Gennaio Febbraio 2022 - Lettera all'Editore

Anno nuovo, variante nuova: gli anziani fragili ci insegnano a fare tesoro dell’esperienza

Abstract

Un recente studio intitolato FRASNET ha arruolato una coorte di 1240 anziani, su base volontaria, tra i pazienti afferenti agli ambulatori dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale San Raffaele di Milano, gli ospiti di RSA, i soci delle Università della Terza età di Milano e Monza-Brianza (città e provincia) e di diversi centri socio-ricreativi-culturali per anziani. Di questi soggetti sono stati raccolti dati demografici, antropometrici, biochimici, oltre che informazioni su patologie concomitanti e terapie farmacologiche utilizzate, test psicofisici e campioni biologici.

Dopo la prima ondata della pandemia da SARS-Cov-2, abbiamo raccolto dati relativi all’infezione da coronavirus all’interno della medesima coorte, per valutarne l’impatto sui soggetti fragili. Dai dati raccolti possiamo affermare che, nella nostra coorte, la prevalenza di infezione da SARS-CoV-2 si attesta allo 0,7%. Questo risultato sembrerebbe essere attribuibile all’efficacia delle misure preventive messe in atto durante la prima fase della pandemia.

Parole chiave: studio FRASNET, soggetti fragili, anziani, SARS-CoV-2

Introduzione

A partire dal mese di febbraio 2020 la pandemia da SARS-CoV-2 ha severamente colpito l’Italia, con, ad oggi, più di 7.300.000 di casi accertati e più di 138.000 morti [1].

I dati pubblicati dall’Istat [2] ci mostrano che il numero di casi notificati di infezione da SARS-CoV-2 è aumentato dalla prima ondata (marzo-maggio 2020) alla seconda ondata (ottobre-dicembre 2020) e ha continuato a crescere fino all’attuale quarta. Il vertiginoso aumento dei casi diagnosticati è da imputarsi a due fattori principali: l’aumento della capacità diagnostica, con l’identificazione di un numero sempre maggiore di casi paucisintomatici o asintomatici, e la diffusione epidemica su tutto il territorio nazionale. Le principali analogie tra la quarta ondata e quelle precedenti sono sicuramente la stagionalità, che aumenta il margine di suscettibilità all’infezione, e la contagiosità che rinforza la necessità di rispettare le precauzioni base. Il vantaggio attuale è la barriera vaccinale.

Dalla storia della pandemia si evidenzia un cambiamento delle fasce di età colpite, con un’età media di 60-64 anni nella prima ondata, di 45-49 anni nella seconda (con un calo in termini percentuali dei contagi registrati nella popolazione più anziana) e di 40-49 anni nella quarta ondata.

Se, invece, si prende invece in considerazione la mortalità dell’infezione da SARS-CoV-2 nella popolazione generale, secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’età media dei pazienti positivi deceduti durante la prima ondata è stata di 80 anni, maggiore di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione ma che sono sopravvissuti [3]. La maggiore mortalità nell’età anziana si conferma anche nelle ondate successive.

Possiamo quindi osservare come, soprattutto nelle ultime ondate, l’infezione, pur colpendo maggiormente soggetti giovani, è nei soggetti più anziani che manifesta maggiormente la sua letalità. Nei soggetti giovani l’infezione da SARS-CoV-2 tende a manifestarsi con sintomi più lievi rispetto all’infezione nei soggetti anziani, soprattutto se con pluripatologie.

Infatti, secondo gli ultimi dati forniti dall’ISS, è possibile notare come il tasso di letalità vari a seconda della fascia d’età: 26.6% per gli ultranovantenni, 18.5% tra 80 e 89 anni, 8.1% tra 70 e 79 anni, 2.4% tra 60 e 69 anni, 0.5% tra 50 e 59 anni, 0.1% tra 40 e 49 anni. Questi dati confermano quindi che i soggetti più anziani sono più a rischio di sviluppare forme severe e letali di infezione da SARS-CoV-2 anche nel corso di questa quarta ondata. Risulta quindi fondamentale per tutti, ma soprattutto per le fasce d’età più avanzate, mettere in atto in maniera rigorosa e costante tutte quelle misure di precauzione utili ad evitare il contagio (DPI e distanziamento sociale).

È oramai assodato che la co-presenza di altre patologie – quali ipertensione, cardiopatie, patologie respiratorie, insufficienza renale cronica, tumori o patologie del sistema immunitario – unitamente a un basso status socio-economico aumentano il rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19.

