Settembre Ottobre 2016 - Linee guida per la malattia policistica renale dell'adulto

Trattamento della malattia policistica autosomica dominante del rene (ADPKD) – Tolvaptan

Abstract

La European Medicines Agency approva tolvaptan per rallentare sviluppo di cisti e progressione insufficienza renale in adulti con ADPKD,filtrazione glomerulare ≥60 mL/min x 1.73 m2 e malattia rapidamente progressiva. In multicentrico triennale su 1.445 pazienti con ADPKD non-genotipizzata, età 18-50 anni, creatinina clearance predetta ≥60 mL/min e volume totale renale ≥750 mL, tolvaptan rallentava progressione insufficienza renale (-23%-46% a seconda dell’obiettivo), riduceva incremento volume renale e dolore senza effetti su ipertensione ed albuminuria. Nel 4% dei pazienti, trattamento induceva epatopatia idiosincrasica reversibile (1% nel placebo). Tolvaptan antagonizza effetti ADH, riduce generazione AMP ciclico nel nefrone distale ed induce diuresi acquosa. Ha elevato legame proteico ed emivita di 8 ore. Il dosaggio è 60-120 mg/dì in due dosi diseguali (ad esempio 45/15 oppure 60/30 mg). Trattamento inizia con dose minore e si titola alla dose maggiore con cautela. Insufficienti i dati in epatopatie o nefropatie severe. Non esistono antidoti contro sovradosaggio. Si assume che dialisi non rimuova il tolvaptan. Effetti acquaretici impongono elevato introito di liquidi per evitare disidratazione. Trattamento va ridotto o sospeso se inadeguata assunzione liquidi o disidratazione. Peso, sodiemia ed osmolalità plasmatica informano su rischio disidratazione. Non investigata efficacia su insufficienza renale terminale, patologie non-renali ADPKD-correlate e mortalità.

Parole chiave: creatinina, rene policistico, tolvaptan, volume renale

 

Raccomandazioni

La European Medicines Agency ha approvato l’indicazione all’uso del tolvaptan per rallentare la crescita del volume dei reni ed il declino della funzione renale negli adulti con forma autosomica dominante di rene policistico (ADPKD).

La European Medicines Agency suggerisce che la prescrizione del tolvaptan per questa indicazione sia limitata a specialisti con esperienza nella ADPKD e sia legata ad un’accurata registrazione degli effetti indesiderati con particolare attenzione alla comparsa di danno epatico idiosincrasico.

Il tolvaptan nella terapia del ADPKD

Nel febbraio 2015 la EUROPEAN MEDICINES AGENCY (EMA) ha reso pubblica la notizia che il Committee for Medicinal Products for Human Use ha approvato l’uso del tolvaptan come terapia per l’ADPKD [1]. La specifica indicazione all’uso del tolvaptan è il rallentamento dello sviluppo delle cisti e della progressione dell’insufficienza renale in persone con ADPKD che, prima del trattamento, hanno età adulta, malattia renale cronica grado 1-2 (cioè con velocità di filtrazione glomerulare misurata o stimata ≥ 60 mL/min x 1.73 m2) e segni di malattia rapidamente progressiva. Il tolvaptan è un antagonista recettoriale dell’ormone antidiuretico (ADH) che riduce gli effetti dell’ADH sul recettore V2 del nefrone distale e, in particolare, riduce la generazione di AMP ciclico indotta dall’ADH inducendo così una diuresi acquosa (effetto acquaretico). Gli effetti favorevoli del tolvaptan nell’ADPKD sarebbero spiegati dalla riduzione della generazione di AMP ciclico, molecola che stimolerebbe la proliferazione delle cellule epiteliali delle cisti e la secrezione di fluido nelle cisti. Altri meccanismi non possono essere esclusi. Ad oggi, le modalità previste dall’EMA prevedono per il tolvaptan una prescrivibilità controllata ed un monitoraggio aggiuntivo centrato sulla necessità di acquisire ulteriori informazioni relative alla sicurezza del farmaco. Il dosaggio giornaliero totale dovrà essere 60-120 mg/dì refratti in due dosi diseguali: ad esempio 45 e 15 mg, oppure 60 e 30 mg, oppure 90 e 30 mg. La prima dose, più abbondante, andrà presa al mattino almeno 30 min prima di colazione; la seconda dose, meno abbondante, andrà presa con o senza cibo circa 8 ore dopo la dose del mattino. Il trattamento dovrà essere iniziato partendo dalla dose più bassa, cioè i 60 mg/dì (somministrati come 45+15 mg) e poi, se tollerato, titolato con intervalli almeno settimanali prima alla dose intermedia di 90 mg/dì (60+30 mg) e poi alla dose massima permessa di 120 mg/dì (90+30 mg). La titolazione alla dose maggiore andrà effettuata con cautela cercando di mantenere il paziente in trattamento con la dose più alta possibile ma, al tempo stesso, informando i pazienti sulla possibilità di ridurre il dosaggio in base alla tollerabilità del trattamento. In assenza di altri effetti indesiderati, gli effetti acquaretici del tolvaptan hanno un ruolo chiave nel ricercare e definire la tollerabilità del trattamento. Gli effetti acquaretici del farmaco, inoltre, impongono che i pazienti trattati aumentino sostanzialmente l’introito di liquidi. La disidratazione è una conseguenza inevitabile del trattamento efficace con tolvaptan se l’introito di liquidi non è aumentato in misura adeguata a compensare gli effetti acquaretici del farmaco. I Il monitoraggio di peso, sodiemia ed osmolalità plasmatica, sia misurata che stimata, dà informazioni utili per valutare il rischio di disidratazione. Una riduzione nel peso corporeo e/o un aumento di sodiemia o osmolalità plasmatica vanno considerati come indici di rischio o presenza di disidratazione. Il trattamento va ridotto o sospeso se si sospetta che il paziente non assuma la necessaria quantità di liquidi. Il monitoraggio dell’osmolalità urinaria, e in particolare l’evidenza di bassa osmolalità urinaria, dà invece informazioni utili alla valutazione dell’adeguatezza della dose utilizzata per antagonizzare gli effetti renali dell’ADH.

