Alla scoperta di nefropatie non comuni: un caso di danno renale acuto da malaria

Abstract

La malaria è una delle malattie infettive più comuni al mondo con un’elevata prevalenza nei Paesi in via di sviluppo. In corso di infezione da Plasmodium falciparum si riscontra un interessamento renale nel 40% dei casi, con coinvolgimento di glomeruli, tubuli o interstizio con diversi meccanismi fisiopatologici. Viene descritto un caso di severa insufficienza renale acuta in corso di malaria da P. falciparum in una giovane donna proveniente dalla Costa D’Avorio.  La biopsia renale rilevava un quadro di severa e diffusa necrosi tubulare acuta, in presenza di granuli di pigmento nerastro nei capillari glomerulari e peritubulari, negativi alla colorazione istochimica per il ferro; alla microscopia elettronica erano presenti, all’interno di monociti-macrofagi localizzati nel lume tubulare, strutture di forma rotondeggiante-ovalare contenenti organelli citoplasmatici, granuli elettrondensi e detriti cellulari, di possibile origine infettiva. Si riscontrava positività per antigene specifico per P. falciparum e per parassita malarico, con rarissimi trofozoiti e gametociti compatibili con Plasmodium falciparum. Si impostava terapia steroidea e successiva specifica terapia antiparassitaria con progressiva ripresa funzionale fino a completa normalizzazione. Alla luce dei continui movimenti migratori massima attenzione va posta anche verso forme di patologie spesso misconosciute per la loro bassa incidenza nel nostro Paese; i dati anamnestici sono essenziali per una tempestiva diagnosi che può contribuire ad una rapida remissione anche di severe complicanze.

Parole chiave: malaria, insufficienza renale acuta, necrosi tubulare, Plasmodium falciparum

Introduzione

La malaria è una malattia endemica in Asia, Africa e America Latina. Si può riscontrare un interessamento renale nel 40% dei casi in corso di infezione da Plasmodium falciparum; possono esser colpiti glomeruli, tubuli e interstizio con diversi meccanismi fisiopatologici. Viene riportato un caso di severa insufficienza renale acuta da necrosi tubulare (diagnosi istologica) in corso di malaria da P. falciparum con successiva ripresa e normalizzazione funzionale. Il caso descritto evidenzia l’importanza dell’attenzione anche verso forme di patologie spesso misconosciute per la bassa incidenza nel nostro Paese; i dati anamnestici, spesso difficili da raccogliere anche per barriere linguistiche, risultano essenziali per una tempestiva diagnosi che può contribuire ad una rapida remissione anche di severe complicanze.

 

Caso clinico

Donna di 22 anni giunta in Italia in data 3/04/21, proveniente dalla Costa D’Avorio. Anamnesi patologica remota muta, una gravidanza a termine senza riferite complicanze. Non familiarità per diabete, malattie cardiovascolari, nefropatie. Non segnalati episodi di macroematuria; non presenti eruzioni cutanee né artromialgie.

Il 25/04 la paziente accedeva in PS per comparsa a partire dal 12/04 di astenia, malessere, nausea e vomito; in un contesto di relativa barriera linguistica veniva segnalato dal marito un recente episodio di subittero sclerale ed emissione di urine riferite marsalate. Non segnalati episodi febbrili a domicilio. Agli esami ematici si riscontrava severa anemizzazione con Hb 7.1 g/dl, PTLs 303000/mmc, insufficienza renale con creatinina 10,3 mg/dl, iponatremia con Na 118 mmol/l, Potassio 3,8 mmol/L. Alla EGAa HCO3 29, pH 7,49. All’esame urine presenza di proteine 30 mg/l, esterasi leucocitaria positiva, emoglobinuria, microematuria (29/ul) e leucocituria (169/ul). Diuresi conservata.

All’ecografia addome i reni risultavano in sede, di dimensioni regolari con parenchima conservato in spessore, non idronefrosi; non segnalate alterazioni negli altri organi parenchimatosi. All’Rx torace non lesioni pleuroparenchimali, non segni di scompenso del microcircolo.

La paziente veniva ricoverata in ambito nefrologico. All’ingresso la paziente si presentava astenica, apiretica, PA 110/60 mmHg, diuresi attiva (circa 1700 cc/die senza stimolazione diuretica). Assenti segni di sovraccarico cardiocircolatorio, così come segni clinici di disidratazione. Veniva impostata terapia infusionale nel tentativo di riequilibrare il bilancio elettrolitico ed acido/base. Si registrava una progressiva normalizzazione del quadro idroelettrolitico; pur in presenza di diuresi conservata persistevano valori di creatinina plasmatica di 9,5-10 mg/di con urea fino a 174 mg/dl. In considerazione dell’anemia persistente la paziente veniva sottoposta a trasfusioni di GRC con premedicazione con Urbason 40 mg per presenza di Test di Coombs diretto positivo e indiretto negativo. In data 28/04 per comparsa di febbre >38°C veniva avviata terapia antibiotica su base empirica (cefalosporina).

