Effetto della plasmafiltrazione e dell’adsorbimento nell’abuso di cocaina: un caso clinico

Abstract

La rabdomiolisi è una delle principali cause di insufficienza renale acuta. Numerose sono le cause endogene ed esogene che possono instaurare tale processo: tra le esogene ricordiamo l’abuso di cocaina, emergenza del nostro Paese interessante i giovani adulti. La cocaina, alcaloide stimolante naturale, ha un’azione tossica che può interessare tutti gli apparati, principalmente il sistema nervoso centrale e il sistema cardiovascolare. L’interessamento renale è multifattoriale e può manifestarsi spesso con un’insufficienza renale acuta o con una riacutizzazione di una malattia renale cronica. L’eziopatogenesi è correlata a modifiche dell’emodinamica, a danni diretti causati dall’accumulo di miofibrille a eventi immunologici determinanti vasculiti o microangiopatie trombotiche. In letteratura sono descritti approcci terapeutici differenti: terapia di supporto, terapia dialitica sostitutiva ed eventuale rimozione della causa scatenante, per la quale un ruolo ancora da confermare viene svolto dall’aferesi terapeutica.

Descriviamo il caso di un uomo di 42 anni, ricoverato presso il Reparto di Terapia Intensiva Cardiologica del nostro Presidio Ospedaliero, per riscontro di grave alterazione degli indici di miocardiocitonecrosi e di funzionalità epatica, in seguito ad abuso di cocaina. Durante la degenza si manifestava peggioramento della funzionalità renale con contrazione della diuresi e insorgenza di acidosi metabolica, non responsive alla terapia medica. Anche in considerazione degli elevati livelli circolanti di mioglobina, correlati alla rabdomiolisi, si sottoponeva il paziente a un ciclo di aferesi selettiva mediante immunoassorbimento con cartuccia TR350 associato a emodialisi: dopo due sedute di adsorbimento, il paziente riprendeva diuresi spontanea con una progressiva normalizzazione degli indici di funzionalità renale, epatica e di miocardiocitonecrosi.

Parole chiave: cocaina, rabdomiolisi, aferesi, adsorbimento

Introduzione

L’abuso di cocaina, emergenza epidemiologica e sanitaria sempre più ingravescente, se non controllato e trattato tempestivamente, può spesso determinare l’insorgenza di intossicazioni acute.

La cocaina e i suoi metaboliti in concentrazioni elevate, infatti, possono essere responsabili di manifestazioni clinico-laboratoristiche molteplici ed eterogenee: esistono forme silenti e asintomatiche e forme con coinvolgimento multiorgano. Anche il rene, mediante meccanismi eziopatogenetici variegati, può subire un insulto determinante un’insufficienza renale, spesso non responsiva alla terapia medica.

Gli approcci terapeutici prevedono principalmente una terapia sintomatica e determinata dalle manifestazioni multiorgano eventualmente presenti ma anche l’allontanamento della noxa patogena: non esistono infatti terapie farmacologiche specifiche per l’abuso di cocaina ma solo approcci comportamentali o terapie ancillari per le quali non esiste un univoco consenso tra gli specialisti (Tabella 1). 

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Le intossicazioni in Nefrologia: casi clinici ed esperienza locale dell’Ospedale di Sciacca

Abstract

Le intossicazioni rappresentano un comune problema in tutto il mondo e causano disturbi dell’equilibrio acido-base, disionie o insufficienza renale acuta; possono svilupparsi velocemente portando alla severa disfunzione cellulare e alla morte.

Le intossicazioni e le overdosi da farmaci spesso richiedono l’intervento dei Nefrologi, per la correzione dell’acidosi, la somministrazione di selettivi enzimi inibitori ed anche il trattamento emodialitico. Le terapie extracorporee sono usate per rimuovere tossine da oltre cinquanta anni e hanno acquisito un ruolo crescente, grazie all’utilizzo di nuove modalità di trattamento nei pazienti intossicati. Nella nostra pratica clinica nel periodo Covid abbiamo riscontrato un aumento di casi clinici di intossicazione da farmaci psichiatrici, tra cui benzodiazepine, clozapina, litio, quetiapina e cocaina.

PAROLE CHIAVE: intossicazioni, abuso di neurolettici, rabdomiolisi, terapia extracorporea, Covid 19

Introduzione

Le intossicazioni acute da farmaci sono responsabili di circa il 5-15% di tutte le ospedalizzazioni; di esse, il 25-75 % sono evitabili [1]. Attualmente si preferisce sostituire il termine di “intossicazione accidentale” con le espressioni più realistiche di overdose senza volontà di morte, suicidio, effetto secondario e interazione farmacologica [2].

I disturbi del sonno, l’ansia, la depressione ed i disturbi psichiatrici in generale sono diventati molto più frequenti dopo l’inizio della pandemia da Covid-19, ovvero da Marzo 2020 a tutt’oggi, e l’uso di alcuni farmaci così come alcune dipendenze e i disturbi da uso di sostanze, sono in continuo aumento. I rischi di “curarsi da soli” attraverso l’abuso di alcool e di sostanze psicoattive sono aumentati, così come la propensione ad adottare comportamenti patologici come il gioco d’azzardo e la dipendenza da Internet. Le sostanze di cui si è abusato maggiormente durante la pandemia da Covid-19, così come emerge da uno studio italiano [3], sono state principalmente la cocaina e, a seguire, l’alcol, la cannabis, l’eroina e la ketamina.

Precedenti studi suggeriscono che la depressione, i disturbi dell’ansia, l’abuso di sostanze, l’incremento di tentativi di suicidio e il PTSD (stress post-traumatico) comunemente insorgono poco dopo l’appalesarsi della crisi economica nei disastri naturali [4,5]. Dati recenti di letteratura riportano inoltre che più del 40% dei pazienti sopravvissuti al Covid ha sperimentato lo stress post-traumatico [6].

Nel 2019, secondo quanto riportato dall’American Association of Poison Control Centers (AAPCC), sono stati registrati 2,1 milioni di casi di intossicazioni [7]. Nel 2020 il numero dei casi è stato sovrapponibile, anche se le richieste di informazioni e di aiuto telefonico sono state nettamente superiori, ovvero 1,1 milione rispetto alle 350.000 dell’anno precedente. Le sostanze maggiormente coinvolte nelle intossicazioni sono state, in ordine decrescente: gli analgesici, i prodotti per la pulizia della casa, i cosmetici, gli antidepressivi e gli antipsicotici [8].

Il Covid-19 ha determinato quindi dei cambiamenti riguardanti non soltanto la salute fisica ma anche quella mentale. Le persone in tutto il mondo sono costantemente alle prese con la paura e la preoccupazione riguardante il proprio stato di salute, condizioni che, associate alle conseguenze socio-economiche derivanti dalla disoccupazione, dal lockdown e dalla quarantena, hanno determinato delle importanti ripercussioni sulla popolazione generale [9].

Il Covid 19 associato al lockdown ha determinato anche un ritardo nell’arrivo in ospedale, che ha contribuito a fare registrare un alto tasso di mortalità [10]. I pazienti con storia di abuso di sostanze, già ad alto rischio di suicidio ed overdose, sono ulteriormente esposti a tali rischi nel caso in cui siano incapaci di reperire gli agonisti degli oppiacei [11].

Le complicanze renali dell’uso di oppiacei sono numerose e comprendono principalmente la rabdomiolisi con insufficienza renale acuta in corso di mioglobinuria, la nefrite interstiziale, la glomerulosclerosi focale e segmentaria, la glomerulonefrite membrano proliferativa e la glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA [12].

Pertanto, nella diagnosi di insufficienza renale acuta (IRA) o Acute Kidney Injury (AKI) organica da intossicazione da farmaci, oltre al quadro clinico, laboratoristico e strumentale [13], un ruolo fondamentale è svolto dall’anamnesi farmacologica [14] che, nella maggior parte dei casi, consente un orientamento diagnostico.

Lo stato mentale, i segni vitali e l’esame delle pupille sono degli elementi altrettanto importanti e permettono la classificazione in pazienti con uno stato di fisiologica eccitazione (che si riscontra frequentemente in caso di intossicazione da cocaina), depressione (come nell’intossicazione da benzodiazepine) ed effetti fisiologici misti (come nell’intossicazione da antidepressivi triciclici) [15].

Andamento temporale dei ricoveri, delle intossicazioni acute da farmaci e dei tentati suicidi

2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022*
Ricoveri 200 200 198 200 146 162 43
Intossicazione 18 10 36 9
Tentato suicidio 0 2 5 1
Figura 1: Andamento temporale dei ricoveri, delle intossicazioni acute da farmaci e dei tentati suicidi attraverso l’abuso farmacologico presso l’UO di Psichiatria dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca dal 2016 al 2022*(dato aggiornato a marzo 2022) 

Come mostrato nella Figura 1, abbiamo analizzato l’andamento dei ricoveri negli ultimi 6 anni (2016-2021) presso l’Unità Operativa di Psichiatria dell’Ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca, riscontrando un calo nel biennio pandemico 2020-2021. Abbiamo quindi focalizzato la nostra attenzione sui casi di intossicazioni acute da farmaci e sui tentati suicidi attraverso l’abuso farmacologico dal 2019 al 2021, riscontrando un forte aumento di questi nel biennio pandemico 2020-2021. I dati del primo trimestre del 2022 dicono che si sono già riscontrati 9 casi di intossicazione e 1 tentativo di suicidio.

