Maggio Giugno 2017 - Nefrologo in corsia

Estrinsecazione clinica e prospettive terapeutiche nella sclerosi tuberosa, una rara malattia genetica multi-organo con coinvolgimento renale

Abstract

La sclerosi tuberosa è una patologia genetica rara con coinvolgimento multi-organo. L’interessamento renale si manifesta con la presenza di angiomiolipomi e cisti. Gli angiomiolipomi, a causa del progressivo incremento dimensionale nel tempo, possono complicarsi con sanguinamenti sino a vere e proprie gravi emorragie retroperitoneali. Da ciò nasce l’importanza della sorveglianza attiva di tali masse e i tentativi terapeutici al fine di arginarne le complicanze o prevenirle. Presentiamo tre casi clinici di tre donne affette da sclerosi tuberosa, con presentazioni cliniche diverse e trattate con differenti modalità. Di recente l’impiego di inibitori di mTOR come Everolimus, ha dimostrato efficacia terapeutica in questa patologia soprattutto in termini di una riduzione dimensionale degli angiomiolipomi renali.

PAROLE CHIAVE: angiomiolipoma renale, angiomyolipoma, everolimus,sclerosi tuberosa, tuberous sclerosis

Introduzione

La sclerosi tuberosa (ST) è una malattia geneticamente trasmessa con modalità autosomica dominante, una penetranza genetica quasi completa ed un’estrema variabilità di espressione clinica. Prevale l’interessamento neurocutaneo con coinvolgimento di molti organi tra cui il sistema nervoso centrale, i reni, il cuore, la retina e i polmoni [1]. I segni clinici possono manifestarsi in vari periodi della vita. L’interessamento cerebrale consiste nella formazione dei tipici tuberi corticali (da cui deriva il nome) e nello sviluppo di astrocitomi subependimali a grandi cellule (SEGA) [2]; entrambe queste alterazioni possono essere responsabili di sintomatologia epilettica che si può manifestare già nella tenera età e può essere il sintomo di esordio della malattia [3]. Il coinvolgimento renale è caratterizzato dallo sviluppo di multipli angiomiolipomi (AML) di varia dimensione e da cisti che possono sovvertire interamente l’architettura sino a comportare, nei casi più avanzati, un’insufficienza renale terminale [4]. In genere si tratta di amartomi benigni, ma le dimensioni di tali masse possono aumentare determinando complicanze emorragiche: in tal caso, per arrestare l’emorragia, si deve procedere con l’embolizzazione selettiva dei rami dell’arteria renale interessata o, nei casi più gravi, con la nefrectomia parziale. In alcuni casi, gli AML possono andare incontro a una trasformazione in altri istotipi: oncocitoma o carcinoma a cellule renali [5].

La ST è una malattia rara, nota anche come Epiloia o malattia di Pringle o malattia di Pringle-Bourneville. E’ più colpito il sesso femminile di quello maschile. La prevalenza è variabile da 1 su 50.000 – 100.000 individui fino a 1 a 11.000 nella popolazione generale [6]. Negli ultimi anni si è registrato un aumento dell’incidenza grazie alle moderne tecniche genetico-molecolari e di imaging che hanno permesso di aumentare la sensibilità diagnostica per questa condizione. Solo di recente è stata proposta una terapia a base di inibitori di mTOR, che sarebbe in grado di rallentare l’evoluzione degli AML e delle lesioni cerebrali [7].

Descriviamo tre casi clinici di ST occorsi alla nostra osservazione e discutiamo le prospettive terapeutiche attuali per questa malattia.

Pazienti e Metodi e Risultati

 

Caso clinico 1

CS è una paziente di sesso femminile che giunge alla nostra osservazione a Luglio 2015 all’età di 18 anni, affetta da ST multiorgano, per rivalutazione clinico-terapeutica, in considerazione della nuova prospettiva di trattare la malattia con inibitori di mTOR. La patologia ha esordito all’età di un anno a seguito della comparsa di crisi convulsive trattate con carbamazepina (sospesa successivamente all’età di 5 anni), ma si è rivelata presto coinvolgere più organi. Anamnesi familiare muta per tale patologia. Non è mai stata sottoposta ad alcuno studio genetico.

La paziente presentava interessamento renale con AML multipli bilaterali. I più voluminosi erano a destra ventralmente, in sede polare superiore, di circa 5 cm e a sinistra in sede polare inferiore, di circa 6-7 cm di diametro; erano presenti inoltre cisti multiple sub-centrimetriche corticali bilaterali (Fig. 1a Fig. 1b).

L’interessamento cerebrale si manifestava con tuberi corticali in sede sovratentoriale bilateralmente e noduli cerebrali subependimali. Era presente interessamento cardiaco con rabdomiomi intramiocardici; inoltre, interessamento cutaneo con angiofibromi facciali, “shagreen patch” (area cutanea ruvida, variamente rilevata) del volto e macule ipocromiche agli arti inferiori; infine, si riscontrava interessamento oculare con amartoma retinico a carico dell’occhio destro.

