Maggio Giugno 2022 - Case reports

Le intossicazioni in Nefrologia: casi clinici ed esperienza locale dell’Ospedale di Sciacca

Abstract

Le intossicazioni rappresentano un comune problema in tutto il mondo e causano disturbi dell’equilibrio acido-base, disionie o insufficienza renale acuta; possono svilupparsi velocemente portando alla severa disfunzione cellulare e alla morte.

Le intossicazioni e le overdosi da farmaci spesso richiedono l’intervento dei Nefrologi, per la correzione dell’acidosi, la somministrazione di selettivi enzimi inibitori ed anche il trattamento emodialitico. Le terapie extracorporee sono usate per rimuovere tossine da oltre cinquanta anni e hanno acquisito un ruolo crescente, grazie all’utilizzo di nuove modalità di trattamento nei pazienti intossicati. Nella nostra pratica clinica nel periodo Covid abbiamo riscontrato un aumento di casi clinici di intossicazione da farmaci psichiatrici, tra cui benzodiazepine, clozapina, litio, quetiapina e cocaina.

PAROLE CHIAVE: intossicazioni, abuso di neurolettici, rabdomiolisi, terapia extracorporea, Covid 19

Introduzione

Le intossicazioni acute da farmaci sono responsabili di circa il 5-15% di tutte le ospedalizzazioni; di esse, il 25-75 % sono evitabili [1]. Attualmente si preferisce sostituire il termine di “intossicazione accidentale” con le espressioni più realistiche di overdose senza volontà di morte, suicidio, effetto secondario e interazione farmacologica [2].

I disturbi del sonno, l’ansia, la depressione ed i disturbi psichiatrici in generale sono diventati molto più frequenti dopo l’inizio della pandemia da Covid-19, ovvero da Marzo 2020 a tutt’oggi, e l’uso di alcuni farmaci così come alcune dipendenze e i disturbi da uso di sostanze, sono in continuo aumento. I rischi di “curarsi da soli” attraverso l’abuso di alcool e di sostanze psicoattive sono aumentati, così come la propensione ad adottare comportamenti patologici come il gioco d’azzardo e la dipendenza da Internet. Le sostanze di cui si è abusato maggiormente durante la pandemia da Covid-19, così come emerge da uno studio italiano [3], sono state principalmente la cocaina e, a seguire, l’alcol, la cannabis, l’eroina e la ketamina.

Precedenti studi suggeriscono che la depressione, i disturbi dell’ansia, l’abuso di sostanze, l’incremento di tentativi di suicidio e il PTSD (stress post-traumatico) comunemente insorgono poco dopo l’appalesarsi della crisi economica nei disastri naturali [4,5]. Dati recenti di letteratura riportano inoltre che più del 40% dei pazienti sopravvissuti al Covid ha sperimentato lo stress post-traumatico [6].

Nel 2019, secondo quanto riportato dall’American Association of Poison Control Centers (AAPCC), sono stati registrati 2,1 milioni di casi di intossicazioni [7]. Nel 2020 il numero dei casi è stato sovrapponibile, anche se le richieste di informazioni e di aiuto telefonico sono state nettamente superiori, ovvero 1,1 milione rispetto alle 350.000 dell’anno precedente. Le sostanze maggiormente coinvolte nelle intossicazioni sono state, in ordine decrescente: gli analgesici, i prodotti per la pulizia della casa, i cosmetici, gli antidepressivi e gli antipsicotici [8].

Il Covid-19 ha determinato quindi dei cambiamenti riguardanti non soltanto la salute fisica ma anche quella mentale. Le persone in tutto il mondo sono costantemente alle prese con la paura e la preoccupazione riguardante il proprio stato di salute, condizioni che, associate alle conseguenze socio-economiche derivanti dalla disoccupazione, dal lockdown e dalla quarantena, hanno determinato delle importanti ripercussioni sulla popolazione generale [9].

Il Covid 19 associato al lockdown ha determinato anche un ritardo nell’arrivo in ospedale, che ha contribuito a fare registrare un alto tasso di mortalità [10]. I pazienti con storia di abuso di sostanze, già ad alto rischio di suicidio ed overdose, sono ulteriormente esposti a tali rischi nel caso in cui siano incapaci di reperire gli agonisti degli oppiacei [11].

