Zanchelli1, A. Giudicissi1, L. Neri1, V. Sgarlato1, P.F. Bruno1, M. Ruggeri1, S. Signorotti1, D. Apuzzo2, E. Notaro2, A. Buscaroli1
1 U.O. Nefrologia e Dialisi, Ospedale "M. Bufalini", Cesena, Italia
2 Nefrologia, Dialisi e Trapianto, IRCCS Azienza Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Italia
Corrispondenza a:
Fulvia Zanchelli
UO di Nefrologia e Dialisi di Cesena
Ospedale M. Bufalini, Viale Giovanni Ghirotti, 286
47521 Cesena (FC), Italia
Tel. 0547/352104
E-mail: fulvia.zanchelli@auslromagna.it
Abstract
L’ipercalcemia ipocalciurica familiare (Familial Hypocalciuric Hypercalcemia – FFH) è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica dominante caratterizzata dalla presenza di ipercalcemia in genere lieve-moderata, ipofosforemia, ipocalciuria e valori di PTH normali o moderatamente aumentati. Generalmente FHH è clinicamente muta, anche se possono manifestarsi sintomi legati a elevati valori plasmatici di calcio quali astenia, sete intensa, poliuria, polidipsia o stato confusionale.
Sono descritti tre tipi di FHH, che differiscono per le alterazioni genetiche che sottendono alla patologia. La maggioranza dei casi di FHH viene classificata come tipo 1 (circa il 65% dei casi), e sono dovuti a mutazione del gene per il recettore Calcio-sensibile CASR, espresso sul cromosoma (Chr) 3q13.3-21, che codifica per una proteina recettore calcio sensibile accoppiato a proteine G della membrana plasmatica.
Il tipo 2 e 3 di FHH sono dovuti rispettivamente a mutazioni GNA11 e AP2S1 rispettivamente, e verosimilmente sono ancora da identificare altri geni coinvolti nella patogenesi della malattia.
Raramente l’ipercalcemia ipocalciurica familiare può non riconoscere una causa genetica ma essere provocata da autoanticorpi diretti contro CASR.
La frequenza della patologia non è conosciuta e viene stimata, probabilmente in difetto, a causa della presentazione paucisintomatica della malattia, intorno ad 1:80000 casi.
Il riconoscimento di FHH è importante soprattutto per la diagnosi differenziale con l’iperparatiroidismo primitivo, che presenta un’incidenza molto superiore di circa 1:1000 casi, oltre che per permettere l’identificazione di pazienti a rischio di condrocalcinosi e/o pancreatite. Il sospetto clinico deve essere posto nei casi di ipercalemia associata a ipocalciuria, e l’analisi genetica è fondamentale nella diagnosi differenziale verso forme di iperparatroidismo primitivo che potrebbero esitare in interventi chirurgici non necessari.
Descriviamo un caso clinico in cui si è riscontrata una nuova mutazione inattivante di CASR conducente a FHH di tipo 1.
Parole chiave: ipercalcemia ipocalciurica familiare, CASR, gene, paratiroidi, calcio
Caso clinico
Paziente maschio, caucasico, 40 anni, due figlie in età scolare. Anamnesticamente nato da gravidanza a termine espletata con parto eutocico, non si rilevano patologie neonatali, né nell’età adulta.
Nel 2018 riscontro di neoplasia renale, sottoposto a nefro-surrenectomia sinistra con diagnosi di carcinoma a cellule chiare. Nel corso del follow-up riscontro di neoformazione renale destra per cui è stato sottoposto ad enucleazione con riscontro istologico di carcinoma papillare a cellule chiare. Era stato analizzato un pannello di geni associati alla predisposizione ereditaria allo sviluppo di tumori, in particolare per la ricerca di alterazioni di FLCN, con esito negativo.
Per riscontro di ipercalcemia 10,9 mg/dl (vn (valori normali) 8,6-10,2 mg/dL) con PTH 88 ng/L (vn 15-65 ng/L) il paziente è stato inviato a visita endocrinologica. Il paziente non ha mai assunto supplementazioni di vitamina D. Gli esami di controllo documentavano creatinina 1,02 mg/dL (vn 0,50-1,00 mg/dL), VFG 76 mL/min/1.73m2, Na 140 mmol/L (vn 136-145 mml/L), K 4,9 mmol/L (vn 3,5-5,1 mmol/L), Mg 2,1 mg/dL (vn 1,6-2,6 mmol/L), PTH 51 ng/L, P 3,8 mg/dL (vn 2,7-4,5 mg/dL), P urinario 29,1 mg/dL, albumina 4,6 g/L (vn 35-50 g/L), creatinina urinaria 83 mg/dL, calcio urinario 1,6 mg/dL. Un ulteriore approfondimento laboratoristico confermava la presenza di ipercalcemia 10,9 mg/dL, Mg 2,2 mg/dL, osteocalcina mcg/L (vn 14-46), telepeptide beta-crosslaps 1,27 µg/L (vn 0,05-0,75 µg/L), vitamina D 25-OH 45,8 (vn>20,0 AIFA 2009), PTH 56 ng/L. Il quadro laboratoristico non era compatibile con iperparatiroidismo primitivo per i valori di calciuria e fosfato e il paziente è stato inviato dallo specialista endocrinologo a consulto nefrologico ambulatoriale.