A Febbraio del 2011, a seguito di un pregresso episodio di sanguinamento a carico dell’AML del polo superiore del rene destro, è stata sottoposta ad arteriografia selettiva renale destra con embolizzazione superselettiva distale di ognuno dei tre rami afferenti alla lesione in successione. Da allora si sottoponeva regolarmente a follow-up ecografici e con TAC e/o RMN (Fig. 2), che hanno mostrato nel tempo la rivascolarizzazione pressoché completa con incremento dimensionale del noto AML destro sottoposto a trattamento di embolizzazione, nonché un incremento dimensionale delle altre note formazioni amartomatose di ambedue i reni (Fig. 3).

Al momento della nostra valutazione, gli esami bioumorali evidenziavano indici di funzionalità renale nella norma (creatinina sierica: 0,75 mg/dl; eGFR: 116 ml/min/1,73 m2; urea sierica: 32 mg/dl), assente proteinuria patologica; emocromo, assetto lipidico, funzionalità epatica, calcio/fosforo e parametri coagulativi nella norma.

Dato il progressivo incremento dimensionale degli AML renali, il quadro clinico generale e gli adeguati parametri bioumorali, si è preso in considerazione il programma di trattamento con Everolimus. La paziente, dopo una serie di esami strumentali di rivalutazione, ha iniziato terapia con dosi di Everolimus di 10 mg/die e controlli clinici programmati nell’arco dell’anno successivo. Durante tale terapia, ha presentato occasionalmente afte urenti del cavo orale, regredite completamente dopo breve sospensione del farmaco. Dopo circa un anno dall’inizio della terapia con Everolimus, è stata riscontrata una riduzione di volume degli AML renali, stabilità degli indici di funzionalità renale, assenza di proteinuria patologica, miglioramento delle lesioni dermatologiche del volto, stabilità delle dimensioni delle lesioni cerebrali.

 

Caso clinico 2

DV è una signora di razza caucasica di anni 32, è affetta da Sclerosi Tuberosa e linfoangioleiomiomatosi polmonare. Non presenta familiarità. La patologia è stata diagnosticata all’età di otto anni. Nel 2014 è stata eseguita caratterizzazione molecolare con riscontro della mutazione Asp1603Tyr in eterozigosi, nell’esone 36 del gene TSC2. La patologia ha esordito all’età di due mesi con epilessia, per cui da allora assume terapia con carbamazepina. Attualmente la paziente presenta crisi epilettiche 2-3 volte al mese, catameniali o sotto stress, solo in sonno. Nel tempo sono stati diagnosticati anche AML renali, tuberi e noduli subependimali, linfoangioleiomiomatosi polmonare, fibromi facciali associati a chiazze ipocromiche, fibromi ungueali, e rabdomiomi cardiaci.

A Febbraio 2016 per rottura di AML del rene destro si è sottoposta ad intervento di embolizzazione del ramo segmentario superiore dell’arteria renale destra. Gli ultimi esami strumentali mostrano: coinvolgimento renale con numerose formazioni amartomatose di diametro variabile fino al massimo di 5,5 cm a sinistra e 10 cm a destra; coinvolgimento cerebrale con un astrocitoma subependimale e noduli calcifici in prossimità delle teste dei nuclei caudati bilateralmente, in sede sub-tecale occipitale destra e in prossimità del tentorio cerebellare; coinvolgimento polmonare con ispessimento diffuso dell’interstizio (pattern reticolo-nodulare). Agli ultimi esami bioumorali, riscontro di: esame emocromocitometrico nella norma (Hb: 12,8 gr/dl, WBC: 6900/mm3 con neutrofili 4070/mm3 e formula conservata, PLT: 232.000/mm3), INR < 1, profilo epatico nella norma (AST: 21 U/L, ALT: 20 U/L, bilirubina totale: 0,38 mg/dl con normale bilirubina frazionata), funzionalità renale nella norma (sCr: 0,86 mg/dl, eGFR: 90 ml/min/1,73 m2, urea: 39 mg/dl), assetto lipidico soddisfacente (colesterolo totale: 194 mg/dl, trigliceridemia: 60 mg/dl) glicemia a digiuno: 96 mg/dl. Vista la gravità della patologia di base, si è ritenuto opportuno di proporre alla paziente la terapia con Everolimus; la paziente ha firmato il consenso informato ed è in procinto di iniziare il trattamento.

 

Caso clinico 3

LS, una signora di razza caucasica di anni 32, affetta da sclerosi tuberosa multi-organo. Un fratello è affetto da crisi focali epilettiche. Non si è mai sottoposta a studio genetico. La malattia ha esordito all’età di otto anni con crisi epilettiche. Ha iniziato da allora terapia ed è tuttora in trattamento con carbamazepina.