Le complicanze renali dell’uso di oppiacei sono numerose e comprendono principalmente la rabdomiolisi con insufficienza renale acuta in corso di mioglobinuria, la nefrite interstiziale, la glomerulosclerosi focale e segmentaria, la glomerulonefrite membrano proliferativa e la glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA [12].

Pertanto, nella diagnosi di insufficienza renale acuta (IRA) o Acute Kidney Injury (AKI) organica da intossicazione da farmaci, oltre al quadro clinico, laboratoristico e strumentale [13], un ruolo fondamentale è svolto dall’anamnesi farmacologica [14] che, nella maggior parte dei casi, consente un orientamento diagnostico.

Lo stato mentale, i segni vitali e l’esame delle pupille sono degli elementi altrettanto importanti e permettono la classificazione in pazienti con uno stato di fisiologica eccitazione (che si riscontra frequentemente in caso di intossicazione da cocaina), depressione (come nell’intossicazione da benzodiazepine) ed effetti fisiologici misti (come nell’intossicazione da antidepressivi triciclici) [15].

Andamento temporale dei ricoveri, delle intossicazioni acute da farmaci e dei tentati suicidi

2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022*
Ricoveri 200 200 198 200 146 162 43
Intossicazione 18 10 36 9
Tentato suicidio 0 2 5 1
Figura 1: Andamento temporale dei ricoveri, delle intossicazioni acute da farmaci e dei tentati suicidi attraverso l’abuso farmacologico presso l’UO di Psichiatria dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca dal 2016 al 2022*(dato aggiornato a marzo 2022) 

Come mostrato nella Figura 1, abbiamo analizzato l’andamento dei ricoveri negli ultimi 6 anni (2016-2021) presso l’Unità Operativa di Psichiatria dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca, riscontrando un calo nel biennio pandemico 2020-2021. Abbiamo quindi focalizzato la nostra attenzione sui casi di intossicazioni acute da farmaci e sui tentati suicidi attraverso l’abuso farmacologico dal 2019 al 2021, riscontrando un forte aumento di questi nel biennio pandemico 2020-2021. I dati del primo trimestre del 2022 dicono che si sono già riscontrati 9 casi di intossicazione e 1 tentativo di suicidio.

Tra tutti i casi di intossicazione ne abbiamo selezionati 5 occorsi in pazienti psichiatrici e/o tossicodipendenti, che hanno richiesto l’intervento della nostra unità operativa di Nefrologia e Dialisi e che illustreremo di seguito (Tabella 1).

  Paziente 1 (intossicato da benzodiazepine) Paziente 2 (intossicato da clozapina) Paziente 3 (intossicato da litio) Paziente 4 (intossicato da quetiapina) Paziente 5 (intossicato da cocaina)
pH 7,22 7,26 7,3 7,18 7,33
HCO3 12 16 20 13 18
Azotemia (mg/dl) 602 167 60 140 146
Creatinina (mg/dl) 7,76 7,2 1,3 2,04 9,1
K+ (mEq/L) 4 3,4 3,2 3,8 4,6
Na+ (mEq/L) 169 136 143 171 135
Leucociti/mm3 15700 12140 6700 13000 15750
Hb (gr/dl) 19,7 12,6 10,4 11 14,8
PLT/µL 84000 219000 120000 150000 208000
GOT/GPT (U/L) 211/85 180/44 66/113 50/120 33/11
Mioglobina (ng/ml) 2209 2500 300 2846 235
CK (U/L) 300 600 200 2522 1103
LDH (U/L) 751 1645 170 1500 1050
ECG Allungamento del tratto QT Tachicardia marcata. Deviazione assiale sinistra Allungamento del tratto QT Allungamento del tratto QT Allungamento del tratto QT
Sedimento urinario/p.c.m. 5-10 cilindri

>50 emazie

10-20 emazie

5-10 leucociti

5-10 leucociti 5-10 cilindri

10-20 emazie

5-10 emazie

5-20 leucociti

Tabella 1: Dati laboratoristici e strumentali (all’ingresso) nei pazienti affetti da overdose da farmaci

 

Caso clinico 1: AKI da intossicazione da benzodiazepine

Il primo caso clinico è quello di un uomo di 63 anni, con anamnesi positiva per schizofrenia paranoide nota dall’età adulta, in trattamento presso un Centro di Salute Mentale, e con storia di diabete mellito tipo 2.