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Matteo Franchi1, Andrea Galassi2, Giovanni Corrao1
1 Dipartimento di Statistica e Metodi Quantitativi, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Milano (MI), Italia
2 SC Nefrologia e Dialisi, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano
Corrispondenza a:
Andrea Galassi
SC Nefrologia e Dialisi, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano
Via A.di Rudinì, 8
20100 Milano, Italia
Tel 02.81844723
E-mail: andrea.galassi@asst-santipaolocarlo.it
Abstract
Introduzione: L’iperparatiroidismo secondario (IPS) è una complicanza comune e importante della malattia renale cronica (MRC) tra i pazienti sia in fase conservativa che in dialisi. Il paracalcitolo (PCT), altri analoghi attivi della vitamina D e la vitamina D attiva (calcitriolo) sono comunemente utilizzati per il trattamento dell’IPS nella MRC stadio G3, G4 e G5-non dialitica (ND). Tuttavia, studi recenti indicano che queste terapie aumentano in modo significativo i livelli sierici di calcio, fosforo e fattore di crescita dei fibroblasti 23 (FGF-23). Il calcifediolo a rilascio prolungato (ERC) è stato sviluppato come trattamento alternativo per l’IPS in MRC. La presente meta-analisi confronta l’effetto dell’ERC rispetto al PCT sui valori di paratormone (PTH) e di calcemia in studi randomizzati controllati. Metodi: È stata condotta una revisione sistematica della letteratura, secondo le linee guida PRISMA (Preferred Reporting Items for Systematic review and Meta-Analyses) per identificare gli studi da includere nella Network Meta-Analysis (NMA). Risultati: 18 pubblicazioni rispettavano i criteri d’inclusione nella NMA e 9 articoli sono stati inclusi nella NMA finale. La riduzione del PTH con PCT (-59,5 pg/ml) era maggiore della riduzione con ERC (-45,3 pg/ml), ma la differenza negli effetti del trattamento non ha mostrato significatività statistica. Il trattamento con PCT ha aumentato significativamente il calcio sierico rispetto al placebo (0,31 mg/dl), mentre l’aumento del calcio derivante dal trattamento con l’ERC (0,10 mg/dl) non ha mostrato significatività. Conclusioni: L’evidenza suggerisce che sia il PCT che l’ERC sono efficaci nel ridurre il PTH, mentre i livelli di calcio tendono ad aumentare significativamente solo con il trattamento con PCT. Pertanto, l’ERC può essere un’alternativa terapeutica altrettanto efficace, ma più tollerabile rispetto al PCT.
Parole chiave: iperparatiroidismo secondario, PTH, calcio, vitamina D
Introduzione
L’iperparatiroidismo secondario (IPS) è una complicanza grave e comune della malattia renale cronica (MRC) tra i pazienti sia in fase conservativa che in dialisi. L’IPS è caratterizzato da alterazioni di parametri metabolici, fra i quali livelli sierici di fosforo (P), calcio (Ca), fattore di crescita dei fibroblasti 23 (FGF-23), e insufficienza/carenza di vitamina D. La diminuzione della capacità dei reni di convertire la vitamina D [25(OH)D] nel suo metabolita attivo [1,25(OH)2D] determina una secrezione eccessiva di paratormone (PTH). Valori elevati di PTH, se non controllati, possono causare malattia ossea e calcificazione extra-scheletrica con aumento del rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari legate all’incremento delle calcificazioni vascolari stesse. Inoltre l’IPS prolungato può evolvere nella sua forma terziaria, resistente alla terapia con vitamina D e calciomimetici, con la necessità di ricorrere alla paratiroidectomia nei casi più severi o in previsione del trapianto renale [1]. Pertanto, è essenziale controllare contemporaneamente vari biomarcatori, fra cui PTH, Ca e P, per poter attuare un trattamento efficace dei problemi correlati all’IPS in corso di MRC [2].
Gli attivatori del recettore della vitamina D (Vitamin D Receptor Activators: VDRA), come il calcitriolo, il paracalcitolo (PCT), il doxercalciferolo e l’alfacalcidolo, rappresentano da diversi anni il trattamento prevalente nei pazienti affetti da IPS in corso di MRC stadio G3-G5. Tuttavia, recenti studi indicano che i VDRA possono aumentare i livelli sierici di Ca e FGF-23 [3, 4]. Le più recenti linee guida Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO) [2] hanno evidenziato l’accertato aumento del rischio di ipercalcemia nei pazienti in trattamento con PCT nei trial randomizzati controllati PRIMO e OPERA [3, 4], suggerendo di modificare le raccomandazioni terapeutiche per i pazienti con MRC in fase conservativa (ND-MRC). Nelle linee guida aggiornate non è infatti più raccomandato l’impiego routinario di PCT, calcitriolo e degli altri VDRA nella MRC negli stadi 3-5; questi agenti dovrebbero essere usati, invece, unicamente per l’IPS grave e progressivo nella MRC allo stadio 4-5 [2].
