Luglio Agosto 2016 - In depth review

Nuove terapie per l’epatite C nei pazienti nefropatici cronici

Abstract

Gli studi effettuati nell’ultima decade hanno evidenziato il ruolo sfavorevole che svolge l’infezione da virus dell’epatite C sulla sopravvivenza dei pazienti nefropatici (particolarmente i pazienti in dialisi ed i portatori di trapianto renale). In aggiunta, l’infezione da virus dell’epatite C sembra essere associata ad un aumentato rischio di nefropatia cronica nella popolazione adulta generale. Pertanto, c’è urgente bisogno di terapie antivirali efficaci e sicure in questi pazienti. Recenti studi randomizzati e controllati hanno mostrato che la terapia antivirale basata su interferone peghilato e ribavirina può essere efficace (frequenza della risposta virale protratta, circa il 70%), e ben tollerata quando è usata da medici esperti in pazienti appropriati. Da qualche anno è iniziata la commercializzazione dei farmaci ad azione anti-virale diretta nella popolazione adulta con funzione renale normale, ma l’uso di questi farmaci nei nefropatici cronici è ancora allo stato iniziale. Sono stati negli ultimi mesi pubblicati alcuni studi; il primo ha riguardato il trattamento antivirale di HCV nei pazienti (n=224) con malattia renale cronica (CKD stadio 4/5) che hanno ricevuto terapia con grazoprevir (inibitore di HCV NS3/4A) ed elbasvir (inibitore di HCV NS5A) per 12 settimane. La frequenza di SVR12 è stata pari a 94.3% (115/122); nessuno dei pazienti del gruppo di studio ha interrotto precocemente la terapia antivirale per eventi avversi. Il secondo studio riguarda la combinazione antivirale 3D (ombitasvir/paritaprevir/ritonavir/dasabuvir con e senza ribavirina) che è stata somministrata a 20 pazienti con malattia renale cronica (CKD, stadio 4/5, genotipo 1), la frequenza di SVR12 era 90% (18/20). Non sono stati riportati eventi avversi che hanno necessitato un’interruzione precoce della terapia antivirale. Esistono inoltre alcuni studi preliminari riguardo la terapia antivirale sofosbuvir/simeprevir (n=38) in pazienti con malattia renale cronica di stadio 4/5; la frequenza di SVR12 era 89% (34/38). Altri studi clinici, di fase 2 o 3, basati sui farmaci ad azione antivirale diretta sono in corso. In conclusione, i nuovi farmaci ad azione anti-virale diretta promettono di eradicare l’infezione da virus dell’epatite C nei pazienti con insufficienza renale. Restano da chiarire alcuni punti cruciali quali il costo dei nuovi farmaci, che è un problema non trascurabile anche per i paesi industrializzati. Anche le interazioni tra farmaci sono un argomento di rilevanza clinica visto che i pazienti nefropatici cronici hanno una frequenza elevata di co-morbilità.

Parole chiave: Agenti anti-virali con azione diretta, dialisi, epatite c, malattia renale cronica, trapianto renale

 

Introduzione

Negli ultimi venti anni sono stati pubblicati numerosi studi clinici osservazionali che hanno dimostrato in modo inequivocabile come l’infezione da virus dell’epatite C (Hepatitis C Virus, HCV) eserciti un ruolo sfavorevole sulla sopravvivenza dei pazienti nefropatici cronici (pazienti in dialisi cronica e trapiantati renali) [1] [2] [3]. L’infezione da HCV è tuttora frequente nei pazienti nefropatici in Italia ed in genere nel mondo industrializzato [1]; la ridotta sopravvivenza dei pazienti nefropatici cronici con infezione da HCV è stata attribuita a svariati meccanismi quali incrementata mortalità da epatopatie, accresciuto rischio cardiovascolare, e compromissione della qualità di vita. Nel 2008, il gruppo di studio HCV Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO) ha raccomandato la terapia antivirale anti- HCV nei pazienti infetti da HCV in lista di attesa di trapianto di rene (dialisi dipendenti o no) [1]. La terapia antivirale anti- HCV nei pazienti in lista di attesa di trapianto di rene ha un duplice scopo: 1) combattere la malattia (ovvero rallentare la progressione dell’epatopatia HCV- correlata), 2) combattere l’infezione (ovvero evitare le complicanze extra-epatiche di HCV nel post-trapianto). Il primo scopo della terapia antivirale nei pazienti candidati al trapianto di rene con infezione da HCV è quello di combattere la progressione dell’epatopatia HCV- correlata; infatti, il condizionamento immunologico del post-trapianto favorisce la replicazione di HCV e quindi accelera la progressione dell’epatopatia. Il secondo scopo della terapia antivirale anti- HCV nei pazienti in lista per trapianto di rene è quello di azzerare la viremia HCV prima del trapianto, e quindi evitare le complicanze extra-epatiche da HCV nel periodo post-trapianto. Le più importanti complicanze legate a HCV nel periodo post-trapianto sono: diabete mellito (PTDM, post-transplant diabetes mellitus), glomerulonefrite HCV correlata (de novo o ricorrente), nefropatia cronica del trapianto (CAN, chronic allograft nephropathy), e nefrotossicità da farmaci anti- calcineurinici [1].

