Novembre Dicembre 2023 - Nefrologo in corsia

Sindrome nefrosica congenita: ruolo del gene PODXL

Abstract

Negli ultimi decenni la comprensione dei difetti genetici associati alle podocitopatie ereditarie è progredita in modo significativo. Ciò è stato possibile grazie allo sviluppo delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione che permettono di analizzare un ampio pannello di geni a un costo inferiore rispetto al passato. L’identificazione di nuove mutazioni genetiche ha aiutato a riconoscere l’importanza del podocita nel mantenimento della barriera di filtrazione e a comprendere i meccanismi che regolano la biologia e la patologia podocitaria. Di seguito riportiamo un caso di sindrome nefrosica congenita determinata da una mutazione a livello del gene PODXL. Questo gene codifica per la podocalixina, una sialoglicoproteina presente a livello del glicocalice dei podociti, che svolge un ruolo importante nel mantenimento dell’architettura dei processi pedicillari. Una mutazione a livello di questo gene determina una disfunzione a livello della barriera di filtrazione, con conseguente perdita di permeabilità e sviluppo di proteinuria.

Parole chiave: Proteinuria, Sindrome Nefrosica Congenita, Podocita, PODXL, Podocalixina

Introduzione

La barriera di filtrazione glomerulare è un’unità altamente specializzata, costituta da tre strati: l’endotelio fenestrato, la membrana basale glomerulare (MBG) e le cellule epiteliali viscerali, i podociti. I podociti sono cellule altamente differenziate con un’architettura unica, costituita da un corpo principale, dei processi maggiori e dei prolungamenti basali chiamati processi pedicillari [1]. La loro particolare forma è dovuta ad un citoscheletro ricco in microfilamenti, la cui componente fondamentale è l’actina [1]. I processi pedicellari dei podociti si interdigitano con i processi pedicellari dei podociti confinanti attraverso proteine extracellulari organizzate in una giunzione cellulare specializzata detta “slit diaphragm” (SD) [2].

La funzione dello SD è quella di filtro molecolare, permettendo il passaggio di acqua e piccole molecole e trattenendo componenti del plasma e proteine di alto peso molecolare [2]. La MBG e i podociti essendo inoltre carichi negativamente sono in grado di respingere le proteine anioniche del siero, agendo come barriera di carica oltre che di dimensione [3]. Mutazioni nei geni codificanti per le proteine dello SD determinano un’alterazione di questo complesso network, conducendo al fenomeno morfologico della fusione dei pedicelli e allo sviluppo di proteinuria, configurando il quadro di sindrome nefrosica [3].

Per sindrome nefrosica congenita si intende un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da proteinuria a intervallo nefrosico, ipoalbuminemia ed edema, che si manifestano in utero o durante i primi tre mesi di vita. La malattia è causata principalmente da difetti genetici nei podociti; circa due terzi dei casi di esordio di sindrome nefrosica congenita nel primo anno di vita sono legati a mutazioni in questi quattro geni: NPHS1, NPHS2, WT1 e LAMB2 [4]. In rari casi, tuttavia, è determinata da infezioni congenite o da malattie autoimmuni materne. La sindrome nefrosica congenita non risponde ad alcuna terapia con immunosoppressori e il trattamento è per lo più sintomatico [5]. La maggior parte dei bambini sviluppa una malattia renale terminale, che richiede una terapia renale sostitutiva entro i primi due-tre anni di vita. La sopravvivenza a cinque anni dei pazienti e dell’organo trapiantato è del 90% circa [6].

