Numero Speciale - In depth review

Impatto economico dell’utilizzo di carbossimaltosio ferrico nei pazienti in emodialisi

Abstract

La supplementazione con ferro endovena è essenziale nei pazienti emodializzati (ED) per recuperare le perdite di sangue e soddisfare i requisiti per l’eritropoiesi e, nei pazienti che ricevono eritropoietine, per prevenire lo sviluppo di carenza di ferro. In un recente studio real-world, Hofman et al. hanno dimostrato che nei pazienti ED, lo shift terapeutico da ferro saccarato (FSA) a carbossimaltosio ferrico (FCM) migliora i parametri del ferro con minor consumo di risorse. L’obiettivo di questa analisi è confrontare il costo settimanale del trattamento con FCM vs FSA, nei pazienti ED, in Italia. Dai dati dello studio pubblicato è stato ricavato il consumo di farmaci (ferro e eritropoietine) quantificando il costo a prezzi ex-factory per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). L’analisi è stata sviluppata sul totale dei pazienti nello studio e nei due sottogruppi: pazienti con carenza di ferro e pazienti anemici, al basale. Inoltre, specifiche analisi di sensibilità hanno considerato i prezzi effettivamente praticati a livello regionale, simulando l’impiego di FSA vs ferro gluconato (FG) e di epoetina beta vs epoetina alfa. Nell’analisi base-case lo switch verso FCM si traduce in un risparmio di -€12,47 per paziente/settimana (-21%) nel totale dei pazienti, con un risparmio anche maggiore nel sottogruppo di pazienti con carenza di ferro -€17,28 (-27%) e nei pazienti anemici -€23,08 (-32%). Le analisi di sensibilità, sempre favorevoli a FCM, hanno confermato la robustezza dell’analisi. FCM può rappresentare un notevole risparmio per il SSN, e sono auspicabili studi real-world condotti in Italia che quantifichino il reale consumo di risorse nei pazienti dialitici.

Parole chiave: carbossimaltosio ferrico, supplementazione di ferro per endovena, malattia renale cronica, emodialisi, consumo di farmaci, impatto economico

Introduzione

La prevalenza dei pazienti con malattia renale cronica (MRC) è pari al 10-16% della popolazione adulta mondiale [1] con tassi di incidenza in aumento nel corso degli anni [1,2]. Questo trend rappresenta una sfida per i diversi Sistemi Sanitari e i pagatori in generale, particolarmente quando si consideri il più elevato consumo di risorse nei pazienti più anziani [3,4]. Soprattutto, va evidenziato che la mortalità legata alla MRC è quasi duplicata, tra il 1990 e il 2010, con un aumento, in termini di anni persi per morte prematura, inferiore solo a HIV-AIDS e diabete mellito [5].

In Italia si stima una prevalenza della MRC nella popolazione adulta pari al 7,05% di cui lo 0,12% nello stadio più avanzato (V) e in dialisi [6]. Nel nostro Paese esiste un problema di consapevolezza della malattia, di sotto-diagnosi da parte dei medici di medicina generale, punto questo particolarmente delicato in quanto la diagnosi negli stadi precoci della malattia dipende in larga parte da questi professionisti [7], e di “inerzia terapeutica” da parte degli specialisti che prendono in carico il paziente [8].

L’anemia, anche se trattabile, rimane una complicanza seria nei pazienti MRC, con una maggiore prevalenza nei pazienti nelle fasi più avanzate della malattia [9] ed è associata a una ridotta qualità della vita (QoL) e a più alti tassi di morbilità, co-morbilità e mortalità [1013].

Se l’insufficiente produzione di eritropoietina rimane il principale fattore causale dell’anemia nella MRC, va considerato anche il ruolo della carenza di ferro, in grado di rallentare gli stadi finali di maturazione dell’eritrocita, di fatto causando resistenza al trattamento anche farmacologico con ESA. La carenza di ferro infatti si può presentare anche in stadi precedenti la comparsa dell’anemia, creandone i presupposti; nei pazienti con MRC la carenza di ferro è conseguente allo stato infiammatorio, cui si aggiungono, soprattutto in ESRD ed in dialisi, le perdite legate alla procedura dialitica ed ai sanguinamenti gastrointestinali. Secondo dati della National Health and Nutritional Examination Survey (NHANES), la prevalenza della carenza di ferro nella popolazione MRC negli stadi III-V mostra valori del 58% nella popolazione maschile e del 72% in quella femminile, con differenze non significative tra i diversi stadi della malattia [14].

Si possono distinguere due tipi di carenza nei pazienti con MRC: una assoluta, caratterizzata dalla deplezione dei sistemi di immagazzinamento e trasporto del ferro nell’organismo ed una funzionale, in cui lo stato infiammatorio e gli alti livelli di epcidina di fatto impediscono il rilascio del ferro dai macrofagi [15].

Molti pazienti in MRC hanno livelli di ferro non ottimali dovuti a riduzione dell’assunzione con la dieta, peggior assorbimento da parte dell’intestino e aumento della perdita di ferro, e ciò può essere esacerbato dall’utilizzo di eritropoietine (ESA) [16,17]. Questo è particolarmente rilevante nei pazienti in emodialisi, per i quali la supplementazione con ferro è essenziale per recuperare le perdite dovute ai frequenti micro-sanguinamenti e per rispondere alle aumentate richieste, determinate dall’utilizzo degli ESA [17].

