Gennaio Febbraio 2023 - Nefrologo in corsia

Quando un tamponamento stradale diventa rivelatore: un caso di nefropatia da IgG4

Abstract

La malattia renale IgG4 relata rappresenta una frequente manifestazione della più vasta IgG4 related disease, un disordine fibro-infiammatorio a eziologia non del tutto compresa che interessa diversi organi. Attraverso il caso clinico esposto focalizzeremo l’attenzione su questa patologia, sulle difficoltà per identificarla correttamente, e sulle indagini necessarie per la diagnosi. Verranno infine discusse le principali opzioni terapeutiche attualmente disponibili.

Parole chiave: malattia IgG4 relata, malattia renale IgG4 relata, disordini fibro-infiammatori

Introduzione

La malattia IgG4 relata (IgG4-RD) è un disordine clinico multi sistemico a carattere fibro-infiammatorio caratterizzato da: flebiti ostruttive, fibrosi retroperitoneale, lesioni tumor-like multiorgano ed infiltrato linfoplasmacellulare ricco di IgG4 spesso associati ad elevati livelli sierici di tali immunoglobuline [1]. La prima descrizione di questa condizione patologica avvenne nel 1961 quando Sarles et al. descrissero una forma di pancreatite in cui coesistevano un incremento delle IgG4 sieriche e la presenza di ipergammaglobulinemia [2].

Negli anni successivi il coinvolgimento delle IgG4 nell’eziopatogenesi di numerose condizioni cliniche è diventato sempre più evidente [3, 4], tanto che, a partire della prima decade degli anni duemila, è emersa in modo certo la correlazione tra questa sottoclasse di immunoglobuline e molteplici patologie dapprima considerate indipendenti (come sindrome di Mikulicz, tiroidite di Riedel, fibrosi mediastiniche, malattia di Ormond, pancreatite autoimmune di tipo I e colangite sclerosante) che, pertanto, sono state ridefinite come manifestazioni d’organo della IgG4 RD [59].

L’ epidemiologia della malattia non è al momento del tutto nota, sia a causa dell’esiguità di studi al riguardo, che della recente definizione di tale entità nosologica [10]. L’età d’insorgenza della IgG4-RD è compresa tra la quinta e settima decade di vita con un rapporto M:F variabile tra 1.6:1 e 4:1 [11] sebbene, in uno studio giapponese, non sia stata evidenziata particolare differenza tra i sessi [12]. Pur essendo principalmente una patologia tipica degli adulti è possibile, seppur raramente, un interessamento pediatrico spesso associato a manifestazioni oculari [13, 14] e polighiandolari [15]. Al momento non sono noti casi familiari di malattia, e sulla base delle attuali evidenze non vi sono sufficienti dati per definire una particolare popolazione con rischio aumentato [7].

L’esatta eziopatogenesi della IgG4-RD, al momento, non è ancora del tutto compresa, sebbene sia stata documentata un’associazione tra geni predisponenti e fattori scatenanti. In particolare è stata osservata una suscettibilità nello sviluppo di pancreatite autoimmune tipo I, specie tra le popolazioni asiatiche che presentavano un polimorfismo per alcuni geni appartenenti al complesso maggiore di istocompatibilità (HLA DRB1 0401; DQB1 0202 DRB1 0701) [16, 17]. Invece, in merito allo sviluppo di fibrosi retroperitoneale è stato indagato il ruolo dei polimorfismi genetici di HLA –DRB1* 03 [18]. La IgG4-RD rientra tra le patologie di natura fibroinfiammatoria. Pertanto, è stata ipotizzata una disregolazione della risposta immunitaria rivolta verso alcune proteine che si comporterebbero come autoantigeni scatenanti. Tra queste citiamo la Galactina 3 [19], la laminina 511 [20] e l’annexina A11 [21]. Un ulteriore contributo sul ruolo della risposta immunitaria innata in particolare dei linfociti T (T helper follicolari, TfH) e T citotossici (CTL), è sottolineato dal loro riscontro nelle lesioni tissutali associate alla malattia e dall’incremento nei pazienti affetti e dai livelli sierici di citochine e interleuchine pro-attivanti come IL-4, IL-10 e TGFβ [22].

