- Significato clinico del monitoraggio intradialitico del volume ematico
A. Santoro, E. Mancini, P. Zucchelli - Resistenza all’Eritropoietina: principi di diagnostica (Rassegna)
A. Allegra, C. Aloisi, F. Corica, N. Frisina, M. Buemi - Bassa prevalenza di anticorpi anti-virus dell’epatite E (anti-HEV) in pazienti emodializzati cronici: studio sieroepidemiologico
F. Fabrizi, G. Lunghi, G. Bacchini, I. Guarnori, L. Raffaele, G. Erba, F: LocatelliIl virus dell’epatite E è l’agente eziologico responsabile dell’epatite non-A non-B a trasmissione enterica. La trasmissione di HEV e principalmente per via oro-fecale ma è stata ipotizzata anche la trasmissione ematogena del virus. Le indagini epidemiologiche riguardo HEV nei pazienti emodializzati cronici sono scarse e con risultati contraddittori. Abbiamo testato per gli anticorpi anti-HEV 204 pazienti in emodialisi di mantenimento presso il nostro Centro. Abbiamo trovato 6 pazienti anti-HEV positivi, la prevalenza degli anticorpi anti-HEV è stata del 2.9%. 1 livelli di prevalenza dei virus a trasmissione ematogena quali HBV e HCV sono stati 39% e 22%, rispettivamente. Nessun paziente anti-HEV positivo ha mostrato segni di danno epatico, né al momento dell’indagine né in precedenza, nessun fattore di rischio per gli anticorpi anti-HEV è stato identificato nella maggior parte dei pazienti. Sembra che i pazienti emodializzati non siano a rischio di infezione da HEV. (Giorn It Nefrol 1996; 13 227-232) - Variazioni del rapporto dialisato/plasma del sodio e del calcio durante il ‘peritoneal equilibration test’
F. Malberti, B. Corradi, E. ImbasciatiLa valutazione del D/P del sodio (D/P Na) durante le fasi iniziali di uno scambio peritoneale con soluzioni ipertoniche è utile per classificare i pazienti con perdita di ultrafiltrazione peritoneale: il D/P Na non si riduce durante lo stazionamento nei pazienti in cui vi è un aumento della permeabilità e della superficie peritoneale, mentre si riduce nei pazienti con aumentato riassorbimento linfatico o ridotto trasporto peritoneale. Scopo di questo studio è stato quello di valutare: 1) se la determinazione del sodio nel liquido peritoneale durante il PET consente di discriminare i pazienti con elevata permeabilità peritoneale; 2) la relazione tra le variazioni del sodio e quella di altri soluti, quali il calcio, il glucosio, la creatinina. Sono stati studiati 42 pazienti in CAPD distinti, in base al PET, in 3 classi (2 pazienti della classe IV sono stati considerati assieme a quelli della classe III). Il PET è stato eseguito usando soluzioni contenenti 135+/-1.6 mmol/L di Na e 1.22+/-00.5 mmol/L di Ca. Durante il PET il DNa e il D/PNa si riducevano significativamente rispetto al tempo 0′ nella classe II e III, ma non nella classe I. Il D/PNa a !”=’ scendeva al di sotto di 0.89, da livelli iniziali medi di 0.92, in 15 su 17 pazienti della clase III e in 12 su 15 della classe II rispetto a 2 su 10 pazienti della classe I. L’analisi di regressione multipla indicava che il D/P creatinina era il fattore più importante nel determinare il D/P Na a 120′ e 240′. 11 calcio ionizzato (Cal) nel dialisato e il D/P Cal aumentavano progressivamente durante lo stazionamento peritoneale ed erano significativamente più elevati dopo 120′ e 240′ nei pazienti della classe I rispetto a quelli delle classi II e III. D/PCal e D/P Na correlavano debolmente (r = 0.56) e solo a 120′. L’aumento del Cal nel dialisato durante lo stazionamento indica che con soluzioni contenenti 1.25 mmol/L di Ca vi è una perdita diffusiva di Ca nel dialisato. In conclusione, la permeabilità peritoneale è il più importante fattore determinante il D/PNa a 120′ e 240′; la valutazione del D/PNa durante il PET è utile per discriminare i pazienti con elevata permeabilità peritoneale. La curva di equilibrio peritoneale per il Ca, come quella per il Na, è differente a seconda del grado permeabilità peritoneale. (Giorn It Nefrol 1996; 13 233-239) - Dialysance ionica per la determinazione on-line del Kt/V senza prelievi ematici