Per indagare le cause di nefropatia e la comparsa di piressia sono stati effettuati i seguenti esami: dosaggio di immunoglobuline (IgA, IgM e IgG con sottoclassi) risultate nella norma, Beta2microglobulina aumentata (15,6 ug/l), ANA reflex positivi 1:640, spekled, AntiDNA negativi, ENA reflex negativi, ANCA negativi, elettroforesi sierica negativa per CM, AntiGBM negativi, LAC debolmente positivo. PU delle 24 ore lievemente al di sopra della norma (0,41 g/die), aptoglobine non consumate (0,74 g/L), LDH elevato (fino a 474 U/L), indici di funzionalità epatica sostanzialmente nella norma, bilirubinemia diretta lievemente aumentata (0,69mg/dl). TSH nella norma. AntiHIV, antiHCV e HBV reflex negativi, iperferritinemia (1469 ug/l) ed elevati livelli di vitamina B12 (2949 pmol/l). Quantiferon indeterminato ripetuto 2 volte per cui eseguito esame colturale per micobatteri e PCR per BK con esito negativo. Urinocoltura negativa.

In data 30/04 si procedeva ad esecuzione di biopsia renale e dal 1/05 veniva avviata terapia steroidea con 80 mg di Urbason al giorno (1,5 mg/kg/die) nell’ipotesi di un danno tubulo-interstiziale. Per la persistenza di anemia con LDH aumentata veniva effettuato studio di emocromo di II livello che mostrava anisocitosi moderata, poichilocitosi lieve, emazie con punteggiatura basofila e policromasia, non segnalati schistociti. Data la provenienza della paziente, venivano effettuati: ricerca di emoglobine patologiche risultate negative, dosaggio di G6PDH risultato nella norma (16,5 u/g), dosaggio di piombemia nella norma. La ricerca di schistosoma era negativa. Riscontro agli esami ematici del 4/05 di positività per Ag specifico per P. falciparum e per parassita malarico, con rarissimi trofozoiti e gametociti compatibili con Plasmodium falciparum (parassitemia <0,05%). La valutazione infettivologica deponeva per quadro di malaria grave all’esordio (nausea/vomito, IRA con anemia da sospetta emolisi intravascolare per riferito subittero); veniva pertanto avviata terapia con artesunato 2,4 mg/kg (3 somministrazione) e successivamente eurartesim (fino all’11/05). In contemporanea si proseguiva terapia steroidea a dosaggio scalare.

L’indagine istologica renale (Figure 1 e 2) ha evidenziato:

  • Microscopia ottica (MO): quadro di severa e diffusa ATN, con aspetti di rigenerazione cellulare, lieve flogosi interstiziale, ricca componente plasmacellulare IgG4-, lieve capillarite peritubulare; segnalata presenza di granuli di pigmento nerastro nei capillari glomerulari e peritubulari, negativi alla colorazione istochimica per il ferro (possibile pigmento malarico).
granuli di pigmento nerastro nei capillari glomerulari
Figura 1: A) granuli di pigmento nerastro nei capillari glomerulari e peritubulari, negativi alla colorazione istochimica per il ferro. B)  Necrosi tubulare acuta con aspetti di rigenerazione cellulare, lieve flogosi interstiziale, ricca componente plasmacellulare IgG4-, lieve capillarite peritubulare.
  • Immunofluorescenza (IF) negativa.
  • Microscopia elettronica (ME): modesta espansione mesangiale e compromissione del comparto tubulare, segnalati lumi capillari occlusi da cellule endoteliali ipertrofiche e degenerate, presenza di strutture all’interno dei monociti-macrofagi, contenuti nel lume tubulare, di forma rotondeggiante-ovalare contenenti organelli citoplasmatici, granuli elettrondensi e detriti cellulari, di possibile origine infettiva.
 lume tubulare con elementi infiammatori
Figura 2: C) lume tubulare con elementi infiammatori, cellule epiteliali di sfaldamento e materiale filamentoso. D)  lume tubulare contenente un elemento di non chiara origine che potrebbe essere riferibile a patogeno contenente varie strutture organellari. E) particolare a maggiore ingrandimento della struttura (immagine D).

