Settembre Ottobre 2016 - Linee guida per la malattia policistica renale dell'adulto

ADPKD: diagnosi molecolare

Abstract

La maggior parte dei pazienti ADPKD non necessitano di test genetico. Quando indicato, la tecnica più utilizzata è il sequenziamento secondo Sanger. Se non è identificata una mutazione patogenetica con Sanger, deve essere eseguita la multiplex ligation-dependent probe amplification analysis (MLPA), per rilevare riarrangiamenti genici (inserzione/ delezione). Le nuove tecniche di next generation sequencing (NGS), in grado di produrre un output molto elevato di sequenze, garantiscono uno screening molecolare più rapido e meno costoso. Infine, in futuro, il sequenziamento dell’esoma (WES) o il sequenziamento di pannelli di geni (targeted sequencing, TS) avranno probabilmente un ruolo importante nella diagnostica molecolare di ADPKD. Il test genetico è indicato in diverse condizioni: storia familiare negativa; imaging renale equivoco/atipico; fenotipo renale discordante all’interno della famiglia; precoce e grave PKD; consulenza riproduttiva e diagnosi genetica pre-impianto; trapianto da donatore vivente consanguineo.

Parole chiave: metodo Sanger, Next Generation Sequencing (NGS), rene policistico autosomico dominante, test genetico

 

Raccomandazioni

  1. Il metodo per l’esecuzione del test genetico più largamente impiegato oggi è l’analisi mutazionale secondo Sanger. È prevedibile nei prossimi anni una notevole estensione dell’impiego delle metodiche di NGS nell’ambito della diagnostica molecolare dell’ADPKD, che renderà più agevole, sensibile e meno costoso lo screening mutazionale (ungraded).
  2. Il test genetico, costoso e laborioso, non si rende necessario nella maggior parte dei pazienti con ADPKD, che mostrano una storia familiare ed una presentazione clinica e strumentale tipica della malattia. (ungraded).
  3. Il test genetico è raccomandato nelle seguenti condizioni:
  • A. trapianto da donatore vivente consanguineo
  • B. Assenza di familiarità, specie se imaging equivoco ed atipica presentazione della malattia
  • C. Soggetti ad esordio di malattia cistica renale molto precoce
  • D. Diagnosi genetica pre-natale o pre-impianto

1. Metodi di Indagine Molecolare

I metodi impiegati per l’esecuzione del test genetico sono tre: analisi di linkage; analisi mutazionale tramite sequenziamento genico diretto secondo Sanger; analisi mutazionale mediante sequenziamento massivo parallelo ad alta processività (Next Generation Sequencing; NGS).

