Novembre Dicembre 2018 - Position Paper

Esame fisico, chimico e morfologico delle urine: raccomandazioni per la fase post analitica del Gruppo Interdisciplinare Laboratorio e Clinica Apparato Urinario (GIAU)

Abstract

Con queste raccomandazioni il Gruppo interdisciplinare di analisi delle urine (GIAU) mira a stimolare i seguenti aspetti:
• miglioramento e standardizzazione dell’approccio post analitico dell’esame fisico, chimico e morfologico delle urine (ECMU).
• Enfatizzare il valore aggiunto dell’ECMU selezionando i parametri clinicamente significativi con chiara indicazione dei metodi analitici, delle unità di misura, dei valori di riferimento
• Miglioramento dell’interpretazione dell’analisi delle urine eseguita mediante dip stick con particolare riguardo alla riconsiderazione della significatività diagnostica dei parametri valutati insieme ad una crescente consapevolezza dei limiti di sensibilità e specificità di questo metodo analitico. Con la capacità di proporre e condurre indagini di approfondimento con metodi analitici più sensibili e specifici.
• Aumentare la consapevolezza dell’importanza delle abilità professionali nel campo della morfologia urinaria e delle loro relazioni con i clinici. attraverso l’introduzione, nella refutazione, di commenti descrittivi e interpretativi a seconda del tipo di richiesta, della complessità del laboratorio, della competenza del patologo.
• Implementare una politica di valutazione della qualità analitica utilizzando, oltre ai tradizionali controlli interni ed esterni, un programma per la valutazione della competenza morfologica.
La speranza è di rivalutare l’enorme potenziale diagnostico dell’ECMU, implementando un’analisi delle urine sui bisogni diagnostici personalizzati che ogni paziente porta con sé.

Parole Chiave: Fase post analitica, Raccomandazioni, Analisi delle urine

Introduzione

Il Referto

Per la medicina di Laboratorio il referto è la traduzione di accertamenti diagnostici in un’informazione utilizzabile clinicamente. Nel classico schema del “Brain-to-brain loop” di Lundberg (1), accanto al cervello del clinico, Burlina (2) inseriva un secondo cervello, quello del laboratorista a simboleggiare il processo di professionalità e di competenze che guidava una catena di eventi caratterizzati da una forte matrice culturale e organizzativa, a snodarsi dalla fase pre-pre-analitica, fino alla fase post-postanalitica sintetizzando una risposta sotto forma di referto.

Il referto deve quindi la propria rilevanza al fatto che un risultato analitico viene trasformato in informazione utile al clinico. Alla base di questo processo di cambiamento vanno riconosciute l’attitudine, l’abilità e l’esperienza del medico che inquadra il referto clinicamente e le competenze dell’equipe che ha prodotto il risultato. Il ruolo del referto come indicatore, facilitatore e guida di appropriatezza ed efficacia clinica sono connotati largamente accettati (3). Il referto deve presentare basilari requisiti: fornire risultati esenti da errori, nei tempi utili alla corretta gestione del paziente, formulati in modo da favorire la loro corretta interpretazione e utilizzazione (4).

Il GIAU (Gruppo Interdisciplinare laboratorio e clinica dell’Apparato Urinario) nel corso degli anni ha scritto e pubblicato le linee guida per la fase pre-analitica dell’esame chimico-fisico e morfologico delle urine (ECMU) (5), e per la fase analitica dell’ECMU (6). Si è ritenuto quindi di procedere alla stesura delle raccomandazioni per la fase post-analitica con l’intento di definire un documento rivolto sia ai laboratoristi, per uniformare e standardizzare un linguaggio comune delle risposte, sia ai clinici, per trasmettere loro uno strumento utile alla corretta comprensione ed interpretazione in chiave clinica dei contenuti del referto dell’ECMU (7).

 Definizione di Linea Guida

Le LG possono essere definite come «raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di esperti, con lo scopo di aiutare i medici a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche» (8). Le linee guida nascono quindi per rispondere a un obiettivo fondamentale: assicurare il massimo grado di appropriatezza degli interventi, riducendo al minimo quella parte di variabilità nelle decisioni cliniche che è legata alla carenza di conoscenze e alla soggettività nella definizione delle strategie assistenziali (9).

Metodologia per il reperimento delle fonti

Queste raccomandazioni sono state sviluppate da un gruppo multiprofessionale e multidisciplinare, il GIAU appunto, impegnato a rivalutare l’esame delle urine per l’importanza che questo riveste nella diagnosi precoce delle alterazioni dell’apparato urinario. In particolare, in queste raccomandazioni vengono affrontate le tematiche relative alla fase post-analitica dell’ECMU e sulla base di una revisione sistematica della letteratura, sono state sviluppate delle raccomandazioni inerenti le modalità di refertazione.