Una crescente mole di studi pubblicata nell’ultima decade ha suggerito un’associazione tra infezione da HCV ed aumentato rischio cardiovascolare nella popolazione adulta generale [4]; tale legame è stato osservato anche nella popolazione in dialisi periodica [2]. Il legame tra infezione da HCV e aumentato rischio cardiovascolare è stato attribuito ad un’accelerata aterogenesi indotta da HCV. Tale meccanismo potrebbe anche spiegare l’associazione tra HCV e declino della funzione renale nei pazienti con nefropatia cronica [5]. Tali evidenze inducono al trattamento antivirale di tutti i pazienti nefropatici cronici con infezione da HCV, non solo quelli in lista di attesa di trapianto di rene. La raccomandazione fornita dal gruppo di Studio HCV KDIGO sopra riportata è probabilmente da considerarsi obsoleta. Inoltre, i nuovi farmaci che abbiamo a disposizione hanno migliore efficacia e sicurezza rispetto alla terapia tradizionale anti- HCV (basata sull’uso di interferone). È stato ripetutamente notato come la terapia anti- HCV basata sull’uso di interferone sia stata poco utilizzata nei pazienti in dialisi con infezione da HCV, non solo in Italia ma in tutto il mondo industrializzato occidentale; questo è dovuto anche alla limitata efficacia e tollerabilità di IFN [6].

Terapia antivirale anti- HCV nei nefropatici cronici: uso di interferone

Sono stati pubblicati qualche mese fa due grandi studi randomizzati e controllati riguardo efficacia e tollerabilità della terapia antivirale anti- HCV (basata su uso di interferone) nei pazienti in dialisi cronica con infezione da HCV. Entrambi gli studi sono stati effettuati in Taiwan ed avevano lo stesso disegno: confronto di efficacia (frequenza di risposta virologica) e tollerabilità (frequenza di interruzione della terapia antivirale per eventi avversi) tra pazienti sottoposti a terapia antivirale combinata (interferone peghilato e ribavirina) e pazienti in mono- terapia con interferone peghilato. Nel primo RCT erano stati inclusi pazienti in dialisi cronica con infezione da HCV e genotipo 1 [7], nel secondo RCT pazienti con genotipo HCV 2 [8]. Entrambi gli studi RCTs hanno mostrato come la frequenza di risposta virologica protratta (sustained virological response) era significativamente maggiore nei pazienti (gruppo di studio) sottoposti a terapia antivirale combinata (interferone peghilato 2a e ribavirina a basse dosi) rispetto ai pazienti (gruppo di controllo) sottoposti a mono- terapia (interferone peghilato 2a). La posologia della ribavirina era 200 mg die. La frequenza di SVR era del 70% circa nel gruppo di studio di entrambi i RCTs; la frequenza di drop-outs (per eventi avversi) era <10% in tutti i pazienti di entrambi i RCTs. Un importante limitazione di questi studi è l’applicabilità dei risultati: si tratta di RCTs che coinvolgono, per definizione, casistiche selezionate; inoltre, sono popolazioni asiatiche ove è più frequente la condizione di omozigosi per il polimorfismo a singolo nucleotide nei pressi della interleuchina-28B (IL28B) gene. Tale omozigosi ha dimostrato di essere più frequentemente associata a SVR dopo terapia antivirale HCV [9] (full text).

I risultati forniti da tali RCTs erano simili a quelli elaborati dallo studio italiano (CCT) che è stato realizzato su un’ampia coorte di pazienti in lista di attesa per trapianto di rene nel meridione d’Italia [10]; la frequenza di risposta virologica protratta nei pazienti sottoposti a terapia antivirale combinata (interferone peghilato alfa2a e basse dosi di ribavirina) era del 97% mentre nei controlli (pazienti HCV positivi che non avevano ricevuto terapia antivirale) la SVR era 0%.