Giungeva in pronto soccorso (PS) in condizioni di severa disidratazione e in alterato stato di coscienza e, come riferito dal fratello, in delirio di veneficio da circa un mese con conseguente rifiuto dell’alimentazione e all’idratazione.

Agli esami ematici si riscontrava una severa insufficienza renale (creatinina pari a 7,7 mg/dl) mentre nella documentazione esibita veniva documentata una funzione renale pregressa sempre nella norma; un esame ecografico delle vie urinarie aveva escluso una causa ostruttiva dell’IRA. Si apprendeva inoltre che il paziente assumeva da qualche anno litio carbonato, risperidone ed acido valproico.

In PS veniva eseguita una TC encefalo senza mezzo di contrasto (MDC) che risultava negativa per lesioni ischemiche e/o emorragiche. Veniva inoltre effettuato tampone molecolare per Sars Cov 2, anch’esso negativo.

Alla luce dell’anamnesi (rifiuto all’alimentazione e all’idratazione da un mese) e del severo stato di disidratazione, che facevano pensare almeno inizialmente ad una insufficienza renale acuta pre-renale, veniva impostata terapia idratante e veniva disposto il ricovero presso la nostra unità operativa.

Dalle analisi, dato il quadro suggestivo di AKI organica verosimilmente da rabdomiolisi e data l’oligoanuria persistente, si decideva di iniziare trattamento emodialitico previo posizionamento di CVC in vena giugulare interna destra.

L’esame del sedimento urinario su urine a fresco mostrava cilindri pigmentati di mioglobina ed emazie.

I risultati delle analisi tossicologiche rivelavano un quadro di intossicazione da benzodiazepine, verosimilmente assunte a scopo suicidario (Tabella 2).

Cocaina (ng/ml) 1 V.R. 0-300
Oppiacei (ng/ml) 13 V.R. 0-300
Cannabinoidi (ng/ml) 11 V.R. 0-50
Benzodiazepine (ng/ml) 1128 V.R. 0-300
Tabella 2: Screening su campione di urine per droghe di abuso, valore di riferimento (V.R.)

Veniva quindi somministrato come antidoto l’antagonista del sito di legame per le benzodiazepine sul recettore GABA A (Flumazenil fiala 0,3 mg per via endovenosa) con miglioramento dello stato di coscienza. Ulteriori segni di intossicazione riscontrati erano la presenza di un QT allungato di 0,46 sec e la piastrinopenia, verosimilmente secondaria all’assunzione di acido valproico. La severa ipernatriemia, associata ai valori elevati di osmolarità plasmatica (300 mOsm/L), è stata trattata con sedute di dialisi a concentrazione di sodio profilato [16] permettendo all’inizio il bilanciamento della riduzione dell’osmolarità con alte concentrazioni di sodio nel dialisato (>145 mEq/L), concentrazioni che sono state via via ridotte nel corso della seduta, seguendo un gradiente lineare per evitare l’insorgenza di sintomi quali cefalea, nausea, vomito tipici della sindrome da disequilibrio.

Dopo 3 sedute emodialitiche della durata di 4 ore ciascuna e dopo graduale idratazione, inizialmente con soluzioni ipotoniche, si assisteva ad un progressivo miglioramento delle condizioni cliniche, con ripresa dello stato di coscienza e miglioramento degli indici di funzionalità renale (Figura 2).

Si riscontrava inoltre la comparsa di vomito caffeano, motivo per il quale il paziente veniva sottoposto ad EGDS, con riscontro di lesioni da caustici non altrimenti specificata (Figura 3).

Contattato immediatamente il centro antiveleni, veniva avviata terapia con gastroprotettore e sostanze tamponate. Dal successivo colloquio psichiatrico effettuato nei giorni successivi, in condizioni di maggiore lucidità, si apprendeva che il paziente aveva ingerito sapone e candeggina al fine di “lavare il tubo gastroenterico”.

