Supplemento S80 - s80

Malattia a lesioni minime e glomerulosclerosi focale e segmentaria: uno sguardo alla patogenesi e alle nuove indicazioni dalle Linee Guida KDIGO 2021

Introduzione

Il termine podocitopatia include una famiglia di malattie glomerulari caratterizzate da danno podocitario non mediato dal deposito di immunocomplessi, tra cui la malattia a lesioni minime (minimal change disease, MCD) [1-3], la glomerulosclerosi focale e segmentaria (focal segmental glomerulosclerosis, FSGS) [3, 4], ed altre lesioni istologiche quali la sclerosi mesangiale diffusa (diffuse mesangial sclerosis, DMS) [1, 5] o la glomerulopatia collassante (collapsing glomerulopathy) [5]. Tutte queste entità sono caratterizzate clinicamente da proteinuria in range nefrosico, insorgenza di edemi declivi, e/o ipertensione arteriosa o segni di insufficienza renale. Nelle forme avanzate si associano alterazioni tubulari ed interstiziali, segno di un danno cronico, e la proteinuria non selettiva, non responsiva alle terapie, accelera ulteriormente il progressivo peggioramento della funzione renale [5].

In età pediatrica le podocitopatie hanno, in generale, un’incidenza prevalentemente maschile, che si attesta tra i 10-50 casi/100.000 abitanti/anno; la malattia a lesioni minime e la glomerulosclerosi focale e segmentale, in particolare, sono tra le cause più comuni di sindrome nefrosica primitiva.

Se l’osservazione alla microscopia ottica non risulta dirimente per la diagnosi di MCD, nei casi di FSGS sono presenti tipiche aree sclerotiche che interessano segmenti di alcuni dei glomeruli in esame.

In entrambe queste patologie, le tecniche di immunofluorescenza non rilevano depositi di immunocomplessi o complemento, ad eccezione di quelli ritenuti aspecifici, o contenenti IgM e C3 nelle aree sclerotiche o di espansione della matrice mesangiale.

La microscopia elettronica rappresenta la metodica più adatta a definire le podocitopatie, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia, in quanto rende visibili lesioni ultrastrutturali caratteristiche quali il progressivo appiattimento dei processi podocitari e la vacuolizzazione e trasformazione dei microvilli delle cellule epiteliali [5].

Nonostante l’appartenenza ad uno stesso spettro di patologie, MCD ed FSGS si differenziano per eziologia, fisiopatologia, e prognosi. Quest’ultima in particolare appare più severa nella FSGS, caratterizzata da una ridotta risposta alla terapia steroidea rispetto ai casi di MCD. Inoltre, anche l’incidenza di recidiva di malattia dopo trapianto renale è di gran lunga maggiore nei pazienti affetti da FSGS primitiva (fino al 70%), con precoce insorgenza di sindrome nefrosica e fusione dei processi pedicellari fino alla rapida sclerosi glomerulare entro poche settimane dall’impianto del graft.

 

Malattia a lesioni minime

La MCD rappresenta la forma più frequente di sindrome nefrosica in età pediatrica (all’incirca l’80% dei casi); per tale motivo, i pazienti vengono sottoposti a terapia steroidea e, solo in assenza di risposta, a biopsia renale. L’incidenza è di circa 2-8 casi/100.000 abitanti/anno, con un picco all’età di tre anni, maggiore frequenza nel sesso maschile e nelle etnie asiatica ed afro-americana rispetto alla caucasica.

Nell’adulto, la MCD costituisce il 20-25% dei casi di sindrome nefrosica, con un’incidenza in Italia di 0,2-0,8/100.000/anno ed un picco in età avanzata.  Nel 3,5% dei casi vi è concordanza tra fratelli, si suppone per la possibile predisposizione genetica dimostrata nei soggetti portatori di antigeni HLA-B12, B13, B8, e DR7 nell’etnia caucasica, DR8 in quella asiatica [6]. Inoltre, i fenotipi HLA-DR7, DQ2 sono associati alla corticosensibilità, mentre il riscontro di corticoresistenza (non responsività a terapia steroidea dopo 8 settimane) è più frequente nei portatori di HLA-DR3/DR7 [7].

Cause più rare di sindromi nefrosiche familiari sono state individuate in mutazioni di geni codificanti per alcune proteine del citoscheletro podocitario, tra le quali la più nota è la podocina (NPHS2), che induce una forma di MCD a trasmissione autosomica recessiva [8]. Altre mutazioni riconosciute riguardano nefrina, alfa-actinina, podocina, sinaptopodina, tutte responsabili dell’anomala morfologia dei podociti, con addensamento della actina nella parete basale e successiva fusione dei pedicelli che determinano una alterata funzione di filtrazione [9, 10].

Cause secondarie di malattia a lesioni minime, nel paziente adulto, possono essere rappresentate invece da infezioni quali HIV, HCV, tubercolosi o sifilide; malattie autoimmuni sistemiche quali lupus eritematoso sistemico, sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, sarcoidosi. Anche l’uso di farmaci quali FANS, litio, interferone, antibiotici, o l’insorgenza di neoplasie solide e del sistema linfopoietico vanno considerati nella diagnosi differenziale tra forme primitive e secondarie.