Una recente meta-analisi (n=11 studi clinici, 287 pazienti in dialisi anti- HCV positivi) ha mostrato una frequenza di risposta virologica protratta del 60% in pazienti in dialisi HCV positivi sottoposti a terapia antivirale combinata (interferone peghilato e ribavirina); la frequenza di drop-outs era 18% [11]. Un’importante risultato proveniente dalla meta-analisi era che la ribavirina era efficace e sicura quando era somministrata a basse dosi (200 mg die o 200 mg a gg alterni) nei pazienti in dialisi HCV positivi.

La conclusione che si può trarre dalle evidenze sopra riportate è che la terapia antivirale combinata (interferone peghilato e ribavirina in bassa dose) può essere efficace e sicura quando è somministrata da clinici esperti in pazienti selezionati.

Terapia antivirale dell’epatite C nei nefropatici cronici: farmaci antivirali ad azione diretta (DAAs)

Durante i primi anni duemila, si sono accumulate importanti conoscenze riguardo l’infezione da HCV (ad es. come HCV infetta le cellule dell’ospite) e sono state caratterizzate le proteine virali implicate nella replicazione di HCV; ciò ha portato allo sviluppo di specifici farmaci per la terapia antivirale di HCV. Tali farmaci sono stati denominati ‘farmaci ad azione anti-virale diretta’ (DAAs, direct-acting antivirals) a differenza dei farmaci propri della tradizionale terapia antivirale (interferoni e ribavirina) che svolgono attività antivirale tramite immuno-modulazione. Tutti i farmaci ad azione antivirale diretta sono ad uso orale a differenza degli interferoni che vanno somministrati sottocute.

I primi farmaci ad azione antivirale diretta che sono stati commercializzati sono stati il boceprevir ed il telaprevir (Tabella 1): farmaci ad azione anti- proteasica di prima generazione che vanno utilizzati insieme a interferone peghilato e ribavirina nei pazienti con genotipo HCV 1. La triplice terapia antivirale (interferone peghilato, ribavirina, e boceprevir o telaprevir) ha fornito risposta antivirale protratta pari a 75%-85% nei pazienti con funzione renale intatta. Tale miglioramento nei risultati è stato ottenuto tramite riduzione nella durata della terapia antivirale (da 48 a 24 settimane). La triplice terapia antivirale (interferone peghilato, ribavirina, e boceprevir o telaprevir) ha però numerosi effetti collaterali (in aggiunta agli effetti collaterali propri della terapia antivirale tradizionale) quali rash cutanei (telaprevir) e anemia (telaprevir e boceprevir). Anche le modalità di assunzione possono essere sgradevoli per i pazienti: 6 pillole/die per telaprevir e 12 pillole/die per boceprevir, da assumersi ogni 8 o 12 ore durante pasti grassi [12].

I dati in letteratura riguardo la triplice terapia antivirale anti- HCV nei pazienti con CKD sono molto scarsi e riguardano principalmente i pazienti in dialisi periodica. Lo studio più importante è quello di Patel et al. [13] che ha valutato retrospettivamente 16 pazienti con ESRD in lista di trapianto di rene, di cui 6 (37.5%) in lista di trapianto combinato (fegato/rene). Tutti i pazienti avevano infezione da HCV genotipo 1, ed avevano assunto terapia antivirale con IFN/RBV/telaprevir (n=9) oppure IFN/RBV/boceprevir (n=7). Non era stato fatto alcun aggiustamento della dose di telaprevir o boceprevir; la ribavirina era usata in bassa dose (200 mg die oppure 200 mg a gg alterni). La frequenza di SVR è stata pari a 44% (7/16), sono stati descritti due (12.5%) drop-outs che non erano collegati alla terapia antivirale; la maggior parte dei pazienti aveva lamentato anemia (44%, 7/16) che era stata ben controllata con eritropoietina. Due pazienti avevano richiesto ospedalizzazione per effetti legati all’anemia – entrambi sono stati trasfusi. Un paziente in lista per trapianto combinato fegato/rene ha ottenuto regressione della fibrosi epatica e miglioramento dell’ipertensione portale come conseguenza della SVR. Ha ottenuto successivamente il trapianto singolo di rene.

