Marzo Aprile 2021 - In depth review

Urgent-start PD: un approccio perseguibile

Abstract

La dialisi peritoneale (PD) possiede diversi potenziali benefici rispetto all’emodialisi (HD); ciò nonostante, solo il 10% dei pazienti con malattia renale terminale (ESRD) viene trattato con la PD. Fino al 70% dei soggetti affetti da ESRD incominciano la terapia dialitica senza una chiara programmazione. Molti di questi pazienti non sono a conoscenza della propria malattia renale cronica (CKD), mentre altri con CKD stabile vanno incontro a un peggioramento acuto della funzione renale a causa di un evento imprevedibile. Come risultato, l’80% dei pazienti affetti da ESRD iniziano il trattamento sostitutivo con un catetere venoso centrale (CVC), nonostante l’inizio dell’HD attraverso un CVC si associ ad aumentata mortalità, un’elevata incidenza di batteriemia e di ospedalizzazione. La PD rappresenta, quindi, un’eccellente, ma sottoutilizzata, tecnica dialitica la cui implementazione futura potrebbe dipendere dalla possibilità di essere impiegata come primo approccio dialitico nei pazienti che giungono tardivamente all’attenzione del nefrologo per una condizione di stato uremico, o sovraccarico idrico. A questo programma è stato recentemente attribuito la denominazione di “urgent-start peritoneal dialysis” (UPD). Sulla base del tempo di break-in è possibile distinguere l’UPD dalla “early-start peritoneal dialysis” (EPD). Il successo dell’UPD verte sulla corretta selezione del paziente, sull’idoneo posizionamento del catetere e sull’adeguata preparazione del team medico-infermieristico. Inoltre, l’impiego di tecniche di inserzione volte al saldo fissaggio del catetere ai tessuti addominali e l’inizio degli scambi dialitici con protocolli caratterizzati da bassi volumi di carico in posizione supina possono minimizzare l’insorgenza di complicanze meccaniche precoci.

I pazienti che incominciano gli scambi peritoneali mediante protocolli di UPD/EPD possiedono una mortalità, una sopravvivenza della metodica dialitica e un’incidenza di complicanze infettive equiparabili ai soggetti con inizio standard della PD, sebbene incorrano con maggiore probabilità in complicanze meccaniche.

A confronto con l’emodialisi in urgenza (UHD) mediante un CVC, la UPD può rappresentare un’alternativa sicura e vantaggiosa in termini economici, riducendo l’incidenza di batteriemie e delle ulteriori complicanze correlate alla terapia emodialitica. L’UPD permette, inoltre, di aumentare il numero dei pazienti trattati mediante PD.

 

Parole chiave: dialisi peritoneale, urgent-start, early-start, leakage, dislocamento, volume ridotto

Introduzione

La dialisi peritoneale (PD) possiede diversi benefici rispetto all’emodialisi (HD): una maggiore adattabilità della metodica agli stili di vita individuali, una più lunga conservazione della diuresi residua [1,2], un minore costo economico [3,4] e una sopravvivenza sovrapponibile o, in alcune casistiche, perfino migliore nei primi anni di trattamento [5,6]. Ciò nonostante, solo il 10% dei pazienti con malattia renale terminale (ESRD) viene trattato con la PD.

Fino al 70% dei soggetti affetti da ESRD, per la mancanza di una precedente valutazione nefrologica, o per la necessità di iniziare urgentemente il trattamento sostitutivo, incominciano la terapia dialitica senza una chiara programmazione [7]. Molti di questi pazienti non sono a conoscenza della propria malattia renale cronica (CKD), altri, sebbene consapevoli, trascurano la propria condizione, mentre altri ancora con CKD stabile vanno incontro a un peggioramento acuto della funzione renale a causa di un evento imprevedibile.

 

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