Il tolvpatan ha un elevato legame alle proteine del plasma (>95%) e, dopo la somministrazione orale, ha un’emivita di 8 ore circa. È intensamente metabolizzato nel fegato. I metaboliti hanno scarsa attività e sono eliminati più con le feci che con le urine (rispettivamente 60% e 40%). L’età e l’epatopatia lieve-media (classi Child-Pugh A e B) non influenzano significativamente i parametri farmacocinetici. I pochi ed insufficienti dati disponibili indicano che i livelli plasmatici del farmaco aumentano in presenza di epatopatia più severa o di insufficienza renale con filtrazione glomerulare < 60 mL/min x 1.73 m2.

Efficacia

I dati principali di efficacia del tolvaptan nell’ADPKD derivano da uno studio multicentrico i cui criteri di selezione, oltre alla diagnosi di ADPKD, erano un’età di 18-50 anni, un volume totale del rene (TKV) ≥ 750 mL ed una creatinina clearance stimata con l’equazione di Cockcroft & Gault ≥ 60 mL/min [2] (full text). Lo studio non prevedeva genotipizzazione dei pazienti ed arruolò un totale di 1.445 pazienti randomizzati con rapporto 2:1 in un braccio tolvaptan ed un braccio placebo (n = 961 e 484), per un trattamento della durata di 3 anni con la dose massima tollerabile dal paziente ma comunque non superiore ai 120 mg/dì. Rispetto al braccio placebo, il trattamento con tolvaptan dimezzava circa la velocità di incremento del TKV, riduceva il peggioramento di funzione renale e sintomatologia dolorosa senza effetti su variazioni di pressione arteriosa ed albuminuria. I risultati dello studio erano coerenti con e senza normalizzazione del TKV per altezza, con espressione come modifiche assolute e percentuali rispetto ai valori pre-trattamento, con calcolo della creatinina clearance stimata sulla base del peso ideale [3] (full text), con esclusione dell’errore dell’equazione MDRD negli stadi della malattia renale cronica oggetto dello studio [4], con e senza esclusione del possibile effetto confondente della possibile disidratazione indotta dal trattamento.

Gli effetti favorevoli del tolvaptan sulla funzione renale nell’ADPKD consistevano in una riduzione della velocità di peggioramento della funzione renale oscillante da un minimo del 23% ad un massimo del 46% a seconda dell’obiettivo utilizzato nell’analisi come indice di progressione dell’insufficienza renale. Resta da stabilire l’efficacia su end-point veri quali insufficienza renale terminale (necessità di dialisi o trapianto di rene), patologie non-renali ADPKD-correlate e mortalità. Infine, i risultati dello studio non supportano il modello ipotetico secondo il quale gli effetti di un trattamento sull’albuminuria siano un affidabile endpoint surrogato per prevedere gli effetti di quel trattamento su un endpoint vero come la progressione dell’insufficienza renale.