Strategia di ricerca delle prove di efficacia

Le presenti raccomandazioni si basano su una revisione sistematica della letteratura, volta alla ricerca di prove di efficacia per fornire risposte ai quesiti individuati dal gruppo di lavoro. Il processo di ricerca delle prove di efficacia ha seguito una strategia di selezione gerarchica, secondo il principio di saturazione teoretica. L’analisi è iniziata con la ricerca di linee guida (studi terziari) pubblicate su questo argomento, selezionate sulla base di criteri di qualità, come indicato dalla metodologia AGREE (10). La ricerca ha condotto all’identificazione delle seguenti linee guida, che sono state utilizzate come riferimento nella stesura di questo documento:

  • Gruppo di studio inter societario SIBioC-SIMeL Esame Urine. L’esame chimico, morfologico e colturale delle urine: proposta di linee guida per una procedura standardizzata della fase pre analitica. Rivista Italiana di Medicina di Laboratorio 2011: 7: 25-35.
  • Gruppo Intersocietario Analisi delle Urine. Esame Chimico Fisico e Morfologico delle Urine: Proposta di Linee Guida per la Fase Analitica del Gruppo Intersocietario Analisi delle Urine (GIAU). Rivista Italiana di Medicina di Laboratorio 2016;40:353-382.
  • ECLM- European Urinalysis Guidelines. The Scandinavian Journal of Clinical and Laboratory Investigation. 60: 1-96, suppl. 231, 2000 (11).
  • CLSI GP-16 A3 Urinalysis and Collection, transportation, and Preservation of Urine Specimens; Approved Guideline – third Edition vol.29: n4: 4-21, 2009 (12).
  • SIGN- Management of suspected bacterial urinary tract infection in adults. A National Clinical Guideline. Edinburgh (Scotland), Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN); July 2006. SIGN publication n. 88.(13)
  • Kuori T, Gyory A, Rowan M. ISLH recommended reference procedure for the enumeration of particles in urine. Lab Hematol 2003;9:58-63 (14).

La ricerca è poi proseguita con l’identificazione di studi primari e secondari che sono stati selezionati e inclusi partendo da quelli di livello superiore (revisioni sistematiche) e interrompendo la selezione al livello gerarchico più elevato al quale è stata identificata una prova di efficacia rilevante (8-10). In questo modo si è riusciti a fornire le risposte ai quesiti utilizzando il più elevato livello di prova di efficacia disponibile. Nell’attribuzione del livello delle prove di efficacia e del grado delle raccomandazioni, si è fatto riferimento ai principi adottati dal gruppo di lavoro del GRADE (15). Il grado della raccomandazione (forte o debole) è un giudizio finale basato sulla valutazione di diverse componenti il cui valore deve essere esplicitato contestualmente alla raccomandazione. Tutte le raccomandazioni sono state discusse, condivise e accettate dai componenti del gruppo di lavoro.

Un procedimento differente è stato invece adottato per la proposta dei commenti descrittivi e interpretativi con cui integrare l’ECMU. In assenza di un’adeguata rilevante bibliografia sull’argomento si è ritenuto di adottare una metodica di acquisizione del consenso utilizzando il metodo Delphi. Si tratta di una metodica che prevede che un gruppo di esperti esprima la propria opinione su di un questionario proposto da un facilitatore (o da un gruppo di facilitatori) inerente un problema complesso e sul quale non esista bibliografia adeguata. All’interno di un perimetro ristretto di consultazioni, i risultati vengono elaborati e riassunti in un documento che viene poi inviato a tutti i partecipanti che hanno la possibilità di confrontare ed eventualmente rivedere le proprie posizioni alla luce di quanto emerso. Il processo deve essere ripetuto più volte sino ad ottenere un significativo allineamento delle opinioni espresse (1620). In particolare per la stesura delle raccomandazioni sui commenti all’ECMU abbiamo attuato un metodo Delphi in due fasi. La prima fase ha comportato la somministrazione di un questionario a 370 Specialisti in Medicina di Laboratorio iscritti alla SIBIOC e alla SIPMeL, la successiva elaborazione e presentazione / diffusione dei risultati ottenuti. Contemporaneamente dal GIAU sono stati acquisiti i commenti utilizzati dai Laboratoristi che hanno ritenuto di condividerli. La seconda fase ha comportato la somministrazione dello stesso questionario già elaborato ad un panel multidisciplinare e multiprofessionale di esperti assieme ai commenti raccolti nel round precedente, adeguatamente omogeneizzati e categorizzati. In questa seconda fase ciascun esperto componente il panel, in forma anonima, esprimeva la propria opinione. I risultati sono stati riassunti ed elaborati e inviati nuovamente al panel sino a quando non è stato raggiunto un grado di concordanza superiore al 90% degli esperti (21, 22).

Necessità di una Linea Guida

Si stima che, in Italia, nella popolazione adulta con più di 40 anni di età, circa 1 individuo ogni 7 (13%) abbia un grado qualsiasi di malattia renale cronica cui si va ad aggiungere la patologia urologica, anch’essa in incremento. Tale valutazione, colloca il laboratorio di fronte un ampio ventaglio di quesiti clinici che a cui deve essere data tempestivamente una risposta sia in termini di diagnosi precoce che di accurata definizione del processo patologico in atto (23, 24).

 

Il referto dell’Esame chimico morfologico delle urine (ECMU)

Per referto ECMU si intende la risposta ad una richiesta del clinico relativa ad accertamenti volti a definire lo stato del paziente relativamente all’apparato urinario contenente informazioni clinicamente utili. L’informazione è tale solamente quando cambia lo stato del ricevente e ne modifica il livello di conoscenza.

Questo aspetto, che è comune a moltissimi test, è ancora più evidente quando il quesito non si riferisce ad una possibile condizione di malattia e nemmeno ad uno specifico costituente, ma all’esame generico di un liquido biologico, come l’urina.

Se la domanda circostanziata è fondamentale perché una misura diventi un’informazione clinica, occorre anche che la risposta, espressione della misura, sia facilmente e inequivocabilmente compresa dall’interlocutore clinico ricevente. Una terminologia corretta deve descrivere la misura ma anche la tecnologia utilizzata, soprattutto se, allo stato dell’arte, coesistono più tecnologie, con sensibilità e specificità diverse.