Tra tutti i casi di intossicazione ne abbiamo selezionati 5 occorsi in pazienti psichiatrici e/o tossicodipendenti, che hanno richiesto l’intervento della nostra unità operativa di Nefrologia e Dialisi e che illustreremo di seguito (Tabella 1).

  Paziente 1 (intossicato da benzodiazepine) Paziente 2 (intossicato da clozapina) Paziente 3 (intossicato da litio) Paziente 4 (intossicato da quetiapina) Paziente 5 (intossicato da cocaina)
pH 7,22 7,26 7,3 7,18 7,33
HCO3 12 16 20 13 18
Azotemia (mg/dl) 602 167 60 140 146
Creatinina (mg/dl) 7,76 7,2 1,3 2,04 9,1
K+ (mEq/L) 4 3,4 3,2 3,8 4,6
Na+ (mEq/L) 169 136 143 171 135
Leucociti/mm3 15700 12140 6700 13000 15750
Hb (gr/dl) 19,7 12,6 10,4 11 14,8
PLT/µL 84000 219000 120000 150000 208000
GOT/GPT (U/L) 211/85 180/44 66/113 50/120 33/11
Mioglobina (ng/ml) 2209 2500 300 2846 235
CK (U/L) 300 600 200 2522 1103
LDH (U/L) 751 1645 170 1500 1050
ECG Allungamento del tratto QT Tachicardia marcata. Deviazione assiale sinistra Allungamento del tratto QT Allungamento del tratto QT Allungamento del tratto QT
Sedimento urinario/p.c.m. 5-10 cilindri

>50 emazie

10-20 emazie

5-10 leucociti

5-10 leucociti 5-10 cilindri

10-20 emazie

5-10 emazie

5-20 leucociti

Tabella 1: Dati laboratoristici e strumentali (all’ingresso) nei pazienti affetti da overdose da farmaci

 

Caso clinico 1: AKI da intossicazione da benzodiazepine

Il primo caso clinico è quello di un uomo di 63 anni, con anamnesi positiva per schizofrenia paranoide nota dall’età adulta, in trattamento presso un Centro di Salute Mentale, e con storia di diabete mellito tipo 2.

Giungeva in pronto soccorso (PS) in condizioni di severa disidratazione e in alterato stato di coscienza e, come riferito dal fratello, in delirio di veneficio da circa un mese con conseguente rifiuto dell’alimentazione e all’idratazione.

Agli esami ematici si riscontrava una severa insufficienza renale (creatinina pari a 7,7 mg/dl) mentre nella documentazione esibita veniva documentata una funzione renale pregressa sempre nella norma; un esame ecografico delle vie urinarie aveva escluso una causa ostruttiva dell’IRA. Si apprendeva inoltre che il paziente assumeva da qualche anno litio carbonato, risperidone ed acido valproico.

In PS veniva eseguita una TC encefalo senza mezzo di contrasto (MDC) che risultava negativa per lesioni ischemiche e/o emorragiche. Veniva inoltre effettuato tampone molecolare per Sars Cov 2, anch’esso negativo.

Alla luce dell’anamnesi (rifiuto all’alimentazione e all’idratazione da un mese) e del severo stato di disidratazione, che facevano pensare almeno inizialmente ad una insufficienza renale acuta pre-renale, veniva impostata terapia idratante e veniva disposto il ricovero presso la nostra unità operativa.

Dalle analisi, dato il quadro suggestivo di AKI organica verosimilmente da rabdomiolisi e data l’oligoanuria persistente, si decideva di iniziare trattamento emodialitico previo posizionamento di CVC in vena giugulare interna destra.

L’esame del sedimento urinario su urine a fresco mostrava cilindri pigmentati di mioglobina ed emazie.

I risultati delle analisi tossicologiche rivelavano un quadro di intossicazione da benzodiazepine, verosimilmente assunte a scopo suicidario (Tabella 2).

Cocaina (ng/ml) 1 V.R. 0-300
Oppiacei (ng/ml) 13 V.R. 0-300
Cannabinoidi (ng/ml) 11 V.R. 0-50
Benzodiazepine (ng/ml) 1128 V.R. 0-300
Tabella 2: Screening su campione di urine per droghe di abuso, valore di riferimento (V.R.)

Veniva quindi somministrato come antidoto l’antagonista del sito di legame per le benzodiazepine sul recettore GABA A (Flumazenil fiala 0,3 mg per via endovenosa) con miglioramento dello stato di coscienza. Ulteriori segni di intossicazione riscontrati erano la presenza di un QT allungato di 0,46 sec e la piastrinopenia, verosimilmente secondaria all’assunzione di acido valproico. La severa ipernatriemia, associata ai valori elevati di osmolarità plasmatica (300 mOsm/L), è stata trattata con sedute di dialisi a concentrazione di sodio profilato [16] permettendo all’inizio il bilanciamento della riduzione dell’osmolarità con alte concentrazioni di sodio nel dialisato (>145 mEq/L), concentrazioni che sono state via via ridotte nel corso della seduta, seguendo un gradiente lineare per evitare l’insorgenza di sintomi quali cefalea, nausea, vomito tipici della sindrome da disequilibrio.

Dopo 3 sedute emodialitiche della durata di 4 ore ciascuna e dopo graduale idratazione, inizialmente con soluzioni ipotoniche, si assisteva ad un progressivo miglioramento delle condizioni cliniche, con ripresa dello stato di coscienza e miglioramento degli indici di funzionalità renale (Figura 2).

Si riscontrava inoltre la comparsa di vomito caffeano, motivo per il quale il paziente veniva sottoposto ad EGDS, con riscontro di lesioni da caustici non altrimenti specificata (Figura 3).

Contattato immediatamente il centro antiveleni, veniva avviata terapia con gastroprotettore e sostanze tamponate. Dal successivo colloquio psichiatrico effettuato nei giorni successivi, in condizioni di maggiore lucidità, si apprendeva che il paziente aveva ingerito sapone e candeggina al fine di “lavare il tubo gastroenterico”.

Giorno 1° Giorno 2 ° Giorno 3° Giorno 4 ° Giorno 5 ° Giorno 6 °
Creatinina (mg/dl) 7.76 6.5 3.84 2.9 2.8 2.8
Na+ (mEq/I) 169 157 141 136 140 140
GB/mm3 15130 13000 11800 10500 7520 7400
GR/mm3 19.7 18.9 15.8 13.9 11.1 11
HcT % 63 58 50 48 30.3 30
PLT/ 84.000 82000 56.000 41.000 40.000 61.000
Bil. Tot (mg/dl) 5 4.8 4.6 3.53 2 2
Bil. Dir. (mg/dl) 4.4 4.5 4.2 3 1.6 1.6
GPT (mg/dl) 85 68 58 62 47 30
GOT (mg/dl) 211 181 155 147 113 62
MGB (mg/dl) 2209 1500 727 300 150 70
Figura 2: Andamento temporale dei principali parametri laboratoristici monitorati
Figura 3: Immagine endoscopica dell’esofago con lesioni da caustici
Figura 3: Immagine endoscopica dell’esofago con lesioni da caustici

 

Caso clinico 2: AKI da intossicazione da clozapina

Un paziente di 57 anni, con storia di schizofrenia paranoica in terapia con clozapina 650 mg/die, arrivava in pronto soccorso in condizione di disidratazione mucoso cutanea e con addome teso, ipertimpanico in assenza di peristalsi, con alterati indici di funzionalità renale (creatinina 7,2 mg/dl, azotemia 167 mg/dl, proteinuria delle 24 ore 1 gr/die) e contrazione della diuresi. Alla TC addome veniva riscontrato un quadro compatibile con ileo paralitico, con dilatazione delle anse intestinali e multipli fecalomi a carico del trasverso, discendente, retto e sigma in assenza di idronefrosi (Figura 4).

Scansione TC addominale che mostra quadro compatibile con ileo paralitico
Figura 4: Scansione TC addominale che mostra quadro compatibile con ileo paralitico, con dilatazione delle anse intestinali e multipli fecalomi a carico del trasverso, discendente, retto e sigma in assenza di idronefrosi

Iniziava terapia emodialitica con Continuous Renal Replacement Therapy (CRRT) in modalità emodiafiltrazione veno-venosa continua (CVVHDF) per la presenza di instabilità emodinamica. Successivamente insorgeva uno stato di coma, accompagnato da iperpiressia e crisi epilettiche generalizzate. Nel sospetto di sindrome neurolettica maligna (malattia neuropsichiatrica caratterizzata da ipertermia, rigidità muscolare, disfunzione del sistema nervoso autonomo ed alterazioni dello stato di coscienza), iniziava terapia con Bromocriptina (composto semisintetico derivato dall’ergotamina) ad un dosaggio di 2,5 mg ogni 8 ore, con progressivo miglioramento dello stato di coscienza.

