Marzo Aprile 2024 - Articoli originali

Network di dialisi peritoneale del Triveneto: survey sulla cura dell’exit-site infetto del catetere peritoneale e confronto con le linee guida ISPD

Abstract

Introduzione. Il Network di Dialisi Peritoneale (PD) del Triveneto ha lo scopo di riunire medici e infermieri che si occupano di PD in una rete collaborativa in cui scambiare le reciproche conoscenze ed ottimizzare l’impiego di questa metodica sostitutiva della funzione renale. Un argomento di particolare interesse è risultato essere la gestione dell’exit-site del catetere peritoneale infetto, data la recente pubblicazione delle nuove linee guida della Società Internazionale di Dialisi Peritoneale (ISPD).
Materiali e metodi. La survey riguardava i criteri di esecuzione del tampone nasale e dell’exit-site, la gestione del tessuto di granulazione esuberante “Proud Flesh”, la terapia dell’infezione dell’exit-site (ESI), l’uso di medicazione all’argento, il ruolo dell’ecografia del tunnel sottocutaneo e del cuff shaving.
Risultati. Tutti i centri PD del Triveneto hanno aderito alla survey con almeno un operatore per centro. È risultata un’ampia variabilità tra le indicazioni ad eseguire il tampone dell’exit-site. In presenza di ESI, l’approccio prevalente è quello di una terapia empirica sistemica orale associata (20,0%) o meno (28,9%) a terapia topica, per poi adeguarla in modo mirato all’esame colturale.
Discussione. Dalla discussione della survey è emersa l’importanza dell’ESI come indicatore di esito, che ci permette di verificare se la nostra pratica clinica sia in linea con gli standard di riferimento. È fondamentale conoscere e basare la nostra attività su quanto indicato nelle linee guida nazionali e internazionali e documentare gli eventi che si verificano nella popolazione di pazienti di ogni centro dialisi.

Parole chiave: Dialisi peritoneale, cura dell’exit-site, infezioni correlate al catetere peritoneale, survey

Introduzione

La dialisi peritoneale (PD) è un importante trattamento dialitico domiciliare cui opta quasi un paziente su cinque fra gli afferenti agli ambulatori specialistici nefrologici [1]. Per i pazienti in PD le infezioni correlate al catetere peritoneale (CP) sono tra i principali fattori di rischio di peritoniti, perdita del CP, drop-out dalla metodica. Queste comprendono l’infezione dell’exit-site (ESI) e del tunnel del CP [2].

Il “Network di Dialisi Peritoneale del Triveneto” ha lo scopo di riunire medici e infermieri che si occupano di PD nel Triveneto per la costruzione di una rete collaborativa all’interno della quale sia possibile diffondere la conoscenza e ottimizzare l’impiego di questa metodica sostitutiva della funzione renale. In questi incontri si parte dall’analisi delle evidenze per quindi verificarne l’attuazione nella real life e confrontarle con l’esperienza e i risultati derivanti dalla pratica clinica dei centri dialisi del Triveneto.

Un argomento di particolare interesse è risultato essere la gestione dell’exit-site infetto del CP, soprattutto in considerazione della recente pubblicazione delle nuove linee guida della Società Internazionale di Dialisi Peritoneale (ISPD) [3].

Con lo scopo di esaminare le pratiche cliniche più comuni adottate presso i Centri di PD del Triveneto è stata progettata un’indagine conoscitiva incentrata sulla modalità di medicazione dell’ESI. I diversi approcci a tale aspetto della gestione del CP sono stati confrontati con le linee guida ISPD e con la letteratura disponibile anche al fine di giungere alla condivisione di un protocollo nel contesto del territorio del Triveneto [4, 5].

 

Metodi

Partecipanti

Dal 4 settembre 2023 al 26 settembre 2023, i centri di PD afferenti alle Unità Operative Complesse di Nefrologia delle regioni italiane del Triveneto (Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia) sono stati invitati a compilare una survey online riguardo la medicazione dell’exit-site malato tramite un link di Google. Il link è stato inviato il 4 settembre 2023 per mail a un medico ed un infermiere referenti per ogni centro di PD, secondo le indicazioni dei rispettivi Direttori delle Unità Operative Complesse di Nefrologia.

Disegno della survey

È stato progettato un questionario a scelta multipla ed è stato testato in un gruppo pilota di medici e infermieri, prima di essere distribuito a tutti i partecipanti. Il questionario era composto da due parti: una prima parte che esplorava le caratteristiche dei compilatori coinvolti, una seconda che approfondiva i concetti della pratica clinica. In particolare questa seconda parte esaminava:

  • criteri di esecuzione del tampone nasale e dell’exit-site (ES)
  • gestione del tessuto di granulazione esuberante “Proud Flesh”
  • terapia dell’ESI
  • uso di medicazione all’argento
  • ruolo dell’ecografia del tunnel sottocutaneo
  • cuff shaving

La deadline per la compilazione del questionario online è stata posta al 26 settembre 2023. I risultati del sondaggio sono stati presentati al terzo Network di PD del Triveneto il 26 ottobre 2023 da un gruppo di quattro medici e quattro infermieri incaricati di analizzare le risposte alla luce della letteratura.

