Abstract
L’argomento AKI in terapia intensiva è stato ampiamente trattato negli ultimi decenni, mentre minor interesse ha mostrato nel tempo il trattamento dell’AKI in pazienti non richiedenti ricovero in terapia intensiva, spesso ospedalizzati in degenza nefrologia.
Da più di 5 anni nel nostro centro per il trattamento dell’AKI in degenza nefrologica utilizziamo una tecnica lenta intermittente attuata in circa 600 pt per un totale di circa 3000 trattamenti. In questo studio riportiamo i risultati clinici ottenuti in 100 pazienti afferiti per AKI consecutivamente alla nostra UO dal 01/01/2014. Il protocollo dialitico prevedeva un trattamento lento intermittente a bassa efficienza denominato SLE-HDF (Sustained Low Efficiency Hemo-Dia-Filtration), con durata 10 ore, dialisato 1,5 L/ora per un paziente fino a 75 kg, 2 L/ora fin a 85 kg, 2.5 L/ora oltre 85 kg. Metà del dialisato veniva utilizzato in convenzione in post e metà in diffusione.
Endpoints erano il recupero della funzione renale e la sopravvivenza del paziente. Su ogni paziente è stato calcolato almeno su una seduta, il Kt/V dell’urea (UKt/V).
Sono stati studiati 100 pazienti giunti consecutivamente alla nostra osservazione dal mese di gennaio 2014, 45 donne e 55 uomini, con età 79.4+11 aa. Sono stati esclusi i pazienti con AKI ed acidosi lattica da Metformina, che sono stati trattati con CVVHDF. Il peso era di kg 74+18 all’inizio del trattamento. Le cause di AKI erano: 41% scompenso cardiaco, 31% AKI su MRC, 7% rabdomiolisi, 6% sindrome epato-renale, 4% sepsi, 11% altre cause. Le principali comorbidità erano cardiopatia (63%), diabete (50%), pneumopatia (38%), età >85 aa (31%), cancro (23%), epatopatia (16%), ipotensione richiedente amine (15%), sepsi (10%). Il 65% dei pazienti avevano una diuresi inferiore a 500 ml/24 ore. In totale nei 100 pt sono stati effettuati 512 trattamenti, in media 5.12+3.7 trattamenti per pazienti. I decessi sono stati 43. L’UKt/V è risultato pari a 0.4+0.05 per seduta. I pazienti dimessi sono stati 57. Di questi, 43 hanno avuto un recupero funzionale renale. Quattordici pazienti sono stati avviati al trattamento dialitico cronico. In nessun caso abbiamo dovuto aumentare l’efficienza dialitica per inadeguato controllo dell’uremia, del quadro elettrolitico ed acido-base. I deceduti avevano una maggior incidenza di cancro (p<0.05), di insufficienza epatica (p<0.05) ed erano più anziani (p<0.05).
In conclusione, il nostro protocollo di SLE-HDF, che ha utilizzato volumi di dialisato nettamente inferiori rispetto a quanto riportato in letteratura, si è dimostrato efficace nel correggere il profilo biochimico del paziente con AKI. I risultati clinici sono da considerare soddisfacenti, avendo ottenuto il miglioramento clinico nel 57% dei pazienti e considerando che dei 43 pazienti deceduti, 10 erano affetti da epato-cirrosi e 13 da neoplasia maligna. Ulteriori studi sono indispensabili per confermare le nostre osservazioni.
PAROLE CHIAVE: Insufficienza renale acuta, SLE-HDF, RRT.