Eziopatogenesi della MCD primitiva

La MCD è una patologia multifattoriale, che generalmente si manifesta dopo l’esposizione a uno stimolo ambientale che induca una risposta immunitaria, disregolata a favore del subset linfocitario T helper di tipo 2 (Th2), come osservato su modelli murini caratterizzati da un’iperespressione di interleuchina-13 (IL-13) [11-13]. Questa osservazione si accompagna anche alla correlazione tra fenomeni atopici e manifestazioni di MCD nei pazienti, entrambi sostenuti dai linfociti Th2 ed accompagnati nelle fasi di attività da un aumento di IgE periferiche e di IL-13 [14, 15]. Linfociti T regolatori (Treg) e Th2 inducono un’aumentata sintesi di CD80, una molecola co-stimolatoria necessaria alla risposta immunitaria mediata dai Toll-like receptor 3 (TLR-3). L’azione di questi recettori, presenti anche sulla membrana cellulare podocitaria, non è efficacemente controregolata dal cytotoxic T-lymphocyte-associated antigen 4 (CTLA-4); in questo caso, il contatto con lipopolisaccaride (LPS) o altri prodotti microbici può indurre l’iperespressione di CD80 e la sua diretta interazione con la nefrina, di cui riduce la fosforilazione, alterando la struttura del diaframma di filtrazione [5, 16].

Altre citochine quali IL-1, IL-2 ed IL-8 sono state ritenute possibili fattori circolanti tossici a livello podocitario [17]; un fattore di peso molecolare di 60-160 kDa è stato isolato in vitro, da un ibridoma di cellule T isolate da un paziente affetto da MCD, in grado di indurre proteinuria nel ratto. Tale fattore permeabilizzante è in grado di alterare la sintesi delle sialoglicoproteine da parte dei podociti, provocando una riduzione delle cariche elettriche con successiva fusione dei processi pedicellari e perdita della capacità di permeabilità selettiva dei glomeruli [18]. Alterazioni delle cariche elettrostatiche si riscontrano inoltre sulle cellule endoteliali, e sulla lamina rara interna ed esterna della membrana basale glomerulare che fisiologicamente contribuiscono ad impedire il passaggio di proteine cariche negativamente, quali l’albumina, nello spazio di filtrazione [5]. Un’aumentata espressione di angiopoietin-like protein 4 (Angptl-4) è stata correlata sperimentalmente ad una carenza di eparansolfato sulle membrane e all’induzione di albuminuria in ratti transgenici [19].

Nuove ipotesi patogenetiche includono la presenza di autoanticorpi IgG anti-nefrina circolanti, come dimostrato in una coorte di pazienti affetti da MCD, in cui erano riconoscibili degli immunocomplessi IgG-nefrina a livello glomerulare. Watts e coll, inoltre, hanno dimostrato una significativa riduzione del titolo anticorpale in corrispondenza delle fasi di remissione di malattia secondarie a trattamento [20].

Manifestazioni cliniche

L’esordio clinico caratteristico della malattia è dato dalla sindrome nefrosica, con proteinuria selettiva > 3 g/die, ipoalbuminemia, edemi declivi e periorbitari. L’osservazione del sedimento urinario mostra prevalentemente cilindri ialini, mentre microematuria può essere riscontrata nel 20-30% dei pazienti. L’insorgenza di ipertensione arteriosa avviene nel 20% dei pazienti pediatrici e nel 30% degli adulti. Nei casi in cui vi sia una proteinuria con consistenti perdite giornaliere (15-20 g/die), si può notare, in particolare nel bambino, uno stato di shock ipovolemico. La condizione di ipoalbuminemia comporta l’insorgenza di ipercolesterolemia ed ipertrigliceridemia (VLDL e LDL), ed espone ad elevato rischio tromboembolico, accentuato dalle perdite urinarie di antitrombina III e plasminogeno, con incremento del fattore XII.

La funzione renale risulta nella maggior parte dei casi conservata, eccezion fatta per i pazienti anziani che possono presentare un grado variabile di insufficienza renale, spesso preesistente alla glomerulonefrite.

Il decorso clinico della glomerulonefrite a lesioni minime è variabile, dalla remissione dopo il primo episodio, o recidiva che insorge alla sospensione dello steroide (corticodipendenza), alla remissione parziale o alla corticoresistenza. L’etnia rappresenta un fattore predittivo noto di risposta agli steroidi, verso i quali quella asiatica risulta più sensibile, rispetto alla caucasica e a quella nera. Quadri istologici con marcata ipertrofia glomerulare, proliferazione a livello mesangiale, presenza di depositi di IgM, possono essere predittivi di forme corticoresistenti e ad elevato rischio di evoluzione verso FSGS [21].

Anche la presentazione clinica può offrire delle indicazioni prognostiche, per cui una proteinuria subnefrosica è più frequentemente associata a rapida remissione, soprattutto se in età pediatrica. Al contrario, i pazienti adulti ottengono meno frequentemente remissioni complete e durature, con ricadute più frequenti nel sesso maschile.

 

Glomerulosclerosi focale segmentale

La glomerulosclerosi focale e segmentale è oggi considerata un pattern istologico che accomuna differenti entità clinico-patologiche, primarie o secondarie. La principale caratteristica delle lesioni è la focalità, in quanto nei frustoli bioptici sono coinvolti solo alcuni dei glomeruli presenti nei campioni bioptici, in misura segmentale.

La FSGS ha un’incidenza annuale di 0,2-1,8 casi/100.000 abitanti, maggiore nella razza nera, con un rapporto M:F pari a 1,5 [22]. Negli Stati Uniti d’America, la FSGS è la prima causa di sindrome nefrosica negli adulti (39%), e la più comune glomerulopatia in grado di causare una malattia renale terminale (4% delle cause totali). In Italia, la FSGS rappresenta il 13,6% delle glomerulonefriti primitive in età pediatriche, l’11,8% negli adulti, in linea con i dati europei, mentre ha un’incidenza inferiore in Asia (2-11%) [5].

