Abstract
L’infezione da SARS-CoV-2 (Covid-19) ha colpito circa 124 milioni di persone nel mondo con circa 2.7 milioni di decessi. Una caratteristica enigmatica dell’infezione è l’ampia variabilità clinica, dalla totale assenza di sintomi a forme gravi con compromissione multiorgano ed esito fatale. Molti studi hanno evidenziato come l’insufficienza renale rappresenti un fattore di rischio importantissimo per lo sviluppo delle forme severe di malattia e l’aumentata mortalità. Una preesistente nefropatia o un danno renale acuto sono stati infatti significativamente correlati con un elevato rischio di morte per Covid-19.
Uno studio effettuato dalla Società Italiana di Nefrologia ha riportato una mortalità dieci volte maggiore tra i pazienti dializzati rispetto alla popolazione generale, specialmente nella seconda fase della pandemia (26% vs 2.4%). Questi numeri richiedono una risposta tempestiva.
Attualmente esistono tre vaccini approvati già in corso di somministrazione, Pfizer-BioNTech e Moderna, con lo stesso meccanismo d’azione e Il vaccino Vaxzevria (AstraZeneca), che sfrutta una tecnologia più tradizionale. Tutti i vaccini sono sicuri, ognuno con le proprie caratteristiche: AIFA ha suggerito di utilizzare quelli a mRNA per i pazienti anziani e fragili e riservare Vaxzevria per i pazienti maggiori di 18 anni. Il futuro è luminoso, ci sono tanti altri vaccini in fase di studio, i cui risultati preliminari sono promettenti; una parte di questi potrebbero essere approvati a breve per l’utilizzo su larga scala.
L’alta morbidità e mortalità dei pazienti affetti da malattia renale cronica e dializzati dovrebbero imporre la massima priorità per la vaccinazione contro SARS-CoV-2.
Parole chiave: SARS-CoV-2 (Covid-19), insufficienza renale cronica, vaccino