Analisi di Linkage

Storicamente, l’analisi di linkage, che risulta essere accurata, è stata la prima ad essere impiegata, utilizzando marcatori polimorfici altamente informativi (microsatelliti) localizzati in prossimità dei due geni-malattia [1]. Una volta identificato l’aplotipo di rischio all’interno di una famiglia, gli individui a rischio possono essere analizzati ricercando la presenza/assenza di quell’aplotipo. Il principale limite dell’analisi di linkage è che, per essere informativa (cioè stabilire all’interno della singola famiglia quale dei due geni è responsabile della malattia), richiede almeno 4 familiari affetti disponibili all’esecuzione del test; pertanto solo famiglie numerose possono essere avviate a questo test per confermare il linkage a uno dei due geni. L’analisi di linkage richiede inoltre una accurata diagnosi clinica di ADPKD e la conoscenza dei legami di parentela fra i membri affetti. Questi limiti rendono possibile l’esecuzione dell’analisi di linkage in meno del 50% delle famiglie. Poiché i risultati dell’analisi di linkage sono indiretti, l’interpretazione dei risultati appare inoltre inficiata in presenza di mutazione de novo, di ricombinazione, di mosaicismo (presenza di più di una linea cellulare geneticamente distinta in un individuo), di alleli isomorfici (variante del DNA che riduce la quantità di prodotto genico e/o la sua qualità funzionale) e di malattia “bi-lineal” (presenza di malattia sia nel ramo paterno che materno della famiglia) e/o di un modello di ereditarietà oligogenica(coesistenza, oltre alla mutazione a carico dei geni PKD1 o PKD2, di mutazioni in altri cistogeni) [2] (full text) [3] [4] [5] (full text) [6] (full text)Per [7] (full text)queste motivazioni, l’analisi di linkage è oggi raramente effettuata, eccetto che per lo screening degli embrioni nell’ambito della Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD), tecnica utilizzata per selezionare embrioni sani prodotti tramite fecondazione in vitro per l’impianto. L’impiego della PGD è influenzato da valori etici, da costi economici, da severità della malattia e da differenti modalità regolatorie vigenti nei vari paesi. L’identificazione di embrioni portatori di una mutazione patogenetica richiede la biopsia. L’approccio più frequente consiste nella biopsia dell’embrione allo stadio di clivaggio (6-8 cellule), in cui un blastomero viene rimosso dall’embrione al 3° giorno di sviluppo. L’amplificazione del DNA da singola cellula espone al richio di “drop-out allelico”, con amplificazione di uno solo dei due alleli presenti nella cellula, che potrebbe esitare in una diagnosi errata. L’impiego dell’analisi di linkage può fornire garanzie contro questo problema ed è stato applicato con successo nei soggetti con ADPKD. Un metodo bioptico alternativo (biopsia della blastocisti) ha come bersaglio il trofoblasto al 5° giorno di sviluppo. Questo approccio rimuove numerose cellule per l’analisi, senza sacrificare nessuna parte dell’embrioblasto. La maggiore disponibilità di DNA confrontata con il metodo del singolo blastomero, facilita la diagnosi molecolare. In genere è combinato alla criopreservazione e al trasferimento di embrioni congelati per consentire più tempo per le analisi genetiche [8] (full text) [9] [10] (full text) [11].

Analisi mutazionale mediante sequenziamento genico diretto secondo Sanger

L’analisi mutazionale con metodo Sanger di tutti gli esoni e delle giunzioni di splicing dei geni PKD1 e PKD2 è il metodo oggi correntemente impiegato dalla maggior parte dei laboratori per la diagnosi molecolare di ADPKD [12] (full text). Mentre il gene PKD2 è un gene a singola copia sensibile allo screening mutazionale, il gene PKD1 è un gene di grandi dimensioni, molto complesso; i primi 33 esoni sono duplicati in sei pseudo-geni (PKD1P1-PKD1P6), caratterizzati da elevata identità di sequenza. Questo rende lo screening mutazionale di PKD1 estremamente laborioso e costoso [13]. Inoltre, il sequenziamento diretto dei geni PKD1 e PKD2 è in parte ostacolato dalla presenza di eterogeneità allelica. Ad oggi, più di 1272 mutazioni patogenetiche sono state riportate per PKD1 e 202 per PKD2 (http://pkdb.mayo.edu). Questi risultati indicano una vasta eterogeneità allelica, in assenza di hot-spot mutazionali o di frequenti mutazioni ricorrenti. L’attribuzione di un ruolo patogenetico ad una mutazione identificata può costituire una ulteriore difficoltà interpretativa dei risultati del test, poiché la maggior parte delle varianti sono uniche (“private”), e le varianti missenso nel gene PKD1 rappresentano circa un terzo di tutte le mutazioni. Il sequenziamento genico diretto è associato con una detection rate di mutazione variabile dall’85 al 90% dei casi; pertanto, circa il 10-15% dei pazienti con sospetto di ADPKD non ha mutazioni identificate, malgrado venga effettuata una analisi mutazionale completa. In questi casi, è sempre indicato cercare la presenza di ampi riarrangiamenti genici (delezioni o inserzioni di multipli esoni), non identificabili tramite Sanger per la loro estensione, ma diagnosticabili tramite l’impiego di una metodica quantitativa innovativa (Multiplex Ligation Probe Amplification; MLPA) che permette di osservare un difetto di “dose”, suggestivo della presenza di una delezione o di una duplicazione. La tecnica MLPA identifica alterazioni in circa il 4% dei soggetti affetti da ADPKD e nel 30% dei soggetti con ADPKD senza mutazione causativa identificata con il test genetico standard [14] (full text). Alcuni altri pazienti con ADPKD e test genetico standard negativo possono presentare un mosaicismo somatico, causa nota di espressività variabile di malattia in corso di ADPKD, difficile da diagnosticare con il sequenziamento di Sanger [15]. È utile tuttavia ricordare che il sequenziamento di Sanger applicato a un discendente affetto di un mosaico può consentire la scoperta della mutazione patogenetica; in questo caso, infatti, il discendente, usualmente affetto in maniera piu’ severa, ha ricevuto una cellula germinale con l’allele mutante e presenta tale anomalia in ogni cellula.