La standardizzazione dell’espressione dei risultati può facilitare la comprensione dell’informazione non solo nella nomenclatura, ma anche, nell’espressione dell’unità di misura e della scala dei risultati.

Infine il sistema di riferimento. Una misura diviene informazione se comparata con limiti che definiscono classificazioni di pazienti o livelli decisionali. Interpretare gli esami di laboratorio significa confrontare i risultati dei test con “riferimenti” che permettano un giudizio e di conseguenza un’azione. Solberg scriveva che lo scopo di valori di riferimento è di fornire la base per interpretare i risultati di laboratorio nelle valutazioni cliniche (1). Gli intervalli di riferimento sono sicuramente il sistema più utilizzato per poter costruire livelli decisionali. Tuttavia la loro produzione, pur ben definita da numerosi standard, è scarsamente applicata, inoltre, in alcune situazioni altri metodi possono fornire livelli decisionali più robusti.

Il referto o risposta nell’esame delle urine si espleta solitamente in un profilo formulato su tre tipologie di esami: fisico, chimico e morfologico. L’impostazione del profilo di risposta deriva da una tradizione in atto da oltre quarant’anni, da quando cioè le strisce reattive hanno modificato l’esame chimico-fisico e improntato il modo di esporre i risultati. La risposta nel profilo urinario è l’anello terminale di una catena di azioni: richiesta, raccolta, valutazione dell’idoneità del campione, analisi, valutazione della congruenza tra esame chimico-fisico e microscopico, interpretazione del profilo in chiave clinica. E’ quindi evidente, come ampiamente illustrato nelle linee guida per la fase analitica, che il tradizionale profilo chimico si gioverebbe di una revisione che, procedendo dagli obiettivi clinici riguardanti la valutazione della funzione/lesione dell’apparato urinario, focalizzasse l’indagine sui soli parametri realmente utili (6). Per questo si delinea la necessità di esprimere attraverso il profilo di risposta, stratificato per livelli analitici, informazioni clinicamente rilevanti che derivino da campioni correttamente prelevati e analizzati con metodi affidabili ed efficaci.

Il Layout

Considerando che alcuni aspetti sono comuni a qualunque referto, si elencano gli elementi caratterizzanti un referto ECMU:

  1. Identità del soggetto il cui materiale è sottoposto ad analisi
  2. Data e ora di accettazione del campione
  3. Medico richiedente
  4. Materiale esaminato (solitamente con una lettera convenzionale la cui legenda deve essere esplicitata: U= urine)
  5. Denominazione dell’esame (nel caso dell’ECMU si tratta di un profilo costituito da diverse analisi)
  6. Parametri costituenti il profilo che da luogo all’ECMU
  7. Metodo utilizzato per ogni parametro analizzato
  8. Unità di misura utilizzate
  9. Giudizio di idoneità del campione
  10. Risultato della misura analitica
  11. Valori di riferimento e/o eventuali livelli decisionali
  12. Risoluzione delle discordanze
  13. Commento/i
  14. Validazioni, ambito di responsabilità e firma

 

  • Identità del soggetto il cui materiale è sottoposto ad analisi

Nome, Cognome, data di nascita, domicilio, sono di norma sufficienti per identificare in modo univoco la persona il cui campione è oggetto di analisi. In alcune circostanze può non essere sufficiente e in tal caso dovranno essere valutati gradi superiori per l’identificazione. L’identificazione del soggetto precede l’identificazione del contenitore destinato alla raccolta, l’operatore addetto al ritiro del campione ha il compito di verificare la totale corrispondenza fra soggetto e campione da analizzare. Là dove possibile sarebbe opportuno indicare anche la provenienza del paziente, se ambulatoriale o, se ospedalizzato, da quale unità operativa.

Raccomandazione: Il referto deve riportare in modo completo l’identità e la provenienza, ambulatoriale o del reparto o servizio del soggetto il cui campione è stato analizzato

  • Data e ora di accettazione del campione.

L’idoneità del campione è una condizione necessaria, anche se non sufficiente al fine di ottenere risultati attendibili. Uno dei criteri che definisce l’idoneità è il tempo che intercorre dal momento della raccolta al momento dell’accettazione. Pertanto, considerato il naturale decadimento al quale va incontro il campione urinario, è fondamentale conoscere data e ora di accettazione del campione. E’ fortemente raccomandato che dal momento della raccolta al momento della consegna al punto prelievo non debba intercorrere un lasso di tempo superiore alle due ore. Il rispetto di questi tempi è necessario al fine per consentire il processo del campione nei tempi raccomandati nella LG della fase preanalitica (4 ore a temperatura ambiente/ 6 ore refrigerata a + 4-8 °C) (5). E’ vivamente sconsigliata la raccolta serale del campione e la conservazione in frigo dello stesso a partire dalla sera precedente.

Raccomandazione: il referto deve riportare data e ora di accettazione del campione.

  • Medico richiedente.

Il medico che richiede l’indagine è l’interlocutore di riferimento del referto e di qualunque comunicazione relativa al paziente: valori critici, anomalie repertate, non idoneità del campione. Soprattutto in casi complessi la comunicazione con il curante è essenziale per orientare la diagnosi, valutare la progressione della malattia o l’efficacia delle cure. I recapiti dei medici curanti devono essere presenti e disponibili per queste comunicazioni.

Raccomandazione: il referto deve riportare il nome del medico che ha richiesto l’esame.