Recentemente, è stato sviluppato un calcifediolo a rilascio prolungato (Extended Release Calcifediol, ERC) come trattamento alternativo per la terapia dell’IPS e per la riduzione dei livelli di PTH in corso di ND-MRC [5]. La formulazione dell’ERC, oltre alla sua natura di vitamina D nutrizionale, ne contraddistingue le proprietà farmacocinetiche e l’azione terapeutica rispetto al PCT.
L’ERC è disponibile sotto forma di capsule a rilascio prolungato per uso orale, contenenti 30 μg di calcifediolo. Le capsule sono progettate per essere deglutite intere. Il rilascio prolungato del farmaco è garantito dall’involucro “ceroso” e lipofilo della capsula [6], tale da offrire il progressivo rilascio del principio attivo nell’arco di circa 12 ore [7], seguito dall’incremento dei livelli di 25(OH)D con steady state a 3 mesi [8]. Il materiale di riempimento della capsula è solido al di sotto dei 25°C. L’inizio di un’alta viscosità decrescente a partire da 35°C è il risultato di una transizione dallo stato ceroso solido a quello semisolido nell’intervallo di 35-50°C. Lo stato semisolido alla temperatura corporea di 37°C consente l’erosione e, poiché non ancora liquido, fornisce le condizioni affinché l’erosione costante rilasci il principio attivo.
Il PCT, o 19-nor-diidrossiergocalciferolo, è un analogo sintetico del 1,25-diidrossiergocalciferolo privo del gruppo metilene C-19 esociclico. Il PCT è disponibile in commercio in formulazione in fiale da 5 mcg (per l’utilizzo in dialisi) e in compresse da 1 mcg e 2 mcg (per l’utilizzo in MRC stadi 3-5D) [9]. Il PCT è altamente legato alle proteine plasmatiche (> 99,9%) e presenta un’escrezione principalmente per via epatobiliare, con una minima eliminazione per via renale (< 16%) e fecale (2%) [10–13] e una biodisponibilità stimata intorno all’80% [14]. L’assorbimento intestinale non è alterato dalla contemporanea assunzione di cibo. La massima concentrazione di PCT viene raggiunta dopo 3 h dall’assunzione orale [10], con un tempo di eliminazione medio nei soggetti e sani e nei pazienti in dialisi pari a 5-7 e 13-30 ore rispettivamente [12]. Il PCT è metabolizzato in 3 cataboliti inattivi [24(R)-hydroxyparicalcitolo, 24,26, 24,28-dihyroxyparicalcitolo e glucuronidi] dal citocromo mitocondriale CYP24 e dagli enzimi epatici CYP3A4 e UGTIA4 [10].
L’obiettivo di questo studio di comparazione indiretta è confrontare l’efficacia di PCT e ERC rispetto al placebo nel controllo dei biomarcatori PTH e Ca in pazienti con ND-MRC.
Metodi
Strategia di ricerca e selezione degli studi
È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura secondo le linee guida per il reporting di revisioni sistematiche e meta-analisi (Preferred Reporting Items for Systematic reviews and Meta-Analyses, PRISMA) [15] per individuare gli studi da inserire in questa analisi (Network Meta-Analysis, NMA). La metanalisi “a rete” o Network Meta-Analysis offre l’importante vantaggio di incorporare in un’unica analisi tutte le evidenze disponibili, consentendo quindi di gestire al meglio queste situazioni di confronto multiplo, divenute sempre più frequenti, anche in assenza di confronti diretti che renderebbero invece possibile il confronto tramite metanalisi classica.
Il database PubMed è stato consultato adottando una strategia di ricerca predefinita per MRC e esiti e opzioni terapeutiche nell’IPS. Non sono state imposte restrizioni in merito alla data di pubblicazione. Pubblicazioni non in lingua inglese nonché review, commentari o metanalisi sono stati escluse dalla ricerca. Sono stati consultati i riferimenti bibliografici di tutti gli studi conformi ai criteri di inclusione per rintracciare ulteriori pubblicazioni che non erano state individuate nella strategia di ricerca. Sono state ottenute le pubblicazioni integrali per i documenti conformi ai criteri di inclusione, così come nel caso in cui non fosse certo che i criteri di inclusione fossero soddisfatti. Due revisori hanno valutato indipendentemente l’elenco completo dei risultati emersi dalla ricerca per stabilirne l’eleggibilità.