Alcuni autori hanno inoltre documentato il possibile ruolo dei linfociti TfH dei soggetti affetti da IgG4-RD nell’indurre una proliferazione dei linfociti B e una attivazione plasmacellulare in misura maggiore rispetto alle cellule TfH nei tessuti di soggetti non affetti dalla patologia [23]. I sottotipi linfocitari follicolari, implicati nella patogenesi della IgG4-RD, risulterebbero essere quelli privi di CXCR3 e CCR6 che favorirebbero l’espressione di citochine di tipo Th2 (IL-4, IL-5, IL-13) [24]. In particolare, l’IL-4 sembra svolgere un ruolo centrale essendo coinvolta nello sviluppo del centro germinale, nella differenziazione dei linfociti B, nella ricombinazione anticorpale e nello switch di classe anticorpale e conseguente produzione delle IgG4 [25]. Sulla base di queste evidenze è stato ipotizzato un duplice meccanismo alla base del danno d’organo. Tale condizione può essere indotta sia dalla fibrosi derivante dai prodotti dei linfociti T citotossici, che dall’ azione degli immunocomplessi che, depositandosi, favorirebbero l’attivazione della via classica del complemento con conseguente amplificazione del danno [26, 27]. Ulteriori evidenze hanno documentato anche il coinvolgimento di eosinofili, basofili, e mastociti, nei meccanismi di amplificazione immunologica e nel conseguente sviluppo di fibrosi [2830].

Essendo una malattia sistemica, le manifestazioni cliniche sono particolarmente varie ed interessano numerosi distretti corporei. Il coinvolgimento renale (IgG4-RKD) è abbastanza frequente osservandosi in circa il 15% delle forme di IgG4-RD, ed i pazienti affetti sono principalmente uomini con età media superiore ai 65 anni [31]. Generalmente la localizzazione tubulointerstiziale è quella più frequente, mentre, quella glomerulare risulta più rara ma comunque possibile [32]. Oltre ad un coinvolgimento diretto dell’organo si può osservare anche un coivolgimento indiretto secondario alla fibrosi retroperitoneale (RPF).

La fibrosi retroperitoneale, originandosi in sede periaortica, si estende progressivamente nella regione addominale fino a coinvolgere gli ureteri, determinandone la compressione e una successiva idronefrosi secondaria [33]. Il coinvolgimento tubulo interstiziale si manifesta con un progressivo peggioramento della funzione renale e si associa a proteinuria variabile, da lieve a moderata, leucocituria e lieve ematuria [34].

Di solito, oltre alla presenza di un’infiltrato linfoplasmocitario ricco in plasmacellule IgG4+ e alla fibrosi, è presente anche atrofia tubulare. In generale, la sintomatologia di questi pazienti, specie se non si osserva un coinvolgimento glomerulare, è abbastanza modesta e in numerosi casi le lesioni renali vengono scoperte incidentalmente tramite indagini di secondo livello. L’interessamento glomerulare risulta meno frequente rispetto a quello tubulare, riscontrandosi in circa il 7% delle forme kidney-related. La manifestazione principale è quella di una glomerulonefrite membranosa di tipo secondario, come evidenziato dalla negatività agli anticorpi rivolti verso il recettore M della fosfolipasi A2, noto markers di GMN membranosa primitiva [35]. Sono comunque stati individuati autoanticorpi rivolti verso altri antigeni podocitari, alcuni dei quali come l’anidrasi carbonica tipo II, presentando una localizzazione mitocondriale, sottolineano il possibile ruolo dei mitocondri nel determinismo della malattia [36]. La patogenesi dell’MGN correlata a IgG4 potrebbe essere dovuta o al coinvolgimento della via della lectina che, legando il mannosio, favorirebbe la formazione di immunocomplessi, oppure al probabile legame di molecole IgG4 con altri anticorpi tramite interazione Fc-Fc. Altri pattern glomerulari, documentati nella IgG4-RKD, sono la glomerulonefrite membranoproliferativa, il pattern mesangioproliferativo con immunoglobuline, la nefropatia da IgA e la glomerulonefrite proliferativa endocapillare focale e segmentale [37].