I pazienti in emodialisi sono soggetti a ripetute perdite ematiche a causa della ritenzione di sangue nel filtro dializzatore e nelle linee ematiche, del più frequente prelievo di sangue per i test di laboratorio, delle perdite di sangue a seguito di procedure chirurgiche, nonché del ridotto assorbimento di ferro dovuto all’infiammazione e all’up-regulation dell’epcidina, esacerbato da farmaci concomitanti come gli inibitori di pompa protonica ed i chelanti del fosfato [18,19].

Nei pazienti MRC, i supplementi del ferro hanno lo scopo di assicurare adeguate riserve di ferro per l’eritropoiesi, correggere la carenza di ferro e, nei pazienti che ricevono la terapia con ESA, prevenire lo sviluppo di carenza di ferro e la comparsa di resistenza agli ESA stessi [19].

La terapia marziale (TMA), in particolare quella con prodotti a base di ferro somministrati per endovena, può incrementare l’eritropoiesi ed aumentare i livelli di emoglobina nei pazienti in MRC con anemia anche quando i livelli di saturazione della transferrina e ferritina non sono indicativi di carenza marziale assoluta, e anche quando analisi del midollo osseo rilevano la presenza di adeguate riserve di ferro. La TMA, in particolare con ferro somministrato per endovena, ha anche dimostrato di migliorare la risposta eritropoietica alla terapia con ESA [19].

Una recente metanalisi di Roger ha rilevato che nei pazienti in emodialisi, riduzioni significative della dose di ESA possono essere ottenute con l’uso ottimale di ferro per via endovenosa e che un uso subottimale di ferro può richiedere un dosaggio più elevato di ESA per la gestione dell’anemia [20]. Ciò è particolarmente importante dal momento che la terapia con ESA, in particolare a dosaggi elevati, può determinare una serie di eventi avversi quali ictus, malattia tromboembolica venosa e trombosi dell’accesso vascolare [15] ed anche perché una risposta debole agli ESA durante l’emodialisi si ritiene sia associata a peggiori outcomes di lungo periodo nel post-trapianto, inclusi un maggior tasso di mortalità e un maggior rischio di fallimento dell’organo trapiantato [21].

Le linee guida internazionali della Kidney Disease – Improving Global Outcomes (KDIGO) e del National Institute of Clinical Excellence (NICE) suggeriscono, per i pazienti in emodialisi, l’utilizzo della TMA per endovena e l’utilizzo dei prodotti orali solo per i pazienti per i quali questo è sconsigliato, o se il soggetto da trattare rifiuta la somministrazione endovenosa [19,21]. Anche le linee guida del Gruppo Italiano per La Medicina Basata sulle Evidenze (GIMBE) suggeriscono l’utilizzo della TMA per endovena nei pazienti emodializzati, sia adulti sia pediatrici [22].

Le preparazioni di ferro per via endovenosa ad oggi disponibili in Italia sono: carbossimaltosio ferrico (FCM), ferro saccarato (FSA) e ferro gluconato (FG) [23].

In un recente studio internazionale real-world, Hofman ha dimostrato che nei pazienti in emodialisi per i quali vi è uno shift terapeutico da FSA in favore di FCM si riscontra un miglioramento nei parametri del ferro ed un minor consumo di risorse associato [24].

Questo studio olandese è stato il primo ad aver valutato le differenze in termini di efficacia, con dati real-life, di FSA e FCM nei pazienti emodializzati attraverso un’analisi retrospettiva multicentrica; i 221 pazienti presenti nello studio, tra cui anche 55 pazienti con carenza di ferro e 24 con anemia, al basale, hanno effettuato uno switch terapeutico da FSA in favore di FCM. Lo studio, che aveva un follow-up a 15 mesi, ha valutato le variazioni, a seguito dello switch a FCM, in parametri clinicamente significativi quali l’emoglobina, la ferritina sierica e la saturazione della transferrina. Inoltre, lo studio ha anche analizzato le variazioni nel consumo di ESA. Complessivamente lo switch da FSA a FCM nella real-life, in pazienti in emodialisi, ha mostrato importanti miglioramenti clinici e una significativa riduzione nell’utilizzo di ESA [24]. Lo studio di Hofman non ha però quantificato i costi associati ai due schemi terapeutici, non valutando quindi il possibile impatto economico dello switch terapeutico [24]. L’obiettivo di questa analisi economica è dunque stimare e confrontare il costo settimanale del trattamento con FCM vs FSA nei pazienti in emodialisi.

 

Materiali e metodi

Partendo dai dati presentati nello studio di Hofman [24], per quantificare il costo per paziente, si è seguito un approccio di tipo bottom-up coerentemente con la logica dell’Activity-Based Costing (ABC) [25,26]. In sostanza, l’analisi si è sviluppata su tre fasi: 1) identificazione delle risorse consumate; 2) misurazione, ovvero quantificazione dei consumi per ciascuna risorsa; 3) valorizzazione economica. Tale approccio ha permesso di stimare il costo medio per paziente in terapia con FCM vs FSA.

Le analisi sono state sviluppate considerando il totale dei pazienti in emodialisi nello studio e, tra questi, i due sottogruppi di pazienti con carenza di ferro al basale e i pazienti anemici al basale [24]. In particolare, questi due sottogruppi sono stati identificati sulla base di:

  • carenza di ferro, definita da valori di TSAT <20% e Ferritina <300 µg/l, con Hb compresa nel range target (10-12 g/dl);
  • anemia, definita da valori di Hb <10 g/dl, senza carenza di ferro.

