Marzo Aprile 2017 - Editoriali

La società liquida e il relativismo etico

La definizione di “Società Liquida” è di Zygmunt Bauman. Quotidiano.net lo racconta brevemente così in occasione della sua morte avvenuta il 9 gennaio 2017 all’età di 91 anni: “Figlio di ebrei Bauman, fuggì da Poznań – sua città natia – in Urss, quando nel 1939 la Polonia fu invasa dai tedeschi. Comunista, dopo la guerra diventò militante sovietico: inizialmente su posizioni ufficiali marxiste-leniniste, dopo la destalinizzazione si avvicinò ad Antonio Gramsci e Georg Simmel. Alla fine degli anni ’60 perse la cattedra che aveva a Varsavia ed emigrò a Tel Aviv, in Israele, prima di spostarsi definitivamente nel Regno Unito, a Leeds, dove è stato professore di sociologia (dal 1971 al 1990) e dove è morto”.

Seconda l’analisi di Bauman la società moderna ha perso ogni punto di riferimento (quindi crisi del concetto di comunità dove tutto si “dissolve in una sorta di liquidità”, così Umberto Eco spiegava Zygmunt Bauman): ne deriva un individualismo portato agli eccessi da cui ne deriva la mancanza di ogni punto di riferimento e la perdita di ogni certezza. Così che l’apparire diventa il valore da ricercare e il consumismo il suo mezzo di uso quotidiano, un consumismo bulimico e senza scopo. Lo stesso Bauman semplificava il concetto di società liquida con “la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”.

 

Viceversa il “Relativismo Etico” nasce nell’antica Grecia, con il pensiero dei filosofi sofisti che negava l’esistenza di una verità assoluta in quanto la percezione soggettiva (relativismo) era l’unico metro di valutazione della società e, di conseguenza, in etica tale visione relativistica relegava al soggetto ogni tipo di valutazione rifiutando principi immutabili nel comportamento morale.

 

Qual è il senso di questo accostamento tra l’inizio e la fine (in senso di attualità) della storia e della civiltà degli uomini quasi a percorrere un cerchio a dimensioni variabili? è il senso del “giornale” o del “telegiornale” o “dei media” in generale! Cioè, è il senso della realtà così come in tempi post-moderni viene rappresentata (in forma liquida) e diventa ossimoro della conoscenza.

In Medicina avviene la stessa trasformazione, e forse Zygmunt Bauman lo aveva intuito, nei comportamenti, così da disegnare un “relativismo etico di una medicina liquida”. Tutto è relativo perché si è liquefatta la società: relativa la forma e il suo volume a cui si adatta ogni flusso. Ma liquidi sono anche le persone, oltre ai fenomeni?

Allora la domanda sorge spontanea: quanto liquida è la Nefrologia? Da un recente manoscritto di Bello (Am J Kidney Dis. 2015;65:15-25) risulta che il numero dei nefrologi italiani (normalizzati per la popolazione) è maggiore rispetto al resto dei nefrologi di altre nazionalità occidentali confrontabili. Questo dato non significa niente se non aggregato a valutazioni di performance. Già un anno fa Rombolà e Quintaliani osservavano che “è evidente che indipendentemente da tutte le discussioni più o meno dotte che noi possiamo fare, non dobbiamo dimenticare la ragione vera che legittima l’esistenza dei nefrologi e della SIN è la capacità di governare, nel contesto dato, la prevenzione primaria – secondaria e terziaria delle malattie renali” (Gin 2015;3).

E ancora: “Uno dei punti più importanti è che non dobbiamo deludere le giuste aspettative dei pazienti. I pazienti hanno diritto da avere un’assistenza uniforme e di qualità su tutto il territorio nazionale e solo la SIN, se vuole avere il ruolo leader che le spetta, potrà garantire che gli standard siano appropriati non solo per la cura ma anche per il benessere e la riduzione del rischio” (Gin 2015;3). Infine, sempre Rombolà e Quintaliani “L’ultima spiaggia riguarda quindi i tipi e le qualità delle attività nefrologiche erogate e, quindi, i dati che i nefrologi saranno in grado di fornire ai policy-maker: la rete nefrologica deve essere creata prima di tutto tra i nefrologi”. Da tutto ciò e altro che deriveranno i criteri per definire la complessità di Unità Operativa Complessa (UOC) e a determinarne l’esistenza dovranno le attività complesse che essa dovrà e saprà fornire.

