Nuova mutazione di CYP24A1 in un caso di ipercalcemia idiopatica infantile diagnosticata nell’adulto

Abstract

Mutazioni nel gene 24-idrossilasi CYP24A1 sono state riconosciute quali cause di ipercalcemia idiopatica infantile (IIH), una malattia rara (incidenza <1:1.000.000 nati vivi) [1] caratterizzata da aumento della sensibilità alla vitamina D [2], con ipercalcemia severa sintomatica.
IIH è stata descritta per la prima volta in Gran Bretagna a distanza di due anni dall’inizio di un programma di supplementazione di vitamina D nel latte per la prevenzione del rachitismo, manifestandosi in circa 200 bambini con severa ipercalcemia, disidratazione, difetto di accrescimento, perdita di peso, ipotonia muscolare e nefrocalcinosi [3].
L’associazione tra la comparsa epidemica di IIH e la somministrazione di vitamina D è stata rapidamente attribuita a ipersensibilità intrinseca alla vitamina D [4], e il meccanismo patogenetico è stato riconosciuto nell’inattivazione del Citocromo P450 famiglia 24 sottofamiglia A membro 1 (CYP24A1), che è stata identificata come base molecolare della patologia [5].
Lo spettro fenotipico della mutazione di CYP24A1 può essere variabile, manifestandosi prevalentemente con esordio infantile e sintomatologia severa (ipercalcemia severa, ritardo di crescita, letargia, ipotonia muscolare, disidratazione), ma anche con forme a insorgenza in età giovanile-adulta con nefrolitiasi, nefrocalcinosi e alterazioni dell’omeostasi fosfocalcica [6].
Descriviamo il caso di un paziente in cui la diagnosi di IIH è stata posta in età adulta, presentandosi con riscontro di nefrocalcinosi in età infantile, e con comparsa successiva di ipercalcemia severa con ipercalciuria, ipoparatiroidismo, ipervitaminosi D e litiasi renale ricorrente.
L’indagine genetica ha rilevato la presenza in omozigosi della variante c_428_430delAAG_p.Glu143del nel gene CYP24A1 a trasmissione autosomica recessiva, mutazione non segnalata in letteratura.

Parole chiave: CYP24A1, ipercalcemia idiopatica infantile, vitamina D, Nefrocalcinosi

Caso clinico

Paziente maschio, 32 anni, 70 kg di peso, etnia albanese, figlio di genitori non consanguinei.

Anamnesticamente intervento urologico imprecisato a livello del rene sinistro in età pediatrica, verosimilmente rimozione di calcolo ostruente.  All’età di 18 anni posta diagnosi di nefrocalcinosi, confermata a successivi controlli ecografici.

Nel giugno 2022 all’età di 32 anni, un accesso in Pronto Soccorso per malessere generalizzato e riscontro agli esami di Ca 13,6 mg/dL, albumina 54 g/L, urea 70 mg/dL, creatinina 1,47 mg/dL. Non assunzione di vitamina D a scopo profilattico.

Ecograficamente era presente quadro di nota nefrocalcinosi bilaterale e idronefrosi destra sostenuta da calcolo in uretere prossimale. Ricoverato presso la Nefrologia, gli esami di laboratorio confermavano la presenza di ipercalcemia 10,9 mg/dL (vn 8.6-10.2 mg/dL) con PTH soppresso 6 ng/l (vn 15-65 ng/L), ipercalciuria 500 mg/die (vn 100-300 mg/24 ore), normale fosfaturia 1,11 g/die (vn 0,4-1,3 g/24 ore). Il paziente è stato trattato con idratazione endovena 1,5 mL/kg di peso, Metilprednisolone e Clodronato, ottenendo la progressiva normalizzazione della calcemia e della funzione renale, e dimesso con indicazione a litotrissia in elezione e ulteriore follow-up dell’ipercalcemia.