L’espressione degli alleli G1 e G2 del gene codificante per l’apolipoproteina 1 (APOL1) è diffusa nel 35% degli afroamericani, 26% delle popolazioni centro-africane e nel 50% delle popolazioni dell’Africa occidentale. Gli alleli G1 e G2 conferiscono un rischio 3,5 volte maggiore per la condizione di FSGS e lo sviluppo seguente di Malattia Renale Cronica nel 16% dei casi, rispetto alle popolazioni europee, con un picco di incidenza tra i 30-50 anni [23].

La proteinuria in range nefrosico è presente nel 70-90% dei bambini; la sindrome nefrosica nel 70% degli adulti. Inoltre, i pazienti possono presentare ipertensione (30-65%), microematuria (50%) e riduzione del GFR (20-50%).

Classificazione patogenetica delle FSGS

Studi recenti hanno reso possibile l’identificazione di distinti pattern di FSGS descritti dal Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO) Glomerulonephritis Work Group sulla base della diversa eziologia, presentazione clinica e prognosi [24] (Figura 1).

La forma primitiva, attribuita alla presenza di un fattore di permeabilità, è caratterizzata da appiattimento diffuso dei pedicelli che si manifesta con sindrome nefrosica ad esordio improvviso più frequente fra i 10 e i 20 anni di età [4]. Delle evidenze indirette a favore della presenza di un fattore plasmatico circolante patogenetico includono la risposta clinica alla plasmaferesi e la ricorrenza di malattia possibile dopo trapianto renale [25].

Le forme genetiche, su base familiare o sporadica, si manifestano in età precoce e coinvolgono maggiormente geni codificanti per le proteine del citoscheletro podocitario o della membrana basale glomerulare, quali NPHS2, ACTN-4, CD2AP, TRPC6, IFN2 e MYO1E, fondamentali per il mantenimento della barriera di filtrazione impermeabile a macromolecole quali albumina e gamma globuline [26]. Le forme sindromiche di FSGS sono imputate più frequentemente a mutazioni di geni codificanti per fattori di trascrizione critici per la corretta differenziazione del podocita, come nel caso di Wilms Tumor 1 (WT1), LIM Homeobox Transcription Factor 1 Beta (LMX1B), o possono associarsi ad altre manifestazioni patologiche in pazienti portatori di malattie mitocondriali.

Le forme secondarie ad infezioni, esposizione a farmaci, o a processi di adattamento a condizioni di assoluta o relativa carenza di unità nefroniche, sono clinicamente caratterizzate dall’insorgenza di proteinuria in range nefrosico, solitamente non accompagnata dagli altri segni della sindrome nefrosica quali ipoalbuminemia e sviluppo di segni di sovraccarico volemico. La forma adattativa, in particolare, presenta un picco di incidenza intorno ai 40 anni [4], ed il primo segno è rappresentato dall’iperfiltrazione glomerulare, come meccanismo di compenso funzionale che può avviarsi quando la densità numerica dei podociti si riduce. Di converso, il diametro glomerulare aumenta in maniera compensatoria, inducendo l’estensione dei processi podocitari e la copertura dell’area espansa, fino al distacco podocitario. Ciò, oltre ad incidere sulla capacità della barriera di filtrazione, con perdita della selettività, induce la deposizione di matrice e la progressiva sclerosi del glomerulo. Le FSGS “maladattative” sono tipicamente scatenate da:

  • Condizioni di relativo sovraccarico funzionale su una massa nefronica inizialmente normale, come osservabile in pazienti ad elevato indice di massa corporea (per obesità o aumentata perdita di massa magra) o che subiscono processi vaso-occlusivi acuti o cronici (ateroembolizzazione, microangiopatie trombotiche, stenosi dell’arteria renale, malattia del cuore congenito cianotico, anemia falciforme);
  • Condizioni patologiche caratterizzate da un ridotto numero di unità funzionali renali, come nel caso di oligomeganefronia, basso peso alla nascita, agenesia renale monolaterale, displasia renale, nefropatia da reflusso, necrosi corticale, nefrectomia, allotrapianto renale, nefroangiosclerosi, malattia renale avanzata con ridotta funzionalità residua.

La novità principale discussa nelle KDIGO è rappresentata dalle forme di FSGS da causa indeterminata (FSGS-UC), con presentazione clinica e pattern anatomopatologico simile alle forme secondarie, senza sviluppo di sindrome nefrosica, ma in cui non è chiaramente identificabile l’eziopatogenesi.

Classificazione eziopatogenetica delle lesioni da FSGS proposta dal KDIGO Work Group
Figura 1: Classificazione eziopatogenetica delle lesioni da FSGS proposta dal KDIGO Work Group, adattata da Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO) Glomerular Diseases Work Group. KDIGO 2021 Clinical Practice Guideline for the Management of Glomerular Diseases. Kidney Int. 2021 Oct;100(4S):S1-S276. 

Alterazioni podocitarie in corso di FSGS

Conseguentemente alla noxa patogena iniziale, i podociti ancora sani tendono a sviluppare un’ipertrofia dapprima compensatoria. In secondo luogo, i progenitori podocitari presenti tra le cellule epiteliali parietali della capsula di Bowman sono stimolati a differenziarsi per sostituire i podociti alterati. Se queste condizioni si protraggono nel tempo, l’incremento dello stress locale di parete comporta il progressivo distacco dei podociti ipertrofici e la formazione di “cicatrici”.