Giorno 1° Giorno 2 ° Giorno 3° Giorno 4 ° Giorno 5 ° Giorno 6 °
Creatinina (mg/dl) 7.76 6.5 3.84 2.9 2.8 2.8
Na+ (mEq/I) 169 157 141 136 140 140
GB/mm3 15130 13000 11800 10500 7520 7400
GR/mm3 19.7 18.9 15.8 13.9 11.1 11
HcT % 63 58 50 48 30.3 30
PLT/ 84.000 82000 56.000 41.000 40.000 61.000
Bil. Tot (mg/dl) 5 4.8 4.6 3.53 2 2
Bil. Dir. (mg/dl) 4.4 4.5 4.2 3 1.6 1.6
GPT (mg/dl) 85 68 58 62 47 30
GOT (mg/dl) 211 181 155 147 113 62
MGB (mg/dl) 2209 1500 727 300 150 70
Figura 2: Andamento temporale dei principali parametri laboratoristici monitorati
Figura 3: Immagine endoscopica dell’esofago con lesioni da caustici
Figura 3: Immagine endoscopica dell’esofago con lesioni da caustici

 

Caso clinico 2: AKI da intossicazione da clozapina

Un paziente di 57 anni, con storia di schizofrenia paranoica in terapia con clozapina 650 mg/die, arrivava in pronto soccorso in condizione di disidratazione mucoso cutanea e con addome teso, ipertimpanico in assenza di peristalsi, con alterati indici di funzionalità renale (creatinina 7,2 mg/dl, azotemia 167 mg/dl, proteinuria delle 24 ore 1 gr/die) e contrazione della diuresi. Alla TC addome veniva riscontrato un quadro compatibile con ileo paralitico, con dilatazione delle anse intestinali e multipli fecalomi a carico del trasverso, discendente, retto e sigma in assenza di idronefrosi (Figura 4).

Scansione TC addominale che mostra quadro compatibile con ileo paralitico
Figura 4: Scansione TC addominale che mostra quadro compatibile con ileo paralitico, con dilatazione delle anse intestinali e multipli fecalomi a carico del trasverso, discendente, retto e sigma in assenza di idronefrosi

Iniziava terapia emodialitica con Continuous Renal Replacement Therapy (CRRT) in modalità emodiafiltrazione veno-venosa continua (CVVHDF) per la presenza di instabilità emodinamica. Successivamente insorgeva uno stato di coma, accompagnato da iperpiressia e crisi epilettiche generalizzate. Nel sospetto di sindrome neurolettica maligna (malattia neuropsichiatrica caratterizzata da ipertermia, rigidità muscolare, disfunzione del sistema nervoso autonomo ed alterazioni dello stato di coscienza), iniziava terapia con Bromocriptina (composto semisintetico derivato dall’ergotamina) ad un dosaggio di 2,5 mg ogni 8 ore, con progressivo miglioramento dello stato di coscienza.

La clozapina è un antipsicotico di seconda generazione che, nonostante la sua efficacia, è riservato, per i suoi effetti collaterali, ai casi di schizofrenia resistenti ad altre terapie. I principali effetti collaterali, ampiamente noti, sono la severa neutropenia, l’ipomotilità gastro-intestinale, la sindrome neurolettica maligna [17], la pancreatite e l’insufficienza renale [18]. Nonostante sia stato riconosciuto il rischio che la clozapina possa causare quadri di nefrite interstiziale acuta come effetto collaterale, si tende comunque a sottovalutarne l’importanza. In letteratura sono riportati 14 casi di insufficienza renale acuta associati al trattamento con clozapina (Tabella 3).

Tabella 3: Casi riportati in letteratura di insufficienza renale acuta associati all’uso di clozapina

Rimane difficile, nonostante tutto, determinare i fattori di rischio, i criteri diagnostici e l’appropriata gestione dei casi di insufficienza renale associati all’uso di clozapina; l’assenza di idronefrosi, la rabdomiolisi, la storia anamnestica di assunzione di psicofarmaci sono stati per noi fortemente suggestivi di danno renale acuto secondario ad intossicazione.

Nel nostro paziente intossicato da clozapina, così come negli altri pazienti intossicati da psicofarmaci ricoverati presso la nostra U.O. nel periodo Covid, si è deciso di non effettuare la biopsia renale per le importanti problematiche neurologiche presenti, per il subentrante aggravamento delle condizioni cliniche generali e per l’arrivo celere degli esami tossicologici, i cui risultati sono stati considerati, in alcuni casi, indicazioni urgenti all’inizio della terapia emodialitica [19].