Per poter essere incluso nella revisione della letteratura, l’articolo doveva includere una sperimentazione randomizzata e controllata, comprendente più di 20 pazienti adulti (18 anni+) con ND-MRC documentata. Almeno un gruppo di pazienti negli studi doveva aver ricevuto un trattamento con un agente terapeutico rilevante nel trattamento dell’IPS e i restanti gruppi dovevano aver ricevuto il trattamento con placebo, nessun trattamento o un trattamento con un altro agente terapeutico rilevante. Pertanto, sono state escluse le pubblicazioni che avevano confrontato differenti regimi posologici dello stesso farmaco. Se due o più pubblicazioni riportavano risultati ricavati dalla stessa sperimentazione e l’informazione dei risultati coincideva, è stata inclusa solo una delle pubblicazioni (senza alcuna perdita di dati).
Nella strategia di ricerca per la revisione della letteratura, sono state incluse tutte le opzioni terapeutiche rilevanti per il controllo dei biomarcatori correlati all’IPS (vitamina D alimentare, calcitriolo, VDRA selettivi e calciomimetici). Tuttavia, soltanto la documentazione raccolta in relazione a PCT ed ERC è stata ritenuta sufficientemente comparabile (in merito, ad esempio, ai disegni degli studi e ai regimi posologici) per poterla utilizzare in uno schema di network metanalisi.
Estrazione dei dati e valutazione della qualità
È stato creato e testato un modello standardizzato di estrazione dei dati usando un campione casuale delle pubblicazioni incluse. Due revisori hanno estratto indipendentemente tutti i dati utilizzando il modello dei dati prestabilito. Una volta estratti i dati, i due revisori hanno corretto eventuali differenze tramite il riesame congiunto della fonte. Eventuali discordanze non risolte, sono state giudicate da un revisore terzo.
Quando disponibili per l’estrazione, i parametri principali riportati erano le differenze medie o mediane (Mean or Median Difference, MD) dei valori assoluti dei biomarcatori PTH e Ca, rilevati dal basale fino alla fine dello studio, per tutti i gruppi di pazienti reclutati negli studi inclusi. L’effetto sul P, sebbene da una revisione della letteratura pubblicata non risulti altamente influenzato dalle molecole in esame, è stato valutato nell’analisi secondaria. È stata effettuata una revisione sistematica della letteratura per creare una raccolta completa delle sperimentazioni controllate randomizzate in cui sono stati valutati PCT ed ERC. Per studiare l’efficacia comparativa, i risultati di livello degli studi individuati nella revisione sistematica della letteratura sono stati sintetizzati usando metodi di network metanalisi.
Le MD e la deviazione standard delle MD, quando riportate, sono state estratte direttamente dagli studi. Quando erano indicati solo i valori dei biomarcatori registrati al basale e alla fine dello studio, la MD è stata calcolata sottraendo i valori al basale da quelli rilevati al termine del periodo di studio. In questi casi, la deviazione standard della MD è stata calcolata usando la formula riportata nel Cochrane Handbook for Systematic Reviews of Interventions, con il coefficiente di correlazione impostato sul valore conservativo 0,4 [16]. Se un valore di un biomarcatore era indicato con uno scarto interquartile (Interquartile Range, IQR) associato, la deviazione standard del valore è stata calcolata per approssimazione, dividendo l’intervallo dell’IQR per 1,35 [17]. Il numero dei pazienti in ciascun braccio della sperimentazione è stato valutato per calcolare gli errori standard in base alle deviazioni standard. Se una MD era indicata con un intervallo di confidenza, l’errore standard è stato calcolato in base all’intervallo di confidenza. I valori estratti per PTH sono stati convertiti nell’unità comune di picogrammi per millilitro (pg/ml) mentre i valori per il Ca sono stati convertiti in milligrammi per decilitro (mg/dl). I risultati illustrati graficamente non sono stati estratti. Quindi, per poter essere inclusi nelle analisi, i risultati relativi ai biomarcatori dovevano essere riportati numericamente.
Analisi statistica
L’associazione tra il trattamento e gli esiti su PTH, Ca e P è stata stimata usando le MD in tutte le analisi. È stata utilizzata una network metanalisi ad effetti random, con approccio frequentistico per sintetizzare le evidenze emerse da confronti indiretti in un singolo approccio analitico [18, 19]. Nella conduzione di una network metanalisi viene assunta la transitività, cioè si possono confrontare i trattamenti A e B usando l’evidenza indiretta se entrambi i trattamenti sono stati testati rispetto al trattamento C. Se dai confronti diretti e indiretti risulta un’evidenza, la validità dell’assunzione di transitività può essere testata valutando la consistenza dell’evidenza diretta e indiretta. Non essendo disponibili confronti diretti tra PCT ed ERC, i dati raccolti per questo studio non consentono di effettuate tali test di consistenza. Sono state utilizzate invece procedure meta-analitiche regolari per valutare l’eterogeneità dei risultati di livello degli studi usando la statistica comune.