Nuovo ricovero nel luglio 2022 per la comparsa di lievi parestesie e astenia agli arti inferiori bilateralmente, non ulteriori disturbi soggettivi, era presente recidiva di ipercalcemia 11,2 mg/dL, alterazione della funzione renale con creatinina 1,24 mg/dl, VFG 78 mL/min, vitamina D 56,1 Ug/L (vn >20,0) per cui veniva impostata terapia idratante endovena associata a steroide dapprima, endovena e poi per os. Durante il ricovero espulsione di calcolo ostruente misto composto da ossalato e fosfato di calcio.

Durante il follow-up sono state escluse le principali cause di ipercalcemia (neoplasie, metastasi, intossicazione da vitamina D, malattie granulomatose, ipercalcemia da farmaci, ipertiroidismo, feocromocitoma, iposurrenalismo e patologie da aumentato turnover osseo).

In considerazione della presenza di nefrocalcinosi già in età adolescenziale abbiamo ipotizzato una sottostante patologia a trasmissione genetica, ed è stato quindi eseguito test genetico nell’ambito dei geni coinvolti nel metabolimo osteocalcico.

L’analisi molecolare di sequenziamento genetico ha rilevato la presenza in omozigosi della variante c_428_430delAAG_p.Glu143del nel gene CYP24A, che consiste in una delezione in-frame classificabile come variante probabilmente patogenetica di ipercalcemia idiopatica infantile tipo 1 a trasmissione autosomica recessiva.

I figli del paziente sono attesi portatori eterozigoti della variante CYP24A1, data la rarità della mutazione e l’assenza di consanguineità tra i genitori. Per le stesse ragioni, pur non essendo stata eseguita l’indagine genetica sui genitori del malato si ipotizza che siano portatori sani dell’alterazione del gene CYP24A1 e che il paziente abbia ereditato entrambe le copie mutate del gene sviluppando la malattia.

Attualmente la condizione clinica del malato è di stabilità con litiasi multipla non ostruente, normale calcemia (10,2 mg/dL) e calciuria (105 mg/24), PTH soppresso (8 pg/mL) e Vit D 41 ug/L. Il paziente è in trattamento con metilprednisolone 10 mg per os, dieta a basso contenuto di calcio ed elevato apporto idrico con acqua a basso residuo fisso; gli è stata consigliata una bassa esposizione alla luce solare e l’eventuale utilizzo di creme schermanti per prevenire il conseguente accumulo di vitamina D attiva (seppure l’elevata quantità di crema necessaria e l’elevata frequenza di applicazione necessaria rendano questo provvedimento di difficile attuazione).

 

Discussione

La vitamina D endogena (colecalciferolo) si forma nella cute per fotolisi UV mediata (lunghezza d’onda ottimale compresa tra 250-300 nm, tipica dell’esposizione solare che non produce ustioni della cute) dell’anello B dello sterolo precursore 7-deidrocolesterolo, originando pre-vitaminaD3 che si equilibra termicamente in vitamina D3 [7].

La vitamina D3 viene metabolizzata nei microsomi epatici e nei mitocondri a 25-idrossivitamina D3 [[25(OH)D3]] dalla vitamina D3-25-idrossilasi. 25(OH)D3 (sia libera che legato alla proteina legante la vitamina D) è il principale metabolita circolante della vitamina D3.

In presenza di bassi livelli di calcemia, 25(OH)D3 viene metabolizzata dalla 25-idrossivitamina D3-1α-idrossilasi nel metabolita della vitamina D biologicamente attivo 1α,25-diidrossivitamina D3 [1α, [25(OH)2D3]], nel rene tramite reazioni PTH-dipendenti [8].

CYP24A1 è un enzima espresso sulla membrana interna mitocondriale presente in molti tessuti compreso quello osseo, renale, cutaneo e intestinale [9] che catalizza la conversione, attraverso multiple idrossilazioni a livello di C23 o C24, della forma attiva 1,25(OH)2D3 rispettivamente nel lattone 1,25(OH)2D3 23,26 e nel catabolita biliare acido calcitroico. Inoltre, CYP24A1 trasforma il metabolita 25(OH)D3 in 24,25(OH)D3 e successivamente nel catabolita acido calcitrioico idrosolubile. È inoltre considerato un oncogène, in quanto espresso in diverse linee tumorali nel cancro della mammella, del colon, del polmone e della prostata [10].