  • Materiale esaminato

La descrizione del materiale esaminato nel caso dell’ECMU deve corrispondere al tipo di campione raccolto. Pertanto si raccomanda di elaborare una legenda che oltre ad esplicitare con una lettera convenzionale U= urine, incorpori anche la tipologia del campione PMU (prima urina mattino), per differenziarlo da altre modalità di raccolta per altri esami come ad esempio SUM (seconda urina mattino) per la citologia, UES (urina estemporanea) per esami in urgenza.

Raccomandazione: il referto deve riportare il nome e la connotazione del materiale che è stato esaminato espresso in una leggenda.

  • Denominazione dell’esame

La denominazione ECMU è l’acronimo di Esame Chimico Morfologico Urine e delinea un profilo costituito da diverse analisi. Si raccomanda di mantenere questa denominazione tutte le volte che viene eseguito un profilo analitico completo che comprende: analisi visive, analisi fisiche, analisi chimiche, conteggio e morfologia della componente corpuscolata sia esso eseguito in microscopia che con analizzatori automatici.

Raccomandazione: il referto deve riportare la denominazione dell’esame eseguito, ECMU nel caso di Esame Chimico Morfologico Urine

  • Parametri costituenti il profilo che da luogo all’ECMU

Come descritto nella LG della fase analitica, il profilo dell’ECMU è costituito da più parametri che vengono di seguito elencati. Si rimanda alla stessa LG per la descrizione nel referto dei parametri a) irrinunciabili analiticamente o di indubbia utilità clinica, b) di quelli utili e di verifica analitica per il Laboratorio, c) dei parametri utili solo in particolari condizioni cliniche e d) di quelli da evitare nel referto perché ritenuti inutili e/o obsoleti (6). I parametri costituenti il profilo che formula l’ECMU sono:

  1. a) Concentrazione urinaria (Densità relativa o Osmolalità o Conduttività) Emoglobina,

Albumina (Proteine fino ai 2 anni), Creatinina, Esterasi leucocitaria, Numero e Morfologia

degli elementi corpuscolati;

  1. b) pH, Nitriti, Ascorbato c) Glucosio, Chetoni, d) Bilirubina, Urobilinogeno

Quindi vanno refertati quei parametri che sono stati definiti obbligatori e di indubbia utilità clinica nella linea guida per la fase analitica di ECMU (6). Essi sono: Densità relativa (conduttività e/o osmolalità), Creatinina, Albumina, Emoglobina, Esterasi leucocitaria, Esame frazione corpuscolata. A questi possono essere utilmente aggiunti ulteriori parametri che risultano rilevanti in particolari condizioni cliniche od operative: pH, Nitriti, (b) Acetoacetato e acetone, Glucosio (c). E’ fortemente sconsigliato inserire nel referto parametri obsoleti o privi di significato clinico (d) come, la presenza di pigmenti biliari, l’ascorbato, la schiuma, o valutazioni sull’aspetto (6). Alcuni parametri invece devono essere refertati solo se francamente patologici. Ad esempio non appare necessario riportare nel referto il colore delle urine nelle sue diverse, normali, sfumature di giallo (citrino, paglierino, oro, arancio, ecc.); mentre deve essere riportato il rilevo di un colore patologico assieme all’interpretazione della sua etiologia (vedi tabella 1).

Raccomandazione: il referto deve riportare chiaramente espressi i parametri utili scelti sui quali è stata effettuata l’analisi, evitando risposte per parametri inutili e obsoleti

  • Indicare il metodo utilizzato per ogni parametro analizzato

La scelta della metodica deve garantire adeguata sensibilità e specificità, fondamentale pertanto che questa venga indicata nel referto. Considerata la diversità degli analiti che compongono l’ECMU occorre specificare quali siano i metodi utilizzati per l’esecuzione dei singoli esami o loro raggruppamenti. I metodi sono diversi secondo l’attività e/o il livello analitico di ciascun laboratorio. Indicare quindi se il laboratorio utilizza solo e sempre la chimica secca su dip-stick o se alcuni test come l’albumina, vengono saggiati in chimica liquida o immunoturbidimetria, così come se la creatinuria viene eseguita con metodo enzimatico o cinetico colorimetrico (Jaffè) o su striscia reattiva. Relativamente all’esame morfologico è necessario indicare sul referto se lo stesso è eseguito in citofluorimetria, in microscopia automatizzata, a cattura di immagini o microscopia manuale in campo chiaro o in contrasto di fase specificando l’ingrandimento utilizzato.

Raccomandazione: il referto deve riportare sempre il metodo utilizzato per l’esecuzione dell’analisi di ogni parametro.

  • Unità di misura

La espressione nel referto della unità di misura utilizzata per esprimere i risultati è assolutamente necessaria per comunicare “il valore” di un determinato parametro in una definizione chiara e univoca della quantità. Le unità di misura garantiscono l’utilità, la riproducibiltà e il confronto dei risultati. Esse non sono arbitrarie, bensì codificate per nomenclatura e simbologia all’ interno di un sistema di unità di misura, allo scopo di facilitare una immediata comprensione. Con il DPR 12/08/1982 n° 802 è stato adottato per legge anche in Italia il Sistema Internazionale (S.I.). L’adozione delle unità di misura del SI o di unità con tracciabilità verso il SI, risulta pertanto ineludibile. Per tutti i parametri espressi in termini quantitativi fare riferimento alle unità di misura del SI indicate nelle rispettive metodiche (esempio: Albumina= g/L). In relazione alla parte corpuscolata riferire il numero medio per microlitro o per campo microscopico degli elementi all’unità di misura del volume dei liquidi (esempio: Eritrociti = n/ μL o n/HPF) (25,26).