Sono poi stati creati forest plot a partire da un modello di effetti casuali per valutare l’eterogeneità tra gli studi tramite la statistica. Sono stati utilizzati funnel plot per valutare il bias di pubblicazione e gli effetti di piccoli studi.
Risultati
Selezione degli studi
La strategia di ricerca ha prodotto, alla data del 31 maggio 2022, un totale di 1175 risultati. 88 studi erano eleggibili per l’inclusione nella revisione sistematica della letteratura (ossia, includevano tutte le potenziali opzioni terapeutiche per l’IPS nell’ND-MRC) e 56 studi, che avevano confrontato l’utilizzo del PCT o dell’ERC rispetto al placebo, erano eleggibili per l’inclusione nella network metanalisi. 10 studi sono stati esclusi dalle network metanalisi: 3 studi sono stati esclusi per aver un disegno di studio cross-over [20–22], 1 pubblicazione è stata esclusa per non avere riportato i risultati per PTH e Ca, [23] mentre 6 pubblicazioni sono state escluse perché tutti i risultati rilevanti ricavati dalla corrispondente sperimentazione erano già riportati in altri articoli già inclusi nelle precedenti analisi [24]. Quindi le restanti 9 pubblicazioni sono state incluse nella network metanalisi. La Figura 1 mostra il diagramma PRISMA per la procedura di ricerca.
Caratteristiche degli studi e dei pazienti
La Tabella 1 riporta le informazioni sulle caratteristiche dei pazienti delle 9 pubblicazioni incluse nell’NMA. In totale 1443 pazienti sono stati randomizzati nelle 9 pubblicazioni incluse; 507 nelle pubblicazioni che hanno valutato l’ERC e 936 nelle pubblicazioni che hanno preso in esame il PCT. I livelli di PTH rilevati al basale erano più alti rispetto alla norma in tutte le pubblicazioni (media su tutti gli studi: 126,8 pg/ml).
Il peso stimato della numerosità dei pazienti negli studi è stato riportato come variazione media non aggiustata in quasi tutte le pubblicazioni e per tutti gli esiti, a eccezione di Wang [4] che ha indicato variazioni mediane di PTH e Thadhani [3] che, per tutti gli esiti, ha riportato variazioni medie dei minimi quadrati aggiustate tramite un modello comprendente trattamento, visita, interazione trattamento per visita, Paese e valore basale del biomarcatore. Una pubblicazione [25] non conteneva report numerici per il PTH, mentre un’altra pubblicazione [26] non riportava i risultati per il Ca. Unicamente 8 del totale delle pubblicazioni sono state utilizzate nelle analisi di ciascun esito.
Quattro pubblicazioni incluse (1 che ha valutato l’ERC e 3 che hanno esaminato il PCT) hanno riportato risultati ricavati da sperimentazioni a tre bracci, in cui ai pazienti in due bracci sono state somministrate differenti dosi del principio attivo (1 o 2 µg/giorno di PCT oppure 30 o 60 µg/giorno di ERC) [5, 26–28]. Le 5 restanti pubblicazioni (4 che hanno valutato il PCT [3, 4, 25, 29] e 1 che ha esaminato l’ERC [8]) hanno riportato risultati ricavati da sperimentazioni a due bracci in cui era consentito titolare il dosaggio dell’agente terapeutico nel corso del periodo di studio. Lo studio di Sprague del 2014 [5] ha incluso due coorti di pazienti (studi a e b). Nello studio a 51 pazienti sono stati randomizzati in tre bracci di trattamento (placebo, ERC 60 µg/die, ERC 90 µg/die). Nello studio b 27 pazienti sono stati randomizzati in due bracci di trattamento (placebo, ERC 30 µg/die). Il lavoro originale ha riportato i dati relativi agli studi a e b relativi al gruppo placebo, mentre ha fornito i dati aggregati nei gruppi randomizzati a ERC (Tabella 1). La presente meta-analisi non ha incluso il gruppo di trattamento con ERC 90 µg/die, considerata la sua mancata applicazione nella pratica clinica. Lo studio di Sprague del 2016 [8] ha incluso due identici studi multicentrici (studio A e studio B). Nello studio A e nello studio B sono stati randomizzati 213 e 216 pazienti rispettivamente al placebo e all’ERC 30 µg/die (Tabella 1). In entrambi gli studi, a partire dalla 13° settimana di trattamento, la dose di ERC poteva essere titolata a 60 µg/die in base ai valori di PTH, 25(OH)D e Ca.