Gli step di risposta podocitaria al danno includono l’ipertrofia, l’autofagia, la de-differenziazione, la transizione epitelio-mesenchimale, il distacco e l’apoptosi.

I processi di ipertrofia ed autofagia (stadio I) rientrano tra i fisiologici meccanismi adattativi e protettivi. La transizione epitelio-mesenchimale e la de-differenziazione, con appiattimento dei pedicelli (stadio II) rappresentano già delle risposte maladattative, ed è in questa fase che può svilupparsi la proteinuria. Il processo può progredire verso il distacco e l’apoptosi (stadio III) dei podociti, che rappresentano la fase catastrofica di risposta al danno. In quest’ultimo caso, la glomerulosclerosi è diffusa e si accompagna a proteinuria in range nefrosico scarsamente responsiva alle terapie immunosoppressive. Tuttavia, l’apoptosi dei podociti sembra un evento estremamente raro nelle forme comuni di podocitopatia quali la FSGS o malattie renale croniche proteinuriche, come la nefropatia diabetica, a suggerire che sia già la disfunzione pedicellare la prima causa di proteinuria nella maggior parte dei pazienti.

D’altro canto, il danno o la disfunzione podocitaria possono esplicarsi, in meno del 20% dei casi, con proteinuria transitoria, dal 20 al 40% dei casi con proteinuria persistente e in più del 40% dei casi con proteinuria più glomerulosclerosi [27].

La classificazione istologica Columbia e le indicazioni prognostiche

Ad eccezione delle forme genetiche, la biopsia renale rappresenta un esame diagnostico imprescindibile nella diagnosi di FSGS. Nello specifico, un campione glomerulare diagnostico dovrebbe contare almeno venti glomeruli, per incrementare la possibilità di identificare lesioni focali.

In relazione ai diversi quadri istologici riscontrati nei pazienti affetti da FSGS, la classificazione Columbia ha definito cinque diverse varianti [28]:

  • TIP lesions: i segmenti sclerotici sono tipicamente localizzati al polo tubulare, con diffuso appiattimento dei pedicelli. Nella maggior parte dei casi, si tratta di forme di FSGS primaria e con tendenza a rispondere alla terapia steroidea.
  • Peri-Ilare: è una variante di riscontro particolarmente frequente nelle forme secondarie maladattative, accompagnate da glomerulomegalia. In questa condizione, la dilatazione riflessa dell’arteriola afferente e l’incremento della pressione di filtrazione a livello della porzione terminale del letto capillare glomerulare possono favorire lo sviluppo di segmenti di sclerosi a livello del polo vascolare, che spesso coinvolgono più del 50% del glomerulo.
  • Cellulare: rara nei pazienti adulti, è caratterizzata da ipercellularità endocapillare focale e segmentale, che include cellule schiumose, leucociti infiltrati e depositi di materiale ialino. Si associa spesso iperplasia delle cellule epiteliali viscerali. Tale variante rappresenta probabilmente uno stadio precoce nello sviluppo delle lesioni segmentali, e di solito è una forma primaria di GSFS.
  • Collassante (collapsing): è presente almeno un glomerulo con collasso segmentale o globale (più frequente) ed iperplasia epiteliale. Nonostante essa sia comune anche alla variante cellulare, la collapsing FSGS si distingue da quest’ultima per la mancanza di ipercellularità endocapillare. Si associa una spiccata componente flogistica tubulo-interstiziale, che può variare dall’edema a segni di danno cronico quali atrofia tubulare e fibrosi interstiziale. La microscopia elettronica dimostra la progressiva scomparsa dei processi podocitari, anche a livello di glomeruli non ancora collassati. Nella maggior parte dei casi questa variante istologica è tipica di forme primitive, ma tra le secondarie è osservata soprattutto in corso di infezione da HIV o parvovirus-B19. Rappresenta la forma istologica con prognosi peggiore in termini di rischio di progressione ad insufficienza renale terminale [4].
  • Not-otherwise-specified (NOS): forma di FSGS non ascrivibile a nessun’altra categoria istologica. È caratterizzata dalla ialinosi, e dall’accumulo di matrice extracellulare, che occlude i capillari glomerulari, formando solidificazioni segmentali. A livello delle aree sclerotiche, sono sovente presenti depositi di IgM. Sono possibili adesioni flocculo-capsulari ma nei segmenti non sclerotici i podociti non presentano l’ipertrofia dei podociti [27].

Fisiopatologia delle FSGS

Molteplici meccanismi fisiopatologici portano alla perdita e scomparsa dei processi podocitari nelle forme primarie di FSGS.

Tra molti fattori identificati, la FSGS condivide con la MCD la disregolazione delle cellule Th2 e Treg, accompagnata da una disfunzione delle cellule B, con iperespressione di IL-4. Non è stato ancora individuato con certezza il fattore di permeabilità circolante, sebbene siano diverse le molecole in esame, tra cui il soluble urokinase-type plasminogen activator receptor (suPAR), cardiotrophin-like cytokine factor (CLCF-1), anticorpi anti-CD40, APO-A1, forma solubile di calcium/calmodulin-serine protein kinase (CASK) [29-31].