Raccomandazione: il referto deve riportare sempre accanto al risultato le unità di misura utilizzate

  • Giudizio di idoneità del campione

L’adeguatezza del campione è un fattore di criticità della fase preanalitica di tutti gli esami di laboratorio che influenza l’accuratezza e ovviamente l’utilizzo clinico dei risultati. Per questo il laboratorio dovrebbe avvalersi di standard e linee guida utili per la stesura di procedure operative interne per definire criteri di accettabilità (41).

L’urina è un liquido molto instabile e sensibile, tale caratteristica rende indispensabile il giudizio di idoneità del campione che deve essere espresso, quando negativo, tramite un commento nella risposta. Tale commento, come descritto in seguito in modo più dettagliato, depone sulle scelte di accettabilità o meno del campione da parte del laboratorio. Le non idoneità possono riguardare aspetti rilevati nella fase preanalitica (contenitore, igiene, identificazione, volume, tempo tra la raccolta e la consegna, modalità di trasporto e conservazione dei campioni, ecc.) e/o aspetti rilevati nella fase analitica (contaminanti di provenienza da altri apparati, dall’ambiente esterno durante la raccolta e/o conservazione). L’informazione del paziente resta il comune denominatore per la riduzione delle non conformità (5). In merito all’idoneità del campione urinario si ricorda come la creatinina sia notevolmente rappresentata nelle urine e risulti discriminante rispetto ad altri liquidi biologici. Questa caratteristica può risultare decisiva qualora per finalità cliniche si dovesse determinare la natura urinaria del campione in esame, l’idoneità in questo caso viene espressa come una nota all’interno del referto (5,6,11,12,41).

Raccomandazione: il referto deve riportare sempre un giudizio sulla non idoneità del campione che giustifichi la mancata accettazione dello stesso.

 

  • Risultato della misura analitica

Il referto ECMU è l’atto ufficiale e definitivo con cui vengono comunicati i risultati dei vari componenti analizzati, pertanto essi rappresentano l’oggetto principale di attenzione da parte dei clinici, come indicato dalla norma ISO 15189:2012 (27). I risultati vanno inseriti in colonna accanto alla descrizione del test, subito prima della rispettiva unità di misura e del valore di riferimento. Vanno inseriti i risultati solo degli esami eseguiti; si preferisce refertare in ordine prima l’esame chimico e poi quello del sedimento. E’ opportuno indicare un segnale di attenzione accanto al risultato fuori dai valori di riferimento.

Secondo la European Confederation of Laboratory Medicine (ECLM) e le linee guida GIAU l’espressione dei risultati dei parametri sia microscopici che chimici deve essere quantitativa (6, 11). I parametri chimici: albumina, creatinina, esterasi leucocitaria, pseudo-perossidasi (tranne i nitriti che possono essere espressi in termini qualitativi: presenti / assenti) dovranno essere quindi quantificati così come pure il numero delle cellule e degli altri elementi corpuscolati, esprimendo questi ultimi come numero medio per microlitro o per campo microscopico (1114, 28, 29).

Raccomandazione: il referto deve riportare solo i risultati dei rispettivi parametri per i quali è stata eseguita l’analisi.

  • Valori di riferimento e/o eventuali livelli decisionali

Per una migliore interpretazione dei risultati, oltre all’espressione quantitativa del risultato, l’ECLM propone che la risposta nel profilo urinario contempli i termini di riferimento che possano essere interpretati con facilità, tali da permettere un giudizio e di conseguenza una eventuale azione clinica.

Da questo deriva che le espressioni letterali quali rari, alcuni, etc. non devono mai essere utilizzate per la soggettività che tali parole hanno insita sia in chi scrive che in chi legge. Gli indicatori di lesione hanno soltanto un valore di riferimento superiore calcolato al 95° percentile di una popolazione sana. Per calcolare questo valore si fa riferimento alle raccomandazioni del Clinical Laboratory Standards Institute (CLSI) GP16 (2009) Urinalysis and Collection, Transportation, and Preservation of Urine Specimens (12).

Interpretare gli esami di laboratorio significa confrontare i risultati dei test con “riferimenti” che permettano un giudizio e di conseguenza un’azione. Teoricamente oggi noi possiamo trovare sui referti di laboratorio almeno cinque strumenti diversi di comparazione dei valori misurati (30): valutazioni biodinamiche, valori di riferimento individuali, differenza critica, livelli decisionali, valori di riferimento collettivi.

  • Valutazioni biodinamiche: integrano e confrontano i risultati con modelli fisiopatologici, per consentire previsioni sulle condizioni del paziente.
  • Valori di riferimento individuali: di fatto impossibili da ottenersi.
  • Differenza critica: esprime se la differenza tra un risultato ed il precedente è significativa o se rientra nell’ambito della variabilità prevedibile di quel costituente.
  • Livelli decisionali: molto diffusi e, molto spesso, non chiaramente differenziati dagli intervalli di riferimento. Di derivazione empirica, indicano la concentrazione al di sopra, o al di sotto della quale, viene presa una decisione medica.
  • Valori di riferimento collettivi: sono i riferimenti più usati, anche se forse i meno informativi. Di fatto, permettono una valutazione “descrittiva” di una misurazione, un termine di distribuzione statistica.

I valori di riferimento collettivi sono gli strumenti più facilmente standardizzabili e, almeno teoricamente, più facilmente ottenibili. Lo standard C28-A3 del National Committee for Clinical Laboratory Standards (NCCLS) costituisce la più autorevole linea guida per la costruzione degli intervalli di riferimento (3139).