Dose iniziale 1 µg/giorno o 2 µg tre volte alla settimana se PTH <500 pg/ml oppure 2 µg/giorno o 4 µg tre volte alla settimana se PTH ≥500 pg/ml, con successiva titolazione della dose in base ai livelli di PTH, calcio (dose giornaliera media pari a 1,36 µg/giorno)
Dose iniziale 2 µg/giorno con possibile titolazione verso il basso a 1 µg a giorni alterni in base ai livelli di PTH e calcio
44
60,8
41,0
34,0
102,0
9,0
64,7
Placebo
NA
44
62,0
30,0
29,0
102,0
8,9
78,0
Riquadro riassuntivo B:
936 (somma)
64,7 (media)
28,9 (media)
35,4 (media)
120,7 (media)
9,3 (media)
Riassunto di tutti gli studi:
1443 (somma)
64,4 (media)
34,9 (media)
35,7 (media)
126,8 (media)
9,3 (media)
Tabella 1: Caratteristiche dei pazienti delle pubblicazioni incluse.
Qualità dell’evidenza
Il rischio valutato di bias delle pubblicazioni incluse era generalmente molto basso o basso, a eccezione delle due pubblicazioni di [26] e [28], ritenute rispettivamente a rischio di bias moderato ed alto. È stato riportato che tutti gli studi erano randomizzati e in doppio cieco. Nessuna sperimentazione è stata interrotta prematuramente. La procedura di randomizzazione era descritta più dettagliatamente in quattro pubblicazioni [4, 25–27], mentre il metodo in cieco era definito più specificatamente in due pubblicazioni [25, 29]. La procedura di randomizzazione per lo studio condotto da Coyne (2013) [27] è descritta in de Zeeuw (2010) [24], che illustra in modo più approfondito il disegno dello studio della corrispondente sperimentazione. Il numero di abbandoni è risultato basso nelle pubblicazioni incluse e soltanto in due studi meno dell’80% dei partecipanti ha portato a termine le sperimentazioni [3, 27].
Benché sia stata riportata la sponsorizzazione da parte dell’industria farmaceutica in tutte le pubblicazioni, non sono state riscontrate asimmetrie o effetti di piccoli studi indicativi di bias di pubblicazione nei funnel plot per nessuno degli esiti. Il campione dei pazienti nelle pubblicazioni era generalmente di dimensioni da basse a moderate e il numero di pubblicazioni utilizzate nelle analisi era moderato (8 pubblicazioni, incluse nell’analisi). Nel complesso non sono stati riscontrati limiti abbastanza gravi da richiedere il declassamento delle evidenze nei domini GRADE per rischio di bias, imprecisione o bias di pubblicazione. Dunque, in generale, non è stato rilevato alcun bias di pubblicazione dalla comparazione indiretta utilizzando i 9 articoli indicati.
I forest plot delle dimensioni degli effetti di livello degli studi hanno indicato una probabile presenza di sostanziale eterogeneità (con statistiche comprese nell’intervallo dal 47,1% al 78,4%). Inoltre, la mancanza di qualsiasi confronto diretto tra PCT e ERC non ha consentito di valutare la consistenza della rete. Per tutti gli esiti, l’evidenza è stata quindi declassata da alta a bassa qualità, dati questi limiti nei domini GRADE di inconsistenza e indirectness.
Esiti del trattamento
Effetto sul PTH
La Figura 2 presenta il grafico di intervalli degli effetti di ERC e PCT sui livelli di PTH. Rispetto al placebo, il trattamento sia con PCT sia con ERC ha determinato diminuzioni statisticamente significative dei livelli di PTH. Il PCT ha ridotto i valori di PTH di 56,8 pg/ml (IC al 95%: da -77,9 a -35,67 pg/ml) e l’ERC ha ridotto i valori di PTH di 46,3 pg/ml (IC al 95%: da -75,1 a -17,5 pg/ml). La differenza delle MD non ha evidenziato alcuna differenza statistica nelle riduzioni dei livelli di PTH prodotte da PCT rispetto a ERC (differenza delle MD di 10,5 pg/ml, IC al 95%: da -25,3 a 46,3 pg/ml).
La Figura 3 mostra l’eterogeneità degli effetti sul PTH nei singoli studi condotti con ERC e con PCT.
Effetto sul calcio
La Figura 4 presenta il grafico di intervalli degli effetti di ERC e PCT sui livelli di Ca. Il trattamento con PCT ha aumentato significativamente i livelli di Ca rispetto al placebo (MD: 0,30 mg/dl, IC al 95%: da 0,21 a 0,40 mg/dl). L’effetto stimato del trattamento con ERC (MD: 0,10 mg/dl) non è risultato statisticamente significativo, benché di un margine piuttosto esiguo (IC al 95%: da -0,03 a 0,23 mg/dl). Stando alla differenza stimata delle MD, rispetto all’ERC, il PCT ha aumentato significativamente i livelli di Ca di 0,2 mg/dl (IC al 95%: da -0,37 a -0,04 mg/dl).
La Figura 5 mostra l’eterogeneità degli effetti sul Ca nei singoli studi condotti con ERC e con PCT.
