Settembre Ottobre 2018 - Articoli originali

Qualità microbiologica delle acque per emodialisi: quali i fattori di rischio?

Abstract

Introduzione Un paziente in dialisi entra in contatto settimanalmente con un’ingente quantità d’acqua tramite il bagno di dialisi, in media 350 litri. È pertanto essenziale che questa soluzione abbia un’elevata qualità e purezza. Scopo del nostro studio è stato monitorare nel tempo la qualità microbiologica delle acque dell’emodialisi, al fine di individuare eventuali fattori che possano influenzarla.

Metodi Abbiamo effettuato da Gennaio 2015 a Ottobre 2017 uno studio cross-sectional raccogliendo le acque delle apparecchiature dialitiche presso l’AOU Careggi. I campioni raccolti in maniera asettica e da tecnici specializzati, sono stati trasportati sotto ghiaccio a 4°C al Laboratorio di Rischio Biologico dell’Azienda USL Toscana Centro per le analisi di laboratorio.

Risultati Sono stati raccolti 126 campioni di acqua. Coliformi, E. coli, Staphylococcus aureus, enterococchi sono risultati negativi in tutti i campioni. Pseudomonas aeruginosa è risultata positiva in un solo campione. Sia per le CFU a 37°C che a 22°C la tipologia di macchinario rappresenta l’unico fattore di rischio statisticamente significativo (OR 15.21 e OR 10.25 rispettivamente): i macchinari SDS hanno un rischio decisamente più alto di risultare positivi per le CFU a 37°C e 22°C.

Conclusioni È necessario monitorare costantemente il sistema di trattamento delle acque di dialisi e questo ancor più nel caso di dispositivi con sistema SDS che, a causa del loro utilizzo discontinuo, possono essere soggetti più frequentemente, come dimostrato nel nostro studio, a maggiore contaminazione.

Parole chiave: sorveglianza, emodialisi, infezioni

INTRODUZIONE

L’emodialisi è uno dei trattamenti per pazienti con insufficienza renale acuta e cronica e, alla fine del 2010, quasi un milione di persone erano in trattamento dialitico, il 60% delle quali in 5 paesi: USA, Giappone, Germania, Brasile, Italia (1).

Un paziente in dialisi entra in contatto settimanalmente con un’ingente quantità d’acqua tramite il bagno di dialisi, in media 350 litri. È pertanto essenziale che questa soluzione abbia un’elevata qualità e purezza in termini di corretta composizione elettrolitica, bassa concentrazione o assenza di inquinanti chimici organici e inorganici, bassa concentrazione o assenza di batteri, lieviti, funghi ed endotossine. Va ricordato che il circuito idraulico delle macchine dialitiche può promuovere la crescita batterica e la formazione di biofilm. Questi ultimi possono andare incontro a colonizzazioni batteriche che possono essere rilasciate o produrre endotossine capaci di penetrare le membrane dialitiche (2, 3) .

Le endotossine possono indurre la produzione di citochine proinfiammatorie, responsabili di varie complicazioni legate alla dialisi come l’amiloidosi, la malnutrizione e l’aterosclerosi (4, 5).

Pertanto la qualità delle acque della dialisi rappresenta un fattore critico del trattamento globale del paziente dializzato, e la qualità batteriologica ha un forte effetto sulla salute del paziente e sugli outcome (,615).

Per preservare i pazienti da rischi sono stati proposti degli standard: secondo le più recenti Linee Guida del 2005, i valori soglia delle UFC a 22°C sono <100, Muffe e Lieviti <10, Endotossine <0.25 (7).

Nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi (Firenze) sono attualmente in uso due sistemi di purificazione delle acque. L’SDS (Single Dialysis System) è un sistema di trattamento dell’acqua di modernissima concezione destinato ai servizi di urgenza (Unità di terapia intensiva cardiologica – UTIC, Unità terapia intensiva pneumologica – UTIP, terapia intensiva e sub intensiva), alla dialisi dei casi acuti, degli infettivi e dei trapiantati. L’apparecchio è realizzato in forma compatta e corredato di ruote che ne agevolano lo spostamento. SDS utilizza Osmosi Inversa per trattare l’acqua e prevede un pretrattamento a cartuccia composita per filtrazione e declorazione (8).