 

Caso clinico

Riportiamo il caso clinico di un paziente nato a 37+4 settimane gestazionali da gravidanza normodecorsa con controlli ecografici regolari. APGAR 1′ 9, 5′ 10. L’esame obiettivo e il monitoraggio glicemico alla nascita sono risultati nella norma. In seconda giornata di vita per comparsa di clonie agli arti superiori il paziente è stato trasferito in Terapia Intensiva Neonatale dove è stata eseguita un’ecografia transfontanellare cerebrale, con evidenza di emorragia cerebrale destra. Sono state eseguite una TC encefalo in urgenza e successiva RM encefalo di approfondimento, con riscontro di una vasta lesione ischemica a carico del territorio dell’arteria cerebrale media destra e dei suoi collaterali, focolai emorragici intraparenchimali bilaterali sovratentoriali, emorragia intraventricolare nel terzo ventricolo ed occlusione del seno trasverso di sinistra. È stata eseguita una registrazione EEG risultata compatibile con grave insulto ischemico emisferico destro.

Gli esami di laboratorio hanno mostrato una funzionalità renale nella norma, piastrinopenia, ipocalcemia, ipoalbuminemia refrattaria alle somministrazioni di albumina e alterazione della coagulazione, per cui sono state eseguite due supplementazioni di antitrombina III. Non sono mai stati riscontrati segni laboratoristici di infezione. Il successivo riscontro di proteinuria (0,67 g/24h, rapporto proteinuria/creatininuria 3512 mg/mmol) confermava la causa renale dell’ipoalbuminemia e poneva il sospetto di sindrome nefrosica congenita. Nel sospetto di sindrome nefrosica congenita, a completamento diagnostico, sono stati eseguiti ANA e ENA risultati negativi, C3 e C4 risultati nella norma. L’elettroforesi delle proteine sieriche (albumina 48,6 %, alfa1 10,1 %, alfa2 30,3%, beta 9,3%, gamma 1,7%) è risultata indicativa di perdita proteica e l’ecografia dell’addome mostrava reni aumentati di volume con diffusa accentuazione dell’ecogenicità parenchimale, segni compatibili con nefropatia acuta. Durante il ricovero è stata eseguita una valutazione multidisciplinare con coinvolgimento di neurologo, nefrologo, cardiologo e specialista di malattie trombotiche ed emorragiche al fine di comprendere la causa dell’evento vascolare cerebrale. Dal punto di vista cardiologico, alla revisione dei precedenti esami ecocardiografici, veniva escluso che ci fosse stata una lesione trombotica coinvolgente il forame ovale, che inoltre presentava e aveva sempre presentato shunt sinistro-destro. Dal punto di vista nefrologico il paziente presentava un quadro di proteinuria in range nefrosico ma non tale da determinare una perdita significativa di fattori della coagulazione in grado di spiegare, come unica causa, l’evento cerebrovascolare. Sono stati quindi soppesati rischi/benefici di un’eventuale profilassi eparinica ed il rischio di poter presentare nuovi eventi trombotici cerebrali. È stato eseguito nuovo dosaggio della proteina C e la proteina S risultate nella norma ed è stato collegialmente deciso di non avviare la terapia eparinica. L’anamnesi familiare è risulta silente per patologie nefro-urologiche, la madre e il fratello maggiore sono in buona salute, il padre è affetto da spondilite anchilosante.

Attualmente il paziente ha tre anni ed è in buone condizioni cliniche. Esegue un monitoraggio mensile della funzionalità renale che si mantiene nella norma con buon equilibrio elettrolitico e acido-base. In assenza di sintomi, presenta un quadro di nefrosi bioumorale con ipogammaglobulinemia e ipoalbuminemia che necessitano di frequenti supplementazioni endovenose di albumina e di immunoglobuline. È seguito da un punto di vista neuropsichiatrico ed esegue riabilitazioni fisioterapiche e logopedistiche una volta alla settimana. Il sequenziamento mirato di nuova generazione per l’analisi molecolare di geni associati a glomerulopatia ha portato all’identificazione di una variante troncante nel gene PODXL in eterozigosi: NM_001018111.2: c.480dupG p(Lys161Glufs*14).