La clozapina è un antipsicotico di seconda generazione che, nonostante la sua efficacia, è riservato, per i suoi effetti collaterali, ai casi di schizofrenia resistenti ad altre terapie. I principali effetti collaterali, ampiamente noti, sono la severa neutropenia, l’ipomotilità gastro-intestinale, la sindrome neurolettica maligna [17], la pancreatite e l’insufficienza renale [18]. Nonostante sia stato riconosciuto il rischio che la clozapina possa causare quadri di nefrite interstiziale acuta come effetto collaterale, si tende comunque a sottovalutarne l’importanza. In letteratura sono riportati 14 casi di insufficienza renale acuta associati al trattamento con clozapina (Tabella 3).

Tabella 3: Casi riportati in letteratura di insufficienza renale acuta associati all’uso di clozapina

Rimane difficile, nonostante tutto, determinare i fattori di rischio, i criteri diagnostici e l’appropriata gestione dei casi di insufficienza renale associati all’uso di clozapina; l’assenza di idronefrosi, la rabdomiolisi, la storia anamnestica di assunzione di psicofarmaci sono stati per noi fortemente suggestivi di danno renale acuto secondario ad intossicazione.

Nel nostro paziente intossicato da clozapina, così come negli altri pazienti intossicati da psicofarmaci ricoverati presso la nostra U.O. nel periodo Covid, si è deciso di non effettuare la biopsia renale per le importanti problematiche neurologiche presenti, per il subentrante aggravamento delle condizioni cliniche generali e per l’arrivo celere degli esami tossicologici, i cui risultati sono stati considerati, in alcuni casi, indicazioni urgenti all’inizio della terapia emodialitica [19].

 

Caso clinico 3: AKI da intossicazione da litio

Il litio è un farmaco utilizzato nel trattamento del disturbo bipolare, psicosi maniaco-depressive, stati maniacali e/o ipomaniacali e nelle psicosi depressive croniche. Tuttavia, è un farmaco poco maneggevole, infatti è importante che venga mantenuto entro un particolare range terapeutico (0,6-1,2 meq/l).

La nefrotossicità è legata al superamento di tale range terapeutico e quindi alla possibile insorgenza di vari quadri clinici, come il diabete insipido nefrogenico, l’acidosi renale tubulare di tipo I, la sindrome nefrosica associata a glomerulonefrite a lesioni minime o a glomerulosclerosi focale e segmentale e la nefrite cronica interstiziale.

Per definizione si parla di “tossicità lieve” quando il range terapeutico è compreso tra 1,5 e 2,5 Meq/l, “tossicità moderata” quando è compreso tra 2,5 e 3,5 Meq/l e “tossicità severa” quando supera i 3,5 Meq/l [20]. In casi selezionati, le metodiche depurative extracorporee svolgono un ruolo importante nei casi di intossicazione da tale farmaco.

Il caso clinico in questione è quello di una paziente di anni 72 che giungeva in pronto soccorso in stato di severa disidratazione e di alterazione della coscienza. Attraverso il colloquio con la figlia, si apprendeva che la paziente era in trattamento con litio da circa 30 anni. Da circa una settimana a domicilio, erano comparse clonie agli arti inferiori, diarrea e vomito. La TC encefalo senza MDC risultava negativa per lesioni ischemiche e/o emorragiche. Data la storia farmacologica della paziente, veniva dosata la litiemia, che risultava pari a 1,78 mEq/L (range terapeutico 0,42-0,83). La creatinina risultava pari a 1,3 mg/dl, azotemia: 60 mg/dl, sodio sierico: 143 mEq/l e potassio sierico: 3,2 mEq/l.

Nonostante, secondo la definizione, si trattasse di una “tossicità lieve”, veniva iniziato trattamento sostitutivo emodialitico a causa dello stato soporoso persistente della paziente [21].

Durante la degenza venivano effettuate in totale due sedute emodialitiche di tipo depurativo, con miglioramento repentino del quadro clinico della paziente. Alla fine della prima seduta emodialitica la litiemia risultava pari a 1,2 mEq/L mentre, alla fine della seconda ed ultima seduta, era pari a 0,2 mEq/L. Insieme al miglioramento dei dati laboratoristici, si assisteva contemporaneamente a un miglioramento progressivo della sintomatologia neurologica.

 

Caso clinico 4: AKI da intossicazione da quetiapina

Il quarto caso clinico è quello di un uomo di 68 anni, giunto alla nostra osservazione ad ottobre 2021. Attraverso il colloquio con il suo amministratore di sostegno e i suoi due caregivers, si apprendeva dell’insorgenza di psicosi in età giovanile, motivo per il quale il paziente era in trattamento da qualche anno con un antipsicotico atipico, ovvero quetiapina, che assumeva abitualmente ad un dosaggio pari a 100 mg due volte al giorno.

Alla stessa classe di farmaci appartengono anche il risperidone e l’olanzapina, il cui utilizzo ha largamente soppiantato gli antipsicotici di prima generazione, grazie ad un maggior profilo di tollerabilità. Tali farmaci, andando ad antagonizzare i recettori alfa adrenergici, muscarinici, serotoninergici e solo in minima parte dopaminergici, sarebbero associati ad una minore insorgenza dei sintomi extrapiramidali come tremore, discinesia tardiva e rigidità [22], frequenti al contrario con gli antipsicotici di prima generazione. I neurolettici si distinguono in tipici (o di prima generazione) e atipici (o di seconda generazione) [23] (Tabella 4).

Neurolettici tipici (o di prima generazione) Neurolettici atipici (o di seconda generazione)
Antagonizzano recettori dopaminergici Antagonizzano recettori dopaminergici e serotoninergici
Fenotiazine a loro volta suddivise in:

Alfalitiche (clorpromazina)

Piperaziniche (fufenazina)

Piperidiniche (tioridazina)

Tioxantemi

Butirrofenoni (aloperidolo, droperidolo

Dibenzodiazepine:

Clozapina

Quetiapina

Olanzapina

Levolpiride

Pimozide

Remoxipride

Tabella 4: Neurolettici di prima e seconda generazione

Questi farmaci sono attualmente usati nel trattamento della schizofrenia, del disturbo bipolare e dei disordini comportamentali legati alla demenza [24].

Da sottolineare infatti, che il paziente in questione era affetto anche da deterioramento cognitivo, legato ad un’encefalopatia vascolare insorta da circa dieci anni.

Giungeva in PS a causa di insorgenza, da qualche giorno, di forte agitazione psicomotoria, comportamento incongruo, aggressività, aggravamento del deficit di memoria e disorientamento. In tale occasione veniva sottoposto a TC encefalo (due esami a distanza di 24 ore), negativa per lesioni ischemiche e/o emorragiche. A causa dell’aggravamento della situazione neurologica, veniva sottoposto anche ad una risonanza magnetica (RM) encefalica, anch’essa negativa per eventi acuti, e a consulenza psichiatrica e neurologica.

Veniva inviato alla nostra attenzione a causa del riscontro di un peggioramento dei parametri di funzionalità renale (creatinina: 2,04 mg/dl, azotemia: 140 mg/dl, sodio sierico: 171 mEq/l, potassio sierico: 3.8 mEq/l) con una diuresi conservata.

All’esame obiettivo era evidente una condizione di disidratazione. Veniva pertanto avviata terapia reidratante con soluzione glucosata al 5% in infusione continua, alla luce del severo quadro di ipernatremia che verosimilmente aggravava maggiormente il quadro neurologico. Veniva inoltre eseguito sin da subito un ECG, che evidenziava un QT allungato, segno ulteriore di possibile intossicazione farmacologica [25] (Figura 5).

Figura 5: evidenza elettrocardiografica di allungamento del QTc
Figura 5: evidenza elettrocardiografica di allungamento del QTc

Venivano inoltre eseguite a completamento diagnostico una TC addome completa senza MDC e una TC torace senza MDC, entrambe negative. Nei giorni seguenti, a causa del persistere delle severe condizioni neurologiche del paziente (permanentemente non contattabile), veniva avviata procedura di rachicentesi, al fine di escludere meningiti e/o encefaliti di natura infettiva con esito negativo.

Una volta esclusa una possibile encefalite e/o meningite infettiva, il nostro inquadramento diagnostico era quello di una sindrome da neurolettici. Sono pochi i casi riportati in letteratura di AKI da intossicazione da quetiapina [26,27]. Tuttavia, il progressivo miglioramento degli indici di funzionalità renale e degli enzimi di lisi muscolare alla sospensione dell’antipsicotico era fortemente suggestivo di tale diagnosi (Tabella 5).

