiare l’esplorazione e la disseminazione della storia della nefrologia. È stato un compito difficile ma gratificante. Quello che è stato più appagante è stato l’inizio di uno sforzo collaborativo con l’European Renal Association-European Dialysis andTransplant Association (ERA-EDTA) nel 2015. In maniera specifica, la leadership dell’ERA-EDTA aveva la capacità e l’assennatezza di includere una sezione congiunta sulla storia della nefrologia nel suo convegno annuale nel 2015 e un altro è programmato per il 2016. Si spera che la loro guida verrà seguita dalle altre società di nefrologia in tutto il mondo.

Conclusioni

Per rispondere alla domanda “perché la storia della nefrologia?” che rappresenta il titolo del presente articolo, la citazione che segue che risale alla Rivoluzione Scientifica della storia Inglese e a Thomas Fuller (1608-1661) la dice tutta:

“La storia fa in modo che un uomo giovane sia vecchio, anche senza rughe o capelli grigi, privilegiandolo con l’esperienza dell’età, senza le infermità o le inconvenienze legate ad essa. Si, non solo essa rende presenti le cose del passato, ma rende possibile fare congetture razionali delle cose che verranno”.

Si ringrazia la Dott.ssa Lucia Di Micco (Solofra, AV) per la traduzione del testo in italiano

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