Considerazioni etiche

Questo lavoro è stato svolto all’interno del programma di Network di PD del Triveneto. Non è stata effettuata alcuna raccolta di dati individuali e identificabili dei pazienti. Gli operatori sanitari coinvolti hanno dato risposta volontaria alla survey senza alcun compenso. Gli esiti sono presentati in forma aggregata senza identificabilità del singolo centro ed operatore.

Analisi statistica

L’analisi dei dati è stata ottenuta ricorrendo allo strumento on-line Google Modules.

 

Risultati

Platea di aderenti alla survey

La survey era rivolta ad un totale di 58 operatori, in particolare un medico ed un infermiere dei 29 centri di PD del Triveneto. I centri coinvolti erano 21 in Veneto, 2 in Trentino-Alto Adige, 6 in Friuli-Venezia Giulia.

Hanno aderito alla survey il 100,0% dei centri con la risposta di almeno un operatore, il 77,6% con la partecipazione di entrambi gli operatori invitati, per un totale di 45 operatori. Il 48,9% degli operatori aveva più di 10 anni di esperienza in PD, il 26,7% tra i 5 e i 10 anni e il 24,4% meno di 5 anni.

Al momento della survey, l’84,4% degli operatori era a conoscenza della pubblicazione in maggio delle nuove linee guida “ISPD Catheter-related Infection Raccomandations: 2023 Update” [3], ma solo il 33,3% aveva avuto modo di leggerle. A questi ultimi è stato chiesto se ritenessero che dalle nuove linee guida avrebbero tratto dei risvolti utili rispetto alla loro attuale pratica clinica. In una scala da 1 a 5, dove 1 significava nessun risvolto e 5 un risvolto molto significativo, il 60% ha indicato una risposta intermedia con valore di 3, il 20% valore di 4, il 13,3% valore di 5 (media 3,4±0,8).

Criteri di esecuzione del tampone nasale e dell’ES

Riguardo al tampone nasale, i pareri degli operatori si sono divisi in modo sostanzialmente paritario fra chi attuava tale procedura e chi non ne contemplava l’utilizzo, rispettivamente il 51,1% ed il 48,9%. Nel gruppo che ne prevedeva l’esecuzione, tuttavia, sono emerse tempistiche eterogenee nella programmazione del follow-up: il 43,5% eseguiva un tampone ogni 12 mesi, il 21,7% ogni 6, il 17,4% ogni 3, la quota restante ogni 4 o 2 mesi. Inoltre, quando il tampone nasale risultava positivo per Stafilococco Aureo, solo il 56,5% dei centri poneva l’ES in profilassi con mupirocina.

Agli operatori è stato poi chiesto di indicare tutte le possibili motivazioni per l’esecuzione di un tampone dell’ES presso il proprio centro, con possibilità di scegliere più risposte fra le opzioni suggerite. Il 62,2% degli intervistati ha individuato come criterio la presenza di un ES con score ISPD positivo (≥4 punti o presenza di secrezione purulenta). È stato però documentato anche un ampio margine di discrezionalità, infatti delle 77 risposte fornite il 51,2% è ricaduto su un’indicazione non standardizzata frutto della decisione del medico o dell’infermiere (Figura 1). In linea con tale posizione, il 20% degli operatori eseguiva tamponi dell’ES anche in assenza di segni di infezione in pazienti con storia di frequenti ESI e l’11,1% se presente leakage durante la fase di break-in.

Indicazioni all’esecuzione del tampone dell’exit-site
Figura 1. Indicazioni all’esecuzione del tampone dell’exit-site.

Gestione del tessuto di granulazione esuberante “Proud Flesh”

In merito alla gestione del tessuto di granulazione presente sull’ES, gli operatori hanno potuto scegliere più risposte fra quelle a disposizione. L’approccio prevalente è stato l’esecuzione di un tampone dell’ES con avvio di antibioticoterapia empirica solo se presente uno score ISPD positivo (≥4 punti o presenza di secrezione purulenta) (40,0%). La cauterizzazione con nitrato d’argento ha trovato posto sia come trattamento di prima linea (28,9%) che come seconda linea dopo fallimento di antibioticoterapia (11,1%). Poco meno di un terzo degli operatori intensificava le medicazioni dell’ES e/o applicava medicazioni speciali (es. argento, alginato di calcio ecc.) (Figura 2).

Figura 2. Gestione del granuloma dell’exit-site.
Figura 2. Gestione del granuloma dell’exit-site.

 

Terapia dell’ESI

Gli operatori sono stati invitati a esprimersi sull’approccio preponderante nel proprio centro rispetto all’avvio di terapia empirica dell’ESI, nonché sulla successiva eventuale variazione del programma terapeutico iniziale alla luce del microrganismo isolato e dell’antibiogramma. Particolare attenzione è stata rivolta alle ESI sostenute da Stafilococco Aureo Meticillino Sensibile (MSSA), Stafilococco Aureo Meticillino Resistente (MRSA) e Pseudomonas Aeruginosa (PA). È stato altresì chiesto quale fosse il comportamento preponderante in caso di infezione della cuffia profonda.