  Giorno 1 Giorno 2 Giorno 3 Giorno 4 Giorno 5 Giorno 6 Giorno 7
Creatinina 2,04 1.93 1.77 1.52 1.25 1.16 1.08
Azotemia 140 139 121 119 115 90 83
NA 171 167 165 158 155 147 145
K 3.8 3.7 3.6 4 3.8 4.1 3.8
CK 2522 1877 1122 1000 902 425 125
Mioglobina 2846 1915 1353 916 825 576 327
Tabella 5: Andamento temporale dei principali parametri laboratoristici monitorati

La diuresi, così come il potassio, sono stati ottimali sin dall’inizio e, per la tempestiva ed incoraggiante discesa dei ritentivi renali e degli enzimi muscolari, la nostra scelta è stata quella di non dializzare il paziente.

Dopo circa 12 giorni di ricovero, si assisteva ad un miglioramento delle condizioni cliniche generali ed il paziente risultava maggiormente risvegliabile e contattabile. Veniva inoltre, una volta dimesso, avviato alle cure del Centro di Salute Mentale della zona e a terapia neuroriabilitativa.

 

Caso Clinico 5: AKI da intossicazione da cocaina

L’ultimo caso clinico è quello di un ragazzo tossicodipendente di 28 anni che afferiva in pronto soccorso per stato confusionale. Gli esami di laboratorio mettevano in evidenza un’alterazione degli indici di funzionalità renale (azotemia di 34 mg/dl, creatinina 1,5 mg/dl); dopo due giorni, in seguito alla contrazione della diuresi nonostante terapia reidratante, gli indici di funzionalità andavano incontro ad un grave peggioramento, con riscontro di azotemia 146 mg/dl e creatinina 9,1 mg/dl, motivo per cui il paziente veniva sottoposto a trattamento emodialitico.

L’esito dell’esame tossicologico metteva in evidenza, oltre all’abuso di cocaina, anche quello di benzodiazepine (Tabella 6).

Cocaina (ng/ml) 8390 H V.R. 0-300
Oppiacei (ng/ml) 27 V.R. 0-300
Cannabinoidi (ng/ml) 4 V.R. 0-50
Benzodiazepine (ng/ml) 1636 H V.R. 0-300
Tabella 6: Screening su campione di urine per droghe di abuso (metodo immunochimico), valore di riferimento (V.R.)

Il paziente veniva sottoposto a quattro sedute emodialitiche, con successiva ripresa della diuresi. La causa scatenante dell’insufficienza renale acuta dovuta all’abuso di cocaina è sicuramente la rabdomiolisi, che compare dopo qualche ora dalla sua somministrazione. La gravità della rabdomiolisi è direttamente proporzionale alla gravità dell’intossicazione da cocaina; i pazienti con creatinina-fosfo-chinasi (CPK) molto elevati tendono ad avere le complicanze più gravi [28,29].

I meccanismi della rabdomiolisi in seguito ad abuso di cocaina sono dovuti alla degenerazione acuta delle miofibrille scheletriche, fino ad arrivare all’ischemia ed alla necrosi muscolare [30]. La mioglobina rilasciata ha la potenzialità di determinare l’insufficienza renale acuta in seguito alla vasocostrizione renale, citotossicità diretta, necrosi tubulare acuta, generazione di radicali liberi, formazione di cast intraluminali e inibizione dell’effetto vasodilatatorio dell’ossido nitrico [31].

Anche in questo caso, l’inizio della terapia emodialitica ha determinato un miglioramento repentino del quadro clinico del paziente, tanto da decidere la sua dimissione solo dopo una settimana di degenza.

 

Conclusioni

Come viene dimostrato dai casi clinici elencati, la tempestiva valutazione nefrologica e l’inizio precoce della terapia emodialitica determina un miglioramento rapido del quadro neurologico e delle condizioni cliniche generali nell’insufficienza renale acuta da intossicazione da neurolettici e/o da abuso di cocaina. È altresì vero che, alla luce di quanto è stato ampiamente documentato, una reciproca collaborazione tra Psichiatri e Nefrologi nella scelta dei farmaci psichiatrici sarebbe sempre auspicabile, al fine di evitare l’insorgenza di effetti collaterali sia precoci che tardivi a carico di pazienti già vulnerabili.

Per la scelta della terapia extracorporea bisogna sempre valutare le caratteristiche delle tossine da rimuovere, ovvero la loro massa molecolare, il loro volume di distribuzione e il loro legame proteico; in generale, viene sempre preferita l’emodialisi intermittente nei pazienti che presentano una stabilità emodinamica. Attualmente, infatti, con l’emodialisi si riescono a rimuovere un numero maggiore di tossine uremiche (in particolar modo le medie molecole) e con i filtri ad alto cut-off si possono rimuovere sostanze con peso molecolare vicino ai 50.000 Da.

La terapia extracorporea avrà sempre maggiore importanza come opzione di trattamento nelle intossicazioni e i Nefrologi sono fondamentali in questi contesti. In conclusione, nel caso in cui siano presenti alcune condizioni tra cui una alterazione dello stato mentale del paziente, l’allungamento del tratto QT all’ECG, la rabdomiolisi, la storia anamnestica di assunzione di psicofarmaci, l’insufficienza renale acuta in assenza all’esame ecografico di idronefrosi, è lecito pensare ad un quadro di intossicazione da farmaci.

 

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Droghe d’abuso e rene

Abstract

Presentiamo un caso di insufficienza renale acuta con necessità di Trattamento dialitico in un paziente tossicodipendente in terapia di mantenimento con Metadone.

Il caso ci consente di analizzare gli effetti renali delle principali droghe di abuso, sottolineando lo spostamento avvenuto dalle quattro “vecchie sorelle” (ovvero Marijuana, Cocaina, Eroina e Anfetamine) alle nuove droghe sintetiche (soprattutto Catinoni e Cannabinoidi sintetici) con i problemi di grande diffusione, facile ottenimento, mancata regolamentazione e difficile riconoscimento analitico che sollevano importanti interrogativi medici e legali. Dal punto di vista del Nefrologo è fondamentale alzare la guardia per fare emergere questo tipo di patologia ed estendere le indagini cercando comunque di riconoscere le sostanze potenzialmente in causa.

Parole Chiave: Danno renale acuto; Insufficienza renale acuta; Droghe d’abuso; Rabdomiolisi

Introduzione

Per definire i rapporti tra droghe di abuso e rene è  necessario innanzitutto caratterizzare e definire le proprietà delle sostanze di cui andiamo a trattare. Come vedremo per alcune di queste i confini tra farmaco e sostanza di abuso sono labili, definiti  talora soltanto dal setting di utilizzo della sostanza.

Cerchiamo allora per un primo inquadramento di utilizzare gli strumenti moderni di ricerca medica  che utilizziamo ogni volta che facciamo una ricerca bibliografica.

Se utilizziamo PubMed con la definizione di ingresso di “street drugs/recreational drugs” il vocabolario MESH ci restituirà “Illicit Drugs” e spiegherà che si tratta di “sostanze prodotte, ottenute  o vendute illegalmente”,  sottolineandone poi la frequente “grossolana  impurità fonte di tossicità inaspettate” [1].  Il termine è stato introdotto fin dal 1977, ma la voce è stata modificata recentemente  (2020) eliminando i riferimenti alle motivazioni che inducono all’ uso in precedenza riportate nella definizione, concentrandosi sulla illiceità di tali sostanze.  Il termine precisa inoltre che la natura illegale può scaturire anche dal fatto di essere farmaci forniti in assenza di prescrizione. Da questo punto di vista nella letteratura si può distinguere in effetti un utilizzo improprio (“misuse” di farmaci prescritti , ad esempio analgesici, in dosi non appropriate) da un abuso  (“abuse” cioè l’uso ai fini di ottenere un effetto psicotropo: euforia o alterato stato mentale o evitare la crisi di astinenza).

Il sito italiano dei Carabinieri, quindi di una capillare forza pubblica impegnata nella prevenzione e repressione del fenomeno, riporta la definizione WHO che definisce sostanze stupefacenti “sostanze di origine vegetale o sintetica che agendo sul sistema nervoso centrale provocano stati di dipendenza fisica e/o psichica” sottolineando quindi l’ effetto centrale ed i fenomeni di dipendenza e tolleranza [2]. A partire dall’ effetto sul SNC ne deriva la suddivisione in droghe deprimenti, stimolanti ed allucinogene (tabella 1).

OPPIACEI

STIMOLANTI DEPRESSIVI ALLUCINOGENI CANNABIS e derivati

Oppio

Cocaina

Barbiturici Mescalina Marijuana
Morfina Amfetamine Tranquillanti L.S.D. Hashish
Eroina Crack 2,5-Dimethoxy-4-methylamphetamine

(DOM)

Olio di hashish
Metadone Ecstasy o M.D.M.A.

Tabella 1 (modificata da http://www.carabinieri.it)

L’alcool etilico ha un ruolo di primo piano essendo una droga legale, socialmente accettata, con una diffusione amplissima ed una severa sequela di patologie principalmente a carico del SNC ed epatiche, ma anche cardiache e, con minore impatto e meno sottolineate, renali [3; 4].