I dati principali relativi alla sicurezza del tolvaptan nell’ADPKD derivano dallo stesso studio sopra descritto per l’efficacia. I più comuni effetti indesiderati del trattamento con tolvaptan erano i disturbi urinari legati all’azione acquaretica del farmaco. Poliuria, nicturia, pollachiuria e sete si osservano in almeno il 20% dei pazienti e spesso provocano l’abbandono del trattamento. Un effetto più raro dell’azione acquaretica è la ritenzione urinaria acuta che può presentarsi in caso di patologie ostruttive della via urinaria. In caso di introito di liquidi inferiore alle necessità, un effetto indesiderato più importante è la disidratazione con possibile secondario peggioramento della funzione renale, di solito reversibile. In tali casi è necessario aumentare l’introito di liquidi e/o ridurre o interrompere il trattamento. Per la disidratazione e le sue conseguenze sono a rischio elevato i pazienti con malattie che compromettono l’assunzione di liquidi o che comportano la perdita di liquidi (sudorazione profusa, vomito, diarrea, ecc.). Sintomi quali bocca secca, vertigini, svenimenti, palpitazioni, confusione, debolezza, deambulazione difficoltosa, iper-reflessia, convulsioni ed ottundimento sono suggestivi di rischio o presenza di disidratazione o di squilibri elettrolitici la cui esistenza va ricercata con la misura degli elettroliti sierici almeno ogni 3 mesi. Il trattamento può aggravare il grado di iperglicemia nel diabete tipo II non-controllato e può indurre iperuricemia > 10 mg/dL o, più raramente, attacchi di gotta. Questi effetti metabolici sono attribuiti alla disidratazione e ad una riduzione dell’escrezione renale di acido urico, non impongono l’interruzione del trattamento ma sottolineano la necessità della valutazione dei valori di glicemia ed uricemia prima e durante il trattamento.

È stata evidenziata la possibilità di danno epatico idiosincrasico in corso di trattamento con tolvaptan. Tale danno si evidenzia come ipertransaminasemia e, più raramente, iperbilirubinemia totale. Ipertransaminasemia con valori almeno tre volte superiori al limite superiore normale (3xlsn) è stata osservata nel 4% circa dei pazienti trattati con tolvaptan rispetto all’1% circa del gruppo placebo. Meno del 10% dei casi con ipertransaminasemia 3xlsn aveva anche iperbilirubinemia con valori due superiori al limite superiore normale (2xlsn). I segni di danno epatico comparivano dopo trattamento di durata variabile da 3 a 14 mesi e regredivano dopo 1-4 mesi di sospensione del trattamento. Nella casistica disponibile per il tolvaptan nella ADPKD, il danno epatico è stato sempre reversibile ma, per altri farmaci, segni simili di danno epatico sono stati talvolta associati a danni epatici irreversibili e pericolosi per la vita. In conseguenza di queste evidenze, il medico deve misurare transaminasemia e bilirubinemia prima di iniziare il trattamento, ripetere queste misurazioni ogni mese nei primi 18 mesi di trattamento, ogni tre mesi dal 19° mese in poi, e deve inoltre monitorare segni clinici suggestivi di danno epatico. Se compare ipertransaminasemia severa (>3xln) e/o iperbilirubinemia severa (>2xlsn), il trattamento va subito interrotto, le analisi vanno ripetute entro 48-72 ore e poi con frequenza fino alla risoluzione o stabilizzazione dell’alterazione. Se compare ipertransaminasemia non severa (<3xln) e/o iperbilirubinemia non severa (<2xlsn), il trattamento può essere continuato ma la frequenza delle analisi di controllo deve essere maggiore di quella su indicata per verificare la normalizzazione dei valori. Il trattamento va poi interrotto se se ipertransaminasemia e/o iperbilirubinemia persistono o peggiorano.

Non esistono antidoti in caso di sovradosaggio di tolvaptan che può essere sospettato in presenza di intensificazione degli effetti indotti dal tolvaptan (poliuria, ipersodiemia, ecc.). Se si sospetta sovradosaggio vanno monitorati i segni vitali, gli elettroliti sierici, l’ECG, e lo stato di idratazione. Si assume che la dialisi non riduca i livelli di tolvaptan dato l’elevato legame del farmaco alle proteine del plasma. Un’elencazione completa degli effetti collaterali è presente nel sito dell’EMA [1].