In aggiunta agli SDS vi sono dispositivi più grandi e fissi in grado di produrre acqua di elevata purezza per l’impiego emodialitico in asservimento ai reni artificiali. Sono composti da due sezioni osmotiche distinte, che normalmente funzionano in serie per produrre acqua di elevata qualità e purezza (8). Considerando quanto delicato è l’uso appropriato di questi dispositivi e che l’acqua può andare incontro a facili contaminazioni, diventa importante verificare e monitorare nel tempo la qualità microbiologica della stessa, individuare e gestire eventuali fattori di rischio al fine di garantire sempre la massima sicurezza per il paziente.

 

MATERIALI E METODI

Raccolta dei campioni

Abbiamo effettuato da Gennaio 2015 a Ottobre 2017 uno studio cross-sectional raccogliendo le acque delle apparecchiature dialitiche a disposizione della terapia intensiva, della terapia sub intensiva, delle UTIC e UTIP e del Servizio di Emodialisi dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi (Firenze, Italia) .

I campioni raccolti in maniera asettica e da tecnici specializzati, sono stati trasportati sotto ghiaccio a 4°C al Laboratorio di Rischio Biologico dell’Azienda USL Toscana Centro.

Analisi di laboratorio

Lo studio dei parametri microbiologici sulle acque delle apparecchiature dialitiche ha riguardato la determinazione della carica batterica a 37°C e 22° C, la ricerca e determinazione di Enterobatteri appartenenti al genere Coliformi Totali ed Escherichia Coli, di Enterococchi, di Pseudomonas aeruginosa e di Staphylococcus Aureus.

Le analisi per le cariche batteriche sono state eseguite per inclusione dell’acqua del campione in terreno agarizzato Yeast Extract Agar ed incubazione rispettivamente a 37° C e ventidue °C (UNI EN ISO 6222:2001) per 24 e 76 ore, cui è seguito il conteggio delle colonie.

La ricerca dei batteri Coliformi e di Escherichia coli è stata effettuata con un sistema miniaturizzato e con conteggio in MPN (Most probable number method) (Colilert /ISO 9308-2:2012).

Per la determinazione di tutti gli altri parametri, oggetto dello studio, è stata eseguita la filtrazione di un volume appropriato di campione. I filtri sono stati poi posti su appropriati terreni selettivi ed incubati.

Per la ricerca e determinazione di Enterococchi è stato utilizzato il terreno Slanetz and Bartley Agar con incubazione di 48h a 37°C, (ISO 7899-2:2000) e lettura, dopo incubazione, delle colonie tipiche di color marrone, con conferma in terreno di bile esculina azide Agar.

Per la ricerca e determinazione di Pseudomonas aeruginosa è stato utilizzato il terreno C/N a base di cetremide (Metodo Istisan 07/5 Met. ISS A 003A) incubazione a 37°C per 48h e conteggio delle colonie verdi blu fluorescenti. Sulle stesse colonie sono state eseguite le prove di conferme ed identificazione biochimica con metodi miniaturizzati (API e/o Crystal).

Nel caso della ricerca e determinazione di Staphylococcus aureus il terreno utilizzato è stato lo Slanetz and Bartley Agar, (Metodo ISTISAN 07/5 Met. ISS A 018A), incubazione a 37°C per 48 ore. Le colonie sospette, di colore nero, sono state sottoposte alle prove di conferma saggiando la capacità di agglutinare plasma di coniglio.

I risultati ottenuti sono stati confrontati con i parametri di riferimento indicati sulle più moderne Linee guida (7).

Analisi Statistica

I risultati ottenuti sono stati raccolti e inseriti in un Database ed esportati per l’analisi statistica. Sono state calcolate percentuali, medie, deviazioni standard. La non normale distribuzione delle variabili analizzate (UFC a 37°C e 22°C) è stata valutata col test di Shapiro-Wilk. La regressione logistica multipla è stata utilizzata per valutare l’influenza di più fattori (anno e mese di campionamento, reparto, tipo di macchinario esaminato) con le variabili considerate. Il livello di significatività è stato posto a p<0.05. Le analisi sono state realizzate col software Stata® SE, version 12.1 (StataCorp, College Station, Texas, USA).