SuPAR, prodotto da neutrofili, monociti e probabilmente anche dalle cellule T è il fattore meglio caratterizzato, dimostrato a livello sierico in pazienti affetti da FSGS da Wei e coll [32, 33]. SuPAR è una proteina di 20-50 kDa, fisiologicamente presente in basse concentrazioni nel sangue umano, coinvolta nel traffico dei neutrofili e nella mobilizzazione delle cellule staminali. A livello glomerulare lega e attiva la β3-integrina, che non ha solo un ruolo meccanico di ancoraggio dei podociti alla membrana basale glomerulare, ma anche di trasmissione del segnale tra l’ambiente extracellulare ed il citoscheletro podocitario, di cui contribuisce a modificare l’architettura [34]. Il confronto del titolo di suPAR urinario tra le diverse varianti istologiche di FSGS primitiva ha dimostrato differenze significative tra la forma cellulare e la TIP lesions (995.51 pg/µmolCr, IQR [400.61- 1558.72] vs 373.42 pg/µmolCr, IQR [242.72 – 647.62], p=0.002) [35]. I livelli di suPAR in questi ultimi pazienti non differiscono in maniera significativa da pazienti affetti da MCD (p= 0,367). I livelli di suPAR risultano incrementati anche in forme secondarie di GSFS, e non vengono espressi diversamente da bambini con FSGS o con altre malattie renali [36]. Per comprendere gli eventuali effetti della plasmaferesi sull’outcome dei pazienti affetti da FSGS, sono stati studiati quattro casi clinici di pazienti con FSGS ricorrente, trattata con plasmaferesi dopo trapianto. Tutti i pazienti presentavano elevati livelli sierici di suPAR prima del trapianto; dopo diverse sedute di plasmaferesi, due pazienti hanno raggiunto la remissione clinica, ed in contemporanea la concentrazione sierica di suPAR si è ridotta, con perdita della capacità di attivare la β3-integrina. I restanti due pazienti risultati resistenti alla plasmaferesi mantenevano livelli di suPAR elevati. È interessante notare come i livelli di suPAR siano aumentati anche in altri pazienti portatori di graft renale, indipendentemente dalla malattia renale di base [37], mentre in studi condotti su pazienti affetti da glomerulopatie, i livelli di suPAR sono inversamente correlati al GFR [38].

La cascata di trasduzione del segnale attraverso la via Wnt/β-catenina ha un ruolo essenziale nell’organogenesi e nell’omeostasi tissutale, ed è un’altra via imputata nella disregolazione dell’architettura dei podociti [39]. I Wnt, legandosi ai loro recettori di membrana Frizzled (Fz), ai corecettori, alle low-density lipoprotein receptor-related proteins 5 e 6 (LRP5/6), inducono una serie di segnali a valle coinvolgendo proteine quali adenomatosis polyposis coli (APC) e glycogen synthase kinase (GSK)‑3β, determinando una defosforilazione della β-catenina.

Quest’ultima migra verso il nucleo, dove lega il T cell factor/lymphoid enhancer-binding factor (TCF/LEF) per promuovere la trascrizione dei geni target di Wnt. La cascata Wnt/β-catenina coinvolge plurimi mediatori implicati in processi di transizione epitelio-mesenchimale, tra i quali Snail 1, fibroblast-specific protein 1 (FSP-1), matrix metalloproteinase 7 (MMP-7), ed anche il sistema angiotensinogeno/renina/angiotensina-1, ed il transient receptor potential canonical 6 (TRPC6). I geni target Wnt determinano alterazioni della barriera di filtrazione sia a livello podocitario, inducendo una progressiva de-differenziazione con perdita della motilità cellulare e delle capacità adesive alla membrana basale glomerulare, sia a livello extracellulare, con l’alterazione della composizione della membrana basale mediata dalla fibronectina, e del catabolismo della matrice extracellulare con la secrezione del plasminogen activator inhibitor-1 (PAI-1).

Nuovi fattori patogenetici: la riduzione delle sialoproteine ed il ruolo dei microRNA

Tra i nuovi possibili fattori patogenetici spicca l’emopexina, proteina plasmatica che ha attività legante le sialoglicoproteine nei podociti. La forma iposialilata di Angiopoietin-like 4 protein (Agptl-4), invece, è stata dimostrata in modelli murini ed in colture di podociti umani con progressivo riarrangiamento del citoscheletro e scomparsa dei processi podocitari [40, 41]. Anche il C-mip è stato coinvolto nella patogenesi di MCD e FSGS, in modelli murini con alterato signaling intracellulare dei podociti e successivo sviluppo di proteinuria [19].

I microRNA sono un gruppo di piccole molecole di RNA a singolo filamento non codificante che legano parzialmente o completamente sequenze complementari e potrebbero inibire o destabilizzare la trascrizione.

Il ruolo del microRNA-193A è stato dimostrato sperimentalmente in topi transgenici, in cui ha indotto la perdita dell’espressione di Wt1, podocalixina e nefrina, con scomparsa dei processi podocitari [42].

Una ridotta espressione di miRNA-30 nei pazienti affetti da FSGS è invece responsabile dell’iperattività dei pathway di trasduzione del segnale mediati da Notch 1 e p53, responsabili di danno podocitario. Il trattamento con glucocorticoidi ha dimostrato di correggere l’espressione di miRNA-30 nelle colture di podociti con lesioni ascrivibili a FSGS [43].

