Maggio Giugno 2016 - Nefrologo in corsia

Intossicazione da litio: clinica neurologica, terapia nefrologica

Abstract

Il litio è un farmaco efficace nel trattamento del disturbo bipolare e di altre patologie psichiatriche e neurologiche. Sfortunatamente il suo indice terapeutico è ristretto ponendo i pazienti a rischio di intossicazione.

Il litio si distribuisce nei tessuti ed è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. Nelle forme di intossicazione cronica il corredo sintomatologico è prevalentemente neurologico con necessità di una diagnostica differenziale.

L’eliminazione del litio è invece quasi esclusivamente renale ed una riduzione della funzione renale è spesso la causa che conduce all’accumulo. Al nefrologo spettano pertanto l’inquadramento eziopatogenetico e la terapia che deve prevedere, ove possibile, il ripristino della funzionalità renale e nei casi più gravi il ricorso alla terapia emodialitica che è la modalità che ne garantisce la maggior clearance.

Prendendo spunto da un caso clinico si introducono i tre diversi tipi di intossicazione, si fa un breve cenno di farmacodinamica e si fornisce un richiamo alle più recenti indicazioni alla terapia dialitica nei casi più gravi.

Parole chiave: emodialisi, intossicazione, litio

 

Introduzione

Il litio è un farmaco efficace nel trattamento del disturbo bipolare e di altre patologie psichiatriche e neurologiche. Purtroppo il suo indice terapeutico è ristretto e i pazienti sono esposti al rischio di tossicità [1] [2] (full text).

I valori di litiemia non sempre sono correlati con la clinica. I sintomi, la gravità dell’intossicazione e l’atteggiamento terapeutico variano a seconda che il paziente sia o meno in terapia cronica con litio ed ovviamente anche in base alla dose assunta ed alla presenza di fattori (sostanzialmente renali) che possono aver modificato la clearance del litio.

Proprio in relazione a queste variabili si distinguono tre tipologie di intossicazione: acuta, acuta su cronica e cronica [1] [2] (full text) [3] [4] (Figura 1):

  • L’ intossicazione acuta si verifica in soggetti non in terapia con litio. In genere sono persone (spesso bambini) che vivono nello stesso nucleo familiare di un paziente trattato con litio. L’assunzione è il più delle volte accidentale, ma può essere anche volontaria con intento suicida. Nell’intossicazione acuta i pazienti manifestano principalmente sintomi gastrointestinali e, mancando una distribuzione tissutale, la sua eliminazione è più rapida rispetto ai pazienti in terapia cronica. È comunque necessario un monitoraggio clinico ed un controllo seriato dei valori di litiemia. In alcuni casi potrebbe essere indicata l’emodialisi per aumentare la clearance, specialmente se la funzione renale è compromessa.
  • L’intossicazione acuta su cronica si verifica in pazienti in terapia con litio che ne assumono una dose eccessiva spesso in modo intenzionale (pazienti con disturbo bipolare in fase depressiva con intento suicida). Questa forma di intossicazione è generalmente più grave dell’intossicazione acuta a causa della rallentata eliminazione che si verifica nei pazienti già cronicamente in terapia. Concentrazioni sieriche superiori a 3-4 mEq/l sono spesso associate a gravi sintomi e in genere è necessario il ricorso all’emodialisi.
  • L’intossicazione cronica si verifica in pazienti in terapia con litio la cui posologia è stata da poco aumentata o (più spesso) in cui l’ eliminazione è improvvisamente diminuita. Ne consegue un aumento graduale della litiemia ed una elevata distribuzione tissutale. In questi casi il valore della litiemia è correlato molto bene con la sintomatologia che è prevalentemente neurologica e rende necessaria una diagnostica differenziale. Il tipo di intossicazione può essere definita in base alla concentrazione sierica del litio [2] (full text) come lieve (da 1,5-2,0 mEq / l), moderata (2,0-2,5 mEq / L) o grave (> 2.5 mEq / L). Anche in questo caso può essere necessario il ricorso all’emodialisi.