Le mutazioni con perdita di funzione nel gene CYP24A1 sono note per essere i fattori genetici alla base dell’ipercalcemia idiopatica infantile (IIH). Recentemente, anche difetti nel gene SLC34A1, che codifica per il trasportatore renale del sodio-fosfato NaPi-IIa, sono stati associati alla malattia. Sono state identificate due forme di IIH, tipo 1 legata a alterazioni genetiche di CYP24A1, e tipo 2 legata a difetto genetico di SLC34A1, sempre caratterizzata da aumento dei livelli sierici di metaboliti attivi della vitamina D ma con presenza di ipofosfatemia e iperfosfaturia [11].

Nella stretta regolazione del metabolismo del calcio, l’ipocalcemia riduce l’espressione di CYPA24A1, mentre l’effetto opposto viene esercitato dal 1,25(OH)2D3 che con un feedback positivo regola tramite l’espressione genica di CYP24A1 il suo catabolismo.

Molti studi sono stati condotti su topi geneticamente modificati, e in particolare nei topi Cyp24a1-null nei quali la perdita di funzione nel gene CYP24A1 determina un aumento dei livelli di 25(OH)D3 e 1,25(OH)2D3, ai quali segue un aumento dell’assorbimento intestinale del Ca++ e del riassorbimento osseo. Il conseguente fenotipo ipercalcemico è la causa principale delle manifestazioni cliniche di IIH.

L’IIH colpisce tipicamente i neonati e i pazienti pediatrici con una sindrome caratterizzata da grave ipercalcemia, ipercalciuria, soppressione del livello di ormone paratiroideo e nefrolitiasi. Nei portatori di SLC34A1 mutati IIH tipo 2, l’ipofosfatemia è un tratto biochimico tipico. L’IIH può essere diagnosticata in età adulta, causando un aumento del rischio di nefrocalcinosi e di complicanze renali. L’ampia variabilità fenotipica del difetto genetico determina per la presenza in omozigosi una malattia più severa, mentre può provocare nei soggetti eterozigoti alterazioni latenti del metabolismo della vitamina D in grado di predisporre nel lungo termine alla formazione di calcoli.

La litiasi associata a difetti nella funzione del CYP24A1 è al momento supportata da molti studi sperimentali. Deficit enzimatici di CYP24A1 sono presenti in una percentuale compresa il 4% e il 20% di tutti i pazienti formanti calcoli di calcio [12].

In presenza del difetto genetico la malattia può essere slatentizzata da molti fattori ambientali, tra i quali i principali sono l’assunzione di vitamina D e l’esposizione al sole.

Sono stati in particolare gli studi di Schlingmann a descrivere come soggetti portatori asintomatici di mutazione di CYP24A1 potessero rapidamente manifestare il quadro clinico di ipercalcemia idiopatica infantile dopo la somministrazione profilattica ad alte dosi di vitamina D.

Per l’esposizione alla luce solare è stata documentata in soggetti affetti da IIH una significativa variabilità stagionale nella comparsa di sintomatologia clinica nei mesi di maggiore insolazione, con maggiore ipercalcemia, ipercalciuria, e depressione dei livelli di PTH [13 – 15].

La terapia comprende tutte le strategie volte alla correzione dell’ipercalcemia (elevata idratazione, prednisolone, calcitonina, difosfonati). In questi pazienti è necessaria la sospensione di ogni forma di supplementazione di vitamina D, o l’interruzione del trattamento se già in essere, la somministrazione di una dieta a basso contenuto in calcio e la limitazione dell’esposizione alla luce solare.