Dati i significativi effetti acquaretici del tolvaptan, va evitato l’uso di farmaci o integratori che possano causare o favorire lo sviluppo di ipersodiemia. Non sono disponibili dati adeguati sull’uso di diuretici insieme al tolvaptan. In caso di disidratazione, anche solo sospettata, la somministrazione di diuretici e/o tolvaptan va sospesa. In assenza di dati relativi agli effetti del tolvaptan sulla pressione arteriosa in ortostatismo, non è possibile escludere sinergismi tra tolvaptan ed anti-ipertensivi non diuretici che determinino o favoriscano lo sviluppo di ipotensione ortostatica. Il tolvaptan, in quanto antagonista recettoriale dell’ADH, potrebbe ridurre il rilascio di fattori coagulativi indotto dalla desmospressina o altri analoghi dell’ADH che è talvolta utilizzato nella diagnostica e nella terapia di alcuni disordini coagulativi (ad es. malattia di Von Willebrand).

Poiché il tolvaptan è intensamente metabolizzato dal sistema CYP3A, le sue concentrazioni plasmatiche in corso di trattamento sono aumentate dall’uso contemporaneo di inibitori del citocromo P450 e viceversa diminuite dall’uso contemporaneo di induttori del citocromo P450. Pertanto, la dose di tolvaptan va ridotta in caso di uso di inibitori del citocromo P450 ed aumentata in caso di uso di induttori del citocromo P450 (rifampicina, rifabutin, rifapentin, fenitoina, carbamazepina). Identica interazione esiste con il succo di pompelmo che è un potente inibitore del citocromo 450. I dati disponibili non indicano effetti significativi del tolvaptan sui livelli plasmatici di warfarin o amiodarone ma non si esclude che il farmaco possa aumentare le concentrazioni di altri substrati del CYP3A. Aumenti del 20-30% nei livelli di digossinemia sono stati osservati durante trattamento con tolvaptan. Effetti simili potrebbero esistere per altri substrati P-gp come il dabigatran. Non sono state indagate le possibili interazioni tra tolvaptan ed alcool o fumo.

L’uso del tolvaptan è controindicato nelle condizioni elencate nella Tabella 1. Per quel che riguarda l’uso in sottogruppi particolari, non sono disponibili dati in pazienti con età > 50 anni. Nei pazienti con epatopatia non severa, cioè con ipertransaminasemia <3xlsn e/o iperbilirubinemia <2xlsn, il trattamento può essere iniziato se, d’accordo con un epatologo, i potenziali benefici superano chiaramente i potenziali rischi. La frequenza delle analisi di controllo in questi pazienti deve essere però maggiore di quella su indicata. Infine, al momento, la lista degli eccipienti fornita dal produttore non evidenzia componenti che potrebbero controindicare l’uso delle compresse di tolvaptan nella malattia celiaca.

Bibliografia

[1] www.ema.europa.eu

[2] Torres VE, Chapman AB, Devuyst O et al. Tolvaptan in patients with autosomal dominant polycystic kidney disease. The New England journal of medicine 2012 Dec 20;367(25):2407-18 (full text)

[3] Cirillo M, Anastasio P, De Santo NG et al. Relationship of gender, age, and body mass index to errors in predicted kidney function. Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association – European Renal Association 2005 Sep;20(9):1791-8 (full text)

[4] Stevens LA, Coresh J, Greene T et al. Assessing kidney function–measured and estimated glomerular filtration rate. The New England journal of medicine 2006 Jun 8;354(23):2473-83

Tabella 1
Tolvaptan in ADPKD: controindicazioni e relative cause

Controindicazione Causa della controindicazione
malattia renale cronica stadio 5
(filtrazione glomerulare misurata o stimata < 15 mL/min x 1.73 m2)
dati mancanti e sospetto di danni epatici più frequenti
trattamento dialitico cronico dati mancanti e sospetto di danni epatici più frequenti
assenza o riduzione del senso di sete rischio elevato di disidratazione
ipovolemia, ipersodiemia, ipo- e pseudo-iposodiemia
(iperglicemia severa)
rischio elevato di peggioramento squilibrio idro-elettrolitico
danno epatico severo
(ipertransaminasemia >3xlsn o iperbilirubinemia >2xlsn)
rischio elevato di peggioramento del danno epatico
ipersensibilità o reazioni anafilattiche a tolvaptan o eccipienti
(amido di mais, idrossipropilcellulosa, lattosio, stearato di magnesio, cellulosa microcristallina, indigo carminio, alluminio)
rischio elevato di reazioni allergiche
disordini metabolismo di lattosio o galattosio rischio di tossicità (lattosio negli eccipienti)
Gravidanza dati assenti
Allattamento dati assenti
età pediatrica dati assenti