C. Manzoni, S. Di Filippo, M. Corti, F. LocatelliE’ stato recentemente segnalato un nuovo metodo per la determinazione del Kt/V nel quale la dialysance ionica sostituisce la clearance effettiva dell’urea ed il volume di distribuzione dell’urea è assunto come corrispondente al 55% del peso secco. La validità di tale metodo è stata verificata mediante confronto col gold standard rappresentato dalla quantificazione diretta, in otto pazienti durante tre consecutive sedute dialitiche ad efficienza depurativa costante, utilizzando uno specifico apparecchio (Biofeedback Module – COT Hospal) che, connesso al monitor di dialisi, determina automaticamente la dialysance cronica effettiva. Il Kt/V determinato in accordo al nuovo metodo è risultato nettamente sottostimato rispetto a quello determinato con la quantificazione diretta (differenza media = -0.26+/-0.12; -23%). Cio è conseguente sia alla sovrastima del volume di distribuzione dell’urea (valore medio 32.7+/-5 versus 28.0+/-2.5 L; +17%), sia alla sottostima della clearance effettiva dell’urea (valore medio 155+/-22.9 versus 175+/-21.7 ml/min). La correlazione altamente positiva trovata tra i due parametri consente peraltro di ricavare facilmente la clearance effettiva dell’urea dalla dialysance ionica effettiva. Pertanto, nel paziente in steady state, quando il volume di distribuzione dell’urea sia stato correttamente determinato, la semplice determinazione della dialysance ionica offre la possibilità di calcolare il Kt/V ad ogni seduta, in assenza di prelievi ematici e senza alcun costo aggiuntivo. (Giorn It Nefrol 1996; 13 241-247) - L’ipotensione bradicardica negli emodializzati
G. Tripepi, V. Panuccio, F. Mallamaci, S. Malara, C. Labate, C. ZoccaliL’ipotensione è la complicanza acuta più importante del trattamento dialitico. Recentemente (JCI, 90, 1657, 1992) è stata avanzata l’ipotesi che l’ipotensione dialitica sia dovuta all’attivazione di un potente riflesso vagale che determina vasodilatazione e bradicardia. Tuttavia la prevalenza di questo tipo di ipotensione (ipotensione bradicardica) nella popolazione dialitica è stata scarsamente studiata ed inoltre l’ipotesi avanzata da Converse che gli emodializzati siano predisposti alla sincope vagale vasodepressiva non e stata formalmente esaminata. Per identificare i casi di ipotensione dialitica, 106 emodializzati sono stati osservati per tre mesi lasciando immodificata la procedura dialitica. Nell’insieme sono stati individuati 20 pazienti con ben definiti episodi di ipotensione durante la dialisi (cioè riduzione della PAM > 20% in oltre 1’80% dei trattamenti). Ciascun paziente è stato a monitoraggio emodinamico non invasivo durante la seduta dialitica e alla registrazione ECG del ritmo cardiaco in coincidenza di ciascuna crisi ipotensiva. Prima della seduta dialitica è stata effettuata una stima dell’acqua corporea totale (TBW) (BIA, Akern). Per valutare l’ipotesi avanzata da Converse, 19 emodializzati, di cui 11 con ipotensione dialitica, sono stati sottoposti a tilt test (70°) in condizioni di disidratazione cioè dopo un trattamento dialitico standard. Nell’insieme sono state registrate 60 crisi ipotensive (>/=2 in 15 pazienti) di cui 35 tachicardiche, 19 a FC invariata e 6 bradicardiche. Nei 15 pazienti con ripetute crisi ipotensive il pattern di risposta