 

RISULTATI

Sono stati raccolti 126 campioni di acqua: 40 (31.75%) nel 2015, 45 (35.71%) nel 2016, 41 (32.54%) nel 2017. 44 campioni (34.92%) sono stati ottenuti dal sistema dialitico fisso in dotazione al servizio di emodialisi, 82 (65.08%) dagli SDS in dotazione alle varie unità operative (UTIC, UTIP, Terapia intensiva e sub intensiva).

Coliformi, E. coli, Staphylococcus aureus, enterococchi sono risultati negativi in tutti i campioni. Pseudomonas aeruginosa è risultata positiva in un solo campione nel 2015 in un SDS. I risultati delle CFU a 22°C e 37°C sono riportati in tabella 1.

Il test di Kruskal-Wallis ha evidenziato una differenza statisticamente significativa per le CFU a 22°C e per quelle a 37°C (rispettivamente p<0.01 e p=0.05) tra gli anni considerati.

La regressione logistica applicata alle CFU a 22°C e a 37°C, considerando la tipologia di macchinario come variabile indipendente, ha evidenziato come quest’ultima rappresenta un fattore di rischio (OR 6.21 e OR 10.41 rispettivamente) statisticamente significativo (tutti p<0.01).

La regressione logistica applicata alle CFU a 22°C e a 37°C, considerando il reparto campionato come variabile indipendente, ha evidenziato come quest’ultimo rappresenta un fattore di rischio (OR 1.97 e OR 2.50 rispettivamente) statisticamente significativo (tutti p<0.01).

Questi dati tuttavia non sono confermati applicando un modello di regressione logistica multipla in cui, considerando tutte le variabili quali il mese del prelievo, l’anno, il reparto e la tipologia di macchinario si evince come la tipologia di macchinario rappresenta l’unico fattore di rischio statisticamente significativo (OR 15.21 e OR 10.25 rispettivamente): i macchinari SDS hanno un rischio decisamente più alto di risultare positivi per le CFU a 37°C e 22°C (Figura 1 e Figura 2).

Il LAL test, infine, è risultato entro i limiti nel 95% dei casi. Il valore LAL medio nei casi che hanno superato i limiti è stato di 1.195 (DS 1.024).

 

DISCUSSIONE

Come risultato di una crescente prevalenza di insufficienza renale cronica, e la conseguente aumentata necessità di terapia sostitutiva, c’è stata anche una crescita nella domanda di emodialisi nelle ultime tre decadi (9).

Dato che la qualità del fluido dialitico gioca un ruolo importante per la sicurezza e la salute del paziente, esso deve essere visto a tutti gli effetti come un prodotto medicinale e un grande sforzo va effettuato per assicurare un’alta qualità del fluido (10).

Come osservato in Tabella 1, tutti i valori di CFU dell’acqua di dialisi erano inferiori ai limiti imposti dalla Società italiana di Nefrologia (<100 CFU/ml): solo 9 (7.1%) hanno superato il valore di 100 CFU a 22°C.

In genere i batteri gram negativi sono i maggiori contaminanti nelle unità di emodialisi (11). A differenza di quanto riportato in un recente studio condotto in Nigeria (9) dove Pseudomonas aeruginosa era un batterio frequentemente isolato (55% di 36 campioni) nel nostro Pseudomonas è stata riscontrata solo in un caso. Pseudomonas ha la capacità di proliferare rapidamente nel liquido di dialisi e ciò costituisce un grande problema di sanità pubblica, essendo responsabile di setticemia ed endotossiemia a causa della produzione di esotossina A (12). In uno studio simile condotto in Lagos (13) un altro problema di frequente riscontro era l’E. coli, legato all’uso di acqua tellurica in prossimità di aree densamente urbanizzate e suscettibili alla contaminazione fecale. Sicuramente questa è un’evenienza molto remota in una realtà come l’Ospedale Careggi, in quanto la città di Firenze ha un approvvigionamento idrico assicurato al 90% dall’impianto di Anconella che rende potabile l’acqua del fiume Arno mediante processi di trattamento tecnologicamente complessi che comprendono le fasi di chiarificazione, filtrazione su sabbia e su carbone attivo granulare, disinfezione con ozono e con biossido di cloro (14).