Il coinvolgimento del sistema linfatico risulta frequente, spesso i linfonodi non sono dolenti, presentano una consistenza elastica e possono dare origine a fenomeni compressivi nei confronti degli organi adiacenti. A livello polmonare la IgG4-RD si presenta con numerose manifestazioni cliniche variabili da quadri del tutto asintomatici a manifestazioni come tosse persistente, emottisi, dispnea, pleurite, dolore toracico e polmonite interstiziale. Quest’ultima spesso in associazione con la pancreatite autoimmune tipo I [38, 39]. La variabilità sintomatica appare evidente anche a livello radiologico. Infatti, attraverso uno studio retrospettivo, sono stati segnalati differenti aspetti di coinvolgimento polmonare che possono simulare un quadro di sarcoidosi [40, 41]. Anche l’apparato digerente può essere coinvolto e sono descritti casi di interessamento esofageo, gastroenterico ed epatico [4244]. Il pancreas rimane comunque l’organo maggiormente colpito dalla malattia e si ritiene che la pancreatite autoimmune tipo I rappresenti il prototipo della IgG4-RD [45]. Questa localizzazione si caratterizza per la presenza di un infiltrato periduttale ricco di plasmacellule IgG4 cui si associa successiva fibrosi, dapprima periduttale, quindi parenchimale che determina progressiva e completa atrofia dell’organo fino ad una completa involuzione sclerotica. I sintomi presenti nella pancreatite autoimmune secondaria alla IgG4 non sono distinguibili da quelli di altre forme di pancreatiti, pertanto la diagnosi è di tipo istologico [46].  La colangite sclerosante rappresenta la manifestazione extra pancreatica più frequente e spesso l’interessamento di entrambi gli organi coesiste [47]. A differenza della forma primitiva, nella forma IgG4 correlata sono evidenti alla biopsia infiltrati plasmacellulari ricche di IgG4 con una caratteristica remissione in seguito alla terapia cortico-steroidea oltre che fibrosi circonferenziale o onion skin like [48].

Generalmente questa si associa a sintomi sistemici come perdita di peso, steatorrea ed incremento degli indici di funzione epatica [49]. La diagnosi differenziale deve essere posta con il colangio carcinoma. Ulteriori manifestazioni sistemiche sono rappresentate dal coinvolgimento delle ghiandole salivari (specie parotide e sottomandibolari) [50], dacrioadenite [51], infiammazione oculare [52] interessamento tiroideo [53] e pericardico [54]. Abbastanza raro è il coinvolgimento del SNC a livello delle pachimeningi che appaiono ispessite alla RMN [55]. Molto raro, infine, l’interessamento ovarico [56] e vaginale [57].

 

Caso clinico

Descriviamo il caso clinico di un paziente di sesso maschile di 52 anni che, nel febbraio 2021, accedeva presso il DEA del nostro ospedale, in seguito ad un tamponamento stradale. Dall’anamnesi si apprendeva che la storia clinica risultava antecedente all’attuale ricovero con un primo episodio accorso nel maggio 2020, in cui il paziente accedeva presso il PS per tosse persistente. In tale occasione gli indici di funzionalità renale apparivano nella norma (Creatinina sierica 0,96 mg/dl), mentre si evidenziavano addensamenti parailari dx all’RX torace. Una volta escluso un quadro flogistico acuto (indici di flogosi normali), si propendeva per l’avvio di follow-up pneumologico necessario anche in considerazione dell’attività lavorativa del paziente impiegato come operaio presso una vicina cava di pietra. Il mese successivo, come da indicazione pneumologica, veniva eseguita una TC torace (Fig. 1) che documentava la presenza di numerosi noduli parenchimali e accentuazione della trama fibrotica in presenza di linfoadenopatie ilomediastiniche bilaterali. Erano inoltre evidenti grossolane aree di addensamento parenchimale in sede perilare bilaterale, con aspetto reticolo-micronodulare, associate a ispessimento dell’interstizio peribronco-vasale ed isolate aree di aspetto fibrotico-disventilativo”.

TC torace del paziente
Figura 1: TC torace del paziente eseguita a giugno 2020; primo riscontro di fibrosi e aree di addensamento.