La prospettiva utilizzata nell’analisi è quella del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Per la stima dei costi si sono utilizzati i prezzi di acquisto farmaci da gara regionale; in particolare si è fatto riferimento alla gara della Regione Piemonte (dati aggiornati al 2018) come rappresentativa dei costi gara sul territorio nazionale, sia per la TMA che per gli ESA [27]. Per il consumo dei farmaci si sono considerate le unità (milligrammi, microgrammi e unità internazionali) effettivamente consumate. Nell’analisi di base-case i farmaci inclusi nel modello sono: darbepoetina alfa (DAR) e epoetina beta (EPB) come ESA. Per EPB lo studio di Hofman riportava il consumo solo per il totale dei pazienti emodializzati per cui, per i due sottogruppi di pazienti con carenza di ferro e anemici al basale, si è conservativamente ipotizzato il medesimo consumo di EPB riportato per il totale dei pazienti [24].

Il costo dei farmaci come riportato nello studio è stato stimato al netto del possibile spreco, quantificando cioè il costo per singola unità di prodotto consumata (milligrammi, microgrammi etc.) e non le fiale o confezioni necessarie per la terapia [24]. Non si è quindi tenuto conto della possibilità che una parte di farmaco non venga utilizzata. Si è deciso di stimare i soli costi farmaceutici, in quanto nel lavoro di Hofman non erano riportati i consumi dei materiali e del personale medico [24]. Questa scelta oltre ad essere considerata coerente con lo studio real-world di partenza rappresenta anche l’approccio più conservativo.

È stata inoltre sviluppata un’analisi di sensibilità per valutare la solidità dei risultati. Nell’analisi di sensibilità si è sostituito EPB con epoetina alfa (EPA) e FSA con FG, in quanto queste due formulazioni presentano le medesime caratteristiche sul piano clinico [2830]. Inoltre, appare opportuno sostituire FSA con FG in quanto FSA in Italia è un farmaco non rimborsato (classe C-ospedaliero) e FG è il farmaco ad oggi più utilizzato nel setting dialitico in Italia [3132]. Anche nell’analisi di sensibilità si sono considerati i prezzi di acquisto da gara regionale [27].

 

Risultati

Come riportato nello studio real-world di Hofman, l’utilizzo della TMA è associato ad un miglioramento dei livelli di emoglobina e a un minor utilizzo di ESA in tutti i pazienti in trattamento, senza distinzione per i sottogruppi presi in esame. La scelta terapeutica in favore di FCM si traduce in una maggiore riduzione del consumo settimanale dei supplementi del ferro e degli ESA, rispetto a FSA, per tutti i gruppi di pazienti, giustificando quindi lo switch terapeutico in favore di FCM (Tabella I) [24].

 

 

  Tutti i Pazienti (n=221) Pazienti Con Deficienza Ferro* (n=55) Pazienti Anemici* (n=24)
  FSA FCM FSA FCM FSA FCM
TMA (mg/settimana) 55 48 60 53 61 54
DAR (µg/settimana) 34 27 38 27 45 29
EPB (UI/settimana) 8.400 7.400 8.400^ 7.400^ 8.400^ 7.400^
* al basale
^ i valori nei sottogruppi sono stati stimati uguali al gruppo comprendente tutti i pazienti.
Legenda: ED = emodialisi; TMA = terapia marziale; FCM = carbossimaltosio ferrico; DAR = darbepoetina alfa; EPB = epoetina beta; FSA = ferro saccarato.

Tabella I: Consumo di risorse nei pazienti in ED e in trattamento con TMA [24]

 

Analisi base-case

Considerando i consumi medi riportati in Tabella I e i prezzi da gara regionale [27], riportati per esteso in Tabella II, lo schema con FCM rispetto a FSA risulta essere una scelta terapeutica economicamente più vantaggiosa per il SSN (Tabella III). Prendendo in considerazione i dati per tutti i 221 pazienti dializzati nello studio di Hofman [24] si stima un risparmio per paziente per settimana in termini assoluti pari a -€12,47, ovvero -21% rispetto al costo totale. Risultati ancora migliori si rilevano nelle analisi per sottogruppo. Nei pazienti con carenza di ferro al basale l’utilizzo di FCM si traduce in un risparmio assoluto di -€17,28 (-27%) per settimana, mentre negli anemici al basale si riscontrano risparmi anche maggiori -€23,07 (-32%) per settimana. Utilizzando lo schema con FCM si ottiene dunque un risparmio su tutte le voci di costo considerate nello studio, ovvero i farmaci a base di ferro iniettabile e gli ESA (Tabella III).

 

  Confezione Prezzo Ex-Factory [31,32] Prezzo Gara Regionale [27]
Terapia Marziale
carbossimaltosio ferrico 1 flaconcino 100 mg € 16,43 € 7,752
ferro gluconato 1 fiala 62,5 mg € 0,79 € 0,555
ferro saccarato 1 flaconcino 100 mg € 23,21 € 12,000
Eritropoietine
darbepoetina 1 siringa pre-riempita 80 µg € 156,61 € 92,00
epoetina alfa 1 siringa pre-riempita 5.000 UI € 42,58 € 4,75*
epoetina beta 1 siringa pre-riempita 2.000 UI € 15,53 € 3,08*
* Nella gara del Piemonte viene riportato il solo prezzo per UI per cui il prezzo per confezione riportato è stato stimato.

Legenda: mg = milligrammi; µg = microgrammi; UI = unità internazionali.