Dal punto di vista clinico si è riscontrato un progressivo miglioramento del quadro generale dopo terapia infusionale e correzione delle alterazioni del quadro elettrolitico ed acido/base. Non si è reso necessario un trattamento sostitutivo artificiale; la diuresi è rimasta sempre presente. La funzione renale ha iniziato a migliorare (Figura 3) dopo impostazione di terapia steroidea e successiva specifica terapia antimalarica. La paziente è stata dimessa 11/05 con normofunzione renale (creatininemia di 1 mg/dl), esame urine privo di reperti patologici; steroide a dosaggio scalare terminato il 4/06. Dal punto di vista infettivologico la paziente è stata dichiarata guarita.

Figura 3: Andamento funzionale renale (creatinina plasmatica e diuresi) in corso di ricovero. Timing terapia steroidea e anti-malarica.
Figura 3: Andamento funzionale renale (creatinina plasmatica e diuresi) in corso di ricovero. Timing terapia steroidea e anti-malarica.

 

Discussione

La malaria è una delle malattie infettive più comuni al mondo con un’elevata prevalenza nei Paesi in via di sviluppo [1]. Nel 2019 sono stati stimati globalmente circa 229 milioni di casi, in calo da 238 milioni nel 2000, e i decessi per malaria sono diminuiti costantemente in tale periodo, da 736 000 nel 2000 a 409 000 nel 2019. L’Africa registra circa il 94% dei casi, principalmente in Nigeria (27%), Repubblica Democratica del Congo (12%), Uganda (5%), Mozambico (4%) e Niger (3%) [2].

La malaria viene trasmessa dalla puntura infettiva della femmina di zanzara anofele; cinque specie parassitarie sono responsabili della malattia nell’uomo: 1) Plasmodium falciparum; 2) vivax; 3) malariae; 4) ovale; 5) knowlesi.

Lo spettro clinico dell’infezione può variare da asintomatico a semplice malaria, caratterizzata da sintomi parossistici non specifici come febbre, cefalea e muscoli doloranti, a grave malaria, caratterizzata da sintomi potenzialmente letali, inclusa grave anemia, coma, danno renale acuto e acidosi metabolica [5].

L’insufficienza renale è una complicanza comune della forma grave di malaria da Plasmodium falciparum ed è stata segnalata fino al 40% di tutti i casi [6]. Il coinvolgimento renale è considerato un fattore prognostico negativo [10]. Le caratteristiche istopatologiche tipiche nel danno renale acuto correlato alla malaria includono necrosi tubulare acuta (ATN) e, meno comunemente, nefrite interstiziale o glomerulonefrite [7, 8].

I meccanismi patogeni dell’insufficienza renale acuta nella malaria non sono ancora completamente definiti, sebbene vi siano molteplici processi patologici che possono convergere sul rene, compreso il sequestro parassitario, la disfunzione endoteliale, lo stress ossidativo, il danno immuno-mediato, l’emolisi intravascolare e l’instabilità emodinamica. Il verificarsi sinergico di questi processi, culminando nell’esacerbazione di una vigorosa risposta infiammatoria sistemica, potrebbe rappresentare il meccanismo predominante attraverso il quale la malaria grave porta allo sviluppo di danno renale acuto [9].

Relativamente allo sviluppo della necrosi tubulare acuta, come precedentemente detto, sembrerebbero concorrere vari meccanismi [12]:

  • citoaderenza, cioè l’adesione dei globuli rossi infetti agli altri eritrociti e alle cellule endoteliali vascolari. Il meccanismo induce la formazione di grappoli e rosette intravascolari provocando il sequestro dei globuli rossi dalla circolazione degli organi vitali, alterazione del microcircolo, anemia e trombocitopenia causando ipossia tissutale [1316]. I ligandi adesivi sulle membrane dei globuli rossi parassitati sono stati chiamati B-knobs; la proteina della membrana eritrocitaria del Plasmodio falciparum (pfEMP), codificata dal genoma del parassita, sembra essere il determinante più significativo di adesività eritrocitaria [17]; altre famiglie di proteine adesive comprendono rifine, rosettine, e proteine ricche di istidina [1820];
  • rilascio di citochine infiammatorie, specie reattive dell’ossigeno e ossido nitrico;
  • ipovolemia, determinata da perdite (febbre, distress respiratorio), scarsa assunzione di cibo e liquidi per os, vomito, quadri che possono concorre a determinare ipotensione e ipoperfusione renale;
  • massiccia emolisi con conseguente emoglobinuria (febbre dell’acqua nera) [21]. Questa condizione potrebbe essere il risultato della distruzione dei globuli rossi determinata sia dall’infezione sia farmaco-indotta dai farmaci antimalarici; pazienti con deficit di G6PD sono maggiormente a rischio per questa complicanza [7];
  • iperbilirubinemia coniugata con colestasi; l’ittero in quasi tutti i pazienti si presenta “bifasico”, con una componente non coniugata derivante dall’eccessiva emolisi e da una coniugata derivante dalla colestasi [11];
  • raramente, rabdomiolisi [7] o microangiopatia trombotica.

