Iperkaliemia nel paziente con Malattia Renale Cronica in trattamento conservativo: overview sui nuovi chelanti e sui possibili approcci terapeutici

Abstract

Abstract in italiano

L’iperkaliemia è una condizione clinica di frequente riscontro nei pazienti con malattia renale cronica (CKD) che si associa a debolezza, paralisi, aritmie e aumento del rischio di mortalità e rappresenta uno dei motivi più frequenti che spingono a iniziare il trattamento sostitutivo negli stadi avanzati della CKD. L’iperkaliemia è associabile anche in maniera indiretta alla progressione della CKD, in quanto spesso il riscontro di valori elevati di potassio è causa di sospensione del trattamento con farmaci inibenti il sistema renina angiotensina, che costituiscono il trattamento nefro-protettivo di prima scelta. Diventa fondamentale quindi individuare i pazienti a rischio di sviluppare iperkaliemia e attuare interventi terapeutici volti a prevenire e trattare questa complicanza della CKD, quali modifiche della dieta, diuretici, chelanti del potassio. Fra queste, le uniche attualmente disponibili in Italia sono il Sodio-polistirensolfonato (SPS) ed il calcio-polistirensolfonato (CPS) che si sono dimostrate negli anni relativamente poco efficaci e sicure. Le nuove resine (Patiromer e ZS-9) costituiscono un significativo miglioramento nell’armamentario terapeutico del nefrologo per il trattamento dell’iperkaliemia, e negli studi fin qui condotti mostrano un buon profilo di efficacia e sicurezza. Gli effetti collaterali sembrerebbero meno frequenti e meno severi rispetto a SPS, con l’ulteriore vantaggio di una maggiore selettività per il potassio. Patiromer potrebbe rivelarsi molto utile nel cronico, data anche la totale assenza di sodio nella molecola; ZS-9 potrebbe invece svolgere un ruolo preponderante anche nel trattamento della iperpotassiemia acuta.

Parole chiave: Iperkaliemia, chelanti di K, SPS, CPS, Patiromer, ZS-9

L’iperkaliemia (o iperpotassiemia) è uno dei più comuni disturbi elettrolitici osservabili in pazienti con malattia renale cronica (CKD) o scompenso cardiaco congestizio. In accordo con la letteratura corrente, non c’è una definizione univoca: si può parlare di iperkaliemia sia quando il livello di potassio (K) nel sangue supera il cut-off di 5,0 mEq/L (13) sia quando supera il cut-off di 5,5 mEq/L (45).

L’iperkaliemia è piuttosto rara nella popolazione generale poiché una funzione renale conservata consente una regolazione fine ed efficace l’omeostasi del potassio (6).

 

La visualizzazione dell’intero documento è riservata a Soci attivi, devi essere registrato e aver eseguito la Login con utente e password.

L’iperkalemia un fattore limitante nell’utilizzo dei farmaci che bloccano il Sistema Renina Angiotensina Aldosterone (SRAA)

Abstract

Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-I) ed i bloccanti dei recettori dell’angiotensina (ARB) hanno dimostrato una reale efficacia nel ridurre la pressione arteriosa,la proteinuria, nel rallentare la progressione della malattia renale cronica (MRC) e nel miglioramento clinico. in pazienti con insufficienza cardiaca, diabete mellito e cardiopatia ischemica. Il loro utilizzo è però limitato da alcuni effetti collaterali come l’aumento del potassio (K) sierico,che assume carattere di severità nei pazienti con insufficienza renale. Nei 23.000 pazienti seguiti nell’ambito del progetto PIRP della Regione Emilia-Romagna, l’iperkaliemia alla prima visita (K>5,5 mEq/L) era presente complessivamente nel 7% circa di tutti i pazienti. La prevalenza di valori di K > 5.5 mEq/L aumentava in relazione allo stadio CKD, raggiungendo l’11% nei pazienti in stadio 4 e 5. Tra i pazienti con valori di K >5.5 al baseline, il 44.8% era in terapia con ACE-I/ARB inibitori, il 3.8% con diuretici anti-aldosteronici ed un ulteriore 3.9% assumeva contestualmente farmaci bloccanti il SRAA e risparmiatori di K. Le contro-misure per evitare l’insorgenza di iperkalemia in corso di terapie con farmaci che bloccano i SRAA vanno dalla dieta povera di K, ai diuretici ed infine a farmaci che favoriscono l’eliminazione fecale del K. Tra questi i polistirene sulfonati che hanno più di 50 anni di vita scambiano il K con il sodio o con il calcio. Questi farmaci però, nell’uso cronico, possono determinare dei sovraccarichi di sodio o di calcio e causare delle pericolose necrosi intestinali. Recentemente sono stati introdotti sul mercato due nuovi farmaci estremamente promettenti nel trattamento dell’iperkalemia, il patiromer ed il sodio zirconio ciclosilicato. Il patiromer, che è uno scambiatore potassio-calcio, agisce a livello del colon dove vi è una maggiore concentrazione di K e dove il farmaco è maggiormente ionizzato. Il Sodio zirconio ciclosilicato (ZS-9) è un a resina che sfrutta per intrappolare il K dei micropori di ben definite dimensioni collocati nella struttura cristallina del silicato di zirconio. Il K intrappolato viene scambiato con altri protoni e con il sodio. Anche questi farmaci dovranno però, dimostrare la loro efficacia e sicurezza nel lungo periodo per ritenersi dei veri partners dei bloccanti del SRAA in alcune categorie di pazienti.

Parole chiave: potassio, iperkalemia, sartani, ace-inibitori, insufficienza renale, patiromer, sodio zieconio ciclosilato, ZS-9, kayexalate

Introduzione

Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-I) ed i bloccanti dei recettori dell’angiotensina (ARB) hanno dimostrato una reale efficacia nel ridurre la pressione arteriosa,la proteinuria e nel rallentare la progressione della malattia renale cronica (13). Inoltre questi farmaci favoriscono il miglioramento clinico in pazienti con insufficienza cardiaca, diabete mellito e cardiopatia ischemica. Tuttavia, questa classe di farmaci è stata anche associata ad eventi avversi, a volte severi: comparsa di insufficienza renale acuta, iperkalemia severa (45) importanti riduzioni della pressione arteriosa.

Il timore verso gli effetti avversi dei bloccanti del Sistema Renina Angiotensina Aldosterone (SRAA), spesso comporta una loro sottoutilizzazione o un sottodosaggio, in particolare nei sottogruppi di pazienti che sono maggiormente a rischio di sviluppare complicanze. Uno studio turco che si è occupato di valutare le barriere che limitano l’uso di ACE-I e ARB in pazienti con insufficienza renale cronica, ha riconosciuto nell’iperkalemia, l’elemento principale che porta alla sospensione dei bloccanti il SRAA (6). Anche lo studio di Shirazian ha evidenziato che l’iperkalemia rappresenta la causa principale di sottoutilizzo di ACE-I e ARB (7)

La visualizzazione dell’intero documento è riservata a Soci attivi, devi essere registrato e aver eseguito la Login con utente e password.