Tabella II: Prezzi unitari

 

  Tutti i Pazienti (n=221) Pazienti Con Deficienza di Ferro^ (n=55) Pazienti Anemici^(n=24)
  FSA FCM FSA FCM FSA FCM
TMA € 6,60 € 3,72 € 7,20 € 4,11 € 7,32 € 4,19
DAR € 39,10 € 31,05 € 43,70 € 31,05 € 51,75 € 33,35
EPB € 12,94 € 11,40 € 12,94 € 11,40 € 12,94 € 11,40
Totale € 58,64 € 46,17 € 63,84 € 46,55 € 72,01 € 48,93
Δ FCM vs FSA – € 12,47 (-21%) – € 17,28 (-27%) – € 23,08 (-32%)
*Prezzi da gara regionale [27]

^ al basale

Legenda: TMA = terapia marziale; FCM = carbossimaltosio ferrico; DAR = darbepoetina alfa; EPB = epoetina beta; FSA = ferro saccarato.

Tabella III: Costo medio per paziente/settimana – Base-case*

 

Analisi di sensibilità

Nell’ analisi di sensibilità in cui si calcola l’effetto dato dall’impiego di FG al posto di FSA e di EPA al posto di EPB, i risultati continuano ad essere favorevoli allo schema con FCM, nonostante FCM risulti più costoso rispetto a FG, in termini di costo del farmaco. I maggiori risparmi per il trattamento con FCM si ottengono quindi grazie al minor utilizzo di DAR ed EPA (Tabella I, Tabella IV).

Considerando il totale dei pazienti in emodialisi, si stima un risparmio medio per paziente/settimana di €5,77 pari al -12%. Nei pazienti con carenza di ferro al basale lo schema con FCM vs FSA produce un risparmio assoluto di -€10,02 (-19%), mentre nei pazienti anemici al basale si ha un risparmio per paziente/settimana di -€15,70 pari al -26% (Tabella IV).

 

 

Tutti i Pazienti

(n=221)

Pazienti Con Deficienza di Ferro^

(n=55)

Pazienti Anemici^

(n=24)

 

  FG FCM FG FCM FG FCM
TMA € 0,49 € 3,72 € 0,53 € 4,11 € 0,54 € 4,19
DAR € 39,10 € 31,05 € 43,70 € 31,05 € 51,75 € 33,35
EPA € 7,98 € 7,03 € 7,98 € 7,03 € 7,98 € 7,03
Totale € 47,57 € 41,80 € 52,21 € 42,19 € 60,27 € 44,57
ΔFCM vs FG – € 5,77 (-12%) – € 10,02 (-19%) – € 15,70 (-26%)
* Prezzi da gara regionale [27]

^ al basale

Legenda: TMA = terapia marziale; FCM = carbossimaltosio ferrico; DAR = darbepoetina alfa; EPA = epoetina alfa; FG = ferro gluconato.

Tabella IV: Costo medio per paziente/settimana – Analisi di Sensibilità*

 

Discussione

Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’anemia è una delle patologie più frequenti e diffuse nel mondo e riguarda più di 1,6 miliardi di persone, pari a circa il 25% della popolazione mondiale [33].

È stato dimostrato che l’anemia è associata ad un aumento della mortalità e della morbilità, nonché a una diminuzione delle performance fisiche e della QoL [34,35]; in particolare quando associata a patologie quali la MRC, ne peggiora i sintomi e può innescare una più rapida progressione e una prognosi peggiore [36].

La carenza di ferro è una frequente complicazione della MRC, associata alla diminuzione dei livelli di emoglobina, correlata alla diminuzione della QoL dei pazienti e all’aumento del rischio di altre complicazioni cliniche, incluso un aumento significativo del rischio cardiovascolare [37].

Uno studio americano di Nissenson del 2005 su dati amministrativi ha mostrato che l’anemia in alcune condizioni croniche, compresa MRC, si traduce in un consumo di risorse e costi associati più che doppi rispetto ai pazienti non anemici che presentano le stesse patologie. Lo studio inoltre ha sottolineato come i pazienti anemici, tra cui quelli con MRC, fossero ancora trattati in maniera non ottimale [38]. Alla medesima conclusione, ovvero sul trattamento non ottimale dell’anemia in pazienti MRC (in pre-dialisi), arriva anche uno studio italiano di Minutolo del 2013 in cui emerge che il sotto-trattamento del deficit marziale è un dato persistente, e che “l’inerzia clinica” rappresenta un fenomeno clinicamente significativo essendo associato ad un’alta prevalenza di anemia anche in un setting di pazienti regolarmente seguiti in nefrologia [8].

Con una media di 2,5 litri di sangue perso in un anno, i pazienti in emodialisi presentano un rischio particolarmente elevato di deplezione di ferro con conseguente anemia sideropenica [39]. L’obiettivo terapeutico primario nei pazienti anemici in emodialisi è quello di ripristinare i livelli di emoglobina e le riserve di ferro ai livelli target raccomandati [40]. Per raggiungere l’intervallo di emoglobina target di 11-12 g/dl, valore riportato anche dal piano terapeutico per gli ESA dell’Agenzia Italiana del farmaco [41], vengono prescritti gli ESA. In aggiunta a questi, le linee guida internazionali raccomandano nei pazienti in emodialisi supplementi di ferro somministrati per via endovenosa, terapia ad oggi riconosciuta come lo standard in questi pazienti [19,21,22]. Il livello di emoglobina compreso tra 10-12 g/dl sembra inoltre essere il range nel quale i pazienti raggiungono i migliori outcomes in termini di qualità della vita [42].