A livello istologico possono essere visualizzati all’interno dei tubuli dei pazienti che sviluppano ATN depositi di emosiderina; inoltre è stato documentato edema, necrosi cellulare e infiltrazioni monocellulari a livello dell’interstizio [22].

Il coinvolgimento glomerulare nell’infezione da P. falciparum non è comune; quando presente è generalmente caratterizzato da proliferazione mesangiale, con lieve espansione della matrice mesangiale e ispessimento occasionale della membrana basale, con deposito di materiale eosinofilo granulare nell’endotelio, nel mesangio e nella capsula di Bowman, depositi di IgM, IgG e C3 all’immunofluorescenza. Alla microscopia elettronica è possibile il riscontro di depositi densi di elettroni nella regione subendoteliale e mesangiale, associati alla presenza di materiale granulare, fibrillare e amorfo.  L’infezione da P. malariae può associarsi a glomerulonefriti membranoproliferative e più raramente a glomerulonefriti rapidamente progressive. Nel primo caso le manifestazioni cliniche si manifestano in due modi: un pattern benigno, con proteinuria lieve e transitoria che compare nella seconda o terza settimana di infezione, senza alterazione della funzione renale, e un pattern grave, con proteinuria persistente o sindrome nefrosica.  Il danno renale acuto da P. vivax non è comune, sebbene studi recenti in aree endemiche lo abbiano registrato nel 16% dei casi [23].

Sono disponibili due classi di medicinali per il trattamento parenterale della malaria grave: i derivati ​​dell’artemisinina (artesunato o artemetere) e gli alcaloidi della china (chinino e chinidina). Tuttavia, mentre il dosaggio dei derivati ​​dell’artemisinina non deve essere aggiustato per i pazienti con disfunzione degli organi vitali, il chinino rischia di accumularsi in queste situazioni. In caso di danno renale acuto persistente e assenza di miglioramento clinico entro 48h, la dose di chinino deve essere ridotta, ad eccezione di paziente in emodialisi o emofiltrazione. Dopo il trattamento parenterale iniziale è essenziale continuare e completare il trattamento con un farmaco antimalarico orale efficace somministrando un ciclo completo di ACT (Artemisin-based Combination Therapy) [24].

La terapia steroidea non è raccomandata nel trattamento della malaria grave [24]; nel nostro caso la terapia è stata impostata precocemente in maniera empirica, nell’attesa dei risultati laboratoristici ed istologici, alla luce del quadro renale acuto e dell’assenza, in fase iniziale, di reperti clinici correlabili con una infezione in atto. A posteriori, a nostro giudizio, potrebbe aver contribuito alla riduzione del quadro infiammatorio sistemico ed al miglioramento del danno tubulo interstiziale renale.

In conclusione, la malaria è una malattia ad elevata prevalenza con gravi complicanze a livello renale. Nonostante la malaria endemica sia stata debellata nei Paesi europei, alcuni casi di malaria sono stati notificati in Europa (Francia); si tratta generalmente di casi importati, riscontrati nei viaggiatori di ritorno o nei migranti che si spostano da Paesi in cui la malaria è endemica [3].

La pandemia di COVID-19 ha rappresentato una preoccupante minaccia ai già fragili programmi di controllo della malattia, gravando ulteriormente sui sistemi sanitari nei Paesi endemici [4]; molti Paesi hanno infatti segnalato riduzioni nell’accesso a trattamenti antimalarici efficaci nel 2020 [2].

Nel caso descritto l’andamento clinico, gli esami laboratoristici infettivologici, la risposta alla terapia, il quadro istologico (MO e ME) hanno portato alla diagnosi di insufficienza renale acuta secondaria ad infezione malarica. L’alterazione volemica conseguente a nausea e vomito nei giorni precedenti il ricovero può aver contribuito allo sviluppo della compromissione renale, ma non sembra costituire l’elemento fisiopatologico essenziale; all’ingresso non erano presenti chiari segni di disidratazione né significative alterazioni emodinamiche.

Il caso descritto mette in evidenza l’importanza di un’accurata anamnesi, anche se spesso difficoltosa per problemi di barriera linguistica, per impostare una corretta terapia quanto prima possibile. In caso di flussi migratori o viaggi intercontinentali nella diagnosi differenziale vanno considerate anche nefropatie secondarie a malattie endemiche presenti in altre parti del mondo [25].

La collaborazione interdisciplinare costituisce un importante valore aggiunto all’attività clinica specialistica nefrologica.

 

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