Sembra che la nefrologia abbia riscoperto la “sindrome della matrigna cattiva di Biancaneve”: interroghiamo lo specchio magico per sapere chi è il più “bel Nefrologo” del villaggio, ma lasciamo che lo specchio rifletta solo la nostra immagine, probabilmente perché ognuno di noi può misurare, oggi, solo se stesso e non ha margini di confronto.

La SIN ha tentato ripetutamente di recuperare questa leadership, ma ha sempre lasciato la presa. Oggi non è più tempo di aspettare. È stata rinnovata la Commissione della Clinical Governance, produca, perciò, al più presto un documento che definisca le competenze e le attività delle singole griglie organizzative: CAL-Centro Dialisi Ospedaliero-UOSD-UOC e fornisca al policy-maker di turno i criteri organizzativi di valutazione. La SIN dia la sua definizione dei criteri e la sua classificazione. Non si lasci alla politica il vuoto.

Siamo in ritardo e non vi sarà un’altra chance come è già evidente, per esempio, nel decreto 33 del 17.05.2016 della Regione Campania.

A pag 143. il suddetto decreto (Cap. 10.4) affronta il problema della rete nefrologica, come di seguito descritto:

 

10.4.1 Premessa. (Fonte: Burc Regione Campania n. 14 del 20 Febbraio 2017)

La malattia renale cronica (MRC) è uno dei maggiori problemi di salute pubblica rappresentando un peso clinico rilevante e di notevole impatto sociale. Secondo l’OMS è una pandemia a livello mondiale. Istituzioni internazionali come il “Center for Disease Control and Prevention” indicano la MRC come una delle priorità in ambito epidemiologico. L’attenzione globale alla MRC è attribuibile a 5 fattori:

  • il rapido incremento nella sua prevalenza;
  • è la punta di un iceberg di malattia nascosta;
  • il suo riconosciuto ruolo nell’aumentare il rischio di malattia cardiovascolare;
  • la scoperta di efficaci misure di prevenzione della sua progressione;
  • l’enorme costo del trattamento.

(Fin qui premessa accettabile)

 

10.4.2 – La riorganizzazione della rete.

L’ attività della Nefrologia in Campania risulta strutturata in: strutture operative, tra cui 27 strutture pubbliche di Nefrologia e/o Dialisi e 114 strutture private, per un totale di 141 strutture con un rapporto medio di 24 centri per milione di popolazione (pmp).

Prendendo in esame la totalità dei pazienti in dialisi, risulta che le 114 strutture private effettuano l’85% del numero di dialisi complessivo.

La rete deve necessariamente essere estesa tra ospedale e territorio…ecc

 

Un lettore attento riceve queste due informazioni fondamentali:

  1. la Nefrologia per la Regione Campania è solo un problema di Emodialisi (la DP scompare dal vocabolario nefrologico; tutta l’attività nefrologica non è nominata: o non serve o non esiste);
  2. se la Nefrologia è l’Emodialisi e se l’85 % dell’Emodialisi è erogata dal privato ne consegue che basta il privato attualmente accreditato a risolvere il problema dei nefropatici campani. E il pubblico non serve….

 

Spero che la Campania sia solo una parentesi negativa nel panorama italiano, ma, forse, qui servivano nefrologi autorevoli? E una SIN (si legga Sezione Campana, almeno) autorevole? La nefrologia campana è diventata liquida? O lo è sempre stata?

 

Voltiamo pagina.

Nel numero precedente del GIN abbiamo avuto l’onore di pubblicare una riflessione del Dott. Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, intitolata “La prevenzione della corruzione nel sistema delle 3A” (GIN 2017;1). Egli ha iniziato la sua riflessione così: ”La centralità del tema della corruzione in ambito sanitario è testimoniata, oltre che dalle numerose inchieste giudiziarie che investono il settore, dai frequenti allarmi che la Corte dei Conti ha più volte espresso in relazione ai costi degli illeciti”. Ha parlato della centralità del tema della corruzione in ambito sanitario.

Ma oggi, probabilmente, la corruzione è un concetto sofista di “Relativismo Etico”. L’attenzione al problema corruzione sia nella sensibilità che nella certezza delle persone, sia nell’osservanza dei principi che nella sua complementarietà ai comportamenti, sia nella capacità di riconoscimento che nella sua prerogativa quotidiana!