La TMA somministrata per via endovenosa è la metodica di riferimento nei pazienti in HD, secondo le linee guida KDIGO e NICE [19,21]; essa permette una rapida replezione delle scorte marziali e riduce il fabbisogno di ESA. Vi sono ad oggi dati relativi ad un favorevole impatto della TMA sugli hard outcomes nei pazienti HD, come mortalità per tutte le cause, stroke, IMA ed ospedalizzazione [43], quando la TMA viene somministrata ad alti dosaggi.

Rimangono ancora alcuni punti non completamente chiari, in particolare riguardo il rischio di sovraccarico di ferro, di incremento del rischio infettivo, di stress ossidativo e di reazioni di ipersensibilità [15]. Nel 2013 EMA ha emanato una serie di raccomandazioni riguardanti la sicurezza d’uso dei ferri ev, ricordando che questi vanno somministrati da personale addestrato alle manovre di rianimazione e laddove siano presenti strumenti per la rianimazione stessa, si veda in proposito la relativa Nota AIFA [45]. Una ampia metanalisi di studi pubblicati dal 1965 al 2013 [44] ha rilevato come, su oltre 10.500 pazienti trattati con ferro ev, il rischio infettivo non fosse aumentato (RR 0,96, 95% CI 0,63-1,46) quando confrontato con una coorte di pazienti trattati con ferro per os, ferro IM, placebo, oppure non trattati. Ancora, lo studio PIVOTAL non riporta, per quanto riguarda il rischio infettivo, alcun incremento del rischio anche a dosi elevate [43]. Ancorché molto rare, le reazioni di ipersensibilità possono essere gravi e mettere a rischio la vita del paziente; KDIGO però sottolinea che le uniche evidenze disponibili riguardano preparati ad alto peso molecolare, come i ferro-destrani, peraltro non disponibili in Italia [19].

Ci sono diversi studi che hanno analizzato e confrontato FCM con le alternative terapeutiche nei pazienti con MRC da un punto di vista farmaco-economico. Uno studio italiano dell’Università Bocconi ha analizzato l’impatto economico nelle regioni italiane di FCM nei pazienti con anemia sideropenica [46]. Lo studio ha mostrato che l’utilizzo di FCM rispetto a FG, nelle indicazioni registrate [48], si traduce in un minor consumo di risorse sanitarie, anche alla luce di un minor numero di infusioni, risultando economicamente migliore sia là dove si consideri una prospettiva ospedaliera (in cui sono stati stimati i reali dati di consumo in termini di materiali, farmaci e tempo degli operatori sanitari) sia utilizzando la prospettiva regionale (in cui si sono impiegate le tariffe di riferimento). In particolare, considerando la prospettiva ospedaliera, con FCM si ottiene un costo medio paziente pari a €131,24, mentre con FG, in funzione del numero di infusioni, il costo medio paziente varia tra €264,34 (8 infusioni) e €516,10 (16 infusioni). Da un punto di vista regionale, stimando un totale di pazienti eleggibili pari a circa 294 mila, la piena sostituzione in favore di FCM si traduce in un risparmio massimo di circa 34 milioni di euro [46].

Uno studio successivo, sempre condotto dalla Bocconi in collaborazione con la Divisione Clinicizzata di Nefrologia dell’Università degli studi di Verona, ha analizzato i costi relativi allo switch da FG a FCM in una popolazione di pazienti emodializzati [47]. La coorte presa in esame ha riguardato 38 pazienti con anemia e carenza di ferro nonostante l’uso di FG, nei quali il passaggio a FCM ha permesso di raggiungere i target di Hb e status del ferro, con considerevole riduzione del consumo di ESA. In particolare, esaminando retrospettivamente sei mesi di trattamento con FG ed i successivi sei mesi con FCM, si è ottenuto un incremento dal 63% all’82% dei pazienti che raggiungevano i target di Hb, un incremento da 0 a 60% dei pazienti con status del ferro corretto, ed una riduzione di oltre il 32% dei consumi di ESA, il tutto con dosi cumulative di ferro sostanzialmente sovrapponibili nei due periodi considerati. L’analisi farmaco-economica, che ha tenuto conto dei costi relativi ai due tipi di ferro, dei costi relativi agli ESA (originator e biosimilari), dei costi di infusione, dei costi relativi alle trasfusioni ematiche, ha evidenziato un risparmio netto quantificato in €10.497 (€47/mese/paziente). Ipotizzando uno scenario con utilizzo di soli biosimilari, si otteneva comunque un risparmio netto di €3.126 (€14/mese/paziente) [47].

In uno studio condotto nel Regno Unito gli autori hanno confrontato FSA vs FCM in pazienti MRC anemici e non in dialisi, mostrando che lo switch in favore di FCM, nonostante il maggior costo farmaceutico rispetto a FSA, comporta un risparmio considerevole per il SSN o l’ospedale [49]. Gli autori hanno stimato, su una corte di 365 pazienti con un follow-up a 12 mesi, un risparmio pari a £11.173 (£58.646 per FSA vs £46.473 per FCM) sui costi sanitari diretti attribuibili alla gestione diretta dei pazienti. Il risparmio per le spese generali (costi non direttamente attribuibili alla terapia su base capitaria, ma legati alla diversa gestione dei pazienti, quali le spese amministrative, la preparazione delle sale per le visite, etc.) con FCM supera invece £24.998 (£40.172 per FSA vs £15.174 per FCM), per un risparmio complessivo superiore a £36.000 [49].