Terapia antivirale dell’epatite C nei nefropatici cronici: farmaci antivirali ad azione diretta (seconda generazione)

La prima generazione di DAAs è rappresentata da boceprevir e telaprevir, che svolgono attività anti- proteasica; infatti, interferiscono l’attività della proteasi non-strutturale di HCV NS3/4A che è responsabile della scissione della poli-proteina virale di HCV in proteine mature. Entrambi i farmaci si legano reversibilmente al sito attivo di NS3, e non possono essere usati in mono- terapia per lo sviluppo di resistenza virale.

Successivamente sono stati commercializzati altri DAAs (DAAs di seconda generazione) che colpiscono diverse proteine non strutturali di HCV. Gli inibitori di seconda generazione della proteasi NS3 attualmente in commercio sono simeprevir, paritaprevir, grazoprevir, asunaprevir (Figura 1); rispetto agli inibitori di prima generazione di NS3 possono essere somministrati con un minor numero di pillole, e hanno migliore tollerabilità. La più importante limitazione dei DAAs ad azione anti- proteasica è la bassa resistenza genetica alla resistenza virale; così tali farmaci vanno usati in combinazione con altri DAAs. L’attività antivirale è principalmente rivolta verso HCV genotipo 1 [12].

Un secondo gruppo di DAAs è costituito dai farmaci inibitori del complesso di replicazione NS5A, che è una proteina essenziale per la replicazione e l’assemblaggio di HCV. I più importanti DAAs inibitori di NS5A sono daclatasvir, ledipasvir, ombitasvir, ed elbasvir; sono potenti antivirali pan-genotipici (Figura 1) [12].

Gli inibitori della polimerasi NS5B sono un altro gruppo di DAAs; la polimerasi NS5B RNA- dipendente è una proteina essenziale per la replicazione di HCV. Sono classificati come inibitori nucleosidici (NI) o inibitori non- nucleosidici (NNI) (Figura 1). Gli inibitori nucleosidici sono attivi contro tutti i genotipi di HCV, poiché il sito catalitico di HCV è conservato in tutti i genotipi, ed hanno un buon profilo di resistenza. Il più importante farmaco in questo gruppo è il sofosbuvir che ha di recente ricevuto approvazione per uso in combinazione con ledipasvir o simeprevir. I farmaci inibitori NNI di NS5B (dasabuvir, beclabuvir, ed altri) sono meno potenti dei farmaci NI e sono più suscettibili di resistenza virale [12].

Lo scopo della terapia antivirale contro HCV è il raggiungimento della SVR. SVR viene definito come l’assenza di viremia HCV (HCV RNA) che persiste almeno 12 settimane dopo il completamento della terapia anti-virale. SVR è al momento considerato un indice affidabile di guarigione dalla infezione di HCV e si è rivelato durevole attraverso lunghi periodi di osservazione. I pazienti che hanno ottenuto SVR dopo la terapia anti-virale di HCV hanno ancora la presenza sierologica degli anticorpi anti- HCV ma non hanno più presenza di viremia HCV nel siero, parenchima epatico e cellule mononucleari. Anche quando è somministrata una terapia immunosoppressiva importante, il rischio di recidiva dell’infezione è estremamente basso. I regimi terapeutici anti- HCV a base di interferone avevano come obbiettivo la SVR24 (clearance di HCV che persiste almeno 24 settimane dopo il completamento della terapia anti-virale), gli odierni trattamenti anti- HCV a base di DAAs hanno come obbiettivo il raggiungimento di SVR12 [12].