 

Il caso clinico

Maschio di 37 anni seguito dal SERT in trattamento con Metadone.  A domicilio comparsa di febbre ed agitazione psicomotoria con possibile crisi comiziale che lo induce a presentarsi in Pronto Soccorso. Esegue TC cranica priva di reperti patologici. All’ EEG: discreti segni di sofferenza encefalica diffusa; assenza di grafoelementi irritativi tipici. Gli esami urgenti eseguiti evidenziano  glicemia 271 mg/dl, Urea 21 mg/dl, creatininemia 1,1 mg/dl; sodiemia 138 mEq/l, potassiemia  3,64 mEq/l;  bilirubina totale 0,52 mg/dl; AST (GOT)  22 U/l; ALT (GPT) 19 U/l; PCR 3,2 mg/l. Veniva inoltre eseguita una rachicentesi  (rivelatasi un poco indaginosa) che al esame chimico-fisico mostrava un liquor torbido, rosato;  glucosio 96 mg/dl, proteine 107 mg/dl, con 75/ul elementi nucleati per il 72% polinucleati e 28% mononucleati (insieme con la segnalazione di numerose emazie e possibili elementi figurati dal sangue per probabile contaminazione).  Il colturale era poi risultato negativo mentre la colorazione di Gram mostrava emazie (++) e leucociti (+). La Nested Multiplex PCR per batteri (Pneumococco, Meningococco, Streptococcus Agalactiae, Listeria, E.Coli, Haemofilus Influenzae), per virus (CMV, Enterovirus, Herpes Simplex 1 e 2, Human Herpesvirus 6, Human parechovirus, Varicella Zoster)  e Torula Neoformans era negativa.

Le sierologie per Borrelia e per HCV risultavano negative mentre del pattern per il Virus B della Epatite erano positivi soltanto gli anticorpi anti HBsAg ad alto titolo (858 mUI /ml), esito di verisimile vaccinazione.

Ricoverato in Reparto semiintensivo già il giorno seguente,  a diuresi conservata,  la creatininemia saliva rapidamente (5,45 mg/dl); Urea 65 mg/dl; AST (GOT) 133 U/l; ALT (GPT)  33 U/l; PCR 49,9 mg/l; Procalcitonina 0,81 ng/ml; CK totali 12615 U/l; Mioglobina 11414,5 ug/l. Il quadro era a questo punto suggestivo di una sepsi e diagnostico di rabdomiolisi associata inducendo ad iniziare una una CRRT isovolemica previo cateterismo venoso femorale. Un esame a fresco del sedimento urinario da parte del Nefrologo mostrava massiva cristalluria di urati con presenza di cellule tubulari molto danneggiate spesso raccolte a formare cilindri; l’esame chimico-fisico urinario mostrava marcata positività per  emoglobina in assenza di emazie.

Già in Pronto soccorso era stati eseguiti i dosaggi di Benzodiazepine urinarie (1264 ng/ml; coerenti con la terapia della crisi convulsiva), Metadone urinario (>1000 ng/ml; coerente con la terapia cronica in atto), Cannabinoidi urinari (>100 ng/ml; <50 negativo) mentre negative risultavano le ricerche urinarie di Oppiacei, Cocaina, Barbiturici e Anfetamine.

Il giorno seguente gli indici di miolisi apparivano in ulteriore incremento (CPK 75218 U/l; mioglobinemia 11414,5 ug/l; AST (GOT) 565 U/l) con quadro emodinamico stabile e diuresi attiva in terapia con diuretico.

In terza giornata proseguendo CRRT creatininemia 4,43 mg/dl; Urea 64 mg/dl; AST (GOT) 495 U/l; ALT (GPT) 127 U/l; CK Totali 49818 U/l; Mioglobinemia 6910 ug/l. PCR 25 mg/l. Hb 10,1 g/dl; GB 15000/ul.

In quinta giornata proseguendo terapia sostitutiva con HD intermittente veniva trasferito in Nefrologia  ed in 8^ giornata veniva sottoposto ad agobiopsia renale sx ecoguidata real time: la manovra era priva di complicanze.

Questa mostrava frustoli di parenchima renale comprendenti, nei vari livelli istologici esaminati, sino a 27 glomeruli con aspetti ischemici e congesti. Il quadro morfologico era dominato (Fig.1) da fenomeni di necrosi tubulare con aspetti rigenerativi, detriti cellulari endotubulari ed un intenso infiltrato tubulo/peritubulare linfo-monocitario ed eosinofilo in presenza di cilindri pigmentati (mioglobina).  Minima fibrosi interstiziale. I vasi arteriosi, specialmente quelli di piccolo calibro, presentano note di ispessimento parietale. L’esame tramite immunofluorescenza diretta (IFD) ha evidenziato alcuni aspetti aspecifici (deboli depositi capillari di IgA e focali deboli depositi capillari di C3 e IgM) ed è apparso negativo per C1q, C4, IgG e per le catene leggere (Kappa e Lambda). L’insieme dei reperti, anche in considerazione dei dati clinici, appare riferibile ad una necrosi tubulare acuta (esotossica) associata a mioglobinuria.

Seguiva una breve fase poliurica con miglioramento della funzione renale che consentiva la sospensione del trattamento dialitico e la rimozione del cvc femorale. Il decorso ulteriore era complicato da una broncopolmonite basale destra trattata la quale in 20^ giornata veniva dimesso con creatininemia 2,0 mg/dl. A 30 giorni dalla dimissione la creatininemia era 1,24 mg/dl e l’ esame urine era privo di alterazioni.

Il caso presentato è insieme classico di una frequente forma di tossicità renale in corso di abuso di sostanze psicotrope (NTA con cilindruria in corso di mioglobinuria) ma negative erano le ricerche delle droghe d’abuso più classiche coinvolte in questi quadri (Oppiacei, Cocaina, Anfetamine).

Cerchiamo prima di tutto di esaminare le sindromi renali associate all’abuso di droghe.

 

OPPIACEI:

Dalla incisione della capsula immatura del papavero da oppio (Papaver Somniferum), originario della Anatolia, si ottiene un lattice che si rapprende all’ aria formando una massa gommosa brunastra che può essere formata in pani o per ulteriore essicazione trasformata in polvere: è questo l’oppio grezzo il cui primo uso medico era stato il trattamento della dissenteria. L’ oppio grezzo può già essere fumato senza ulteriori trasformazioni e questo utilizzo si era diffuso principalmente in oriente nel XVIII° secolo; esso contiene circa una trentina di alcaloidi naturali, di cui il più potente è la morfina (estratta da Sertürner nel 1806). La sua azione è mediata dal legame a recettori specifici nel SNC (Recettori Oppioidi i cui normali ligandi sono i cosiddetti oppioidi endogeni: endorfine, encefaline e dinorfine) appartenenti a tre tipi diversi (m, il principale;  k e d). La morfina può essere sottoposta ad un processo chimico di acetilazione ottenendo la diacetil-morfina o Eroina che si caratterizza per la maggiore liposolubilità con più rapida penetrazione nel tessuto nervoso con intenso effetto psicotropo. Il Metadone, oppioide sintetico, è caratterizzato da efficacia per via orale analoga alla morfina e lunga durata di azione nella soppressione dei sintomi da astinenza; la crisi da astinenza di questo farmaco è a sua volta caratterizzata da sintomi più lievi ma di maggiore durata.  I farmaci morfinosimili inducono analgesia, sonnolenza, cambiamento del umore e obnubilazione; alcuni provocano euforia. La prima somministrazione di morfina può essere peraltro spiacevole associandosi a nausea e vomito. Sono caratterizzati da tolleranza e dipendenza fisica; la intossicazione acuta da coma, miosi pupillare e depressione respiratoria.

L’ Eroina, principale oppiaceo di abuso, non ha applicazioni terapeutiche; per la sua assunzione può essere sniffata, assunta per os, fumata, iniettata in vena da sola o associata alla cocaina, iniettata sottocute (skinpopping). Data la sua linea di produzione completamente illegale si caratterizza per la impurità sia chimica per la presenza di additivi ed adulteranti (mannitolo, saccarosio, glucosio, lattosio, caffeina etc.) che microbiologica con possibilità di trasmettere nel uso parenterale Epatite B e C, HIV, endocarditi batteriche e fungine, infezioni cutanee e sepsi da piogeni.

Le complicanze renali del uso di oppiacei sono numerose (tabella 2) e comprendono la Rabdomiolisi con insufficienza renale acuta in corso di mioglobinuria; questa è in genere determinata dalla perdita di coscienza con lunga permanenza a terra con ischemia dei muscoli, vasi muscolari e nervi sottoposti a pressione diretta.

Quadri renali associati con l’abuso parenterale di Eroina:

1)  Glomerulosclerosi Focale e Segmentaria (FSGS) 5) Nefrite interstiziale (anche granulomatosa)
2)  Glomerulonefrite Membrano Proliferativa (MPGN) 6) Amiloidosi
3)  Glomerulonefrite a lesioni minime 7) Vasculiti
4)  Glomerulonefrite a depositi mesangiali di IgA 8) IRA mioglobinurica
Tabella 2: Quadri renali segnalati in letteratura come associati al abuso parenterale di eroina

Tuttavia i quadri renali segnalati sono tanti e diversi e tra essi è interessante rivalutare la storia della glomerulonefrite associata (Heroin Associated Nephropathy o HAN), una forma  ampiamente proteinurica con sindrome nefrosica descritta per la prima volta nel 1970 [5]. Nell’abstract erano riportati tre casi (2 eroinomani ed un cocainomane) con apparenti lesioni minime; successivamente ad una seconda biopsia uno sviluppa una glomerulonefrite membranosa.