Lo studio di Fragoulakis [50] per la Grecia ha sviluppato un’analisi di costo-minimizzazione sia per il SSN che per la società nel suo complesso, confrontando FCM vs FSA vs il complesso idrossido di ferro drestano (FDR, farmaco quest’ultimo non presente in Italia). In questo lavoro sono stati seguiti due distinti gruppi di pazienti: 1) i pazienti MRC non dialitici, nel setting ambulatoriale, 2) pazienti ospedalizzati per chirurgia e per malattie correlate a sanguinamenti cronici o acuti [45]. Analizzando nel dettaglio il solo setting ambulatoriale, anche questo studio ha mostrato che FCM, nonostante presentasse un maggior costo farmaceutico, è la terapia economicamente più vantaggiosa, con un risparmio che è influenzato da un minor consumo di risorse dirette sanitarie (prospettiva del SSN) e anche indirette e dirette non sanitarie (prospettiva della società). Nel setting ambulatoriale, in pazienti MRC non dialitici, è stato stimato per FCM un costo diretto sanitario per paziente di €198,6 vs €627,7 con FSA e €510,5 con FDR; considerando i soli costi indiretti, quali la perdita di produttività, e diretti non sanitari, come gli spostamenti, FCM ha un costo di €113,7 vs €568,7 con FSA e €136,4 con FDR. Le analisi di sensibilità e le stime nei pazienti ospedalizzati hanno confermato i risultati precedenti [50].

Lo studio di Brock [51] ha invece stimato i costi ed il budget impact della TMA parenterale in Svizzera utilizzando dati di consumo reali nella prospettiva del terzo pagante. Lo studio ha confrontato diversi dosaggi di FCM e FSA nelle diverse indicazioni registrate, stimando un risparmio complessivo con FCM compreso tra 22 e 31 milioni di franchi svizzeri (anno 2009) [51]. Le analisi di sensibilità hanno confermato i dati del base case, mostrando un range di risparmio potenzialmente più ampio (tra 17 e 39 milioni di franchi svizzeri). Anche questo studio mostra che il maggior costo farmaceutico di FCM è compensato dal minor consumo di altre risorse [51].

Altri studi su pazienti non MRC (con cancro, anemia indotta da chemioterapia, malattie infiammatorie croniche intestinali, insufficienza cardiaca, angiodisplasia, malattie del fegato, etc.), hanno mostrato risultati complessivamente favorevoli a FCM [5257].

La presente analisi, a differenza dei lavori precedenti, si basa su un approccio conservativo poiché non considera il consumo di risorse sanitarie (aghi, guanti, siringhe, soluzione fisiologica, etc.), il numero di accessi, o il tempo consumato da medici e infermieri per la terapia ed il suo monitoraggio. Questo approccio è stato scelto in quanto la popolazione specifica in esame era composta da pazienti in emodialisi che hanno già accesso alle strutture, a cui consegue un consumo di risorse sanitarie già legato alla terapia dialitica. Inoltre, avendo utilizzato come riferimento lo studio di Hofman, non vi erano dati di consumo specifici che non fossero quelli della TMA e delle ESA [24].

Un limite di questo studio è che i costi italiani sono stati applicati ad uno studio retrospettivo real-world olandese [24]; anche per rispondere a questo limite, è in corso uno studio osservazionale nella maggioranza dei centri dialisi della Regione Toscana con l’obiettivo di evidenziare l’impatto dello switch a FCM in pazienti in trattamento dialitico non-responder al trattamento con FG, con particolare riguardo alle variazioni dell’ERI (Erhytropoietin Resistance Index) e all’impatto farmacoeconomico dello switch. Il secondo limite della presente analisi è che mancano maggiori dettagli sul reale consumo di risorse nei pazienti in emodialisi e il nostro approccio particolarmente conservativo potrebbe aver sottostimato i reali risparmi. In particolare, è verosimile che anche il minor tempo di infusione potrebbe comportare un risparmio in favore di FCM in questo gruppo di pazienti. Infine, nell’analisi di sensibilità si è assunta una piena sovrapponibilità tra FSA e FG, scelta comunque giustificata dai dati di letteratura quando si consideri il profilo farmacocinetico e di farmaco-disponibilità dei due composti, come mostrato di recente da Auerbach [28].

Nonostante queste limitazioni l’analisi di sensibilità e i dati di letteratura sembrano confermare i nostri risultati, indicando un trend a favore dell’utilizzo di FCM e i chiari vantaggi economici che il suo impiego può generare per il SSN.

 

Conclusioni

La nostra analisi mostra che l’utilizzo di FCM può portare a risparmi per il SSN, riducendo il consumo di risorse farmaceutiche e migliorando gli outcomes nei pazienti. Sono peraltro auspicabili studi specifici real-world in Italia che quantifichino il reale consumo di risorse per quanto attiene farmaci e materiali sanitari, tempi di impiego di infermieri e clinici, numero di accessi in ospedale (pronto soccorso, ambulatorio, ricovero) per valutare il reale impatto della TMA, in particolare nei pazienti emodializzati, che rappresentano un caso specifico e complesso tra i pazienti MRC.