della frequenza cardiaca (FC) era riproducibile in 10 (6 con tachicardia e 4 con FC invariata) ed erratico in 5 (cioe bradicardia preceduta o seguita da tachicardia o FC invariata). L’ipotensione bradicardica si associava ad ipotensione predialitica, tachicardia e bassa TBW e/o ad un ritmo di ultrafiltrazione (>/=0.33 ml/kg/min) chiaramente superiore alla capacità di refilling del sistema cardiovascolare. Durante il tilt test 4/19 pazienti svilupparono ipotensione bradicardica (3 con ipotensione dialitica ed 1 resistente all’ipotensione). La prevalenza dell’ipotensione bradicardica durante il tilt (4/19) è risultata quasi identica a quella dell’ipotensione bradicardica durante la dialisi (5/20 cioe il 20%) e a quella riportata in una recente meta-analisi in soggetti sani e in pazienti non predisposti alla sincope vaso vagale (Kapoor, Am J Med 1994, 97, 75). In conclusione, I’ipotensione bradicardica è un evento meno frequente dell’ipotensione tachicardica. Essa sembra dipendere principalmente da un’eccessiva riduzione del volume circolante e con ogni probabilità non è il risultato di una peculiare predisposizione alla sincope vaso vagale. (Giorn It Nefrol 1996; 13 249-256) - Coincidenza di aspergillosi (A. fumigatus) in pazienti defedati, ricoverati durante lavori di ristrutturazione ospedaliera (Caso Clinico)
A. Sessa, M. Meroni, G. Battini, F. Pitingolo, A. Tommasi, F. Giordano, M. Marks, P. CasellaMiceti della specie Aspergillus (A. fumigatus, A. flavus, A. niger) sono ampiamente diffusi nell’ambiente e la loro massiva inalazione, quasi sempre di A. fumigatus, puo essere patogena in soggetti defedati e/o immunodepressi. Microepidemie di infezione da A. fumigatus sono state segnalate in corso di lavori di ricostruzione ospedaliera interessanti Reparti dove erano ricoverati pazienti immunocompromessi. Le sindrome cliniche più tipicamente connesse ad infezione da A. fumigatus sono l’aspergillosi polmonare allergica e l’aspergillosi polmonare disseminata, con caratteristici reperti radiologici. Tali sindromi, però, risultano di rara evidenza clinica in soggetti con normali meccanismi di difesa in quanto i conidii frequentemente inalati vengono uccisi dai macrofagi alveolari, mentre i micelii vengono neutralizzati dai granulociti neutrofili. Recentemente, si sono verificati nella nostra Unità di Nefrologia e Dialisi tre casi consecutivi di infezione da A. fumigatus in pazienti debilitati o immunodepressi, ricoverati durante lavori di ricostruzione muraria. Due di questi morirono per aspergillosi polmonare disseminata, come documentato dall’accertamento autoptico: il terzo paziente, nel quale la diagnosi di infezione polmonare da A. fumigatus era clinicamente altamente sospetta, fu trattato in modo aggressivo e con successo con amfotericina-B liposomiale. La nostra esperienza clinica dimostra come le infezioni da A. fumigatus stiano assumendo una crescente rilevanza clinica in medicina e, pertanto, vadano prese costantemente in considerazione in pazienti cronicamente defedati o immunodepressi, compresi i dializzati anziani; inoltre, I’impiego di amfotericina-B liposomiale unilamellare rappre- senta un reale miglioramento, sia in termini di efficacia che di assenza di effetti collaterali, nella te- rapia dell’aspergillosi invasiva e disseminata. (Giorn It Nefrol 1996; 13 257-262) - L’analisi dell’immagine TAC nello studio del rene policistico autosomico dominante(Lettera alla Redazione)
G. Passavanti, A. Ramunni, A. Fratello, A. Mancini, C. Angeletti - Bezafibrato e rabdomiolisi in CAPD (Lettera alla Redazione)
M. Saruggia, F. Vallino - Riunioni e Congressi
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