 

Caso clinico 3: AKI da intossicazione da litio

Il litio è un farmaco utilizzato nel trattamento del disturbo bipolare, psicosi maniaco-depressive, stati maniacali e/o ipomaniacali e nelle psicosi depressive croniche. Tuttavia, è un farmaco poco maneggevole, infatti è importante che venga mantenuto entro un particolare range terapeutico (0,6-1,2 meq/l).

La nefrotossicità è legata al superamento di tale range terapeutico e quindi alla possibile insorgenza di vari quadri clinici, come il diabete insipido nefrogenico, l’acidosi renale tubulare di tipo I, la sindrome nefrosica associata a glomerulonefrite a lesioni minime o a glomerulosclerosi focale e segmentale e la nefrite cronica interstiziale.

Per definizione si parla di “tossicità lieve” quando il range terapeutico è compreso tra 1,5 e 2,5 Meq/l, “tossicità moderata” quando è compreso tra 2,5 e 3,5 Meq/l e “tossicità severa” quando supera i 3,5 Meq/l [20]. In casi selezionati, le metodiche depurative extracorporee svolgono un ruolo importante nei casi di intossicazione da tale farmaco.

Il caso clinico in questione è quello di una paziente di anni 72 che giungeva in pronto soccorso in stato di severa disidratazione e di alterazione della coscienza. Attraverso il colloquio con la figlia, si apprendeva che la paziente era in trattamento con litio da circa 30 anni. Da circa una settimana a domicilio, erano comparse clonie agli arti inferiori, diarrea e vomito. La TC encefalo senza MDC risultava negativa per lesioni ischemiche e/o emorragiche. Data la storia farmacologica della paziente, veniva dosata la litiemia, che risultava pari a 1,78 mEq/L (range terapeutico 0,42-0,83). La creatinina risultava pari a 1,3 mg/dl, azotemia: 60 mg/dl, sodio sierico: 143 mEq/l e potassio sierico: 3,2 mEq/l.

Nonostante, secondo la definizione, si trattasse di una “tossicità lieve”, veniva iniziato trattamento sostitutivo emodialitico a causa dello stato soporoso persistente della paziente [21].

Durante la degenza venivano effettuate in totale due sedute emodialitiche di tipo depurativo, con miglioramento repentino del quadro clinico della paziente. Alla fine della prima seduta emodialitica la litiemia risultava pari a 1,2 mEq/L mentre, alla fine della seconda ed ultima seduta, era pari a 0,2 mEq/L. Insieme al miglioramento dei dati laboratoristici, si assisteva contemporaneamente a un miglioramento progressivo della sintomatologia neurologica.

 

Caso clinico 4: AKI da intossicazione da quetiapina

Il quarto caso clinico è quello di un uomo di 68 anni, giunto alla nostra osservazione ad ottobre 2021. Attraverso il colloquio con il suo amministratore di sostegno e i suoi due caregivers, si apprendeva dell’insorgenza di psicosi in età giovanile, motivo per il quale il paziente era in trattamento da qualche anno con un antipsicotico atipico, ovvero quetiapina, che assumeva abitualmente ad un dosaggio pari a 100 mg due volte al giorno.

Alla stessa classe di farmaci appartengono anche il risperidone e l’olanzapina, il cui utilizzo ha largamente soppiantato gli antipsicotici di prima generazione, grazie ad un maggior profilo di tollerabilità. Tali farmaci, andando ad antagonizzare i recettori alfa adrenergici, muscarinici, serotoninergici e solo in minima parte dopaminergici, sarebbero associati ad una minore insorgenza dei sintomi extrapiramidali come tremore, discinesia tardiva e rigidità [22], frequenti al contrario con gli antipsicotici di prima generazione. I neurolettici si distinguono in tipici (o di prima generazione) e atipici (o di seconda generazione) [23] (Tabella 4).