La distribuzione dei valori di riferimento può essere studiata con opportuni metodi statistici. Se i risultati sono distribuiti in maniera normale (gaussiana), i limiti possono essere calcolati sia con metodi parametrici sia non parametrici. I metodi non parametrici aderiscono alle esigenze degli indicatori di lesione in cui la distribuzione viene riferita al 95° percentile; mentre per gli indicatori di funzione sono da preferire i metodi parametrici in cui i valori di riferimento vanno da 2,5° a 97,5° percentile (39). Tra gli indicatori di lesione individuiamo l’albuminuria, ematuria, leucocituria, esterasi; tra gli indicatori di funzione la concentrazione urinaria e creatinuria. Per i primi individueremo un limite superiore di riferimento che coinciderà con il 95° percentile sottintendendo con lo zero il limite inferiore, ad es.: Eritrociti= fino a 10 elementi /uL; mentre per i secondi avremo due limiti di riferimento al 2,5 ed al 97,5 percentile che definiranno un intervallo di riferimento ad es.: Densità relativa= 1007-1029. Lo stesso standard C28-A3 (39) a tale proposito prevede una procedura per non dover ricalcolare gli intervalli di riferimento ad ogni cambio di metodo, oppure per verificare se gli intervalli di riferimento proposti da altri laboratori o dai produttori sono accettabili, mediante una procedura chiamata trasferibilità. La possibilità di trasferire gli intervalli di riferimento va verificata mediante l’esecuzione di 20 test su un campione di riferimento; se tutti i risultati ottenuti stanno all’interno dell’intervallo di riferimento proposto o solo un risultato è al di fuori, l’intervallo è trasferibile. Se più di un risultato è al di fuori dell’intervallo, si possono eseguire altri 20 campioni; se questi 20 campioni sono tutti all’interno dell’intervallo di riferimento al meno di uno, l’intervallo è trasferibile; se ancora una volta più di un risultato è al di fuori dell’intervallo di riferimento l’intervallo proposto dovrà essere rigettato (32).

Gli intervalli di riferimento rimangono il sistema maggiormente utilizzato nella categorizzazione della condizione clinica dei pazienti. Essi rappresentano comunque un’espressione matematico-statistica della distribuzione dei valori in una popolazione di riferimento e non sono sempre e comunque identificabili con limiti decisionali (40).

I valori decisionali utilizzati vanno chiaramente differenziati dagli intervalli di riferimento. Quasi sempre di origine empirica, indicano la concentrazione al di sopra, o al di sotto della quale, viene presa una decisione clinica. Per le strisce reattive che misurano in modo discontinuo gli analiti (scala ordinale), si devono utilizzare due limiti: uno di sensibilità analitica (LD), uno di conferma (LC) che racchiudano una zona grigia di incertezza. La valutazione dei test su striscia reattiva verrebbe effettuata separatamente a LC e a LD:

  • A LC è raccomandato che i falsi negativi siano inferiori al 10%, mentre
  • A LD è raccomandato che siano i falsi positivi ad essere inferiori al 10%.
  • Nella zona grigia si può accettare un numero di falsi negativi inferiori al 30%.

L’ECLM in questo caso propone l’individuazione di LC dovrebbe essere (decisione arbitraria basata sull’esperienza) 5 volte LD. LC e LD sono però anche legati alla decisione clinica: per esempio, 100-200 leucociti per uL sono indicativi di infezione urinaria, mentre meno di 10-20 la escludono (11).

Raccomandazione: il referto deve riportare sempre per ogni parametro i valori di riferimento e gli eventuali livelli decisionali.

  • Risoluzione delle Discordanze

Nel referto devono essere indicate, risolte e spiegate le eventuali discordanze, vere o apparenti, tra parametri di analogo significato o meglio riferentesi alla stessa origine, ovvero:

  • nitriti / batteri,
  • pseudoperossidasi-emoglobina /emazie,
  • esterasi / leucociti
  • proteine / cilindri

La risposta deve essere valutata anche sulla base delle conoscenze delle possibili interferenze, stimandone le false positività e le false negatività indotte da metodi su chimica secca. Peraltro sono già noti i limiti esistenti nella preparazione del sedimento o nell’esame automatizzato della frazione corpuscolata.

Nel caso di discordanze, la valutazione con metodi di conferma deve essere perseguita e, in relazione al metodo utilizzato, potrà essere:

  • valutazione di report grafici/immagini e di allarmi su sistemi automatizzati;
  • esame microscopico, meglio se all’osservazione in campo chiaro si affianca l’osservazione in contrasto di fase e al polarizzatore;
  • esecuzione in chimica liquida o immunochimica.

Qualora vi sia una dissociazione tra assenza di leucociti e presenza di batteri, nella popolazione femminile potrebbe essere utile aggiunger un commento del tipo “il risultato rilevato correla con la probabile presenza di contaminazione del campione o di batteriuria asintomatica”. Tanto per evitare allarmismi inutili ed approfondimenti diagnostici inappropriati.

Raccomandazione: il referto deve offrire evidenza della risoluzione delle discordanze relative a parametri ad analogo significato o riferibili alla stessa origine.

  • Commento interpretativo

Fornire commenti interpretativi nel referto è un compito essenziale del Laboratorio Clinico. La Direzione del laboratorio deve garantire disponibilità per la consulenza degli esami e l’interpretazione dei risultati al fine di soddisfare le esigenze e i requisiti dei clinici. Le osservazioni interpretative devono essere chiare, inequivocabili, corrette nella semantica e nei contenuti tecnici, devono essere sintetiche ma comunicative (34). La frequenza dell’uso e la tipologia dei commenti, come verrà espresso in seguito, varia sulla base dei livelli analitici e di conseguenza dei livelli di competenza di ciascun laboratorio. Tali livelli devono essere facilmente individuati. A tale scopo i livelli analitici e di competenza sono già disponibili in tabelle inserite nella LG fase analitica. Il riconoscimento della appropriatezza delle risorse disponibili e della complessità da trattare, consentirà ai laboratoristi di individuare, coerentemente il tipo di referto da produrre, se quello commentato o quello in risposta alla specifica richiesta (6,11).