Terapia antivirale dell’epatite C nei nefropatici cronici: studio C-SURFER

Lo studio più importante riguardo la terapia antivirale di HCV nella popolazione con CKD è lo studio C-SURFER [14]. Si tratta di uno studio in fase 3 randomizzato di sicurezza e osservazionale di efficacia. Sono stati randomizzati pazienti con CKD (stadio 4 e 5) ed infezione HCV genotipo 1 a ricevere grazoprevir (100 mg/die, inibitore della proteasi NS3/4A) ed elbasvir (50 mg/die, inibitore di NS5A) nel gruppo di studio (‘immediate treatment group’) o placebo (‘deferred treatment group’) per 12 settimane. Sono stati inclusi 111 pazienti nel gruppo di studio, e 113 nel gruppo placebo, 11 sono stati assegnati ad ulteriore gruppo di analisi farmacocinetica. In tutto, 179 (76%) erano in emodialisi, 122 (52%) avevano infezione da HCV genotipo 1A, 189 (80%) non erano mai stati trattati, 14 (6%) erano cirrotici e 108 (46%) erano Afro Americani. Nel gruppo di studio ed in quello di monitoraggio farmacocinetico la SVR12 era 94.3% (115/122). Dei sette pazienti che non avevano raggiunto SVR12, sei avevano interrotto il trattamento per ragioni diverse da mancata risposta virale, e uno aveva ricevuto recidiva di HCV. La frequenza di aventi avversi era simile tra pazienti nel gruppo di studio e placebo (76% vs. 84%, NS); la maggior parte degli eventi avversi era di intensità lieve o moderata in entrambi i gruppi. La natura dei più comuni eventi avversi (cefalea, nausea, ed astenia) era comparabile tra i due gruppi. La frequenza di pazienti che avevano interrotto il trattamento antivirale a causa di eventi avversi era 0% e 4% (5/113) nel gruppo di studio e placebo, rispettivamente. I pazienti che avevano interrotto il trattamento nel gruppo placebo (‘deferred treatment group’) avevano lamentato dolore addominale, elevazione della transaminasi, fibrillazione atriale, aumento delle lipasi, ed infarto miocardico, rispettivamente.

Successivamente alla pubblicazione dello studio, anche i pazienti del ‘deferred treatment group’ hanno completato la terapia antivirale; la SVR12 è stata pari a 95% (97/102) [15].

Terapia antivirale dell’epatite C nei nefropatici cronici: studio RUBY-I

Un altro studio riguardo la terapia anti- HCV nei pazienti con insufficienza renale cronica avanzata è stato pubblicato qualche settimana fa: lo studio RUBY- I [16]. Tale studio ha valutato efficacia e sicurezza della combinazione antivirale 3D (ombitasvir/paritaprevir e ritonavir/dasabuvir, con o senza ribavirina) in pazienti con CKD stadio 4 e 5 ed infezione da HCV genotipo 1. Sono stati inclusi in tutto 20 pazienti; 17 (85%) erano di sesso maschile, 14 (70%) erano afro-americani, 13 (65%) avevano genotipo HCV 1a, e 11 (55%) erano diabetici. Sei (30%) avevano CKD stadio 4 e 14 (70%) CKD stadio 5 (alcuni in emodialisi periodica). I pazienti con infezione da HCV genotipo 1a (n=13, 65%) avevano ricevuto OBV/PTV/r + DSV +RBV, i pazienti con infezione da HCV genotipo 1b (n=7, 35%) erano stati trattati con OBV/PTV/r +DSV. La posologia era la seguente: OBV, 25 mg/die; PTV, 150 mg/die; r, 100 mg/die + DSV (250 mg x2 die)+ RBV, 200 mg/die; tutti i pazienti avevano completato 12 settimane di trattamento. La frequenza di SVR12 era 90% (95% CI, 69.9; 97.2); un paziente era deceduto poco dopo la fine della terapia antivirale (la morte non è stata attribuita alla terapia antivirale), un altro aveva mostrato recidiva di HCV. Nessun paziente aveva interrotto anticipatamente la terapia antivirale per eventi avversi. Gli eventi avversi lamentati dai pazienti erano prevalentemente lievi (astenia, diarrea, nausea, cefalea, edemi periferici); quattro pazienti hanno mostrato eventi avversi importanti (tutti considerati non imputabili al trattamento). Anemia era l’evento avverso più comune (n=9), ed era stato lamentato solamente dai pazienti con infezione HCV genotipo 1a che avevano ricevuto OBV/PTV/r + DSV +RBV. In tutti i nove pazienti la RBV è stata interrotta, nessuno è stato trasfuso, quattro hanno usato EPO. Tre dei nove pazienti hanno ricominciato RBV, gli altri hanno completato la terapia antivirale senza RBV.

La disponibilità di molteplici DAAs ha sollevato il problema delle interazioni tra farmaci; ad esempio, il ritonavir è un importante inibitore del citocromo P450(CYP)3A4, un enzima importante nel metabolismo di molti farmaci. I pazienti nefropatici cronici sono un gruppo di pazienti con molteplici co-morbidità e pertanto assumono svariati farmaci al domicilio. Il problema delle interazioni farmacologiche nei pazienti in terapia con DAAs ha risvolti importanti nella quotidiana routine clinica [17].