La fragilità è una sindrome età-correlata caratterizzata da una riduzione delle riserve funzionali e da una diminuita resistenza agli stressor, cioè a tutti quegli stimoli (fisici, ambientali, metabolici, affettivi) che causano stress all’organismo e alla psiche. Questa sindrome che si associa allo sviluppo di vulnerabilità e predispone all’insorgenza di eventi avversi [4], è stata considerata fattore di rischio per lo sviluppo di forme COVID-19 severe [5].

La definizione di fragilità elaborata da Fried prende in considerazione sia aspetti psicologici (depressione e deficit cognitivi) che indici fisici (fatica e calo ponderale) [6]. L’infiammazione cronica sembra essere un fattore critico che contribuisce allo sviluppo della fragilità direttamente o indirettamente attraverso diversi sistemi quali il muscolo scheletrico (sarcopenia), il rene (perdita di funzione renale), il sistema endocrino ed ematologico [7]. Inoltre, sembra che anche l’interazione di diversi pattern genetici e fattori ambientali possa essere coinvolta nello sviluppo di fragilità e del processo di invecchiamento [810].

 

Lo studio FRASNET

Uno studio appena concluso, condotto di recente dai gruppi Manunta-Manfredi, intitolato “Renal ageing-Sarcopenia NETwork: a combined genetic, immunological and psychological approach to dissect FRAilty” (FRASNET study) aveva lo scopo di analizzare i fattori genetici e bioumorali che modulano l’effetto dell’infiammazione cronica dovuta all’età sul rene, sul muscolo scheletrico, sui processi cognitivi.

È stata arruolata una coorte di 1240 anziani, su base volontaria, tra i pazienti afferenti agli ambulatori dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale San Raffaele di Milano, gli ospiti di RSA, i soci delle Università della Terza età di Milano e Monza-Brianza (città e provincia) e di diversi centri socio-ricreativi-culturali per anziani della medesima area. Di questi soggetti sono stati raccolti dati demografici, antropometrici, biochimici, oltre che informazioni su patologie concomitanti e terapie farmacologiche utilizzate, test psicofisici e campioni biologici.

I criteri di inclusione comprendevano un’età superiore a 65 anni, una capacità di deambulazione (autoriferita) superiore a 500m, un MMSE (Mini Mental State Examination) [11] con punteggio superiore o uguale a 18, assenza di problemi di salute recenti e gravi che comportassero un’aspettativa di vita inferiore a 6 mesi e un’anamnesi negativa per terapie invasive nei 6 mesi precedenti.

Per definire la fragilità di ogni paziente sono stati valutati l’affaticabilità riferita nello svolgimento delle attività quotidiane (per almeno 3 giorni durante la settimana), la riduzione dell’attività fisica nella sua frequenza settimanale (PASE, Physical Activity Scale for the Elderly), la riduzione nella velocità del cammino (TUG, Timed Up and Go Test oppure SPPB – test della marcia), e la riduzione della forza muscolare (SPPB – test della sedia).

Sulla base dei dati raccolti, i pazienti sono stati suddivisi in tre classi di fragilità utilizzando l’indice di Fried modificato. Il 33.7% del totale sono risultati fragili, il 35.9% pre-fragili e il 26.7% robusti.

 

Effetti della Pandemia sulla popolazione FRASNET

Dopo la prima ondata della pandemia da SARS-Cov-2, abbiamo raccolto dati relativi all’infezione da coronavirus per valutarne l’impatto sui soggetti fragili e con lo scopo di capire se la condizione di fragilità potesse predisporre a forme più gravi di COVID-19 e se si associasse ad un aumento della mortalità.

Nel periodo giugno-settembre 2020, i soggetti che avevano preso parte allo studio sono stati intervistati telefonicamente al fine di raccogliere dati riguardanti la prevalenza dei sintomi da infezione da SARS-CoV-2 manifestatisi nel periodo di tempo compreso tra Gennaio 2020 e Agosto 2020. 821 pazienti hanno risposto alla chiamata telefonica, 419 non sono stati raggiunti. Per i soggetti che non hanno risposto telefonicamente abbiamo ricercato informazioni sull’eventuale data di decesso tramite il servizio “anagrafica” sul portale SISS.

Il questionario telefonico veniva sottoposto al diretto interessato o al caregiver. Nel caso in cui il paziente fosse deceduto, si richiedeva di indicare il periodo (pre-covid, prima di gennaio 2020, o durante la pandemia da SARS-CoV-2, a partire da gennaio 2020) e la causa di morte.