Gli esami strumentali hanno dimostrato un coinvolgimento renale con AML diffusi bilateralmente di varie dimensioni e sovvertimento della normale architettura renale; un coinvolgimento cerebrale con la presenza di tuberi e noduli subependimali bilateralmente. Agli esami bioumorali presenta indici di funzionalità renale nella norma (ultimo valore di eGFR = 102 ml/min/1,73 m2), proteinuria patologica assente. La crasi ematica risulta nella norma, buono l’assetto lipidico ed il profilo epatico, normale glicemia a digiuno; INR<1.

A Gennaio 2015, data la presenza di molteplici formazioni AML bilaterali con alterazione significativa della architettura renale e per prevenire eventuali fenomeni emorragici dei noduli amartomatosi, si è prospettato alla paziente di iniziare il trattamento con Everolimus, ma ella ha soprasseduto temporaneamente alla decisione. Successivamente, la paziente ha intrapreso una gravidanza, regolarmente portata a termine e conclusasi alla 38° settimana gestazionale, con taglio cesareo senza complicanze e nascita di un feto vivo e vitale. Durante la gravidanza si è sottoposta ad esami ecografici di controllo che non hanno mostrato variazioni di volume delle note formazioni AML renali, mentre gli esami bioumorali hanno rivelato un modesto incremento della proteinuria, negativizzatasi poi nel puerperio. Attualmente, la paziente presenta funzionalità renale nella norma. In conseguenza della gravidanza e del puerperio è stato rimandato l’eventuale inizio della terapia con Everolimus.

 

DISCUSSIONE

La diagnosi di ST è clinica e si basa su criteri clinici stabiliti a livello internazionale. La versione attualmente accreditata e completa è quella della Tuberous Sclerosis Association (TSA), modificata da Roach et al del 1998, aggiornata nella seconda conferenza internazionale tenutasi a Washington, DC nel 2012 [8, 9] (Tabella 1).

I criteri sono distinti in maggiori e minori: una diagnosi clinica certa può essere posta in presenza di due criteri maggiori oppure di uno maggiore e due minori; nel caso di un criterio maggiore oppure di due o più minori la diagnosi è sospetta. L’indagine genetica dei geni TSC1 e TSC2 non è indispensabile ed è rivolta ai casi dubbi, alla possibilità di eseguire una diagnosi prenatale o di una diagnosi preclinica. Tra i criteri diagnostici maggiori è incluso l’interessamento renale da AML. Spesso, ma non sempre, gli AML si possono accompagnare ad alcune cisti. Tali cisti non sono specifiche della malattia, sono in genere corticali, anche se possono estendersi alla midollare. Originano dal sovvertimento dell’architettura renale provocato dall’accrescimento degli AML, che restano, pertanto, i protagonisti della patologia [10]. L’AML è un amartoma benigno, non capsulato, costituito da una componente adiposa, una componente muscolare liscia ed una componente vascolare, presenti in modo vario.

La frequenza nella popolazione generale (non affetta da ST) è di circa 1-2% (ma è probabile che sia ancora più alta perché raramente vengono individuati se asintomatici) mentre nei soggetti con ST possono essere presenti nel 50-90% dei casi [5, 11].

L’incidenza degli AML nella ST aumenta con l’età così come anche le dimensioni, che possono essere notevoli nel giovane adulto. Tipicamente sono multipli, bilaterali, spesso corticali, a forma di cuneo con la base all’esterno e possono spingersi all’interno del parenchima o estendersi al grasso perirenale. A volte si complicano con emorragie intraparenchimali o retroperitoneali (sindrome di Wunderlicht) da rottura di vasi ematici per compressione, potendosi accompagnare a dolore acuto addominale e/o al fianco interessato, ematuria, iperpiressia, nausea e/o vomito, ipertensione arteriosa. Il rischio di sanguinamento globale delle lesioni amartomatose renali è del 25-50% [12]. Sebbene i pazienti con ST abbiano un rischio aumentato di riduzione del GFR e la malattia renale cronica stadio III o superiore sia più frequente rispetto alla popolazione generale, la franca evoluzione verso la malattia renale cronica terminale (da sostituzione totale del parenchima renale da parte del tessuto patologico) ha una frequenza globalmente contenuta: in una coorte di 369 pazienti olandesi, si osservava una CKD stadio 5 nel 4,9% dei pazienti dopo un periodo di osservazione di 22 anni [13].