Terapia antivirale dell’epatite C nei pazienti nefropatici cronici: uso di sofosbuvir

Sono stati di recente pubblicati alcuni piccoli studi riguardo efficacia e sicurezza della terapia anti-virale HCV con uso di sofosbuvir [18] [19] [20]. Studi di farmacocinetica hanno dimostrato come sia importante l’escrezione renale di sofosbuvir (Tabella 2); pertanto, la scheda tecnica relativa a tale farmaco ne controindica l’uso quando il filtrato glomerulare è < 30 mL/min/1.72m2. In tutto, sono stati trattati 38 pazienti: 28 sottoposti ad emodialisi periodica, e 1 dialisi peritoneale; nove avevano insufficienza renale cronica avanzata (eGFR <30 mL/min). La SVR12 era pari a 89% (34/38). Trentacinque pazienti hanno completato terapia antivirale per un totale di 12 settimane, in tre la terapia antivirale era di 24 settimane. Ventisei erano infetti con HCV genotipo 1a, e venti erano cirrotici. Gli schemi di terapia antivirale erano: sofosbuvir/simeprevir (n=35), sofosbuvir/ribavirina (n=2), ed uno sofosbuvir/ribavirina/interferone peghilato. In tutti gli studi la terapia con sofosbuvir prevedeva basse dosi di farmaco; undici pazienti hanno ricevuto sofosbuvir 200 mg/die, 23 hanno assunto sofosbuvir 400 mg/die, e 4 sosfosbuvir 400 mg a giorni alterni. Tutti i pazienti hanno ricevuto una dose standard di simeprevir (150 mg/die). La posologia della ribavirina era compresa tra 200 mg x2/die e 600 mg x2/die. Non sono stati effettuati aggiustamenti di dose durante la terapia, eccetto per la ribavirina (la posologia è stata ridotta in due pazienti). Un paziente (in terapia con sofosbuvir/ribavirina/interferone peghilato) è stato costretto ad interrompere anticipatamente la terapia antivirale a causa di eventi avversi (anemia e leucopenia). Sono stati osservati altri eventi avversi, nessuno era stato considerato severo da richiedere l’interruzione del trattamento. Eventi avversi minori sono stati: cefalea (n=1), nausea (n=1), astenia (n=3), rash (n=1), diarrea (n=1), glomerulonefrite (n=1), e anemia (n=6). Due pazienti sono stati trasfusi.

Terapia antivirale dell’epatite C nei pazienti nefropatici cronici: lo studio HCV-TARGET

Lo studio HCV-TARGET è uno studio multicentrico, longitudinale, ottenuto da un consorzio di centri accademici (n=39) e non (n=15) del Nord America ed Europa [21]. È stato arruolato un totale di 1,789 pazienti, di cui 73 avevano eGFR <45 mL/min/1.73m2 e 1,716 eGFR >45 ml/min/1.73m2. Il 16% (n=288) dei pazienti aveva età anagrafica >65 aa, il 36% (n=649) era di sesso femminile. La maggior parte dei pazienti arruolati era di razza caucasica (n=1,428, 80%); il 52% (n=930) era cirrotico, il 23% (n=415) diabetico. Il 53% (n=950) aveva ricevuto in passato terapia antivirale anti- HCV. Il 65% (n=1,159) aveva infezione con HCV genotipo 1, solo 5 (<0.5%) pazienti erano in emodialisi. La frequenza di SVR12 è stata del 82% (1,273/1,559) (95% CI, 80%-84%). Gli schemi di terapia antivirale adottati sono stati: sofosbuvir/simeprevir (n=655), sofosbuvir/ribavirina (n=459), sofosbuvir/simeprevir/ribavirina (n=195), e sofosbuvir/interferone peghilato/ribavirina (n=250). SVR12 era simile indipendentemente dallo schema di terapia adottato, 87% nel caso di pazienti trattati con sofosbuvir/simeprevir, 75% nel gruppo sofosbuvir/ribavirina, 81% nel gruppo sofosbuvir/simeprevir/ribavirina e 81% nei pazienti che hanno ricevuto sofosbuvir/peg-interferon/ribavirina. SVR12 era ottenuta nel 83% (53/64) dei pazienti con eGFR basale <45 mL/min/1.73m2 vs. 82% (1,220/1,495) nei pazienti con eGFR basale >45 mL/min/1.73m2. L’analisi multivariata ha dimostrato che un GFR<45 mL/min/1.73m2 non era fattore predittivo di SVR12 (IRR, 0.95; 95% CI, 0.8-1.12).