L’ aspetto radiologico polmonare non risultava dirimente non potendosi escludere patologie come sarcoidosi, TBC o silicosi. Ad agosto 2020 venivano escluse sia la sarcoidosi, ACE test negativo e normali livelli di vitamina D (27,6 pg/ml), che la TBC per negatività del quantiferon. Nel novembre 2020, a seguito di incidente stradale, il paziente accedeva presso il PS dell’ospedale Agnelli di Pinerolo ed in tale occasione si evidenziava peggioramento della funzione renale con incremento della creatinina sierica (2,40 mg/dl), mentre ai restanti esami ematochimici non si evidenziavano particolari alterazioni ad eccezione di un lieve rialzo della CPK, verosimilmente secondario al traumatismo. In considerazione dell’andamento clinico-laboratoristico, si provvedeva ad avviare ad un follow-up nefrologico, al fine di monitorare la funzione d’organo. Nei mesi successivi, si evidenziava un progressivo peggioramento della funzione renale (creatinina sierica 3,1 mg/dl; EGFR 21 ml/min. calcolato con CKD-EPI) associato alla comparsa di iperuricemia (7,5 mg/dl) ed ipertensione arteriosa (150/90mmHg) di nuova insorgenza, pertanto, nel febbraio 2021, si procedeva a ricovero d’elezione. All’ingresso in reparto le condizioni cliniche generali apparivano buone e risultavano nella norma sia l’obiettività clinica che i principali parametri vitali (PA: 110/80mmHg; FC52 BPM; SpO2 99% in a.a.). Gli esami ematochimici confermavano la tendenza al peggioramento della funzione renale (Crs 3,2 mg/dl), mentre risultavano normali sia gli elettroliti sierici che l’equilibrio acido-base. Anche l’esame chimico-fisico delle urine risultava sostanzialmente nella norma (PH: 5 PS: 1,008) e non si evidenziavano particolari alterazioni al sedimento. In considerazione del rapido peggioramento clinico si provvedeva alla valutazione del pannello autoimmunitario, mentre per la presenza di fibrosi già precedentemente documentata e di origine indeterminata si eseguiva approfondimento diagnostico tramite l’esecuzione di RMN addome. L’esame radiologico evidenziava la presenza di reni di dimensioni aumentate con ispessimento corticale e disomogenea intensità nelle sequenze e T2-pesate. Si evidenziava, inoltre, accentuazione del segnale in sede piramidale e presenza di un tessuto iperintenso in DWI che circonda “a manicotto” l’aorta addominale e la biforcazione delle arterie iliache.

RMN addome
Figura 2: RMN addome febbraio 2021; tessuto fibroso periaortico e alla biforcazione delle AA iliache reni aumentati.

L’assetto immunologico, riportato integralmente nella tabella sottostante, documentava, oltre che una riduzione del complemento, una positività per Ab anti Nucleo e Ab Anti SS-A/RO.

Analita Risultato U.D.M. Valori di riferimento
Ab Anti Nucleo

(ANA)

IFI su cellule HEp-2

POSITIVO

1/320

Assenti:<1/180

Bassa Positività: 1/80

Media Positività:1/160-1/320

Alta Positività: > 1/640

Ab anti ds-DNA

EliA

1,10 UI/ml Negativo:< 10

Dubbio:10-15

Positivo: > 15

ANCA:

●      Ab anti citoplasma dei neutrofili

IFI su neutrofili fissati in etanolo e in formalina

●      Ab anti Proteinasi 3 (PR3)

          EliA (sensibile)

Assenti

 

0,10              IU/ml

Assenti

Negativo:< 2

Dubbio: 2-3

Positivo: > 3

Ab Anti Mieloperossidasi (MPO)

EliA (sensibile)

0,01 IU/ml Negativo:< 3.5

Dubbio: 3.5-5

Positivo: > 5

Ab Anti ENA

EliA

Presenti Assenti
Ab Anti SS-A/Ro (60 kDa E 52KDa)

EliA

>240  

U/ml

Negativo:< 7

Dubbio: 7-10

Positivo: > 10

Ab Anti SS-B/La

EliA

0,30  

U/ml

Negativo:< 7

Dubbio: 7-10

Positivo: > 10

Ab Anti U1RNP (RNP 70, A, C)

EliA

1,00  

U/ml

Negativo:< 5

Dubbio: 5-10

Positivo: > 10

Ab Anti Scl-70

EliA

0,10  

U/ml

Negativo:< 7

Dubbio: 7-10

Positivo: > 10

Ab Anti Jo1

EliA

0,01 U/ml Negativo:< 7

Dubbio: 7-10

Positivo: > 10

Ab Anti Proteina B centromerica

EliA

0,0  

U/ml

Negativo:< 7

Dubbio: 7-10

Positivo: > 10

Ab Anti SM

EliA (sensibile)

0,70  

U/ml

Negativo:< 7

Dubbio: 7-10

Positivo: > 10

Complemento C4

(Immuno-turbimetrico)

<8 mg/dl 10-40
Complemento C3

(Immuno-turbimetrico)

38  

mg/dl

82-180
Reuma Test

(Immuno-turbimetrico)

<14 UI/ml <14
Tabella 1: Pannello immunologico del paziente.

Per completezza diagnostica veniva valutato anche l’assetto coagulativo (fibrinogeno, PT, PTT) che risultava normale. In considerazione degli aspetti radiologici e del quadro clinico, entrambi suggestivi per una IgG4-RD, si provvedeva alla valutazione delle immunoglobuline sieriche. Come evidenziato nella sottostante tabella, si documentava una sostanziale normalità nelle sottoclassi IgA ed IgM, mentre si osservava un incremento delle IgG. Sulla base di questi risultati, venivano dosate le sottoclassi IgG che risultavano elevate sia nella sottoclasse IgG1 che nella IgG4.