 

Ultime evidenze incluse nelle Linee Guida KDIGO 2021

Nelle ultime KDIGO 2021 sono rimaste inalterate le definizioni di remissione completa (riduzione della proteinuria entro i 0,3 g/die o rapporto proteinuria/creatininuria (PCR) <300 mg/g o 30 mg/mmol, con creatininemia stabile ed albumina sierica > 35 g/l), o parziale (proteinuria compresa tra 0,3-3,5 g/die o PCR 300-3500 mg/g). La ricaduta viene identificata come una nuova insorgenza di proteinuria > 3,5 g/die o PCR>3500 mg/g dopo un periodo di completa remissione, o un incremento di almeno il 50% della proteinuria in corso di remissione parziale.

Terapie di prima linea nella MCD

I corticosteroidi rappresentano il caposaldo del trattamento della MCD e della FSGS, in cui sono stati utilizzati sin dagli anni ’70. Per quanto concerne la MCD, tuttavia, il grado di risposta è estremamente variabile negli adulti, rispetto alla popolazione pediatrica [44]. Quest’ultima ha il 50% di probabilità di ottenere la remissione entro la prima settimana di trattamento, e la maggior parte dei pazienti corticosensibili risponde entro le quattro settimane, a differenza di quanto accade in età adulta, in cui il tempo mediano di remissione dal primo episodio può richiedere fino ad otto settimane [2]. Tuttavia, risulta altrettanto elevato il rischio di ricaduta, che avviene più rapidamente che nella popolazione adulta. Le ricadute possono essere definite frequenti quando ricorrono almeno due volte in sei mesi, o quattro in dodici mesi; i pazienti la cui ricaduta avviene durante la terapia o entro le due settimane dal suo completamento, sono invece classificati come corticodipendenti.

I pazienti corticoresistenti, al contrario, non ottengono una riduzione efficace della proteinuria (< 50% del valore iniziale o che si mantiene > 3,5 g/die o PCR >3500 mg/g) nonostante le 16 settimane di terapia. La corticoresistenza caratterizza circa il 20% dei casi adulti di MCD, ed in tali casi andrebbe valutata l’opportunità di un’ulteriore indagine bioptica per escludere altre cause di sindrome nefrosica o l’insorgenza di lesioni da FSGS, la cui prognosi è peggiore rispetto alla MCD [45, 46].

Una nuova definizione è quella di pazienti multidrug resistant, in cui anche le terapie di seconda linea non sortiscono un miglioramento clinico [24].

La terapia di prima linea, con un tasso di remissione compreso tra 80-90% dei pazienti, prevede la somministrazione di prednisone al dosaggio di 1 mg/kg/die (max 80 mg/die) o di 2 mg/kg a giorni alterni (max 120 mg/die), per non oltre 16 settimane, periodo in cui globalmente risponde il 75% dei pazienti (raccomandazione grado 1C) [24]. A distanza di due settimane dalla remissione completa può essere avviato il tapering del prednisone, per minimizzare gli effetti collaterali da prolungata esposizione agli steroidi, senza che ciò comprometta la risposta clinica, come è dimostrato da trial clinici randomizzati di non inferiorità di regimi terapeutici di durata compresa fra i 2-3 mesi vs 6 mesi [47-49].

In caso di controindicazioni riconosciute all’uso degli steroidi, quali obesità, diabete mellito preesistente, storia di disturbi psichiatrici, tendenza all’osteopenia/osteoporosi, deve essere valutata con il paziente una strategia terapeutica diversa, che può prevedere l’adozione di ciclofosfamide orale, a dosaggio di 2-2,5 mg/kg/die per 8 settimane, di inibitori della calcineurina (CNI) quali ciclosporina o tacrolimus, per 1-2 anni [24, 50]; i derivati dall’acido micofenolico (MPAA) hanno dosaggio variabile tra 720-1000 mg x 2/die, e dovrebbero essere mantenuti a dosaggio pieno per almeno un anno di terapia [24, 51].

Infine il rituximab, anticorpo anti CD20, è stato inserito tra le alternative utili per l’induzione della remissione in MCD con posologie che variano da una somministrazione da 375 mg/m2 ev, da ripetere ad una settimana solo se le cellule B CD19 + risultano ancora >5/mm3, agli schemi terapeutici già adottati nel trattamento della nefropatia membranosa con 375 mg/m2 a settimana ev per 4 settimane, o le due dosi da 1000 mg ev, a distanza di 15 giorni (Tabella 1) [24, 52].

La comprensione dei meccanismi di azione del rituximab nella stabilizzazione della sphingomyelinphosphodiesterase-acid-like-3b (SMPDL-3b) e dell’acid sphingomyelinase (ASMase), in aggiunta all’effetto immunosoppressivo, ha spiegato come possa risultare efficace nel prevenire l’apoptosi podocitaria o la distruzione del citoscheletro actinico. Queste azioni sono condivise da glucocorticoidi e CNI, di cui è ben caratterizzato l’effetto stabilizzante sull’actina e sulla sinaptopodina, rispettivamente [53]. In questa ottica potrebbe essere possibile comprendere, come segnalato da Ravani e coll, l’efficacia dimostrata dal rituximab in soggetti corticodipendenti, a discapito dei pazienti steroido- o polifarmaco resistenti [54].