Analisi mutazionale mediante Next Generation Sequencing (NGS)

Rispetto alla tradizionale tecnologia di sequenziamento Sanger, le nuove piattaforme di sequenziamento NGS producono un output molto più elevato di sequenze, impiegando tempi minori e riducendo i costi. I primi studi disponibili mostrano risultati confortanti, con una sensibilità variabile da 78 a 83% a 99%, ed una specificità del 100% [16] (full text) [17] (full text)[18] (full text). È prevedibile che l’estensione dell’impiego delle metodiche di NGS alla diagnostica molecolare dell’ADPKD renderà più agevole lo screening mutazionale, permettendo la caratterizzazione di ampie coorti di soggetti con ADPKD. Inoltre, l’impiego di pannelli genici in grado di eseguire l’analisi mutazionale completa di PKD1 e PKD2 e di altri cistogeni (PKHD1, HNF1β) o il sequenziamento dell’intero esoma potrebbero permettere di identificare interazioni alleliche e geniche in grado di modulare la severità della malattia renale, ampliando le conoscenze su correlazione genotipo-fenotipo e prognosi dell’ADPKD.

2. Test Genetico: Indicazioni

Il metodo di scelta per eseguire l’analisi genetica di PKD1 e PKD2 è l’analisi mutazionale mediante sequenziamento genico diretto secondo Sanger, seguita dall’MLPA per la ricerca di riarrangiamento genico nei casi risultati negativi al test standard. Tuttavia, il test è costoso e laborioso, e non viene eseguito nella maggior parte dei pazienti che manifestano una presentazione tipica di ADPKD. Questo approccio limitativo alla esecuzione del test genetico deriva sia dalla conoscenza di ampia variabilità fenotipica inter/intra-familiare che dalla tradizionale mancanza di stretta correlazione genotipo-fenotipo. Tuttavia, è stata recentemente documentata in un’ampia coorte di soggetti con ADPKD una forte, insospettata correlazione genotipo-fenotipo: soggetti che albergavano mutazioni troncanti di PKD1 presentavano una prognosi più grave quando confrontati con soggetti con mutazioni non-troncanti di PKD1 [19] (full text). È pertanto verosimile che il test genetico in futuro possa assumere anche un valore prognostico, ampliando in modo significativo l’indicazione alla sua esecuzione. Ad oggi, il test genetico dovrebbe essere preso in considerazione nelle seguenti condizioni [20] [21]:

  1. quando l’imaging renale è equivoco e non permette di chiarire in maniera definitiva la diagnosi, specie in soggetti con età < 30 anni
  2. in un potenziale donatore di rene da vivente all’interno di una famiglia affetta, con imaging dubbio, in cui è richiesta una diagnosi definitiva
  3. in soggetti con storia familiare negativa per ADPKD, specie se esistono elementi che pongano in diagnosi differenziale l’ADPKD con altre malattie cistiche renali
  4. in presenza di una forma atipica di PKD, come nei casi di PKD ad esordio precoce e severo, condizione in cui possono giocare un ruolo determinante alleli ipomorfi o una eredità oligogenica; in presenza di un PKD con marcata asimmetria renale; in presenza di una insufficienza renale senza un significativo ingrandimento renale; in presenza di una notevole e discordante variabilità fenotipica della malattia all’interno della stessa famiglia
  5. nell’infanzia, in cui la malattia policistica renale può essere secondaria, oltre cha ad ADPKD, a rene policistico aurosomico recessivo (ARPKD) o ad altre rare malattie genetiche con fenotipo cistico renale (in genere altre ciliopatie) associato a caratteristiche sindromiche
  6. in pazienti che necessitino di counselling genetico prenatale e/o in coppie che richiedano una diagnosi genetica pre-impianto (PGD) per selezionare embrioni sani prodotti tramite fecondazione in vitro per l’impianto.

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