Le segnalazioni  successive mostrano tuttavia quadri di volta in volta diversi: GNMP con depositi di IgM e complemento, GN con aspetti di GN  acuta, GSFS, glomerulosclerosi  globali.

Dal punto di vista clinico quando strettamente definita si caratterizzava per una massiva proteinuria, più spesso con S. Nefrosica, che compariva  dopo protratto uso di eroina (anni). Si trattava di una forma resistente alla terapia immunosoppressiva, spesso con presenza all’ esordio di IRC e rapida evoluzione verso l’ uremia in 6-48 mesi.

In realtà nel tempo la descrizione della HAN deviava decisamente tra le due sponde del Atlantico.

Negli Stati Uniti viene segnalata con grande prevalenza in questo quadro una  GSFS; si tratta soprattutto di pazienti di razza nera [6]. Il quadro appare  privo di aspetti proliferativi, di solito senza depositi immuni ma talora con IgM e C3 focale e segmentario. Un ulteriore confondente viene ad essere in seguito la positività HIV.

In Europa viceversa a prevalere è una GNMP [7]; si tratta di pazienti di razza bianca, caratterizzati da positività per HCV, talora HBsAg ed HIV.

Nel tempo si è assistito alla scomparsa quasi completa alla fine degli anni ’80 dei casi di HAN. A ciò avrebbero contribuito l’ epidemia di HIV con l’ incremento di casi di HIVAN, le misure igieniche correlate all’ HIV stessa, la migliore purezza della eroina, il riconoscimento che le forme di GNMP in pazienti HCV + erano evidentemente correlate all’ infezione (crioglobulinemiche o meno che fossero) [8].

Dagli studi sperimentali effettuati nel tempo emerge che le cellule mesangiali  non sono in grado di metabolizzare l’ eroina [9]; tuttavia la morfina riduce l’ attività delle 72 kDa metalloproteinasi riducendo la degradazione della matrice mesangiale, stimola la proliferazione delle cellule mesangiali e la sintesi di collagene [10]. Riduce l’ efficacia della fagocitosi delle macromolecole ed aumenta la deposizione di IC nel mesangio [11].

Un’altra rara complicanza renale del abuso parenterale di oppiacei  severamente proteinurica e di solito con IRC evidente già all’ esordio è la Amiloidosi; si tratta di una Amiloidosi AA associata ad infezioni croniche,  soprattutto cutanee negli  “Skin Poppers”. La prognosi è pessima sia dal punto di vista del rene che per quanto riguarda la sopravvivenza complessiva [12] con il 65% dei pazienti in dialisi entro un mese dalla diagnosi ed una mortalità per sepsi vicina al 50% con una mediana di sopravvivenza di 19 mesi.

Un nuovo problema emergente nasce ora dalla prescrizione medica di farmaci psicotropi , benzodiazepine ma anche  oppiacei per il trattamento del dolore,  in pazienti anziani  che tende a trasformarsi successivamente in abuso [13]. Si tratta più spesso di donne anziane, che vivono sole con molteplici problemi di salute e spesso trattate con polifarmacia, talora con precedenti psichiatrici.

La riduzione del filtrato glomerulare in questo quadro può essere un fattore aggravante se si confronta l’uso dei FANS vs l’uso degli oppiacei, associato con un aumento delle ospedalizzazioni e della mortalità complessiva [14].

 

COCAINA:

Estratta dalle foglie di un arbusto sudamericano, più esattamente Boliviano,  (Erytroxylon Coca) è attualmente la droga più usata negli USA.

Si calcola che 23 milioni di americani l’abbiano provata almeno una volta; 3,6 milioni sarebbero i consumatori abituali. Uno studio sulla popolazione universitaria ha mostrato un 6% di users [15].

Possiamo distinguere due forme di Cocaina: la Cocaina Idrocloruro, solubile in acqua e instabile al calore, somministrabile per via orale, endovenosa e per inalazione e la Cocaina alcaloide (Freebase, Crack),  ottenuta per alcalinizzazione del sale,  non idrosolubile e stabile al calore che deve essere fumata. La prima inizia il suo effetto in 1-5 minuti e raggiunge il picco in 20-60 minuti mentre il Crack inizia il suo effetto in secondi raggiungendo il picco in un minuto.

La Cocaina agisce con effetto simpaticomimetico per blocco del reuptake di Dopamina per combinazione col recettore deputato al riassorbimento per cui il mediatore resta nello spazio sinaptico più a lungo prolungando così l’effetto dopaminergico sulla cellula postsinaptica [15].

L’attivazione simpatica si traduce in un effetto stimolante ed euforizzante.

Ne possono conseguire effetti collaterali importanti a livello sistemico (tachicardia, ipertensione arteriosa, tachipnea, ipertermia, midriasi, agitazione, delirio, reazioni psicotiche) Cardiaco (Scompenso ventricolare sx, Endocardite, Miocardite, dissecazione aortica, Infarto, aritmie, arresto cardiaco) Neurologico (agitazione, iperattività, TIA, Ictus, convulsioni)  Respiratorio (edema polmonare acuto, ipertensione polmonare, polmonite interstiziale, emorragie, infarti) del Tratto Gastroenterico (ischemia mesenterica, epatite, necrosi epatica) Vascolari (vasculiti, trombosi, tromboflebiti) e, non ultima, la Rabdomiolisi [16].

A livello Renale gli effetti della Cocaina sono mediati dal rilascio di catecolamine e dal incremento dello stress ossidativo che aumentano il fabbisogno metabolico mentre la contemporanea attivazione del RAS e del sistema delle endoteline e la inibizione della vasodilatazione indotta da Ossido Nitrico induce un vasospasmo e conseguente ischemia; su questo si sovrappone ed integra un effetto procoagulante e di aggregazione piastrinica attivati attraverso incremento del trombossano  e riduzione della antitrombina III.

La cocaina è in effetti un potente vasocostrittore che agisce attraverso la inibizione centrale dell’ uptake sinaptico di catecolamine, il blocco del re-uptake di noradrenalina nelle terminazioni periferiche ed il rilascio di catecolamine dalla midollare surrenale.

Non sorprende allora che nel quadro della tossicità acuta domini essenzialmente la insufficienza renale acuta in cui rabdomiolisi, ipertensione maligna e microangiopatia trombotica fanno la parte del leone anche se talora può esserci anche una più rara nefrite interstiziale acuta [17] a sostenere il quadro.

La possibilità del raro infarto renale deve essere sempre tenuta presente in questo setting,  annunciato da dolore lombare e/o al fianco, macroematuria  incremento della creatininemia e delle LDH [18; 19].

La rabdomiolisi da cocaina  presenta eziologia multifattoriale; il sospetto deve sorgere principalmente in presenza di ipertermia, convulsioni, agitazione o ottundimento del sensorio. La diagnosi si basa sul incremento degli enzimi muscolari (CPK, LDH) nel siero [19]; un’altra chiave diagnostica è il rilievo di positività degli stick urinari per l’emoglobina in assenza di globuli rossi al esame microscopico delle urine, che può corrispondere alla presenza di mioglobina.

Nella Insufficienza Renale Cronica l’uso di cocaina si associa peraltro a scarso controllo pressorio, progressione più rapida delle nefropatie con IRC, aumentata morbilità e mortalità, aumentata incidenza di infezioni nei dializzati [15]. E’ descritto un aumento della sclerosi/fibrosi a livello glomerulare che troverebbe giustificazione nella inibizione della sintesi della metalloproteinasi-2 con ridotta degradazione della matrice mesangiale, incremento dello stress ossidativo per riduzione del contenuto in glutatione nelle cellule renali in coltura e la attivazione del RAS con stimolo della produzione di TGF-b [20].

Infine la cocaina sembra accelerare l’aterogenesi sia a livello renale che a livello sistemico nell’animale da esperimento e nel uomo [15-17; 21-23].

 

CANNABIS:

Al  genere Cannabis appartengono piante di specie diverse (Cannabis Indica, Cannabis Sativa) (Figura 1)  che erano coltivate in passato per ottenerne fibre tessili (Canapa).