Tra i sintomi indagati, si richiedeva di indicare l’eventuale comparsa di febbre, dispnea, tosse, mal di gola, raffreddore, anosmia, disgeusia, nausea, vomito, diarrea, addominalgia, dolore toracico, otalgia, mialgie, artralgie, cefalea, confusione, sincope, convulsioni, congiuntivite, rash cutaneo, ulcere cutanee, nel periodo gennaio-agosto 2020. Nel caso di insorgenza di una o più di queste manifestazioni si richiedeva di indicarne il periodo di comparsa e la durata.

Il questionario, inoltre, chiedeva di indicare eventuali contatti stretti con casi sospetti o confermati di COVID-19, se erano stati fatti tamponi e test sierologici per SARS-CoV-2 (in quella fase molto rari), e se il soggetto si era sottoposto alle vaccinazioni anti-influenzale e anti-pneumococcica nel 2019. Nei soggetti con certa o probabile infezione dal SARS-CoV-2 sono stati raccolti anche dati riguardanti una possibile variazione della terapia farmacologica anti-ipertensiva.

Per valutare la probabilità di aver contratto il COVID, in assenza di tampone o di test sierologico positivo, ad ogni sintomo è stato attribuito un punteggio da 0.25 a 1. È stata quindi considerata certa l’infezione da COVID in caso di punteggio superiore a 3, probabile se compreso tra 1 e 3 ed improbabile se minore di 1. In Tabella I è mostrata l’attribuzione dei punteggi per singolo sintomo.

SINTOMO PUNTEGGIO SINTOMO PUNTEGGIO
Addominalgia 0,25

Disgeusia

0,5
Anosmia 0,5

Dispnea

1,0
Artralgia 0,5

Dolore toracico

0,25
Cefalea 0,5

Faringodinia

0,5
Confusione 0,25

Febbre

0,5
Congiuntivite 0,25

Mialgie

0,5
Convulsioni 0,25

Nausea

0,25
Diarrea 0,25

Otalgia

0,25
Raffreddore 0,25

Rash cutaneo

0,25
Sincope 0,25

Tosse

1,0
Ulcere cutanee 0,25

Vomito

0,25
Tabella I: Valutazione sintomi compatibili con COVID-19

Degli 821 pazienti che hanno risposto alla chiamata telefonica, 6 sono risultati casi di accertata infezione da SARS-CoV-2 (tampone o test sierologico positivo), 26 casi sospetti (presenza di sintomi e punteggio maggiore di 1), 768 non sospetti (nessun sintomo o score minore di 1).

Dei 419 che non hanno risposto, 23 erano deceduti. 7 decessi risalgono a prima di marzo 2020, 11 tra marzo e settembre 2020, 5 dopo settembre 2020.

 

Considerazioni

Dai dati raccolti possiamo affermare che, nella nostra coorte, la prevalenza di infezione da SARS-CoV-2 si attesta allo 0,7%. Questo risultato sembrerebbe essere attribuibile all’efficacia delle misure preventive messe in atto durante la prima fase della pandemia. Infatti, abbiamo potuto constatare che i soggetti da noi arruolati nello studio, nonostante prima della pandemia fossero abituati ad una vita piena di interazioni, stimoli e attività svolte nei circoli ricreativi oppure nell’Università della Terza età, si sono dimostrati particolarmente ricettivi alle disposizioni e regole entrate in vigore per arginare la diffusione della pandemia da SARS-CoV-2.

Lo stesso impegno nel rispetto delle norme lo abbiamo potuto notare nei familiari dei nostri soggetti in studio, soprattutto in coloro che avevano contatti con anziani più fragili, che hanno avuto accorgimenti fondamentali per la tutela dei loro cari. Per esempio durante le nostre interviste telefoniche molti anziani hanno raccontato di aver ricevuto, da parte di figli o altri parenti, la spesa o generi di prima necessità fuori dalla porta di casa proprio per evitare ogni contatto non strettamente necessario.

Oltre al distanziamento sociale anche l’utilizzo dei DPI è stato recepito dai soggetti in studio e dai loro familiari come essenziale per la loro tutela.

In Tabella II abbiamo riportato i dati sulla probabilità di aver contratto l’infezione da SARS-CoV-2 per i soggetti dello studio. I soggetti più fragili hanno avuto meno contatti con altre persone e sono stati più rispettosi e attenti alle regole di distanziamento sociale e di utilizzo dei DPI; al contrario dei soggetti considerati robusti. Infatti, è proprio tra questi ultimi che si sono verificati più casi di infezione da SARS-CoV-2.