 

Esame        Risultato (g/l) Valori di riferimento (g/l)
IgA 1,57 0,7 – 4,0
IgM 0,54 0,4 – 2,3

IgG   

 

Sottoclasse IgG1  

Sottoclasse IgG2 

Sottoclasse IgG3   

Sottoclasse IgG4  

3,45 

 

20,13   

4,25 

3,60

9,91

0,6 – 1,6

 

3,82 – 9,29

2,42 – 7,0

0,22 – 1,76

0,04 – 0,86

Tabella 2: Immunoglobuline e sottoclassi IgG.

Per il progressivo peggioramento degli indici di funzione renale (3,66 mg/dl; EGFR 17 ml/min con CKD-EPI e Azotemia 103 mg/dl) appariva giustificata l’esecuzione di un’agobiopsia ecoguidata al polo inferiore del rene sinistro che avveniva senza particolari complicanze peri e post procedurali. I campioni bioptici ottenuti, costituiti da due frustoli di parenchima renale, sono stati inviati presso la sezione di anatomia patologica AOU Città della Salute e della Scienza di Torino per l’analisi. Alla successiva analisi istologica si osservava “scarsa evidenza o atrofia della componente tubulare e spiccato ampliamento dell’interstizio, che risulta costituito da campi di connettivo fibroso storiforme con abbondante collagene e scarsa componente cellulare o con pattern “bird’s eye”. In tale ambito si evidenzia in estesi campi un infiltrato cellulare, a tratti denso, costituito da numerose plasmacellule (fino a 75 /HPF) e da alcuni linfociti di piccola e media taglia talora raccolti in accumuli nodulari o in due follicoli dotati di centro germinativo di aspetto reattivo.  All’indagine immunoistochimica eseguita su materiale fissato, le plasmacellule IgG4 positive sono pari a 57/HPF e costituiscono circa il 95% della quota di IgG totali. Le plasmacellule mostrano un’espressione bilanciata delle catene leggere (κ/λ=1,5:1). L’infiltrato plasmacellulare descritto sconfina nel tessuto fibroadiposo perirenale e interessa anche la midollare. Gli elementi linfocitari e plasmacellulari superano la membrana basale di rarissimi tubuli. In corrispondenza della corticale si sono osservati 22 corpuscoli del Malpighi, di cui 4 con sclerosi globale del flocculo in parte di tipo ischemico. I restanti 18 glomeruli presentano spazi uriniferi liberi e membrane basali sottili, in alcuni segmenti (di 17/18 flocculi) variamente ripiegate e collassate che circoscrivono lumi capillari pervi. All’immunofluorescenza si evidenzia, inoltre, una discreta positività (++) per IgG, con aspetto granulare nelle membrane basali di alcuni tubuli.

In considerazione dei risultati evidenziati all’ esame istologico, si poneva diagnosi di nefrite tubulointerstiziale IgG4 relata, pertanto si decideva l’avvio di terapia steroidea inizialmente con metilprednisolone 100 mg per tre giorni e successivamente con prednisone 75 mg/die. L’interessamento peri- e retroorbitario veniva valutato tramite TC del massiccio facciale che escludeva segni di fibrosi retro orbitaria, evidenziando solamente la presenza di una sinusopatia flogistica e l’opacamento di alcune celle etmoidali. Non venivano eseguiti ulteriori accertamenti radiologici essendo già stata riscontrata la presenza di fibrosi addominale e nodularità polmonari.

In seguito all’ avvio della terapia, si osservava un progressivo miglioramento clinico-laboratoristico evidenziato dalla riduzione della creatinina sierica (2,45 mg/dl; EGFR 29 ml/min con CKD-EPI), e dell’azotemia (116 mg/dl), il paziente veniva, quindi, dimesso in buone condizioni cliniche ed indirizzato ad un follow-up nefrologico presso i nostri ambulatori. Ai successivi controlli si confermava il quadro di miglioramento clinico con parziale recupero della funzione d’organo e riferito benessere secondario alla scomparsa dell’astenia e della tosse. Si decideva di eseguire una nuova valutazione toracica tramite TC (Fig. 3) che mostrava scomparsa dell’addensamento parenchimale flogistico di sinistra, e dell’addensamento del lobo medio. Permaneva, seppur con minor densità ed estensione, l’addensamento a vetro smerigliato parailare destro, mentre risultava invariato il nodulo polmonare adiacente la piccola scissure di destra. Erano ancora evidenti sfumati addensamenti parenchimali “a vetro smerigliato” nel lobo superiore sinistro ed in sede parailare omolaterale, oltre che l’ispessimento della trama interstiziale intra- ed interlobulare in sede parailare e mantellare postero-declive. Il contemporaneo miglioramento sia del quadro clinico laboratoristico che di quello radiologico consentiva l’avvio di un progressivo tapering della terapia steroidea.