FIGURA 1 Coltivazione di Cannabis
Figura1: Coltivazione di Cannabis

Esistono numerose cultivar a diverso contenuto di TetraHidroCannabinolo (THC), che insieme al Cannabidiolo costituiscono i più abbondanti fitocannabinoidi;  dalla resina della pianta si ricava l’ Hashish, più potente, mentre dalle infiorescenze femminili si ottiene la Marijuana. Vengono più spesso fumate con completa combustione oppure riscaldate e vaporizzate, anche attraverso sigarette elettroniche, ed assorbite per via respiratoria ma possono anche essere assunte per ingestione con effetto più lento ma di maggior durata. Gli effetti dei fitocannabinoidi sono mediati da due diversi recettori: CB1 e CB2. Il THC, principale componente psicoattivo della cannabis,  è parziale agonista di entrambi [24]. Il rene presenta recettori CB1 e CB2 i cui effetti fisiologici sono poco conosciuti; CB1 è stato identificato nell’ uomo nelle cellule dei tubuli convoluto prossimale, distale e collettori mentre CB2 è stato identificato in coltura sulle cellule mesangiali, tubulari prossimali ed in alcuni casi sui podociti in coltura [25]. I cannabinoidi avrebbero inoltre un effetto vasodilatatore sulla vascolatura renale non mediato da un meccanismo recettoriale.

Da oltre 10 anni in Italia i medici possono prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze attive vegetali a base di cannabis per uso medico da prepararsi in strutture preposte; dal 2007 è possibile l’importazione di diversi farmaci registrati altrove contenenti fitocannabinoidi. Dal 2014 lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze produce una canapa indicata come FM2.   Non esistendo indicazioni autorizzate la prescrizione avviene sotto responsabilità del medico che deve raccogliere il consenso informato e indicare sulla ricetta le esigenze particolari che ne giustificano l’utilizzo. Come previsto dal Decreto Ministeriale del 9 novembre 2015 , la prescrizione di cannabis “a uso medico” in Italia è limitata al suo impegno nel dolore cronico principalmente neurogeno e quello associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale; alla nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie abituali; riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette [26].  Ne è stato anche preconizzato l’ utilizzo per trattare alcuni sintomi presenti nella insufficienza renale cronica terminale e per ridurre l’ utilizzo di oppioidi in questo quadro [27]. Quanto alla possibile patologia renale acuta o cronica nei consumatori abituali i dati sono al momento attuale non indicativi [28] se si escludono le forme in genere pre-renali secondarie alla peraltro rara “Cannabinoid Hyperemesis Syndrome” [29]. Perfino nel problematico campo del trapianto di rene né l’uso nel ricevente [30] né nel donatore vivente [31] pare avere effetti sulla sopravvivenza del paziente, del donatore o del rene trapiantato.

 

ALLUCINOGENI: LSD E PSILOBICINA:

Se la Dietilamide del Acido Lisergico  (LSD), potente serotoninergico, è attualmente studiata per le sue potenzialità di utilizzo come farmaco psichiatrico [32] tuttavia l’interesse nefrologico appare  trascurabile salvo una segnalazione di rabdomiolisi associata più al uso della camicia di forza come contenimento di uno stato di agitazione dissociativa che alla sostanza  in sé [33].

Più interessanti per il nefrologo appaiono i funghi del genere Psilocybes (Magic Mushrooms) di cui i più noti interessano le americhe essendo famoso lo Psilocybes Cubensis  un fungo sudamericano già conosciuto dagli Aztechi. Sono segnalati infatti casi di rabdomiolisi associata con l’assunzione [34, 35]. Bisogna sapere che in Italia esiste una varietà della specie, spontanea (Psilocybe Semilanceata ) o funghetto comune che ha le stesse proprietà.  Altri prodotti d’ abuso sono i solventi che, sniffati in colle, vernici etc. danno sintomi simili alla intossicazione alcoolica con anche brevi fenomeni allucinatorii. In particolare il Toluene è stato associato a numerose manifestazioni renali  ( principalmente interstiziali dalla Sindrome di Fanconi alla acidosi tubulare distale ma anche forme glomerulari proteinuriche e fino alla sindrome di Goodpasture) [36].

 

ANFETAMINE E ECSTASY:

L’anfetamina (MDA: 3,4 Metilen Dioxy Anfetamina) è un farmaco con proprietà anoressizzanti e psicostimolanti. Agonista indiretto del sistema catecolaminergico, agisce soprattutto a livello centrale inibendo la ricaptazione di noradrenalina e dopamina dalla fessura sinaptica. La sua azione si traduce quindi in una maggiore permanenza di neurotrasmettitore a livello sinaptico.

Molto simile (differisce dalla MDA soltanto per la presenza di un metile sul gruppo amminico) la MDMA  (3,4-metilenediossimetamfetamina),  più comunemente nota come Ecstasy è una metanfetamina dagli spiccati effetti eccitanti ed entactogeni (aumenta la socialità e la emotività), anche se non propriamente allucinogeni [37].

Sono farmaci di sintesi, assunti per via orale, spesso in “rave party” con balli di gruppo protratti; l’iperattività fisica in ambienti caldi può condurre ad ipertermia. Inoltre nell’animale da esperimento l’MDMA può dare febbre. Effetti indesiderati lievi sono anoressia, nausea, vomito, cefalea, trisma, e crampi. Più severi convulsioni, iperpiressia, disfunzione epatica, rabdomiolisi, coagulazione intravascolare disseminata ed IRA.

 

NUOVE DROGHE SINTETICHE: CATINONI E CANNABINOIDI:  

Il qat (Catha edulis), è una  pianta originaria dell’Etiopia diffusa nella penisola Arabica. La sua coltivazione e l’ uso sono molto presenti in Yemen.

Le foglie contengono un alcaloide (Catinone) dall’azione stimolante, che causa stati di eccitazione e di euforia, e provoca dipendenza. La sostanza, simil-anfetaminica, ha spiccato effetto psicotropo, euforizzante e spegne fame e fatica; ha anche un importante effetto analgesico.

I Catinoni sintetici [38] sono sostanze prodotte chimicamente che riproducono questi effetti; ne esistono un numero molto grande (Methcatinone, Methedrone, Methylone etc.) ed anzi per essere più chiari ne vengono sintetizzati continuamente di nuovi. Non sono conosciuti e quindi non sono formalmente illegali; vengono commercializzati per uso animale e comunque non umano, prodotti il più spesso in Asia e facilmente reperibili in Internet  indicati con nomi di fantasia o con nomi generici (Salt Baths). Il fatto di essere sostanze sempre nuove e diverse fa si che non siano comunemente dosate nei liquidi biologici.

La tossicità è per alcuni versi simile a quella delle anfetamine (tachicardia, ipertensione, agitazione psicomotoria, aggressività etc.) mentre a livello renale si possono avere incrementi della creatininemia con quadri di insufficienza renale acuta, iposodiemia, iperpotassiemia, iperuricemia; si può avere un danno muscoloscheletrico fino alla rabdomiolisi.

Allo stesso modo i cannabinoidi sintetici [39] sono anche essi prodotti chimicamente ed interagiscono con i recettori dei cannabinoidi con potenza simile o anche  di molto superiore al prodotto naturale ed hanno strutture diverse tali da non essere rilevati dagli abituali dosaggi. Sono indicati con nomi generici (legal Highs; Erbal Highgs; spices), talora con sigle (K2, K3) o nomi di fantasia e possono essere facilmente ottenuti in Internet, indicati il più spesso come misture di vegetali cui sono stati addizionati “non per uso umano” , che possono essere fumati ma anche come compresse, capsule o polveri ingeribili oppure liquidi da utilizzare nelle “sigarette elettroniche”  [40]. Se ne conoscono oltre 200 e se ne sintetizzano continuamente di nuovi; la loro diffusione è stata ampia soprattutto tra i giovani. Gli effetti sono spesso “individuali” dipendendo da dosi e vie di somministrazione. Comprendono sedazione, atassia, midriasi, tachicardia, euforia, agitazione psicomotoria ma anche allucinazioni, deliri, convulsioni, rabdomiolisi, depressione respiratoria, insufficienza renale acuta [41]. Ancora una volta i comuni esami tossicologici (compreso il dosaggio del THC) risultano negativi.

 

LA KETAMINA:

La Ketamina è un anestetico dissociativo che induce depressione del sistema talamo-corticale e attivazione del sistema limbico; la sua indicazione è principalmente per piccoli interventi  in cui induce una ridotta inibizione respiratoria con anche il mantenimento di riflessi protettivi delle vie aeree (specie uso pediatrico e veterinario).  L’uso è limitato dalla induzione nella fase di risveglio di uno stato sognante vivace (piacevole o spiacevole) fino a veri e propri stati allucinatorii. Ha effetti antidepressivi e sono in corso sperimentazioni per l’utilizzo in psichiatria e del tutto recentemente un suo enantiomero è stato infine approvato dalla FDA per l’ utilizzo nelle depressioni resistenti alle usuali terapie [42].