P_COVID Classe di fragilità Totale
Robusti Pre-fragili Fragili
Certa N° pazienti 4 4 2 10
% pazienti 40% 40% 20% 100%
% nella classe fragilità e sul totale 1,8% 1,3% 0,7% 1,2%
Possibile N° pazienti 10 7 5 22
% pazienti 45,5% 31,8% 22,7% 100%
% nella classe fragilità e sul totale 4,5% 2,3% 1,8% 2,8%
Improbabile N° pazienti 207 290 271 768
% pazienti 27% 37,8% 35,2% 100%
% nella classe fragilità e sul totale 93,7% 96,3% 97,5% 96%
Tabella II: Probabilità di infezione da SARS-CoV-2 (P_COVID) nei soggetti dello studio FRASNET distribuita per classi di fragilità

Questi dati relativi alla prima ondata, anche alla luce dei dati della quarta ondata, confermano l’efficacia dei DPI e delle norme di distanziamento sociale, sempre e per tutti, soprattutto al fine di garantire la protezione delle categorie di soggetti più fragili, suscettibili delle forme più gravi di infezione.

In questa quarta ondata stiamo osservando come la variante Omicron abbia una contagiosità molto elevata, e che, nonostante nei soggetti giovani porti allo sviluppo di una malattia spesso paucisintomatica, nei soggetti più fragili e anziani può comunque portare all’insorgenza di malattia severa.

In ambito nefrologico abbiamo spesso potuto constatare, per esempio nei soggetti che devono periodicamente essere sottoposti a trattamenti dialitici, come la difficoltà a mantenere il distanziamento sociale e a evitare contatti con molte persone possa essere un fattore determinante nella diffusione del contagio.

I dati emersi dalla nostra casistica confermano anche l’importanza della educazione sanitaria e della corretta informazione forniti da circoli ricreativi e associazioni nel favorire la prevenzione.

Un’ulteriore arma attualmente a nostra disposizione per proteggere noi stessi e gli altri è il vaccino contro il SARS-CoV-2. Esso aiuta non solo a prevenire le forme gravi di infezione, ma anche a ridurre la diffusione del SARS-CoV-2. Al momento dell’intervista il vaccino contro SARS-CoV-2 non era disponibile. Nell’ambito del nostro studio abbiamo ottenuto quindi solo dati riguardanti la prevalenza della somministrazione dei vaccini anti-influenzale e anti-pneumococcica: soltanto 408 pazienti sono risultati vaccinati con vaccino anti-influenzale (49,6%), 1 con il solo vaccino anti-pneumococcico, 40 con entrambi i vaccini.

La Tabella III riporta la distribuzione di questi dati nella nostra coorte. Questi dati dimostrano la scarsa adesione a vaccini già fortemente consigliati ai soggetti fragili, e quindi la necessità di far comprendere a tutti, ma soprattutto ai soggetti più fragili, l’importanza dei vaccini, a partire dal vaccino per il SARS-CoV-2 e i vantaggi che essi possono garantire. Sarà quindi necessario comunicare in maniera corretta ed efficace le informazioni relative alle vaccinazioni, in modo tale che tutti, ma soprattutto i soggetti più fragili possano usufruirne.

N° soggetti P_COVID-19
Certa Probabile Improbabile
Nessun vaccino 352 3 8 341
Anti-influenzale o Anti-pneumococco 409 9 12 388
Entrambi i vaccini 40 0 2 38
Tabella III: Prevalenza di infezione da SARS-CoV-2 rispetto alla Probabilità di infezione da SARS-CoV-2 (P_COVID) nei soggetti dello studio FRASNET vaccinati con anti-influenzale e/o con anti-pneumococco

Quindi, proprio in questo momento in cui la variante Omicron sta causando un consistente aumento dei contagi, nonostante siano passati due anni dall’inizio della pandemia, resta fondamentale, per la tutela nostra e di chi ci circonda, non abbassare la guardia e continuare a educare a rispettare le norme e le disposizioni attualmente in vigore.

 

Limitazioni

I dati raccolti non includono eventuali casi asintomatici che non hanno effettuato test sierologici e/o tamponi.

Inoltre, bisogna considerare eventuali imprecisioni nelle risposte fornite al questionario e che alcuni decessi dei mesi di gennaio e febbraio 2020 potrebbero essere comunque dovuti all’infezione da COVID-19.

 

Bibliografia

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  3. Characteristics of SARS-CoV-2 patients dying in Italy Report based on available data on October 5th, 2021. https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia (ultimo accesso 26/11/2021).
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