Neurolettici tipici (o di prima generazione) Neurolettici atipici (o di seconda generazione)
Antagonizzano recettori dopaminergici Antagonizzano recettori dopaminergici e serotoninergici
Fenotiazine a loro volta suddivise in:

Alfalitiche (clorpromazina)

Piperaziniche (fufenazina)

Piperidiniche (tioridazina)

Tioxantemi

Butirrofenoni (aloperidolo, droperidolo

Dibenzodiazepine:

Clozapina

Quetiapina

Olanzapina

Levolpiride

Pimozide

Remoxipride

Tabella 4: Neurolettici di prima e seconda generazione

Questi farmaci sono attualmente usati nel trattamento della schizofrenia, del disturbo bipolare e dei disordini comportamentali legati alla demenza [24].

Da sottolineare infatti, che il paziente in questione era affetto anche da deterioramento cognitivo, legato ad un’encefalopatia vascolare insorta da circa dieci anni.

Giungeva in PS a causa di insorgenza, da qualche giorno, di forte agitazione psicomotoria, comportamento incongruo, aggressività, aggravamento del deficit di memoria e disorientamento. In tale occasione veniva sottoposto a TC encefalo (due esami a distanza di 24 ore), negativa per lesioni ischemiche e/o emorragiche. A causa dell’aggravamento della situazione neurologica, veniva sottoposto anche ad una risonanza magnetica (RM) encefalica, anch’essa negativa per eventi acuti, e a consulenza psichiatrica e neurologica.

Veniva inviato alla nostra attenzione a causa del riscontro di un peggioramento dei parametri di funzionalità renale (creatinina: 2,04 mg/dl, azotemia: 140 mg/dl, sodio sierico: 171 mEq/l, potassio sierico: 3.8 mEq/l) con una diuresi conservata.

All’esame obiettivo era evidente una condizione di disidratazione. Veniva pertanto avviata terapia reidratante con soluzione glucosata al 5% in infusione continua, alla luce del severo quadro di ipernatremia che verosimilmente aggravava maggiormente il quadro neurologico. Veniva inoltre eseguito sin da subito un ECG, che evidenziava un QT allungato, segno ulteriore di possibile intossicazione farmacologica [25] (Figura 5).

Figura 5: evidenza elettrocardiografica di allungamento del QTc
Figura 5: evidenza elettrocardiografica di allungamento del QTc

Venivano inoltre eseguite a completamento diagnostico una TC addome completa senza MDC e una TC torace senza MDC, entrambe negative. Nei giorni seguenti, a causa del persistere delle severe condizioni neurologiche del paziente (permanentemente non contattabile), veniva avviata procedura di rachicentesi, al fine di escludere meningiti e/o encefaliti di natura infettiva con esito negativo.

Una volta esclusa una possibile encefalite e/o meningite infettiva, il nostro inquadramento diagnostico era quello di una sindrome da neurolettici. Sono pochi i casi riportati in letteratura di AKI da intossicazione da quetiapina [26,27]. Tuttavia, il progressivo miglioramento degli indici di funzionalità renale e degli enzimi di lisi muscolare alla sospensione dell’antipsicotico era fortemente suggestivo di tale diagnosi (Tabella 5).

  Giorno 1 Giorno 2 Giorno 3 Giorno 4 Giorno 5 Giorno 6 Giorno 7
Creatinina 2,04 1.93 1.77 1.52 1.25 1.16 1.08
Azotemia 140 139 121 119 115 90 83
NA 171 167 165 158 155 147 145
K 3.8 3.7 3.6 4 3.8 4.1 3.8
CK 2522 1877 1122 1000 902 425 125
Mioglobina 2846 1915 1353 916 825 576 327
Tabella 5: Andamento temporale dei principali parametri laboratoristici monitorati

La diuresi, così come il potassio, sono stati ottimali sin dall’inizio e, per la tempestiva ed incoraggiante discesa dei ritentivi renali e degli enzimi muscolari, la nostra scelta è stata quella di non dializzare il paziente.

Dopo circa 12 giorni di ricovero, si assisteva ad un miglioramento delle condizioni cliniche generali ed il paziente risultava maggiormente risvegliabile e contattabile. Veniva inoltre, una volta dimesso, avviato alle cure del Centro di Salute Mentale della zona e a terapia neuroriabilitativa.