Con dosi inferiori a quelle per uso anestetico somministrate per via endovenosa, intramuscolare, attraverso la mucosa nasale o aggiunte al fumo può essere utilizzata come droga d’abuso per esaltare l’esperienza sessuale in rave parties e per ottenere effetti di estraniazione (K-hole) con sensazione di “uscita dal corpo” [43]. Gli effetti acuti della Ketamina includono tachicardia, ipertensione, aumento  della frequenza o depressione respiratoria, aumento delle secrezioni bronchiali, nausea e vomito. Può associarsi a rabdomiolisi inducendo ipertono muscolare e agitazione psicomotoria [44].  Nell’uso cronico presenta in particolare una tossicità gastroenterica probabilmente diretta  che si esprime con dolore epigastrico, dilatazione delle vie biliari e colestasi. Per il Nefrologo sono però soprattutto interessanti  i danni a carico del tratto urinario causati dal abuso cronico. Il primo report di una sindrome urologica risale al 2007 [45]; da allora numerosi sono i report in letteratura. I sintomi riportati comprendono disuria, pollchiuria, urgenza, incontinenza e macroematuria. La vescica è l’ organo più spesso coinvolto e la cistoscopia può evidenziare eritema, edema ed ulcerazioni mentre le biopsie possono mostrare infiltrati eosinofili ed infiltrazione di mastcellen. La radiologia può dimostrare una vescica di volume ridotto con parete ispessita con l’ infiammazione che si estende a livello perivescicale.A livello renale vi può essere evidenza di idronefrosi e insufficienza renale. Anche in questo caso prevale l’ ipotesi di una tossicità diretta del farmaco e/o dei metaboliti. Il tempo necessario sarebbe di 1-4 anni.

 

Tornando al caso clinico

Nel tentativo di chiarire il più possibile il quadro del nostro paziente abbiamo esteso i dosaggi alle droghe non comunemente ricercate.

Abbiamo inviato pertanto un campione urinario raccolto al inizio della nostra storia ad un laboratorio specializzato per la ricerca di Catinoni Sintetici; questa risultava negativa; il laboratorio però precisava nel suo referto che le analisi eseguite non potevano essere considerate esaustive per tutti i catinoni continuamente immessi sul mercato clandestino. Inoltre segnalava che nel contesto delle analisi eseguite era emersa invece la presenza di Ketamina e del suo metabolita Norketamina.

 

Conclusioni

Il caso presentato era paradigmatico di come sia mutato il quadro del abuso di sostanze a scopo voluttuario negli ultimi 20 anni; non più solo le sostanze note ben classificate e sottoposte a controlli che possiamo dosare facilmente nei nostri presidi  ma una pletora di nuove sostanze che sfuggono ai controlli e che non risultano nemmeno formalmente illegali. Il problema che ne scaturisce è enorme in quanto si continuano a dosare le quattro “vecchie sorelle”  ovvero Marijuana, Cocaina, Eroina e Anfetamine mancando così di poter rivelare le droghe di abuso più diffuse attualmente.

Se pensiamo soltanto  ai test di controllo obbligatori per molte professioni ci rendiamo conto di quanto sia pericolosa questa condizione di “invisibilità” delle droghe sintetiche. Oltretutto le droghe sintetiche possono rappresentare porte di ingresso a sindromi psichiatriche severe.

Naturalmente gli “abuser” sono il più delle volte consumatori di molteplici sostanze ed anche per questo in presenza di patologie suggestive non ci si deve fermare alle sostanze più “classiche”.

Dal punto di vista più strettamente nefrologico l’ invito deve essere a intensificare il più possibile le ricerche nei casi sospetti di nefrotossicità da sostanze d’abuso in quanto questi pazienti spesso sono esposti a sostanze diverse e molteplici sono i danni possibili correlati ad esse.

 

Aspetti di danno tubulare correlati con mioglobinuria
Figura 2: Aspetti di danno tubulare correlati con mioglobinuria. 1) cilindro ialino endotubulare con detriti cellulari ed assottigliamento di parete in presenza di aspetti infiammatori acuti tubulari e peritubulari. EE 20X. 2) infiltrato linfo-monocitario e granulocitario anche eosinofilo peritubulare con aggressione della parete del tubulo. PAS 40X. 3) cilindri granulari eosinofili (mioglobina) EE 40X. 4) danno tubulare con aree di rarefazione ed assottigliamento epiteliale ed altre di rigenerazione. PAS 40X

 

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Deficit di Carnitin-Palmitoil Transferasi di tipo 2: una rara causa di insufficienza renale acuta da rabdomiolisi

Abstract

I disturbi dell’ossidazione degli acidi grassi sono errori congeniti del metabolismo. Una delle possibili alterazioni comporta il fallimento del trasporto carnitin-based degli acidi grassi a catena lunga nei mitocondri, necessario per il metabolismo muscolare in caso di sforzo fisico prolungato. Sono state descritte tre forme di deficit di Carnitin-Palmitoil Transferasi di tipo 2 (CPT2): una forma miopatica, una forma infantile grave ed una forma neonatale. Il quadro clinico è caratterizzato da attacchi ricorrenti di rabdomiolisi, dolori muscolari e affaticamento, secondari di solito a un esercizio fisico protratto e a volte aggravati da eventi intercorrenti. Gli episodi di rabdomiolisi si associano ad un aumento significativo della creatinfosfochinasi e della mioglobinuria e possono risultare in insufficienza renale acuta (IRA). I pazienti sono di norma asintomatici nei periodi intercorrenti. Pertanto nei casi di IRA da rabdomiolisi insorta dopo intensa attività fisica è necessario ricercare anche la presenza di miopatie metaboliche da deficit enzimatico.

Parole chiave: deficit CPT2, rabdomiolisi, insufficienza renale acuta

Background

La rabdomiolisi può determinare quadri clinici differenti: dalla dismissione subclinica degli enzimi muscolari fino all’Insufficienza Renale Acuta (IRA). Ciò può associarsi a Crush Syndrome, ma in più dell’80% dei casi è presente una causa farmacologica; non vanno dimenticate possibili alterazioni strutturali o disordini metabolici ereditari delle cellule muscolari. Uno di questi è il deficit di Carnitin-Palmitoil Transferasi di tipo 2 (CPT2), anomalia ereditaria autosomica recessiva dell’ossidazione mitocondriale degli acidi grassi a catena lunga (LCFA), necessari per il metabolismo muscolare in caso di sforzo fisico prolungato [1].  

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Protetto: Deficit di Carnitin-Palmitoil Transferasi di tipo 2: una rara causa di insufficienza renale acuta da rabdomiolisi

Abstract

I disturbi dell’ossidazione degli acidi grassi sono errori congeniti del metabolismo. Una delle possibili alterazioni comporta il fallimento del trasporto carnitin-based degli acidi grassi a catena lunga nei mitocondri, necessario per il metabolismo muscolare in caso di sforzo fisico prolungato. Sono state descritte tre forme di deficit di Carnitin-Palmitoil Transferasi di tipo 2 (CPT2): una forma miopatica, una forma infantile grave ed una forma neonatale. Il quadro clinico è caratterizzato da attacchi ricorrenti di rabdomiolisi, dolori muscolari e affaticamento, secondari di solito a un esercizio fisico protratto e a volte aggravati da eventi intercorrenti. Gli episodi di rabdomiolisi si associano ad un aumento significativo della creatinfosfochinasi e della mioglobinuria e possono risultare in insufficienza renale acuta (IRA). I pazienti sono di norma asintomatici nei periodi intercorrenti. Pertanto nei casi di IRA da rabdomiolisi insorta dopo intensa attività fisica è necessario ricercare anche la presenza di miopatie metaboliche da deficit enzimatico.

Parole chiave: deficit CPT2, rabdomiolisi, insufficienza renale acuta

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Insufficienza renale acuta e rabdomiolisi dopo overdose di cocaina: caso clinico e review della letteratura

Abstract

La cocaina, un alcaloide naturale derivato dalla pianta della coca, è una delle droghe illecite più comunemente utilizzate.

L’abuso di cocaina provoca effetti collaterali sistemici come ictus, infarto miocardico, dissezione arteriosa, trombosi vascolare e rabdomiolisi.

L’uso della cocaina, inoltre, è associato a complicanze renali quali insufficienza renale acuta, vasculite, nefrite interstiziale acuta, insufficienza renale cronica, ipertensione maligna con microangiopatia trombotica.

L’insufficienza renale acuta può o no essere associata alla rabdomiolisi.

La rabdomiolisi causata dall’abuso di cocaina è multifattoriale, i meccanismi fisiopatologici interessano l’ischemia tissutale secondaria alla vasocostrizione e i danni cellulari diretti causati dal farmaco.

Riportiamo il caso di un uomo di 50 anni, con storia di epatite cronica C e abuso di droga, giunto alla nostra osservazione per grave insufficienza renale acuta e rabdomiolisi dopo overdose di cocaina tanto da rendere necessario il trattamento dialitico.

In conclusione la cocaina influenza negativamente la funzione renale; cocaina e rabdomiolisi sono doppio pericolo per l’insufficienza renale acuta.

Il management del paziente con tossicità acuta da cocaina richiede un approccio multidisciplinare con stretta sorveglianza cardiaca, neurologica e della funzione renale.

Parole chiave: Insufficienza renale acuta, rabdomiolisi, cocaina

Introduzione

La cocaina, un alcaloide del tropano presente nelle foglie della pianta di coca di eritroxilone, nota come il più potente stimolatore di origine naturale, esalta e prolunga gli effetti della stimolazione simpatica inibendo il reuptake delle catecolamine nelle terminazioni nervose (1, 2). 

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