Effetti sul fosforo
L’analisi secondaria ha mostrato un incremento della fosforemia statisticamente significativo, sebbene di minima rilevanza clinica, in corso di trattamento con PCT (MD 0,15 mg/dl, IC al 95%: da 0,05 a 0,25 mg/dl) (Figura 6). Al contrario, il trattamento con ERC non è risultato associato ad un incremento della fosforemia statisticamente significativo (MD 0,11 mg/dl, IC al 95%: da -0,04 a 0,26 mg/dl). L’impatto delle due molecole sui livelli di fosforemia non ha mostrato differenze statisticamente significative (MD – 0,04 mg/dl, IC al 95%: da -0,22 a 0,15 mg/dl).
Discussione
In questa network metanalisi abbiamo riscontrato riduzioni simili e non inferiori di PTH prodotte dal trattamento con ERC rispetto alla terapia con PCT, mentre il trattamento con PCT ha aumentato i livelli di Ca rispetto alla terapia con ERC. Pertanto, le riduzioni di PTH ottenute tramite il trattamento con PCT sono associate a un rischio di aumenti concomitanti dei livelli di calcemia. In una precedente metanalisi di articoli riguardanti pazienti con ND-MRC, Han et al. [30] hanno riscontrato aumenti simili dei valori di Ca e un rischio elevato di ipercalcemia in associazione al trattamento con PCT, che hanno indotto gli autori a consigliare di impiegare con cautela il PCT nella ND-MRC. La presente metanalisi ha altresì evidenziato un incremento della fosforemia statisticamente significativo, sebbene di minima rilevanza clinica, in corso di trattamento con PCT, dato non riscontrato con l’ERC. Tuttavia, l’andamento della fosforemia non è risultato significativamente diverso tra PCT ed ERC.
Non è stato possibile condurre una comparazione meta-analitica riguardo agli effetti del PCT e dell’ERC sui livelli di FGF-23 a causa della limitazione dei dati, disponibili solo nei lavori di Sprague S.M. [5, 8] e di Zoccali C. et al [29]. Il lavoro di Sprague S.M. et al del 2014 ha riscontrato un trend di FGF-23 in aumento nel braccio randomizzato a ERC (da 29,4 + 21,85 a 33,4 + 22,8 pg/ml) comparabile con il gruppo placebo (da 21,50 + 12,45 a 26,8 + 27,99 pg/ml, p = NS) [5]. L’effetto dell’ERC sui livelli di FGF-23 comparabile al placebo è stato confermato nel lavoro di Sprague S.M. et al del 2016 (da 41,4 (3,5) a 54,9 (5,2) ng/ml nel gruppo ERC aggregato, e da 38,3 (3,6) a 53,4 (7,1) ng/ ml nel gruppo placebo aggregato, p = NS) [8]. Di nota, i dati in merito all’effetto delle vitamine D nutrizionali sui livelli di FGF-23 sono a oggi contrastanti. Sebbene il trattamento con vitamina D nutrizionale con colecalciferolo ed ergocalciferolo non risulti associato ad una variazione significativa di FGF-23 in corso di MRC non-dialitica [31, 32], una recente metanalisi ha osservato un incremento significativo nei livelli di FGF-23 intatto nella popolazione generale sottoposta a supplementazione con vitamina D3 [33].
Al contrario l’incremento dei livelli di FGF-23 in corso di PCT è piuttosto consistente in letteratura. Nello studio PENNY la somministrazione di PCT è risultata associata ad un aumento significativo dei livelli di FGF-23 (+107 (44-170) pg/ml), dato non osservato nel gruppo placebo (-20 (-24 a + 24) pg/ml, p = 0,001) [29]. Tale effetto del PCT sui livelli di FGF-23 è consistente con quanto osservato in precedenza da deBoer I.H. et al in 22 pazienti con MRC stadio G3-G4, randomizzati a PCT 2 mcg/die vs placebo per 8 settimane (differenza di incremento tra PCT e placebo 73,7 %, IC al 95%: da 39,6 a 116,1 %; p < 0,001) [22] e da Larsen T. et al in 20 pazienti con MRC stadio 3-4 randomizzati a PCT 2 mcg/die vs placebo per 6 settimane (incremento dei livelli di FGF-23 nel gruppo PCT pari al 46%, IC al 95%: da 21% a 71%; p = 0,001) [21].
Il rischio di bias negli studi inclusi è stato giudicato basso, considerando i disegni degli studi di alta qualità e le popolazioni in studio relativamente grandi. I limiti principali del presente studio derivano essenzialmente dal numero ridotto di dati disponibili per l’inclusione nella network metanalisi. I dati relativi all’ERC, limitati a due pubblicazioni, appaiono più omogenei rispetto a quanto osservato nelle 7 pubblicazioni relative al PCT, il che può al momento attenuare la generalizzabilità dei risultati. Gli studi analizzati hanno principalmente incluso pazienti con MRC in stadio G3-G4. Pertanto i risultati richiedono ulteriore validazione nei pazienti con MRC stadio G5 in trattamento conservativo, che possono peraltro presentare forme più severe di IPS. È stato osservato uno sbilanciamento nella prevalenza del genere femminile nei lavori sul PCT (29%) rispetto agli studi sull’ERC (52%). Principalmente la mancanza di sperimentazioni, in cui PCT ed ERC sono stati confrontati direttamente, non consente di valutare la consistenza del network, il che determina il declassamento della qualità dell’evidenza usando l’approccio GRADE. Tuttavia, la comparabilità delle popolazioni studiate contribuisce ad attenuare i problemi posti dalla mancanza di confronti diretti.