Figura 3: TC torace ottobre 2021; iniziale riduzione della componente fibrotica e nodulare polmonare.
Figura 3: TC torace ottobre 2021; iniziale riduzione della componente fibrotica e nodulare polmonare.

Al successivo controllo, eseguito nel marzo 2022, si consolidava ulteriormente il miglioramento della funzione renale (Crs 2,02 mg/dl; Azotemia 61 mg/dl), mentre si riscontrava un lieve iperparatiroidismo secondario (PTH 85,2 pg/ml) pur in presenza di normali livelli di 1,25 vitamina D, si continuava, quindi, con la lenta riduzione dello steroide, fino al raggiungimento della dose di 7,5 mg/die e si richiedeva nuova RMN addome per rivalutazione clinica delle lesioni.

Alla nuova RMN addome, eseguita nell’aprile 2022, si documentava la completa scomparsa della fibrosa periaortica e periiliaca con normalizzazione di entrambi i reni per dimensioni, morfologia, spessore corticale ed intensità di segnale (Fig.4).

RM addome
Figura 4: RM addome aprile 2022; normalizzazione delle dimensioni renali e scomparsa della fibrosi.

A tutt’oggi il paziente prosegue regolare follow-up nefrologico presso gli ambulatori dedicati della nefrologia dell’ospedale di Pinerolo e risulta in condizioni cliniche generali mantenendo un buon controllo della funzione d’organo.

 

Discussione

Il caso che si è presentato alla nostra attenzione evidenziava numerose caratteristiche proprie della IgG4-RD, come: il coinvolgimento multi organo (renale polmonare), la lenta progressione, la presenza di fibrosi di origine sconosciuta a partenza addominale e la presenza di sintomi aspecifici associati. Il coinvolgimento renale è diventato sempre più evidente determinando, nell’arco di circa un anno, un quadro di CKD avanzata come evidenziato dall’incremento della creatinina sierica (Grafico 1).

Grafico 1: Andamento temporale della Creatina sierica.
Grafico 1: Andamento temporale della Creatina sierica.

Il primo step diagnostico prevede l’ esecuzione di test laboratoristici routinari, come emocromo elettroliti sierici e profili biochimici, nonostante, spesso, non si evidenzino alterazioni specifiche; inoltre il semplice dosaggio della concentrazione sierica delle IgG4 non è di per sé dirimente poiché fino al 40% dei pazienti presenta valori di immunoglobuline sieriche del tutto normali [58],  pertanto tale test presenta una bassa specificità (60%) e un basso valore predittivo positivo (34%) [59]. Tra le principali anomalie laboratoristiche che possono essere documentate, si ricorda la presenza di: ipergammaglobulinemia (80-90% dei casi), eosinofilia associata spesso ad elevati livelli sierici delle IgE (60-70%), ipocomplementemia C3-C4 (50-70%), positività per ANA (30%) e fattore reumatoide (20-30%). Nei soggetti in cui si riscontra unicamente un incremento delle IgG4 sieriche, la specificità diagnostica può essere incrementata in presenza di un rapporto > 10% tra IgG4 e IgG o > 24% tra IgG4 e IgG1.