Il numero di pazienti che avevano interrotto precocemente la terapia antivirale per la presenza di eventi avversi era 46. Non c’era differenza significativa riguardo i pazienti che avevano interrotto precocemente il trattamento antivirale categorizzati a seconda dei livelli di eGFR, 4% (3/73) (eGFR<45mL/min/1.73m2) vs. 3% (43/1,716) (eGFR>45mL/min/1.73m2), NS. L’incidenza di anemia era maggiore nei pazienti con ridotti livelli di eGFR, 30% (22/73) nei pazienti con eGFR<45mL/min/1.73m2 vs. 16% (273/1,716) in quelli con eGFR>45 mL/min/1.73m2 (P<0.001). Il peggioramento della funzione renale era più frequente nel sottogruppo con ridotti livelli di eGFR, 15% (11/73) nei pazienti con eGFR<45 mL/min/1.73m2 vs. 1% (18/1,716) con eGFR>45 mL/min/1.73m2 (P<0.001). L’incidenza di SAE (serious adverse events) era più alta nel primo che nel secondo sottogruppo, 22% (16/73) (eGFR <45 mL/min/1.73m2) vs. 6% (108/1,716) (eGFR >45 mL/min/1.73m2) (P<0.001).

Nel sottogruppo di pazienti che non ha assunto ribavirina (n=718), la frequenza di anemia era 31% (12/39) nei pazienti con eGFR<45 mL/min/1.73m2 vs. 16% (109/679) nei pazienti con eGFR>45 mL/min/1.73m2 (P=0.03). L’incidenza di SAE era 18% (7/39) nei pazienti con eGFR<45 mL/min/1.73m2 vs. 5% (34/679) nei pazienti con eGFR>45 mL/min/1.73m2 (P=0.005). Il peggioramento della funzione renale occorreva più frequentemente nel primo che nel secondo gruppo, 10% (4/39) nei pazienti con eGFR<45 mL/min/1.73m2 vs. 1% (9/679) nei pazienti con eGFR>45 mL/min/1.73m2 (P=0.004).

Terapia antivirale dell’epatite C nei pazienti portatori di trapianto di rene

Gli studi riguardo l’utilizzo dei DAAs nella terapia di HCV in pazienti portatori di trapianto renale funzionante sono estremamente esigui, almeno per ora. Venti pazienti sono stati trattati a Filadelfia (USA) [22]. Sono stati adottati svariati regimi terapeutici quali sofosbuvir/simeprevir (n=9), sosfosbuvir/ribavirina (n=3), sofosbuvir/ledipasvir (n=7), e sofosbuvir /daclatasvir (n=1). La maggior parte (95%=19/20) è stata trattata per 12 settimane. La SVR12 è stata 100% (20/20). La terapia è stata ben tollerata, nessun paziente ha dovuto interrompere anticipatamente la terapia per occorrenza di eventi avversi; due pazienti che avevano ricevuto ribavirina hanno ridotto la dose per anemia, uno è stato trasfuso. Indipendentemente dallo schema di terapia antivirale adottato, un aggiustamento della posologia dei farmaci inibitori della calcineurina è stato necessario nel 45% dei pazienti anche se non era associato ad alcuno schema specifico di terapia antivirale. In Francia [23], venticinque pazienti portatori di trapianto renale sono stati di recente trattati con: sofosbuvir/ribavirina (n=3), sofosbuvir/daclatasvir (n=4), sofosbuvir/simeprevir con (n=1) o senza (n=6) ribavirina; sofosbuvir/ledipasvir con (n=1) o senza ribavirina (n=9), sofosbuvir/peg-interferon/ribavirina (n=1). La SVR12 era ottenuta nel 100% dei casi. La tolleranza alla terapia con DAAs era eccellente; la clearance di HCV RNA si accompagnava a significativa riduzione dei livelli ematici dei farmaci inibitori della calcineurina in molti pazienti.