Malgrado i limiti derivanti dal numero ristretto di dati, questa network metanalisi presenta una raccolta completa dell’evidenza riguardante l’efficacia di PCT e ERC nel controllo dei biomarcatori PTH e Ca nel trattamento del IPS in corso di MRC. Stando all’evidenza presentata, benché il PCT e l’ERC siano entrambi efficaci nel ridurre i livelli di PTH, i livelli di Ca tendevano ad aumentare in seguito al trattamento con PCT. Quindi, l’ERC può rappresentare un’opzione terapeutica altrettanto efficace, ma con un migliore profilo di sicurezza sul bilancio del Ca rispetto al PCT. Il minore impatto sui livelli di FGF-23 offerto dall’ERC rispetto al PCT, potrebbe offrirne un miglior profilo di sicurezza cardiovascolare; dato da confermare con ulteriori studi ad-hoc.
Anna Rachele Rocca, Tania Gnerre Musto, Sandro Mazzaferro
Dipartimento di Scienze Cardiovascolari Respiratorie Nefrologiche Anestetiche e Geriatriche. Sapienza Università di Roma
Autore Corrispondente:
Anna Rachele Rocca
Dipartimento di Scienze Cardiovascolari Respiratorie Nefrologiche Anestetiche e Geriatriche. Sapienza Università di Roma
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00100 Roma, Italia
Tel/Fax 0649974293
E-mail: racheleroc@gmail.com
Abstract
La CKD-MBD definisce un disordine sistemico del metabolismo minerale ed osseo secondario alla CKD. La rilevanza clinica di tale sindrome ha portato ad identificare i target biochimici da raggiungere al fine di migliorare l’outcome del paziente. Tuttavia nella maggior parte dei pazienti, sia in trattamento emodialitico (HD) che in dialisi peritoneale (DP), tali target non vengono raggiunti. L’iperfosforemia è un predittore di mortalità cardiovascolare e per tutte le cause. In DP la rimozione del fosforo (P) avviene sia tramite diffusione che convezione, con un contributo dell’ultrafiltrazione pari a circa l’11%. La clearance del P è tempo dipendente, con differenze tra CAPD e APD e in base alle caratteristiche di trasporto della membrana. La funzione renale residua svolge un ruolo fondamentale nel bilancio del P in questi pazienti. La clearance del calcio (Ca) in DP dipende dai livelli di calcemia, dalla concentrazione di calcio nel dialisato e dall’ultrafiltrazione. Bilanci di Ca positivi favoriscono l’insorgenza di malattia adinamica dell’osso. Diverse sostanze prodotte dall’osso, alcune delle quali con azione di tipo ormonale, hanno gettato nuova luce sull’asse osso-sistema cardiovascolare. Le funzioni ormonali dell’osso sono verosimilmente correlate con le lesioni istologiche che si sviluppano in corso di insufficienza renale cronica. I dati recenti mostrano differenze meno evidenti rispetto al passato tra i quadri istomorfometrici dell’osso nei pazienti in HD rispetto ai pazienti in PD. Tuttavia in questi ultimi pazienti sembra esserci un minor numero di eventi fratturativi, probabilmente per la differente qualità dell’osso.
Parole chiave: CKD-MBD, dialisi peritoneale, calcio, fosforo, malattia adinamica dell’osso
Nel corso degli ultimi anni numerose evidenze scientifiche hanno mostrato una stretta correlazione tra i disordini del metabolismo minerale, le anomalie ossee, le calcificazioni extrascheletriche e l’aumento della morbilità e mortalità nei pazienti con malattia renale cronica (1). La tradizionale definizione di osteodistrofia renale non esprimeva in maniera completa questa sindrome complessa che invece è stata riconosciuta tale e ha preso il nome di CKD-Mineral Bone Disorders (Madrid 2005). Pertanto il termine CKD-MBD definisce un disordine sistemico del metabolismo minerale ed osseo dovuto alla malattia renale cronica che si manifesta in presenza di una sola o una combinazione delle seguenti condizioni: alterazioni dei parametri di laboratorio (calcemia, fosforemia, PTH, vitamina D); anomalie nel turnover, nella mineralizzazione, nel volume, nella crescita lineare o nella resistenza dell’osso; calcificazioni vascolari o dei tessuti molli (2).
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