 

Discussione

Il gene PODXL codifica per la podocalixina, una scialoglicoproteina transmembrana a singolo passaggio altamente espressa a livello di endotelio vascolare, cellule ematopoietiche e cellule del sistema nervoso [7]. La podocalixina è l’antigene di superficie cellulare più altamente glicosilato e carico negativamente espresso sul glicocalice dei podociti nei roditori e nell’uomo, e svolge un ruolo importante nella morfogenesi e nella differenziazione dei podociti [8]. Grazie alla carica negativa del dominio extracellulare funge da anti-adesina mantenendo separati i pedicelli adiacenti e facendo sì che le fessure di filtrazione rimangano pervie [7]. La porzione intracellulare della podocalixina si lega all’actina tramite due strutture specifiche: Ezrin, un membro della famiglia ERM, e il fattore di regolazione dello scambiatore Na+/H+ 1 e 2 (NHERF1 e NHERF2) [9]. Il complesso trimerico PODXL/NHERF2/Ezrin svolge un ruolo centrale nel mantenimento della struttura dei podociti glomerulari in quanto interagisce direttamente con il citoscheletro di actina [9]. L’interruzione patologica del citoscheletro di actina mediata da PODXL determina una disfunzione a livello della barriera di filtrazione, con conseguente perdita di permeabilità e lo sviluppo di proteinuria [9].

Il gene che codifica per la podocalixina è stato mappato a 7q32-q33 mediante ibridazione in situ fluorescente [10]; contiene 9 esoni e codifica per due isoforme [11]. Il gene PODXL è stato recentemente associato a forme recessive (varianti eterozigoti composte) e dominanti di nefropatie familiari (OMIM#602632).

Analizzando i casi ad oggi presenti in letteratura, nel 2014 Barua et al. attraverso il sequenziamento dell’esoma di due cugini appartamenti a una famiglia affetta da glomerulosclerosi focale-segmentale autosomica dominante hanno identificato una nuova variante in PODXL [12]. Questa variante cosegrega con la malattia, pur con penetranza incompleta [12]. Nel 2017 Kang et al. hanno riportato il caso di un neonato affetto da sindrome nefrosica congenita, onfalocele e microcoria dovuta a due mutazioni autosomiche recessive loss of function in PODXL, in particolare una variante missenso (p.M1I) e una variante nonsenso (p.W341*), ereditate rispettivamente dal padre e dalla madre [13]. In un recente articolo pubblicato nel 2018 Lin et al. hanno identificato delle mutazioni autosomiche dominanti con perdita di funzione nel gene PODXL in grado di determinare glomerulosclerosi focale-segmentale in età adulta in due differenti alberi genealogici: la mutazione in c.C976T (p. Arg326X) nell’albero genealogico cinese era associata a proteinuria e insufficienza renale; la mutazione in c.C1133G (p. Ser378X) nell’albero genealogico indiano era associata a glomerulosclerosi focale-segmentale [14]. Nello stesso lavoro è stato inoltre dimostrato tramite studi in vitro che mutazioni nonsenso in eterozigosi di PODXL possono causare glomerulosclerosi focale-segmentale [14]. Infine, nel 2021 Marx et al. hanno eseguito il sequenziamento dell’esoma in tre generazioni di una famiglia affetta da una nefropatia glomerulare atipica, in cui diversi membri mostravano nefropatia proteinurica e insufficienza renale cronica variabile, con manifestazioni che andavano dall’assenza di insufficienza renale all’insufficienza renale, allo stadio terminale e alla morte durante l’infanzia. Il sequenziamento dell’esoma ha rivelato una nuova variante nonsenso cosegregante con la malattia (c.1453C>T, NM_001018111 ) nel gene PODXL, che porta a un codone di stop prematuro (p.Q485*) e determina la perdita della coda intracitoplasmatica della proteina [15].