Conclusioni e prospettive future

L’avvento dei farmaci antivirali ad azione diretta ha radicalmente modificato il trattamento dell’infezione da HCV [24]. Sono al momento disponibili alcuni regimi terapeutici anti- HCV ad uso esclusivamente orale, privi di interferone e anche ribavirina; essi hanno forniti risultati eccellenti nei pazienti con funzione renale intatta. L’evidenza riguardante l’uso dei farmaci DAAs nei pazienti con insufficienza renale cronica è ancora limitata anche se alcuni studi recenti hanno fornito risultati molto incoraggianti, ed altri sono in corso. Negli ultimi due anni, molti autori hanno dimostrato che i pazienti con funzione renale integra che ottengono risposta virale (SVR) hanno benefici clinici riguardanti manifestazioni epatiche ed extra-epatiche del virus [25] (full text). Rimane da chiarire se sarà possibile osservare questo anche nei pazienti con malattia renale cronica. I costi dei DAAs sono al momento molto alti, non solo in Italia, ma si ridurranno probabilmente nei prossimi anni anche come conseguenza della competizione manufatturiera; è auspicabile, inoltre, che l’accesso alle cure con i DDAs sia allargato per offrire il trattamento anche ai pazienti con forme più lievi di fibrosi epatica. Nel frattempo, la terapia antivirale combinata interferone peghilato e ribavirina può dare risultati soddisfacenti nei pazienti nefropatici quando è fornita da clinici esperti in popolazioni appropriate.

Ringraziamenti

Questo studio ha ricevuto supporto tramite il fondo di ricerca ‘Project Glomerulonephritis’, in memoria di Pippo Neglia (Associazione Amici del Croff- Onlus).

Dichiarazione conflitto di interessi

Il Dr. F. Fabrizi ha ricevuto contributo economico (Advisory Board) da MSD e AbbVie

Abbreviazioni

CCT, controlled clinical trial (studio clinico controllato); CKD, chronic kidney disease (nefropatia cronica); DAAs, direct-acting antivirals (farmaci ad azione antivirale diretta); ESRD, end-stage renal disease (insufficienza renale cronica terminale); HCV: hepatitis C virus (virus dell’ epatite C); pegIFN, interferone peghilato; RCT: randomized controlled trial (studio randomizzato controllato); RT, renal transplant (trapianto renale); SVR, sustained virological response (risposta virologica protratta); SVR12 risposta virologica che si mantiene 12 settimane dopo aver completato la terapia antivirale.

Bibliografia

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Tabella 1
Farmaci antivirali ad azione diretta (DAAs) e meccanismo d’azione

Classe Inibitori proteasi NS3/4A Inibitori NS5A Inibitori polimerasi

NS5B

(Analoghi nucleosidici)

Inibitori polimerasi

NS5B

(Analoghi non- nucleosidici)

Inibitori ciclofillina
Farmaco Telaprevir

Boceprevir

Simeprevir

Paritaprevir

Grazoprevir

Faldaprevir

Asunaprevir

Danoprevir

Vaniprevir

Daclatasvir

Ledipasvir

Elbasvir

Ombitasvir

Velpatasvir

Sofosbuvir

VX-135

IDX20963

ACH-3422

Dasabuvir

Deleobuvir

Beclabuvir

PPI-383

GS-6006

TMC647055

Alisporivir

Miravirsen

Tabella 2
Alcuni schemi di trattamento iniziale per l’epatite C (aggiornamento ad Aprile 2016): Efficacia e vie di eliminazione dei farmaci antivirali ad azione diretta

Genotipi HCV

SVR12

Eliminazione

Daclatasvir/ Sofosbuvir 1, 2, 3 96% (GT1) Daclatasvir=urine 6.6%, feci 88%
Grazoprevir/Elbasvir 1, 4 >93% (GT1) Urine <1%, feci >90%
Ledipasvir/ Sofosbuvir 1, 4, 5, 6 >94% (GT1) Sofosbuvir=urine 80%, feci 14%

Ledipasvir=urine 1%, feci 86%

Ombitasvir/Paritaprevir+ Ritonavir/ Dasabuvir + Ribavirina 1, 4 95.8% (GT1a)

99.7% (GT1b)

Ombitasvir=urine 2%, feci 90%

Paritaprevir=urine 9%, feci 88%

Ritonavir=urine 11%, feci 86%

Dasabuvir=urine 2%, feci 94%

Ribavirina/ Sofosbuvir 2, 3 94% (GT2) Ribavirina=urine 61%, feci 12%
Simeprevir/ Sofosbuvir 1a, 1b >95% Simeprevir=urine <1%, feci 91%
Sofosbuvir/ Interferone peghilato/ Ribavirina 3, 4, 5, 6 95% (GT3) Peg-IFN=non chiara (principalmente renale)