Presentazione clinica del caso

Paziente maschio di 55 anni, razza caucasica, affetto da disturbo bipolare della personalità e ipertensione arteriosa essenziale. Non risulta affetto da insufficienza renale anche se l’ultimo valore di creatinina disponibile (0,77 mg/dL) risaliva a 2 anni precedenti il ricovero. È in terapia con carbonato di litio da 12 anni con attuale posologia di 450 mg x 2 al giorno. Per il controllo della pressione assume l’associazione ramipril/idroclorotiazide (5mg/25 mg) ed olmesartan (20 mg). Olmesartan è l’ultimo farmaco aggiunto in terapia, ormai da due anni, su consiglio del cardiologo da cui è seguito per ipertensione di difficile controllo.

Viene ricoverato in neurologia per sospetto accidente cerebro vascolare.

Il quadro neurologico esordisce sul luogo di lavoro con difficoltà nella parola e dubbio deficit all’emisoma destro, riscontro peraltro non confermato dal personale sanitario che elitrasporta il paziente.

La TAC cerebrale eseguita in urgenza mostra una linea mediana in asse in assenza di lesioni emorragiche. Il paziente è vigile ma con sensorio a tratti torpido, non presenta deficit neurologici focali ma ha una parola impastata e presenta diffusi movimenti involontari con caratteristiche di ampi tremori tipo flapping ed asterixis, in particolare a carico degli arti superiori. C’è una accentuazione dei movimenti in atteggiamento di posture fisse o di attività finalizzate.

La pressione arteriosa all’ingresso è di 110/80 mmHg, il peso 106 kg. Gli esami ematochimici all’ingresso evidenziano: creatinina 1.7 mg/dL, urea 77 mg/dL, ac.urico 11,7 mg/dL, sodio 134 mEq/L, potassio 4 mEq/L, calcio 9,7 mg/dL, magnesio 1.22 mmol/L (v.n. 0,6-1.2 mmol/L), AST 13 U/L, ALT 16 U/L, CPK 47 U/L, LDH 224 U/L (v.n, 180-480 U/L), proteine totali 7,4 g/L (normale profilo elettroforetico), VES 8 mm/h. All’emocromo Hb 13,7 g/dL, globuli bianchi 11920/mL (Neutrofili 79%, linfociti 11%, monociti 8,5%), piastrine 139000/mL. TSH 7,48 U/L (v.n. 0.27-4.2 U/L), T3 3,5 pmol/l, T4 13,8 pmol/L.

All’esame urine pH 6, PS 1016, glucosio, emoglobina e bilirubina assenti, proteine 10 mg/dL, sedimento con rari leucociti e rari cilindri ialini.

Viene richiesto il dosaggio urgente della litiemia che risulta di 3.67 mEq/L (v.n. 0.50 – 1.5).

Il tracciato elettroencefalografico in fase acuta mostra una ricca componente lenta di tipo metabolico con aspetti irritativi. All’ECG il ritmo è sinusale con lieve ritardo di conduzione intra atriale e intra ventricolare e QTc nella norma.

Durante il primo giorno di ricovero manifesta un episodio epilettiforme con esordio focale temporale e secondaria generalizzazione (il paziente si è alzato, camminava, non rispondeva, steso ha presentato clonie diffuse soprattutto all’emisoma sinistro e al labbro a sinistra) e viene trattato con lorazepam 10 mg e.v.

La terapia con litio viene sospesa mentre rimane immodificata la terapia anti ipertensiva. I colleghi neurologi hanno esteso la diagnostica differenziale per altre forme encefalopatiche compresa la malattia di Creutzfeldt-Jakob.

Viene pertanto eseguita una rachicentesi con analisi del liquor sostanzialmente nella norma a parte l’elevata concentrazione di litio (1.03 mEq/L). Negativo risulta il dosaggio su liquor delle bande oligoclonali, della proteina TAU e della proteina 14-3-3. Negative anche le sierologie per virus neurotropi (HSV 1-2-6-7-8, VZV, EBV, CMV).

In questi primi giorni di degenza non sono stati monitorizzati né il peso né la diuresi. Dal diario infermieristico viene indicato che la prima minzione è avvenuta molte ore dopo il ricovero. Non è stata effettuata idratazione parenterale né è stata somministrata terapia diuretica con furosemide o amiloride. Dopo due giorni dall’ingresso viene richiesta una valutazione nefrologica.