Nel tentativo di spiegare l’elevata eterogeneità fenotipica legata alle mutazioni in PODXL, nel 2020 Ido Refaeli et al. hanno ricercato, con studi condotti in vitro, una correlazione tra la tempistica della delezione di PODXL durante lo sviluppo dei podociti e il fenotipo di filtrazione glomerulare osservato [16]. È stato dimostrato che i topi null knockout per PODXL muoiono poco dopo la nascita per anuria e ipertensione. I topi in cui l’espressione di PODXL viene alterata durante le fasi di sviluppo nefrogenico sviluppano sindrome nefrosica congenita acuta caratterizzata da glomerulosclerosi focale segmentale (FSGS) e proteinuria [16]. Infine, i topi con mutazioni in eterozigosi per PODXL, hanno una durata di vita normale e non sviluppano malattie renali in condizioni normali [16]. A seguito di un secondo colpo ambientale, i podociti mutanti sono aploinsufficienti e questo determina lo sviluppo di FSGS e proteinuria [16]. Analizzando i dati presenti in letteratura, Ido Refaeli et al. nel 2019 hanno cercato di spiegare il ruolo delle mutazioni eterozigoti nonsenso del gene PODXL nell’eziopatogenesi della malattia [17]. L’ipotesi che il gene mutato sia causa di malattia è supportata dalla stretta segregazione osservata nelle famiglie affette e dai dati funzionali in vitro, in cui sono stati osservati livelli ridotti di podocalixina nei podociti alterati [14]. È anche possibile, tuttavia, che le mutazioni eterozigoti nonsenso aumentino la suscettibilità di un individuo alla podocitopatia senza causare spontaneamente la malattia. I topi con mutazioni in eterozigosi hanno infatti una durata di vita normale con un’architettura renale funzionale in grado di filtrare normalmente l’urina [16]. Si potrebbe prevedere, tuttavia, che quando sottoposti allo stress ambientale appropriato (dieta, nefrotossine, ecc.) questi topi possano mostrare una maggiore suscettibilità alle malattie renali [17].

L’unico caso clinico descritto in letteratura di sindrome nefrosica congenita associata a mutazione di PODXL è quello riportato da Kang et al. nel 2017 [13]; questo caso tuttavia è dovuto alla presenza di due mutazioni autosomiche recessive loss of function in PODXL che determinano una completa perdita di funziona del gene. Il paziente ha infatti mostrato una clinica molto simile a quella presentata da topi knockout per PODXL ed è deceduto a 130 giorni per sepsi; il giorno 48 il paziente ha mostrato delle convulsioni che sono state in prima ipotesi considerate sequele di sepsi, non si può tuttavia escludere un ruolo funzionale diretto di PODXL nel cervello dato che PODXL è ampiamente espresso nel cervello in via di sviluppo e nella barriera emato-encefalica [13]. In nessuno dei casi presenti in letteratura vengono riportate conseguenze cerebrovascolari.

In conclusione, abbiamo riportato il caso di un paziente affetto da una mutazione in eterozigosi a livello di PODXL, che ha manifestato un insulto cerebrovascolare poco dopo nascita, associato ad un quadro di nefrosi bioumorale.

Tale sintomatologia può essere in parte spiegata con la perdita di fattori della coagulazione relati alla sindrome nefrosica, in parte considerando l’importante ruolo svolto da PODXL nell’equilibrio endoteliale.

Si tratta di una variante non ancora descritta in letteratura come causativa di malattia, il cui significato non è ancora chiaro. Ad ogni modo, data anche l’espressione di tale gene anche a livello endoteliale e l’espressione clinica della patologia, appare verosimile come nel nostro paziente il gene PODXL sia stato sicuramente implicato nello sviluppo della patologia.

 

Conclusioni

I casi ad oggi riportati in letteratura, in particolar modo in ambito pediatrico, sono pochi e presentano una notevole eterogeneità nell’insorgenza della malattia, nell’intensità della proteinuria e nelle conseguenze in termini di insufficienza renale. Il caso descritto e la revisione dei casi presenti in letteratura consentono tuttavia di focalizzare l’attenzione sulla cellula podocitaria e sul gene PODXL che codifica per la podocalixina, la cui funzione è cruciale per la morfologia e la funzione del podocita nella barriera di filtrazione glomerulare. Sono necessari ulteriori studi per comprendere il significato delle mutazioni in eterozigosi nel gene PODXL, in particolare per quelle varianti alleliche per le quali non è confermato il loro contributo nello sviluppo della malattia e che rimangono tutt’oggi a significato sconosciuto.

 

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