 

Il primo punto che ci preme sottolineare è che vi dovrebbe essere il riconoscimento del problema. Ciò avviene per continuità di discussione (almeno quella). Avevamo iniziato questo percorso chiedendo le stesse riflessioni, oltre che a Raffaele Cantone, che tale sensibilità ha dimostrato, anche a Testimoni Istituzionali (come il Presidente del Senato Pietro Grasso e della Camera Laura Boldrini), a Giornalisti (come Eugenio Scalfari e Marco Travaglio), a Studiosi del fenomeno (come Rita Borsellino e Gian Antonio Stella), a Magistrati (come Pier Camillo Davigo). Se Scalfari declinava l’invito per l’età (ed è giustificabile) non appare giustificabile la rinuncia per troppo lavoro (leggi Marco Travaglio) o, addirittura, il silenzio con cui gli altri hanno rumoreggiato.

 

Il secondo punto che Cantone esamina è che “una delle maggiori difficoltà che incontra la lotta alla corruzione in ambito sanitario è data dalla pluralità dei centri decisionali e dalla varietà dei soggetti e dei modelli organizzativi che sono coinvolti nell’erogazione delle prestazioni” (GIN 2017;1). Noi siamo convinti che i modelli organizzativi diversi da Regione a Regione siano una causa più che sufficiente e assolutamente necessaria per “le maggiori difficoltà” che il Presidente di ANAC citava.

Oggi 6 aprile è stato presentato da Transparency-International-Italia il report del progetto “Curiamo la Corruzione 2017” alla prima Giornata Nazionale contro la Corruzione in Sanità tenutosi a Roma. Il report evidenzia che in 1 su 4 aziende sanitarie italiane si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi cinque anni. Nell’ultimo anno la malattia corruttiva ha coinvolto il 25,7% delle Aziende sanitarie, ma in modo difforme sul territorio nazionale: la maglia nera va al Sud, dove le strutture in cui risulta almeno un episodio di corruzione sono il 37,3% del totale. Risulta, inoltre che il 51,7% delle Aziende Sanitarie non si è adeguatamente dotata di strumenti volti all’anticorruzione, come previsto dalla legge del 2012.

Il rischio corruzione più comune è l’acquisto di beni e servizi, sia nella realizzazione di opere e infrastrutture, che nei metodi illeciti all’interno delle assunzioni. Ma anche favoritismi ai pazienti provenienti dalla libera professione e prescrizione di farmaci a seguito di sponsorizzazioni.

A ciò si aggiunge che oltre la metà (51,7%) delle Aziende Sanitarie non si è adeguatamente dotata di strumenti anticorruzione, come previsto dalla legge del 2012.

Quanto di questo report può essere riportato a una “politica che gestisce direttamente (nominando Direttori Generali, gestendo clientele e assunzioni, e quant’altro) la Sanità”?

 

Voltiamo ancora pagina.

Abbiamo invitato i Governatori delle 20 Regioni a descrivere l’organizzazione nefrologica del proprio territorio in modo da poter avere una visione particolareggiata di ogni singola Regione e, soprattutto, dal punto di vista del policy maker.

In questo numero del GIN presentiamo il primo articolo (in ordine di arrivo) che è quello di Nicola Zingaretti, Governatore della Regione Lazio. Proseguiremo nel prossimo numero con Stefano Bonaccini, Governatore della Regione Emilia Romagna. Siamo in attesa di ricevere gli articoli della Regione Toscana e della Regione Lombardia che sono stati promessi da Rossi e Maroni.

Finora, i restanti 16 Governatori non hanno ritenuto di rispondere all’invito. Noi siamo testardi e lo rinnoveremo per la seconda volta. Dopodiché …

 

Last but not least

Stiamo tentando di ricostruire la memoria storica del GIN. Stiamo, cioè, cercando di recuperare la nostra “memoria storica”. La pubblicazione del GIN, che allora si chiamava Minerva Nefrologica, è iniziata nel 1983. Una delle più belle giornate che ho vissuto come Editor del GIN è stata, proprio nel primo anno del mio insediamento (2013) come Editor, quella per i festeggiamenti dei 30 anni della rivista. Il precedente Publisher aveva recuperato da Wichtig solo alcune annate del GIN, e per una parte di esse aveva pubblicato solo gli abstract. Stiamo recuperando dai soci gli anni mancanti per poter conservare in modo completo tutta la nostra Storia, che è una storia degna di essere ricordata.

Chi non ha memoria del passato non può avere futuro….

 

Morale della favola

Una morale non c’è perché nel campo medico non c’è nessuna favola….

 

La società è liquida e gli uomini applicano il relativismo etico con estrema facilità e, purtroppo, con discreta frequenza.

 

La Medicina è liquida. Di conseguenza anche la Nefrologia è liquida?