Valutazione nefrologica, terapia e decorso

Al momento della visita nefrologica le condizioni del paziente sono peggiorate rispetto all’ingresso, si presenta infatti molto soporoso anche se risvegliabile, comunque confuso e disorientato nello spazio e nel tempo. Sono presenti clonie a bassa frequenza a carico di tutti gli arti. Prevalenti i segni della disidratazione con mucose secche.

Sulla base dei valori di litiemia (2.7 mEq/L), delle condizioni cliniche del paziente e della ridotta clearance dovuta all’insufficienza renale, si dà indicazione a terapia dialitica che viene organizzata in brevissimo tempo dopo posizionamento di un CVC in vena femorale.

Viene eseguita una unica seduta di emodiafiltrazione della durata di 3 ore, in assenza di ultrafiltrazione, con infusione durante la seduta di 1000 ml di liquido di reinfusione. Durante la seduta le clonie si riducono notevolmente per poi riprendere alla sospensione della dialisi ed il paziente urina abbondantemente. Viene data l’indicazione di proseguire in reparto di neurologia una idratazione endovenosa con NaCl 0.9% e di sospendere la terapia anti ipertensiva.

Nei giorni seguenti la litiemia si riduce progressivamente così come migliora anche la creatininemia mentre la natriemia aumenta fino al valore di 149 mEq/L (Figura 2). Dopo 8 giorni dall’ingresso, sempre degente nel reparo di neurologia, manifesta un nuovo episodio comiziale, con crisi tonico clonica, deviazione del capo e dello sguardo verso sinistra, sospensione dello stato di coscienza e atonia diffusa.

Dopo 12 giorni dall’ingresso, senza motivi evidenti, la creatinina aumenta ancora per poi normalizzarsi definitivamente.

Con il calo della litiemia migliora lentamente anche il tracciato EEG, con riduzione delle componenti lente e con stabilità delle attività di base. Parallelamente migliorano le condizioni del paziente.

Risolto il quadro di acuzie il paziente ha proseguito la convalescenza presso il reparto di medicina dell’ospedale più vicino al suo domicilio ed è stato riaffidato per le decisioni terapeutiche allo psichiatra territorialmente competente. Dopo 4 mesi dall’intossicazione la funzione renale e gli elettroliti sono completamente normalizzati, l’umore è in asse, il paziente prosegue con terapia anticomiziale su indicazione neurologica.

Richiamo alla farmacocinetica del litio

Il lito si situa nel primo gruppo della tavola periodica, incolonnato al di sopra del sodio con cui condivide in parte l’handling fisiologico [2] (full text).

Farmacologicamente si presenta in forma di compresse di carbonato. La via di somministrazione è orale.

Il litio è assorbito completamente dal tratto intestinale superiore in circa 8 ore, con picco sierico 1-2 ore dopo l’assunzione [5] (full text).

Non c’è legame con le proteine plasmatiche e la distribuzione avviene nell’acqua corporea totale (volume di distribuzione 0.7-0.9 L/Kg) con una velocità di distribuzione maggiore per alcuni organi quali rene e tiroide rispetto ad altri quali fegato, muscolo ma soprattutto cervello dove l’equilibrio viene raggiunto dopo circa 24 ore dall’assunzione.

All’equilibrio la concentrazione del litio nel liquido cerebrospinale è attorno al 40% della concentrazione sierica [2] (full text).

Il litio è escreto quasi esclusivamente dal rene dove subisce una libera filtrazione. A livello del tubulo prossimale viene riassorbito per circa l’80%. La rimanente parte viene riassorbita nei segmenti tubulari successivi [1].

Il riassorbimento può essere parzialmente inibito da furosemide e amiloride che pertanto sono in grado di aumentarne l’escrezione [1] [3].

L’emivita di eliminazione è fra le 12 e le 27 ore dopo una singola somministrazione [4] ma può aumentare fino a 58 ore nei pazienti anziani o in quelli in terapia cronica con litio [2] (full text) [3].

L’emodialisi è il trattamento di scelta per la rimozione del litio con una clearance compresa fra 50-180 mL/min contro i 9-14 mL/min della dialisi peritoneale e i 30-40 mL/min di clearance renale nei soggetti senza insufficienza renale [3] [4] [6] (full text).