Pur non essendo stati descritti elevati livelli di autoanticorpi nei pazienti con IgG4-RD spesso è possibile un incremento aspecifico degli ANA e del fattore reumatoide. Il riscontro di anticorpi specifici come Anti-Ro/SSA, Anti DNA o degli ANCA, risulta invece poco frequente e, se evidenziato, deve orientare la diagnosi verso altre patologie (Sjögren, LES e Granulomatosi con poliangioite) [60]. Il riscontro di ipocomplementemia risulta, invece, abbastanza frequente (41% casi), sebbene il meccanismo alla base di questa manifestazione non sia stato del tutto chiarito, non essendo le IgG4 in grado di legare in modo efficiente il complemento, tale condizione si manifesta maggiormente nei pazienti affetti da forme con interessamento renale [61]. Sulla base di queste considerazioni, è possibile affermare che, in assenza di un biomarcatore più specifico, la diagnosi si avvale comunque delle caratteristiche morfologiche alla biopsia d’organo, con il riscontro di un aspetto istologico suggestivo e di una sierologia compatibile. Anche se indicativo di malattia, il semplice riscontro bioptico di infiltrati linfoplasmocitari ricchi di IgG4 non è significativo potendo essere osservato anche in condizioni patologiche come neoplasie maligne (K-Pancreatico, colangiocarcinoma), granulomatosi con poliangioite (GPA; Churg-Strauss), sarcoidosi e malattia di Castleman [62]. Di conseguenza, la diagnosi non può essere basata interamente sul numero di plasmacellule IgG4-positive, perché un gran numero di altre entità può avere tali cellule.

Nel 2011 sono stati redatti da un gruppo di esperti delle linee guida in modo da chiarire la diagnosi di questa patologia [63]. La Consensus Conference di Boston ha stabilito che la IgG4-RD può essere diagnosticata tramite l’associazione di criteri clinici, sierologici e radiologici certi con caratteri istopatologici fondamentali come:

1) coinvolgimento d’organo come gonfiore diffuso/localizzato;

2) concentrazioni sieriche elevate di IgG4 superiori a 135 mg/dl;

3) marcata infiltrazione plasmocitaria, definita come >10 cellule IgG4+ per campo ad alta potenza (HPF) e rapporto a > 40% di cellule IgG4+/IgG +, accompagnato da fibrosi all’esame istopatologico.

Si definisce IgG4 certa la presenza di tutti e tre i criteri diagnostici. La malattia viene definita probabile in presenza di positività per i criteri 1) e 3) ma in assenza di un aumento della concentrazione sierica di IgG4, mentre si definisce possibile in presenza dei criteri 1) e 2) ma con esito negativo all’esame istologico [64]. Nel corso degli anni, tuttavia, sono emersi numerosi problemi “pratici” come la difficoltà ad ottenere campioni bioptici di particolari sedi (pancreas, peritoneo) e la limitata sensibilità e specificità diagnostica delle IgG4 sieriche; inoltre, è spesso difficile valutare correttamente il rapporto tra le cellule IgG4-positive e IgG-positive a causa della colorazione inappropriata, anche se l’immunocolorazione per IgG4 e IgG è obbligatoria per la diagnosi di IgG4-RD [65].

La diagnostica per immagini riveste un ruolo fondamentale sia nella diagnosi della patologia che nel determinismo dell’estensione della stessa. La TC con MDC e la RM svolgono un importante ruolo diagnostico sia nella IgG4-RD che nella IgG4-RKD [66]. Alterazioni evidenti alla TC sono state documentate in circa il 70% dei pazienti con interessamento renale. Tali lesioni appaiono ipodense con aspetto rotondeggiante o cuneiforme [67]; generalmente, se solitarie, devono essere poste in diagnosi differenziale con formazioni neoplastiche. Limitatamente al distretto renale, alla RMN si riscontrano spesso lesioni ipointense in T2 seguite da un diffuso rigonfiamento bilaterale renale (spesso bilaterale) e diffuso ispessimento della parete della pelvi [68] come nel caso del nostro paziente. Va pertanto sottolineato il ruolo della RMN nel monitoraggio dell’andamento della malattia. Sebbene per motivi di disponibilità non abbiamo fatto uso della PET/TC nella rivalutazione della fibrosi, Zhao e coll. ne evidenziano l’utilità ed il possibile impiego come strumento di monitoraggio [69]. L’utilità di questo esame diagnostico è stata posta in rilievo anche da Inoue e coll., che, attraverso uno studio condotto su 235 pazienti, hanno stabilito che in presenza di livelli sierici di IgG4 due volte il limite superiore della norma (ovvero, >270 mg/dL, normale limite ≤135 mg/dL) la PET/TC ha la probabilità di rilevare una malattia multiorgano >80% [70].

Il trattamento di tale nefropatia prevede l’utilizzo di vari farmaci da soli o in associazione. Generalmente la terapia iniziale viene eseguita al fine di indurre la remissione della malattia, definita come la risoluzione dei sintomi e la normalizzazione o il miglioramento sostanziale della maggior parte delle anomalie radiologiche [71]; questa prevede l’uso di corticosteroidi da soli o in associazione con farmaci immunosoppressori o biologici.