Terapia di prima linea all’episodio iniziale Prednisone 1 mg/kg/die po (max 80 mg/die) o 2 mg/kg a giorni alterni po (max 120 mg/die) per non oltre 16 settimane
Alternative terapeutiche in caso di controindicazioni alla terapia steroidea Ciclofosfamide 2 – 2,5 mg/kg/die po per 8 settimane
CNI:

  • Ciclosporina

 

  • Tacrolimus
 

3 – 5 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per 1-2 anni

 

0,05 – 0,1 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per 1-2 anni

Analoghi dell’acido micofenolico (MPAA):

  • Micofenolato mofetile

 

  • Sodio micofenolato
 

1000 mg per 2/die po per almeno un anno

 

720 mg per 2/die po per almeno un anno

Rituximab
  • 375 mg/m2 a settimana ev, per 4 settimane
  • 375 mg/m2 ev, da ripetere ad una settimana se le cellule B CD19 + > 5/mm3
  • 1000 mg ripetuto in 2 dosi ev, a 2 settimane di distanza
Tabella 1: Trattamento di esordio della MCD [24].

Trattamento dei pazienti frequently relapsing o corticodipendenti

Il trattamento delle ricadute prevede l’utilizzo dei corticosteroidi per periodi più limitati rispetto alla terapia di induzione.

Diverso è il caso delle ricadute frequenti o dei pazienti corticodipendenti, per i quali il gruppo di lavoro KDIGO raccomanda di adottare i trattamenti di seconda linea quali ciclofosfamide, rituximab, CNI o MPAA piuttosto che ripetere il ciclo terapeutico con solo prednisone o non trattare affatto la recidiva (grado 1 C) (Tabella 2) [24].

L’associazione di basse dosi di prednisone e CNI prevede che, dopo la sospensione dello steroide, ed un anno di terapia di ciclosporina o tacrolimus, si avvii anche il loro tapering. Nel caso di sviluppo di dipendenza da CNI, il paziente dovrebbe proseguire il trattamento alla minore dose efficace per mantenere la remissione ed al contempo limitare i rischi di nefrotossicità, sotto stretto controllo della funzionalità renale.

Anche la scelta di MPAA come agenti steroid-sparing richiede un decalage graduale dei dosaggi dopo un minimo di un anno di terapia, se tollerata dal paziente [24]. Un trial randomizzato open label tuttavia non ha dimostrato la superiorità di un regime di associazione tra sodio micofenolato e basse dosi di prednisone ed il ciclo con steroidi ad alto dosaggio.

A differenza degli altri farmaci, la somministrazione di rituximab prevede l’infusione ev di una singola dose, in base al protocollo scelto (375 mg/m2 o 1000 mg) ed il monitoraggio della proteinuria per un periodo di quattro-sei mesi [24, 55].

Pazienti naive per ciclofosfamide Ciclofosfamide 2 – 2,5 mg/kg/die po per 8-12 settimane
Precedente trattamento con ciclofosfamide, o prevenzione rischio di effetti collaterali (infertilità transitoria, alopecia, neoplasie)

CNI:

  • Ciclosporina

 

 

  • Tacrolimus
 

3 – 5 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per 1-2 anni, con livelli iniziali sierici raccomandati di 150-200 ng/ml

 

0,05 – 0,1 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per 1-2 anni, con livelli iniziali sierici raccomandati di 4-7 ng/ml

Acido micofenolico:

  • Micofenolato mofetile

 

  • Sodio micofenolato
 

1000 mg per 2/die po per almeno un anno

 

720 mg per 2/die po per almeno un anno

Rituximab
  • 375 mg/m2 ev in singola dose
  • 1000 mg ev in singola dose
Tabella 2: Terapia in pazienti con ricadute frequenti/steroido-dipendenti [24]. 

Trattamento delle FSGS: il corretto inquadramento diagnostico per un percorso terapeutico personalizzato

L’inquadramento diagnostico delle lesioni da FSGS richiede in primis la valutazione della presenza o meno di sindrome nefrosica. Un quadro di proteinuria non accompagnato da altri segni clinici quali ipoalbuminemia ed ipervolemia richiede l’esclusione di cause secondarie e, qualora appropriato, di cause genetiche. In entrambe queste condizioni è indicato avviare la terapia di supporto con inibitori del sistema renina angiotensina al massimo dosaggio tollerato dal paziente, restrizione salina e controllo della pressione arteriosa, proseguendo il monitoraggio di proteinuria, albumina sierica e funzione renale. Nel caso di un peggioramento delle condizioni cliniche e della proteinuria, nel sospetto di una forma primitiva si può prendere in considerazione anche l’adozione della terapia immunosoppressiva.

Una FSGS che esordisce con sindrome nefrosica è invece con alta probabilità ad eziologia primitiva, supportata anche dal riscontro di appiattimento pedicellare diffuso alla microscopia ottica. In questo caso il prednisone (alla medesima posologia adottata nella MCD) è raccomandato come prima linea di trattamento, da prolungare fino alla remissione completa o almeno per quattro settimane, per non oltre le sedici settimane (grado 1D). Successivamente dovrebbe essere avviato un tapering lento di 5 mg ogni 1-2 settimane per almeno sei mesi totali di terapia steroidea [24].

Nei pazienti in cui sono presenti controindicazioni o fenomeni di intolleranza ai glucocorticoidi, i CNI sono indicati come terapia iniziale (Tabella 3) [24].