 

Caso Clinico 5: AKI da intossicazione da cocaina

L’ultimo caso clinico è quello di un ragazzo tossicodipendente di 28 anni che afferiva in pronto soccorso per stato confusionale. Gli esami di laboratorio mettevano in evidenza un’alterazione degli indici di funzionalità renale (azotemia di 34 mg/dl, creatinina 1,5 mg/dl); dopo due giorni, in seguito alla contrazione della diuresi nonostante terapia reidratante, gli indici di funzionalità andavano incontro ad un grave peggioramento, con riscontro di azotemia 146 mg/dl e creatinina 9,1 mg/dl, motivo per cui il paziente veniva sottoposto a trattamento emodialitico.

L’esito dell’esame tossicologico metteva in evidenza, oltre all’abuso di cocaina, anche quello di benzodiazepine (Tabella 6).

Cocaina (ng/ml) 8390 H V.R. 0-300
Oppiacei (ng/ml) 27 V.R. 0-300
Cannabinoidi (ng/ml) 4 V.R. 0-50
Benzodiazepine (ng/ml) 1636 H V.R. 0-300
Tabella 6: Screening su campione di urine per droghe di abuso (metodo immunochimico), valore di riferimento (V.R.)

Il paziente veniva sottoposto a quattro sedute emodialitiche, con successiva ripresa della diuresi. La causa scatenante dell’insufficienza renale acuta dovuta all’abuso di cocaina è sicuramente la rabdomiolisi, che compare dopo qualche ora dalla sua somministrazione. La gravità della rabdomiolisi è direttamente proporzionale alla gravità dell’intossicazione da cocaina; i pazienti con creatinina-fosfo-chinasi (CPK) molto elevati tendono ad avere le complicanze più gravi [28,29].

I meccanismi della rabdomiolisi in seguito ad abuso di cocaina sono dovuti alla degenerazione acuta delle miofibrille scheletriche, fino ad arrivare all’ischemia ed alla necrosi muscolare [30]. La mioglobina rilasciata ha la potenzialità di determinare l’insufficienza renale acuta in seguito alla vasocostrizione renale, citotossicità diretta, necrosi tubulare acuta, generazione di radicali liberi, formazione di cast intraluminali e inibizione dell’effetto vasodilatatorio dell’ossido nitrico [31].

Anche in questo caso, l’inizio della terapia emodialitica ha determinato un miglioramento repentino del quadro clinico del paziente, tanto da decidere la sua dimissione solo dopo una settimana di degenza.

 

Conclusioni

Come viene dimostrato dai casi clinici elencati, la tempestiva valutazione nefrologica e l’inizio precoce della terapia emodialitica determina un miglioramento rapido del quadro neurologico e delle condizioni cliniche generali nell’insufficienza renale acuta da intossicazione da neurolettici e/o da abuso di cocaina. È altresì vero che, alla luce di quanto è stato ampiamente documentato, una reciproca collaborazione tra Psichiatri e Nefrologi nella scelta dei farmaci psichiatrici sarebbe sempre auspicabile, al fine di evitare l’insorgenza di effetti collaterali sia precoci che tardivi a carico di pazienti già vulnerabili.

Per la scelta della terapia extracorporea bisogna sempre valutare le caratteristiche delle tossine da rimuovere, ovvero la loro massa molecolare, il loro volume di distribuzione e il loro legame proteico; in generale, viene sempre preferita l’emodialisi intermittente nei pazienti che presentano una stabilità emodinamica. Attualmente, infatti, con l’emodialisi si riescono a rimuovere un numero maggiore di tossine uremiche (in particolar modo le medie molecole) e con i filtri ad alto cut-off si possono rimuovere sostanze con peso molecolare vicino ai 50.000 Da.

La terapia extracorporea avrà sempre maggiore importanza come opzione di trattamento nelle intossicazioni e i Nefrologi sono fondamentali in questi contesti. In conclusione, nel caso in cui siano presenti alcune condizioni tra cui una alterazione dello stato mentale del paziente, l’allungamento del tratto QT all’ECG, la rabdomiolisi, la storia anamnestica di assunzione di psicofarmaci, l’insufficienza renale acuta in assenza all’esame ecografico di idronefrosi, è lecito pensare ad un quadro di intossicazione da farmaci.

 

Bibliografia

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