La diagnosi di AML è ecografica. Nei casi dubbi, o per meglio poi definire le dimensioni ed i rapporti con le strutture circostanti, lo studio va approfondito con indagini di secondo livello quali TAC e/o RMN. Le lesioni che ad un monitoraggio ecografico seriale nel tempo permangono piccole, sono solite mantenere questo comportamento. Invece, le lesioni che progressivamente aumentano di volume (sino a divenire > 4 cm), necessitano di valutazioni ecografiche più frequenti, perché il loro potenziale d’accrescimento è maggiore e più rapido, così come maggiore è anche la loro tendenza alla trasformazione cancerosa [14]. Sono state descritte, infatti, (circa 30 casi in letteratura) diverse varietà di neoplasie del rene in soggetti con ST, dal sarcoma (vari istotipi), all’adenocarcinoma e/o oncocitoma. In generale, il rischio di neoplasie renali è aumentato rispetto alla popolazione generale (2,9% in una coorte di 240 pazienti italiani), essendo il carcinoma a cellule renali il tipo più frequente [15].

Recenti studi hanno indagato l’efficacia della sorveglianza attiva degli angiomiolipomi renali [16]. In buona sostanza i pazienti affetti devono osservare un follow-up cadenzato con TAC (variabile dai 6 ai 12 mesi) mirato alla valutazione delle dimensioni delle masse e all’eventuale evoluzione maligna. Qualora gli AML si complichino divenendo così sintomatici oppure ci sia un riscontro di evoluzione maligna alla TAC di controllo, si pone indicazione al trattamento.

In particolare, previa valutazione con arteriografia, è consigliabile l’embolizzazione arteriosa della massa come nel caso della nostra paziente (caso clinico 1). E’ una terapia affidabile con un alto tasso di successo (sino al 96%), sebbene possa non essere sufficiente una sola procedura. L’intervento di microchirurgia, con rimozione della massa e salvataggio del tessuto residuo, costituisce un’opzione di seconda linea in caso di fallimento dell’embolizzazione o in altri casi particolari [14, 17].

Tenuto conto che la patologia è ad estrinsecazione clinica variabile, che spesso nei casi gravi è pluri-organo, Everolimus, un inibitore selettivo dell’mTOR (mammalian target of rapamycin), potente inibitore della crescita e della proliferazione cellulare, sembrerebbe costituire una valida opzione terapeutica in casi selezionati. Si è dimostrato utile, infatti, nel caso clinico n° 1, non solo nella riduzione dimensionale degli angiomiolipomi renali, ma anche nella regressione delle lesioni cutanee di cui l’adolescente sembrava più preoccuparsi per l’impatto sociale.

D’altro canto studi randomizzati controllati, come gli studi EXIST-1 ed EXIST-2, hanno infatti confermato che il farmaco è efficace nel ridurre la velocità di accrescimento degli AML renali, con una percentuale di risposta del 53,3% e 42% nei pazienti trattati e arruolati nei due studi [18, 19]. Inoltre, sembra che tale farmaco possa invertire le manifestazioni multisistemiche di ST dimostrandosi efficace anche nel controllo degli astrocitomi a cellule giganti subependimali (SEGA) [20]. Gli eventi avversi più comuni del trattamento con everolimus (> del 30% di incidenza), sono stati stomatiti e ulcerazioni del cavo orale. L’incidenza di eventi avversi è stato dimostrato diminuire nel corso del tempo [21]. Lo studio EMINENTS da un lato ha confermato l’efficacia nel controllo del volume dei SEGAs, dall’altro ha già dimostrato come la riduzione della dose rispetto a quella standard, dopo circa un anno di terapia, riduca l’incidenza degli eventi avversi [22].

Di particolare rilevanza è il caso clinico 3, con una gravidanza portata regolarmente a termine e senza complicanze del feto e, soprattutto, il non evidente impatto della gravidanza sulle dimensioni degli AML di cui era affetta la paziente. E’ stato, infatti, suggerito un atteggiamento cautelativo nell’esposizione agli estrogeni, naturale o iatrogena, delle pazienti affette, per la possibilità di un effetto negativo sulla crescita degli AML [1].

 

Conclusioni

In conclusione, gli ultrasuoni rappresentano un’indagine di primo livello sufficientemente sensibile per porre la diagnosi di AML multipli associati a ST e anche per il monitoraggio periodico degli AML. Sono tuttavia necessarie indagini di secondo livello (TAC e/o RMN) per una più precisa definizione morfologica delle lesioni, del loro grado di vascolarizzazione e per valutare meglio le variazioni dimensionali. Per quanto riguarda il trattamento della ST, l’impiego di everolimus potrebbe costituire un’alternativa terapeutica valida alla terapia chirurgica (per quanto mini invasiva e/o endoscopica) nel controllo del volume delle masse amartomatose renali. Tuttavia, vista la non assenza di effetti collaterali di questa terapia, sarebbe opportuno definire bene quale tipologia di pazienti può beneficiare di questo trattamento, finalizzato a migliorare le prospettive e la qualità di vita degli stessi.

 

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