Il trattamento con ketoconazolo, o in alternativa con fluconazolo, antimicotici imidazolici che inducono il blocco di numerosi enzimi dipendenti dal citocromo P450, sono in grado di inibire la 25-idrossivitamina D-1α-idrossilasi, riducendo i livelli di 1,25-(OH)2D3 e normalizzando il calcio [16], non solo nell’iperparatiroidismo primario e nei disturbi granulomatosi, ma anche nei pazienti con deficit di 24-idrossilasi [17], e sono stati proposti come terapia a lungo termine; tuttavia, la sicurezza del trattamento deve essere comprovata.

Recentemente è stato proposto il trattamento con rifampicina, che inducendo l’espressione di CYP34A4 [18], fornisce una via alternativa per il catabolismo dei metaboliti della vitamina D nei pazienti con mutazione di CYP24A1.

 

Conclusioni

Nel caso presentato la diagnosi è stata possibile solo grazie all’indagine genetica, alla quale si è giunti dopo esclusione di altre patologie causanti ipercalcemia, nel sospetto clinico di malattia genetica coinvolgente il metabolismo fosfocalcico.

La specifica variante è stata riportata come probabilmente patogenetica (per MAF totale massima inferiore alla frequenza stimata della patologia associata al gene CYP24A1; per essere variante in-trans con altra variante probabilmente patogenetica; come delezione in-frame, per alterare la lunghezza della proteina codificata; per essere riportata come patogenetica in una fonte attendibile) e viene descritta per la prima volta in letteratura.

Nel nostro paziente il fattore scatenante la malattia è rappresentato dall’elevata esposizione alla luce solare in relazione alla propria attività lavorativa; infatti, pur presentato modesti segni clinici riconducibili ad alterazioni del metabolismo calcio-fosforo in età pediatrica, la malattia conclamata si è verificata in età adulta nel periodo di massima insolazione, uno dei trigger più rilevanti per l’estrinsecazione della patologia.

Mutazioni di CYP24A1 devono essere prese in considerazione nella diagnosi differenziale dell’ipercalcemia con ipercalciuria associata a calcolosi renale, particolarmente in assenza di altre cause spiegabili di ipercalcemia, e nei pazienti con ipercalcemia/nefrolitiasi/nefrocalcinosi presente fin dall’infanzia o dall’età giovanile, nei quali occorre molta cautela nella somministrazione di supplementazioni di vitamina D a scopo profilattico.

 

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Una giovane ragazza con calcolosi recidivante e ipercalcemia

Abstract

Mutazioni a carico del gene CYP24A1 sono associate ad alterazioni dell’attività dell’enzima 25-OH-D-24-idrossilasi, con conseguente disfunzione nel metabolismo della vitamina D. Tale deficit enzimatico può originare ipercalcemia, bassi livelli sierici di paratormone, ipercalciuria, nefrolitiasi e nefrocalcinosi. Si descrive il caso clinico di una giovane donna affetta da litiasi renale ricorrente, ipercalcemia ed ipercalciuria, la cui genesi è stata ricondotta a deficit dell’enzima 25-OH-D-24-idrossilasi, dunque a mutazione biallelica del gene CYP24A1.

Parole chiave: calcolosi renale, CYP24A1, 25-OH-D-24-idrossilasi, ipercalcemia

Introduzione

Il gene CYP24A1 codifica per l’enzima 25-OH-D-24-idrossilasi, che catalizza l’idrolisi e quindi la degradazione della 25(OH)D in 24-25(OH)D, la forma attiva della vitamina D. Mutazioni inattivanti a carico del gene CYP24A1 si associano ad alterata attività della 25-OH-D-24-idrossilasi che può determinare ipercalcemia, bassi livelli sierici di paratormone, ipercalciuria e conseguenti nefrolitiasi e nefrocalcinosi.

Presentiamo il caso di una giovane donna con storia di litiasi renale ricorrente ed infezioni delle vie urinarie, tendenza ad ipercalcemia, ipercalciuria, bassi livelli sierici di paratormone (PTH) ed ipovitaminosi D. Allo screening molecolare la paziente risultava portatrice delle varianti patogenetiche p.E143del e p.R396W del gene CYP24A1; i test genetici eseguiti sui genitori della paziente confermavano che le due varianti erano presenti in eterozigosi. 

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