Terapia di prima linea all’episodio iniziale Prednisone

1 mg/kg/die po (max 80 mg/die) o 2 mg/kg a giorni alterni po (max 120 mg/die) per almeno 4 settimane, fino a remissione completa e per non oltre 16 settimane

Tapering:

  1. Remissione completa: riduzione di 5 mg ogni 1-2 settimane per ottenere almeno sei mesi totali di terapia steroidea
  2. Remissione parziale: se ottenuta in 8-12 settimane, proseguire fino alla 16° settimana con alte dosi, poi tapering come al punto 1
  3. Corticoresistenza: tapering rapido ed avvio di CNI
Alternativa se controindicazioni alla terapia steroidea

CNI:

  • Ciclosporina

 

  • Tacrolimus

 

 

 

 

 

 

 

 

3 – 5 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per almeno 4-6 mesi,

con livelli sierici raccomandati di 100-175 ng/ml

 

0,05 – 0,1 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per almeno 4-6 mesi, con livelli sierici raccomandati di 5-10 ng/ml

Tapering:

  1. Remissione completa o parziale: mantenimento del livello soglia di CNI per almeno 12 mesi, poi lenta riduzione in 6-12 mesi
  2. Resistenza a CNI definita da almeno 6 mesi di trattamento senza alcuna risposta clinica
Tabella 3: Trattamento iniziale della FSGS primaria [24].

Anche il riconoscimento di uno stato di corticoresistenza pone l’indicazione ad avviare rapidamente il trattamento con CNI, per minimizzare il rischio di sviluppare un’insufficienza renale cronica legata alla persistenza della proteinuria, che riduce la sopravvivenza renale dal 60-90% a cinque anni fino al 25-56% a dieci anni dall’esordio di FSGS (1C) [24]. Un’attenta valutazione va fatta sull’opportunità di continuare il trattamento con CNI alla riduzione dell’eGFR < 30 ml/min (Tabella 4).

Nel caso di intolleranza a CNI o resistenza, non è attualmente raccomandata alcuna terapia con evidenze di livello sufficiente, inclusa l’associazione di micofenolato mofetile e desametasone ad alte dosi indicata con grado 2C nelle precedenti Linee Guida KDIGO, a causa del basso numero di trial clinici randomizzati e del ristretto numero di partecipanti arruolati, soprattutto per quanto concerne le forme di FSGS farmaco-resistente [24, 56, 57].

Prima linea terapeutica in pazienti corticoresistenti

CNI:

  • Ciclosporina

 

  • Tacrolimus

 

3 – 5 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per almeno 4-6 mesi,

con livelli sierici raccomandati di 100-175 ng/ml

 

0,05 – 0,1 mg/kg/die po in due dosi giornaliere per almeno 4-6 mesi, con livelli sierici raccomandati di 5-10 ng/ml

Tapering:

  1. Remissione completa o parziale: mantenimento del livello soglia di CNI per almeno 12 mesi, poi lenta riduzione in 6-12 mesi
  2. Graduale sospensione se il filtrato glomerulare si riduce < 30 ml/min/1,73 m2
  3. Resistenza a CNI definita da almeno 6 mesi di trattamento senza alcuna risposta clinica
Tabella 4: Terapia raccomandata nella FSGS primaria corticoresistente [24].

Nuove prospettive nel trattamento delle podocitopatie

Tra le possibili alternative terapeutiche tuttora in fase di studio, in base all’effetto riconosciuto dei glucocorticoidi sul citoscheletro podocitario, le proteine costituenti il diaframma di filtrazione, nonché sulla regolazione dell’apoptosi podocitaria, è stato ipotizzato un razionale nell’uso dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH) nella riduzione della proteinuria. Uno studio non controllato su pazienti corticoresistenti ha dimostrato una remissione completa o parziale nel 29% dei soggetti [58], tuttavia l’eterogeneità dei soggetti coinvolti non permette una chiara indicazione all’utilizzo nella FSGS [31, 59].

Altri target possono essere la riduzione dello stress di parete secondario all’iperfiltrazione glomerulare, che agisce da stimolo sui podociti sani per la de-differenziazione comportandone la perdita dei pedicelli. In quest’ottica, oltre gli inibitori del sistema renina angiotensina conosciuti, lo studio di fase 2 DUET ha proposto una molecola di combinazione (sparsentan) che antagonizza il recettore di tipo A dell’endotelina (ETA) ed il recettore di tipo 1 dell’angiotensina II (AT1). Il confronto tra irbesartan e sparsentan in pazienti affetti da MCD ed FSGS ha dimostrato una significativa riduzione della proteinuria nel braccio sperimentale in 8 settimane [60].

 

Conclusioni

Il danno podocitario ed il distacco dalla membrana basale glomerulare sono eventi fondamentali nello sviluppo di aree sclerotiche glomerulari. La MCD rappresenta una delle entità patologiche incluse nella famiglia delle podocitopatie, nel cui spettro rientra anche la FSGS, che alla luce delle ultime evidenze non è più da considerarsi una vera e propria patologia di per sé, quanto una lesione istologica che può caratterizzare una podocitopatia primitiva o secondaria. L’appiattimento podocitario e la progressiva transizione epitelio-mesenchimale possono essere indotti da fattori circolanti, mutazioni genetiche chiave nella differenziazione podocitaria, uso di farmaci, infezioni o risposte maladattative alla perdita di nefroni.

Clinica, storia anamnestica e tipizzazione istologica con microscopia ottica ed elettronica devono essere integrati per offrire indicazioni dirimenti nella differenziazione tra MCD e le forme primitive, genetiche, secondarie o di causa sconosciuta di FSGS, ed indirizzare il Nefrologo verso il trattamento più corretto. Ulteriori studi randomizzati sono necessari per includere nuovi agenti terapeutici nella pratica clinica con maggiori livelli di evidenza.

 

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