I corticosteroidi rappresentano il cardine della terapia, e le tempistiche e l’entità del loro utilizzo dipendono sostanzialmente dalla sintomatologia clinica e del grado di coinvolgimento degli organi vitali [72]. Un trattamento urgente va necessariamente avviato in quei pazienti in cui si riscontra un elevato grado di fibrosi, specie in presenza di coinvolgimento polmonare, renale, pancreatico-biliare o aortico. Nei pazienti asintomatici, ma con evidenze radiologiche e laboratoristiche di malattia, il trattamento va comunque intrapreso al fine di evitare le possibili conseguenze irreversibili derivanti dalla fibrosi polidistrettuale [73].

La terapia corticosteroidea prevede l’impiego di prednisone alla dose di 0,6 mg/kg/die come terapia iniziale che, spesso, determina una buona risposta clinica in circa due/quattro settimane. Ottenuta la remissione clinica, la dose di prednisone deve essere progressivamente ridotta in circa tre/sei mesi. Al momento non è chiaro se debba essere mantenuta una minima dose di mantenimento, tuttavia Charruters e coll. riportano in tal senso la posizione dei reumatologi giapponesi in cui si sottolinea l’utilità di mantenere basse dosi di glucocorticoidi (2,5-5 mg/die) nei tre anni successivi, specie se associata a miglioramento sierologico e scomparsa delle lesioni radiografiche [74]. Un aspetto da considerare è inoltre rappresentato dal fatto che, sebbene la risposta alla terapia steroidea sia particolarmente buona, nei pazienti che presentano all’avvio della terapia un EGFR < 60 ml/min la guarigione potrebbe non essere completa e potrebbero persistere lesioni d’organo irreversibili documentabili radiologicamente. La comparsa di relapse, definita a livello renale come il peggioramento degli indici di funzione renale in assenza di altre cause, e la comparsa di effetti collaterali secondari alla necessità di eseguire un trattamento steroideo prolungato, hanno determinato la possibilità di utilizzare farmaci immunosoppressori come l’azatioprina, il micofenolato mofetile o la ciclosporina, sia in sostituzione dei glucocorticoidi che in associazione in corso di tapering [75]. L’utilizzo del rituximab (1 g ev ogni 15 gg) deve il suo razionale all’azione inibitoria esercitata dal farmaco sui linfociti B; alcuni studi hanno dimostrato che può trovare impiego come farmaco di seconda linea specialmente nei casi refrattari [76]. Un’ulteriore conferma dell’importanza di questo farmaco nella gestione della malattia può essere indirettamente riscontrata nell’assenza di recidive nei pazienti in cui si documenta deplezione delle plasmacellule circolanti che vengono, pertanto, considerate un marker surrogato di risposta terapeutica [77]. Nei casi aggressivi di malattia caratterizzata da un rapido peggioramento degli indici di funzione renale, elevati livelli sierici di linfociti B ed ipocomplementemia, l’utilizzo di rituximab associato a terapia steroidea ha determinato una buona risposta evidenziata dall’incremento persistente dell’EGFR, normalizzazione del rapporto IgG4/IgG1 e miglioramento radiologico [78]; tale approccio necessita tuttavia di una casistica maggiore, ma può rappresentare un’ulteriore  modalità di trattamento da proporre nelle forme resistenti o avanzate.

 

Conclusioni

La IgG4-RD è una patologia fibroinfiammatoria che può interessare molteplici organi con conseguente coinvolgimento di diverse figure specialistiche. Nell’ambito nefrologico le manifestazioni cliniche possono variare da un quadro di nefropatia tubulointerstiziale ad una glomerulonefrite membranosa secondaria, o più raramente associarsi ad un danno d’organo secondario ad idronefrosi conseguenza della fibrosi retroperitoneale. Il sospetto clinico deve essere posto in presenza di manifestazioni organo-specifiche (tumefazioni in uno o più organi), associate al riscontro di alterazioni laboratoristiche e radiologiche tipiche cui va necessariamente associata biopsia tissutale e successiva analisi istologica per porre una diagnosi definitiva. In merito alla terapia sono possibili diverse opzioni e solitamente, pur essendovi una buona risposta alla terapia corticosteroidea, è necessaria l’associazione con altri farmaci per evitare sia i frequenti relapse che gli effetti avversi della terapia steroidea. Un campo di ricerca potrebbe essere la definizione di markers specifici di malattia, attualmente stabilita dalla presenza di più fattori coesistenti, in modo da ottenere una diagnosi precoce evitando le possibili complicanze derivanti da una fibrosi diffusa.

 

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