 

 

Bibliografia

  1. Dhaun N, Mackenzie J, Goddard J, et al. Prospective management of end-stage renal failure within a conservative care programme. BMJ Qual Improv Rep 2013; 2(1).
  2. Coresh J, Byrd-Holt D, Astor BC, et al. Chronic kidney disease awareness, prevalence, and trends among U.S. adults, 1999 to 2000. J Am Soc Nephrol 2005 Jan; 16(1):180-8.
  3. Collins AJ, Vassalotti JA, Wang C, et al. Who should be targeted for CKD screening? Impact of diabetes, hypertension, and cardiovascular disease. Am J Kidney Dis 2009 Mar; 53(3 S3):S71-S77.
  4. Stevens PE, O’Donoghue DJ, de Lusignan S, et al. Chronic kidney disease management in the United Kingdom: NEOERICA project results. Kidney Int 2007 Jul; 72(1):92-9.
  5. Lozano R, Naghavi M, Foreman K, et al. Global and regional mortality from 235 causes of death for 20 age groups in 1990 and 2010: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2010. Lancet 2012 Dec; 380(9859):2095-128.
  6. De Nicola L, Donfrancesco C, Minutolo R, et al. Prevalence and cardiovascular risk profile of chronic kidney disease in Italy: results of the 2008-12 National Health Examination Survey. Nephrol Dial Transplant 2015 May; 30(5):806-14.
  7. Ravera M, Noberasco G, Weiss U, et al. CKD awareness and blood pressure control in the primary care hypertensive population. Am J Kidney Dis 2011 Jan; 57(1):71-7.
  8. Minutolo R, Locatelli F, Gallieni M, et al. Anaemia management in non-dialysis chronic kidney disease (CKD) patients: a multicentre prospective study in renal clinics. Nephrol Dial Transplant 2013 Dec; 28(12):3035-45.
  9. Fishbane S, Spinowitz B. Update on Anemia in ESRD and Earlier Stages of CKD: Core Curriculum 2018. Am J Kidney Dis 2018 Mar; 71(3):423-35.
  10. Astor BC, Muntner P, Levin A, et al. Association of kidney function with anemia: the Third National Health and Nutrition Examination Survey (1988-1994). Arch Intern Med 2002 Jun; 162(12):1401-8.
  11. McFarlane SI, Chen SC, Whaley-Connell AT, et al. Prevalence and associations of anemia of CKD: Kidney Early Evaluation Program (KEEP) and National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) 1999-2004. Am J Kidney Dis 2008 Apr; 51(4 S2):S46-S55.
  12. Locatelli F, Pisoni RL, Combe C, et al. Anaemia in haemodialysis patients of five European countries: association with morbidity and mortality in the Dialysis Outcomes and Practice Patterns Study (DOPPS). Nephrol Dial Transplant 2004 Jan; 19(1):121-32.
  13. Covic A, Jackson J, Hadfield A, et al. Real-World Impact of Cardiovascular Disease and Anemia on Quality of Life and Productivity in Patients with Non-Dialysis-Dependent Chronic Kidney Disease. Adv Ther 2017 Jul; 34(7):1662-72.
  14. Fishbane S, Pollack S, Feldman HI, Joffe MM. Iron indices in chronic kidney disease in the National Health and Nutritional Examination Survey 1988-2004. Clin J Am Soc Nephrol 2009 Jan; 4(1):57-61.
  15. Macdougall IC, Bircher AJ, Eckardt KU, et al. Iron management in chronic kidney disease: conclusions from a “Kidney Disease: Improving Global Outcomes” (KDIGO) Controversies Conference. Kidney Int 2016 Jan; 89(1):28-39.
  16. Albaramki J, Hodson EM, Craig JC, et al. Parenteral versus oral iron therapy for adults and children with chronic kidney disease. Cochrane Database Syst Rev 2012 Jan; 1:CD007857.
  17. Fishbane S, Maesaka JK. Iron management in end-stage renal disease. Am J Kidney Dis 1997 Mar; 29(3):319-33.
  18. Zaritsky J, Young B, Wang HJ, et al. Hepcidin – a potential novel biomarker for iron status in chronic kidney disease. Clin J Am Soc Nephrol 2009 Jun; 4(6):1051-6.
  19. KDIGO Clinical Practice Guideline for Anemia in Chronic Kidney Disease. Kidney International Supplements 2012; 2(4):279-335.
  20. Roger SD, Tio M, Park HC, et al. Intravenous iron and erythropoiesis-stimulating agents in haemodialysis: A systematic review and meta-analysis. Nephrology (Carlton) 2017 Dec; 22(12):969-76.
  21. The National Institute for Health and Care Excellence (NICE). Chronic kidney disease: managing anaemia. NICE Guideline [NG8]. 
  22. Cartabellotta A, Di Iorio B. Linee guida per il trattamento dell’anemia nella malattia renale cronica. Evidence 2015; 7(11): e1000124.
  23. Gazzetta Ufficiale SG. Elenco Atti dell’emittente Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). 
  24. Hofman JMG, Eisenga MF, Diepenbroek A, et al. Switching iron sucrose to ferric carboxymaltose associates to better control of iron status in hemodialysis patients. BMC Nephrol 2018 Sep; 19(1):242.
  25. Baker JJ. Activity-based Costing and Activity-based Management for Health Care. Aspen; 1998.
  26. Roffia P. Il controllo di gestione. Activity based. Giappichelli; 2002.
  27. Regione Piemonte. Società di Committenza Regione Piemonte SPA. Fornitura di farmaci ed emoderivati e servizi connessi per le aziende del servizio sanitario regionale e dell’azienda USL Valle D’Aosta (gara 06-2018). 
  28. Auerbach M, Macdougall I. The available intravenous iron formulations: History, efficacy, and toxicology. Hemodial Int 2017 Jun; 21(S1):S83-S92.
  29. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Venofer (ferro saccarato). Riassunto delle caratteristiche del prodotto. 