Raccomandazione: il referto deve riportare commenti sulla base del livello analitico del laboratorio e del livello di competenza dell’equipe.

  • Validazioni, ambito di responsabilità e firma

Prima del suo rilascio, il referto deve essere validato mediante un processo di verifica che riguarda globalmente la validità dell’informazione generata dal laboratorio rispetto alla richiesta. All’interno del processo che porta all’informazione da trasferire, partecipano più figure professionali che giocano un ruolo importante. In Medicina di Laboratorio ormai vi è accordo che in questo processo esistono almeno due livelli di validazione, quello tecnico sample-oriented e quello clinico patient-oriented,che hanno sistemi di verifica diversi e richiedono competenze professionali diverse (3,4). Il livello tecnico provvede alla verifica del dato analitico mediante la verifica degli errori pre-pre analitici, delle interferenze analitiche, del controllo di qualità, delle performance strumentali. Il livello clinico provvede alla validazione della congruità del risultato dopo averne verificato eventuali incongruenze e all’attivazione dell’interfaccia clinica-laboratorio come momento di scambio di informazioni in caso di risposte su uno specifico quesito diagnostico. Nel mondo anglosassone i commenti interpretativi sono emessi da membri esperti dello staff: in circa il 70% dei laboratori dai patologi (con MRCPath) o dai clinical scientist di grado più elevato (grade C) senza limitazioni, mentre altri laureati, medici e non, di grado inferiore sono autorizzati in riferimento all’esperienza individuale o solo in aree specialistiche o sotto controllo di colleghi di maggiore esperienza (3136).

E’ evidente pertanto che data l’importanza clinica del referto, questo deve essere affidato a personale qualificato. Secondo Marshall e Challand (32), in sintonia con CPA17 (36): i biochimici clinici, sia medici che scientist, dovrebbero avere una base di conoscenza e di esperienza almeno equivalente alla Part 1 di MRCPath o simile livello di studio (3745).

Ciascun dato analitico prodotto da un Laboratorio Clinico deve essere sottoposto ad almeno due livelli di verifica: verifica tecnica e di plausibilità clinica, prima della procedura di firma.

Raccomandazione: il referto deve riportare la firma per validazione del risultato secondo i livelli di refertazione stabiliti in laboratorio.

 

Il Referto Commentato

I commenti sono il valore aggiunto espresso in un referto in base alle competenze dell’operatore che consentono una lettura circostanziata della risposta del laboratorio: procedendo dalla mancata idoneità del campione fino all’interpretazione in chiave clinica dei reperti analitici. Premesso che in tutte le circostanze vanno rispettate le raccomandazioni riguardanti la corretta raccolta/conservazione dei campioni, i commenti sono espressi da specialisti che grazie alla propria competenza in materia consentono una corretta e informata lettura del referto. Negli ultimi anni molti lavori hanno confermato l’importanza del commento interpretativo a corredo del dato di laboratorio (46-49). Il referto interpretativo e la consulenza, cioè il lavoro di interfaccia e di comunicazione tra il professionista di laboratorio e il clinico, appaiono sempre più importanti per contenere i costi, ridurre gli errori medici e migliorare la qualità delle cure ai pazienti. Inoltre, l’incalzante progresso tecnologico e scientifico in ambito laboratoristico, da un lato, e la sempre maggiore complessità delle conoscenze mediche, dall’altro, rendono ancor più necessarie al clinico l’esperienza specifica e le conoscenze evidence-based del professionista di laboratorio, sia per quanto attiene la selezione degli esami più idonei ad inquadrare il problema del paziente, sia per la loro interpretazione nel singolo contesto clinico, entrambi finalizzati ad una cura appropriata ed efficace del paziente (5052).

Il referto commentato ha quindi lo scopo di affiancare e guidare il clinico nello studio e nella definizione della patologia e nel trattamento della malattia, sia in fase di diagnostica che di follow up, attraverso criteri razionali e basati sulla medicina delle evidenze.

E’ quindi di estrema importanza che il commento inserito nel referto rivesta specifiche caratteristiche: a) deve essere corretto nella forma e nei contenuti tecnici; b) deve fornire informazioni chiare, non ambigue e facilmente interpretabili; c) deve essere sintetico e dare informazioni che siano effettivamente utili sul piano clinico.

Documenti specifici sui commenti al referto sono stati approntati dalle società scientifiche, da organismi internazionali e dalle norme ISO (3133,3539, 53-55). L’esame delle urine rientra tra gli esami di laboratorio per i quali risulta utile l’utilizzo di commenti interpretativi, sia quando si tratti di fornire una chiave di lettura corretta relativamente a parametri misurati in modo diverso da sistemi analitici differenti (es chimico fisico al dipstick e sedimento automatizzato o lettura microscopica), sia quando il riscontro di elementi significativi sul piano diagnostico offrono indicazioni utili al riconoscimento di una patologia in atto. Premesso che i livelli analitici più alti incorporano i commenti adottati dai livelli analitici più bassi, identifichiamo diverse tipologie di commenti possiamo ritenere che possano essere utilizzate tre categorie di commenti.