Un dato sicuramente molto interessante deriva dalla regressione logistica che ha messo in evidenza come le apparecchiature SDS (Single Dialysis System), hanno un rischio decisamente più alto di risultare contaminate sia dalle CFU a 37°C che a 22°C. Come già osservato nel 2005 (7) l’utilizzo delle apparecchiature domiciliari o comunque portatili è spesso discontinuo con maggiore possibilità di inquinamento batterico. Pertanto è necessario assicurare una regolare disinfezione seguendo opportuni protocolli. È inoltre importante tenere a mente che anche il circuito idraulico all’interno dei monitor può essere sede di crescita microbica facilitata dal riscaldamento del dialisato. Le moderne apparecchiature sono progettate per contrastare questo fenomeno con l’evitare aree stagnanti, mantenendo un’elevata velocità di scorrimento all’interno delle tubature, realizzate con materiali a bassa rugosità. Una regolare e periodica disinfezione chimica e/o a caldo delle apparecchiature dopo ogni utilizzo, dopo interventi di manutenzione e periodi di inattività, è cruciale per ottenere un’elevata qualità microbiologica del dialisato. Anche le apparecchiature di scorta devono essere disinfettate periodicamente (almeno ogni 48 ore) (7).

 

CONCLUSIONI

L’acqua di dialisi deve mantenere specifici requisiti chimici e batteriologici. Un’alterazione di questi parametri può avere importanti conseguenze per la sicurezza e la salute del paziente. È necessario dunque monitorare costantemente il sistema di trattamento delle acque di dialisi e il riscontro prolungato di alte positività deve essere considerato un segnale di allarme per dare origine a un programma di disinfezione appropriata, che garantisca il controllo della crescita batterica e limiti la formazione del biofilm. Questo ancor più nel caso di dispositivi con sistema SDS che, a causa del loro utilizzo discontinuo, possono essere soggetti più frequentemente, come dimostrato nel nostro studio, a maggiore contaminazione.

 

BIBLIOGRAFIA

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  3. Hoenich NA, Ronco C, Levin R . The importance of water quality and haemodialysis fluid composition. Blood Purif, 2005 24 (1): 11-18.
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  5. Hoenich NA, Levin R, Ronco C. How do changes in water quality and dialysate composition affect clinical outcomes? Blood Purif, 2009 27 (1): 11-15.
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  7. Bolasco P., Cappelli G., Pedrini L., Santoro A. Linee Guida su acque e soluzioni per dialisi Giornale Italiano di Nefrologia 2005. Anno 22 n. 3, / pp. 246-273
  8. Aoike I. Characteristics of central dialysis fluid delivery system and single patient dialysis machine for HDF Contrib Nephrol. 2011;168:99-106. doi: 10.1159/000321748.
  9. OO Okunola, JO Olaitan Bacterial contamination of hemodialysis water in three randomly selected centers in South Western Nigeria. Niger J Clin Pract. 2016 Jul-Aug;19(4):491-5. doi: 10.4103/1119-3077.183293
  10. Bolasco P, Contu A, Meloni P, Vacca D, Murtas S. The Evolution of Technological Strategies in the Prevention of Dialysis Water Pollution: Sixteen Years’ Experience. Blood Purif, 2012. 34 (3-4): 238-245.
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  13. Braimoh RW, Mabayoje MO, Amira CO, Bello BT. Microbial quality of hemodialysis water, a survey of six centers in Lagos, Nigeria. Hemodial Int 2014;18:148-52.
  14. Publiacqua. Available from http://www.publiacqua.it/qualita/firenze [Last Accessed on 2017 November 22]
  15. Stilo A., Troiano G., Melcarne L., Gioffrè M.E., Nante N., Messina G., Laganà P., “Hand washing in operating room: a procedural comparison”. Epidemiology, Biostatistics and Public Health 2016; 13 (3).