  30. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Ferlixit (ferro gluconato). Riassunto delle caratteristiche del prodotto. 
  31. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Elenco Medicinali di fascia A e H, aggiornamento del 17/12/2018. 
  32. Compendio Farmaceutico Telematico. 2018. 
  33. McLean E, Cogswell M, Egli I, et al. Worldwide prevalence of anaemia, WHO Vitamin and Mineral Nutrition Information System, 1993-2005. Public Health Nutr 2009 Apr; 12(4):444-54.
  34. Nissenson AR, Goodnough LT, Dubois RW. Anemia: not just an innocent bystander? Arch Intern Med 2003 Jun; 163(12):1400-4.
  35. Weiss G, Goodnough LT. Anemia of chronic disease. N Engl J Med 2005 Mar; 352(10):1011-23.
  36. Dowling TC. Prevalence, etiology, and consequences of anemia and clinical and economic benefits of anemia correction in patients with chronic kidney disease: an overview. Am J Health Syst Pharm 2007 Jul; 64(13 S8):S3-S7.
  37. Fehr T, Ammann P, Garzoni D, et al. Interpretation of erythropoietin levels in patients with various degrees of renal insufficiency and anemia. Kidney Int 2004 Sep; 66(3):1206-11.
  38. Nissenson AR, Wade S, Goodnough T, et al. Economic burden of anemia in an insured population. J Manag Care Pharm 2005 Sep; 11(7):565-74.
  39. Locatelli F, Aljama P, Barany P, et al. Revised European best practice guidelines for the management of anaemia in patients with chronic renal failure. Nephrol Dial Transplant 2004 May; 19(S2):ii1-47.
  40. Covic A, Mircescu G. The safety and efficacy of intravenous ferric carboxymaltose in anaemic patients undergoing haemodialysis: a multi-centre, open-label, clinical study. Nephrol Dial Transplant 2010 Aug; 25(8):2722-30.
  41. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Aggiornamento del Piano terapeutico AIFA per prescrizione SSN di Eritropoietine (ex Nota 12). 
  42. Leaf DE, Goldfarb DS. Interpretation and review of health-related quality of life data in CKD patients receiving treatment for anemia. Kidney Int 2009 Jan; 75(1):15-24.
  43. Macdougall IC, White C, Anker SD, et al. PIVOTAL Investigators and Committees. Intravenous Iron in Patients Undergoing Maintenance Hemodialysis. N Engl J Med 2019 Jan; 380(5):447-58.
  44. Avni T, Bieber A, Grossman A, Green H, Leibovici L, Gafter-Gvili A. The safety of intravenous iron preparations: systematic review and meta-analysis. Mayo Clin Proc 2015 Jan; 90(1):12-23.
  45. Nota Informativa AIFA: Raccomandazioni più stringenti sul rischio di gravi reazioni da ipersensibilità con medicinali contenenti ferro somministrati per via endovenosa. 25 Ottobre 2013. 
  46. Rognoni C, Tarricone R, Meregaglia M. Impatto economico dell’utilizzo di carbossimaltosio ferrico in pazienti con anemia da carenza di ferro nelle regioni italiane. MECOSAN Menagement e economia sanitaria 2015; 93:99-114.
  47. Rognoni C, Ortalda V, Biasi C, Gambaro G. Economic Evaluation of Ferric Carboxymaltose for the Management of Hemodialysis Patients with Iron Deficiency Anemia in Italy. Adv Ther 2019 Nov; 36(11):3253-64.
  48. Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Ferinject (carbossimaltosio ferrico). Riassunto delle caratteristiche del prodotto. 
  49. Wilson PD, Hutchings A, Jeans A, et al. An analysis of the health service efficiency and patient experience with two different intravenous iron preparations in a UK anaemia clinic. J Med Econ 2013; 16(1):108-14.
  50. Fragoulakis V, Kourlaba G, Goumenos D, et al. Economic evaluation of intravenous iron treatments in the management of anemia patients in Greece. Clinicoecon Outcomes Res 2012; 4:127-34.
  51. Brock E, Braunhofer P, Troxler J, et al. Budget impact of parenteral iron treatment of iron deficiency: methodological issues raised by using real-life data. Eur J Health Econ 2014 Dec; 15(9):907-16.
  52. Calvet X, Gene E, AngelRuiz M, et al. Cost-minimization analysis favours intravenous ferric carboxymaltose over ferric sucrose or oral iron as preoperative treatment in patients with colon cancer and iron deficiency anaemia. Technol Health Care 2016; 24(1):111-20.
  53. Calvet X, Ruiz MA, Dosal A, et al. Cost-minimization analysis favours intravenous ferric carboxymaltose over ferric sucrose for the ambulatory treatment of severe iron deficiency. PLoS One 2012; 7(9):e45604.
  54. Gutzwiller FS, Schwenkglenks M, Blank PR, et al. Health economic assessment of ferric carboxymaltose in patients with iron deficiency and chronic heart failure based on the FAIR-HF trial: an analysis for the UK. Eur J Heart Fail 2012 Jul; 14(7):782-90.
  55. Lim EA, Sohn HS, Lee H, et al. Cost-utility of ferric carboxymaltose (Ferinject(R)) for iron-deficiency anemia patients with chronic heart failure in South Korea. Cost Eff Resour Alloc 2014; 12:19.
  56. Bager P, Dahlerup JF. The health care cost of intravenous iron treatment in IBD patients depends on the economic evaluation perspective. J Crohns Colitis 2010 Oct; 4(4):427-30.
  57. Szucs TD, Blank PR, Schwenkglenks M, et al. Potential health economic impact of intravenous iron supplementation to erythropoiesis-stimulating agent treatment in patients with cancer- or chemotherapy-induced anemia. Oncology 2011; 81(1):45-9.