La prima categoria (vedi tabella II) comprende i commenti descrittivi che possono essere utilizzati da tutti i laboratori e riguardano principalmente valutazioni sulla fase pre analitica e sulla idoneità del campione.

La seconda categoria di commenti (vedi tabella III) possono essere definiti commenti interpretativi: sono volti essenzialmente a garantire la corretta interpretazione dei dati, in particolare riguardo al riscontro di incongruenze tra il dato dell’esame chimico fisico e quello del sedimento.

Raccomandazione: I commenti descrittivi ed interpretativi devono essere utilizzati da tutti i laboratori che eseguono ECMU.

La terza categoria di commenti possono essere definiti diagnostici e sono riportati nella tabella IV. Sono commenti di tipo clinico, volti a indirizzare il medico richiedente verso la possibile presenza di una patologia a carico del rene e/o delle vie urinarie. Sono utilizzabili nei laboratori con una competenza clinica e microscopica di livello elevato (56).

Verifica Esterna di Qualità (VEQ) e Controllo Interno di Qualità (CQI)

La verifica di qualità mediante le procedure per la gestione del Controllo di Qualità Interno (CQI) e la partecipazione a Programmi di Valutazione Esterna di Qualità (VEQ) sono elementi connotanti la pratica di Laboratorio. (5759). I Programmi di VEQ nel campo dell’urinalysis sono stati finora poco diffusi in Europa nonostante siano contemplati sia nelle Linee Guida Europee sia in quelle del CLSI (60,61). Gli schemi di VEQ per l’Esame Chimico Fisico delle urine su ‘dipstick’ sono poco diffusi poiché, poco applicabili per le determinazioni di tipo semi-quantitativo o su scala ordinale utilizzate per l’esame delle urine (62). I risultati dei test clinici eseguiti da laboratori diversi sullo stesso campione devono poter essere confrontati, con affidabilità e coerente interpretazione. Ciò è valido per determinazioni di tipo semiquantitativo, come quelle per l’esame chimico-fisico delle urine su striscia reattiva che dovrebbero fornire risultati omogenei all’interno di uno stesso intervallo di lettura. Il Programma di VEQ consente infatti di valutare come un laboratorio si “colloca” nel contesto generale e favorisce la riduzione dell’errore analitico allertando quando un valore risulta appartenere ad una classe di valori diversa da quella in cui cadono tutti gli altri risultati (63). Inoltre permette di evidenziare i limiti analitici propri di ciascun tipo di ‘dipstick’ rafforzando la consapevolezza che l’analisi su ‘dipstick’ deve essere integrata con l’analisi microscopica del sedimento urinario e refertata con commenti adeguati ad interpretare eventuali discrepanze tra l’analisi chimica e la valutazione morfologica del sedimento. I Programmi di VEQ per l’analisi della frazione corpuscolata delle urine sono ancora meno sviluppati poiché i risultati di tipo qualitativo per l’analisi morfologica in generale, non possono essere suddivisi in rank ed il giudizio su ogni singola risposta richiede la consulenza di un professionista esperto nella disciplina (64,65). In programmi di VEQ in cui sono proposti casi clinici, in particolare, l’Ente organizzatore si deve avvalere di uno o più consulenti molto esperti della patologia inerente i casi clinici che vengono trattati e disponibili a fornire assistenza al riguardo. Da uno studio del College of American Pathologist, è emerso che, mentre il Proficiency Testing (PT) per le strisce reattive evidenziava una concordanza soddisfacente tra laboratori, il PT per l’esame microscopico, condotto mediante fotografie del sedimento urinario, evidenziava notevoli differenze tra laboratori nell’identificazione degli elementi (66); dati questi ultimi confermati anche da un lavoro del GIAU (67). Questa VEQ è utile per evidenziare eventuali necessità di formazione / aggiornamento e rappresenta uno stimolo ad approfondire le conoscenze su una determinata patologia (6869). Sono molto rari i programmi di VEQ per l’analisi automatizzata della frazione corpuscolata intesi in senso tradizionale e cioè con l’utilizzo di materiali di controllo, vi sono infatti difficoltà ad approntare un materiale tale da garantire la stabilità e l’integrità morfologica degli elementi in esame e che risulti idoneo all’analisi con tutti i sistemi disponibili sul mercato che utilizzano tecnologie molto diverse tra loro.

 

Il Gruppo Intersocietario (SIPMeL, SIBioC, SIN) Analisi delle Urine è formato da:

MG Alessio (Bergamo), R. Anderlini (Baggiovara MO), F. Balboni (Firenze), MA Burgio (Canicattì AG), G. Brunori (Trento), A. Caleffi (Parma), A. Camporese (Pordenone), P. Cappelletti (Castelfranco TV), G. Casiraghi (Como), R. de Rosa (Pordenone), G. Dirienzo (Altamura BA), C. Drago (Catania), MG Epifani (Padova), GP Franzè (Ferrara), GB Fogazzi (Milano), G. Gambaro (Roma), G. Gessoni (Mestre VE), L Gesualdo (Bari), A Liverani (Monselice PD), M Lorubbio (Firenze), F Manoni (Monselice PD – Coordinatore GIAU), F. Nembrini (Bergamo), C Ottomano (Monza), A. Perego (Monselice PD), B Pieretti (Fano PU), G Previstali (Bergamo), E Ranieri (Foggia), R Ravasio (Bergamo), G Saccani (Bussolengo VR – Segretaria GIAU), M Schinella (Rovereto TN), S Secchiero (Padova), F Sirianni (Monfalcone GO), S Valverde (Chioggia VE), D Vannoni (Siena).

 

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