Discussione e conclusioni

Nel caso da noi riportato i segni clinici si sono manifestati lentamente peggiorando nell’arco di giorni e ben correlando con i livelli plasmatici di litio. Non c’era stato un aumento recente nella posologia del litio né la manifestazione di intenti autolesionisti.

Escluse altre più o meno comuni cause neurologiche, è stata posta la diagnosi di intossicazione cronica da litio [7] in cui l’accumulo è avvenuto con ogni probabilità per una ridotta eliminazione dovuta all’insufficienza renale acuta.

Non erano presenti alterazioni elettrocardiografiche di rilievo né alterazioni della calcemia mentre si documentava un ipotiroidismo subclinico, frequente in questa condizione [2] (full text).

A rendere poco probabile una forma acuta o acuta su cronica è l’assenza di sintomi gastrointestinali, la elevata concentrazione del litio nel liquor (ad indicare una avvenuta completa diffusione a livello cerebrale) e la lentezza nella remissione dei segni neurologici e dei reperti elettroencefalografici [1] [3].

Considerando l’andamento clinico e i reperti obiettivi all’ingresso, l’ipotesi più probabile è che l’insufficienza renale acuta si sia verificata per una disidratazione aggravata dalla terapia con diureticio tiazidico e farmaci attivi sul SRAA. Questi stessi farmaci sono peraltro noti fattori di rischio di intossicazione da litio [1] [4].

Nonostante la diuresi conservata, si è scelto di dializzare comunque il paziente per la gravità del quadro clinico neurologico e per velocizzare l’eliminazione del litio a causa della ridotta clearance renale. La scelta di effettuare una terapia emodialitica e non una CRRT od una SLED come proposto da altri autori [8] [9], è stata dettata da motivi di comodità organizzativa dato che il paziente era stabile emodinamicamente ed in un setting assistenziale non intensivistico.

Non si è ritenuto di dover effettuare altre sedute dialitiche dopo aver verificato che la litiemia era rientrata quasi in range terapeutico con miglioramento clinico del paziente.

Quando accadevano questi fatti non erano ancora ancora disponibili le raccomandazioni del gruppo di lavoro EXTRIP (Extracorporeal Treatments in Poisoning) sulla terapia extracorporea nell’intossicazione da litio [6] (full text) (Figura 3), che riconoscono alla emodialisi il ruolo di terapia di scelta, da attuare sulla base dei valori di litiemia e della sintomatologia clinica. Sempre secondo questo lavoro le terapie continue, per la loro minor efficienza nel breve tempo, trovano indicazione come terapia di continuazione od in particolari settings assistenziali.

Rispetto a queste raccomandazioni, abbiamo correttamente iniziato il trattamento e scelto una metodica dialitica idonea ma avremmo dovuto prolungare un po’ di più la terapia dialitica (fino a 6 ore) e forse eseguire un’altra seduta fino all’ottenimento di una litiemia < 1mEq/L. L’idratazione con la sola soluzione fisiologica nei giorni di alterazione del sensorio ha probabilmente condizionato la lieve ipernatriemia [10], anche se non abbiamo gli elementi per escludere un probabile lieve diabete insipido.

Riguardo alla comparsa di un secondo episodio di insufficienza renale acuta a distanza di 12 giorni dall’esordio acuto, è possibile che si sia trattato di una forma di tossicità tubulare indotta dal litio, fenomeno di cui abbiamo trovato una sola segnalazione in letteratura [11] e che clinicamente (diuresi conservata, insorgenza ritardata rispetto al picco di concentrazione, assenza di altri insulti nefrotossici) ricorda il modello della ben più nota tubulopatia da aminoglicosidi [12] (full text). L’ipotesi sembra valida anche alla luce della tossicità tubulare che il litio può causare nel lungo termine [13] (full text).

Per concludere, l’ intossicazione cronica da litio si presenta con prevalenti sintomi neurologici. Seppur non di frequente riscontro, è una problematica che deve comunque essere ben presente al nefrologo il quale ha le competenze per comprenderne l’eziologia e la fisiopatologia e possiede gli strumenti terapeutici più idonei, fra tutti l’emodialisi.

Bibliografia

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