Dall’analisi delle risposte si evince che, per quanto attiene l’avvio di terapia empirica in attesa dell’esito del tampone, l’approccio prevalente è quello di una terapia sistemica orale (os) associata (20,0%) o meno (28,9%) a terapia topica (pomata). Altrettanto rilevante è la quota di operatori che ricorrono esclusivamente a terapia topica (37,8%). Infine, l’8,9% degli operatori avvia contemporaneamente terapia topica e sistemica endovenosa con vancomicina (Figura 3). Nell’approccio terapeutico per os penicilline e chinolonici sono utilizzati rispettivamente nel 33,3% e 24,4% dei casi; per la terapia topica invece vi è largo uso di gentamicina (44,4%) e mupirocina (15,6%).

Nei casi di positività del tampone per Stafilococchi Coagulasi Negativi la quasi totalità degli operatori (82,2%) non apporta nessuna variazione allo schema terapeutico inizialmente proposto, sia esso per os (53,3%) che esclusivamente topico (28,9%). Da segnalare come l’11,1% degli operatori modifichi il proprio programma iniziale proseguendo il trattamento con sola terapia topica, mentre un 6,7% sospenda qualsiasi antibiotico terapia preferendo esclusivamente intensificare le medicazioni.

Anche in presenza di tampone positivo per MSSA l’approccio preponderante degli operatori (93,3%) è quello di proseguire senza variazioni della terapia antibiotica empirica, sia essa topica o sistemica (rispettivamente 31,1 e 62,2%). Infine, alcuni operatori proseguono sospendendo l’antibiotico (topico e/o sistemico) ed intensificando le medicazioni (2,2%).

In caso di tampone positivo per MRSA, dall’analisi delle risposte emerge come la quasi totalità degli operatori viri verso un antibiotico terapia sistemica e mirata (93,4%).

In presenza di tampone positivo per PA, l’86,6% dei partecipanti alla survey riferisce di adottare terapia sistemica e mirata. Rilevante è l’11,1% di operatori che riporta di proseguire con l’approccio topico iniziale modificando la molecola utilizzata in base alle indicazioni fornite dall’antibiogramma. Interpellati esclusivamente coloro che ricorrevano a terapia sistemica, il 34,2% degli operatori ha indicato di associare due antibiotici già in prima linea, il 50% degli operatori di optare per l’associazione di due antibiotici solo come seconda linea in caso di fallimento terapeutico, mentre solo il 15,8% ammetteva di non associare due antibiotici.

Per quel che riguarda i casi di ESI in cui c’è interessamento della cuffia profonda del catetere peritoneale, il 55,6% degli operatori ritiene necessario procedere con la rimozione del catetere peritoneale, il 22,2% degli operatori avvia terapia antibiotica empirica per ESI, il restante 22,2% avvia terapia antibiotica empirica delle peritoniti (Figura 4).

La valutazione è stata ulteriormente approfondita chiedendo infine agli operatori se la conta dei globuli bianchi (GB) su liquido peritoneale abbia un ruolo nella pratica clinica del loro centro in relazione all’ESI. L’analisi delle risposte ha mostrato che il 55,6% degli operatori eseguono la conta dei GB. Nello specifico l’8,9% esegue la conta GB in ogni caso di ESI, il 6,7% degli operatori esegue la conta GB se presente tunnellite, il 40,0% se presente anche solo il sospetto di un coinvolgimento del tratto profondo del tunnel del catetere peritoneale o della cuffia interna (Figura 5).

Figura 3. Terapia empirica in attesa di esito del tampone.
Figura 3. Terapia empirica in attesa di esito del tampone.
Approccio ai casi di infezione che coinvolge la cuffia profonda
Figura 4. Approccio ai casi di infezione che coinvolge la cuffia profonda.
Il ruolo della conta dei globuli bianchi in corso di patologia infettiva dell’exit-site
Figura 5. Il ruolo della conta dei globuli bianchi in corso di patologia infettiva dell’exit-site.

Uso di medicazioni all’argento

Argomento questo delle medicazioni avanzate che rispecchia la mancanza di uniformità nella gestione dell’ESI e che ha visto, nella specifica domanda proposta nella survey, una divisione in maniera netta fra chi da un lato utilizza questo tipo di medicazioni nell’ES “sospetto”, ma con score ISPD negativo (≤4 punti), e dall’altro chi, invece, non lo utilizza nella propria pratica clinica non considerandolo adeguato (48,9% e 44,4% rispettivamente). Anche qui emerge una piccola fetta di operatori “discrezionali” guidati dalla storia di precedenti ESI (6,7%).

Ruolo dell’ecografia del tunnel sottocutaneo

La prima delle domande poste alla platea di intervistati ha esplorato l’utilizzo dello strumento ecografico nella routine clinica. Solo 23 operatori (51,1%) hanno riferito di avvalersi dell’ultrasonografia nello studio del tunnel; per la maggior parte di costoro l’applicazione di tale metodica trova spazio in presenza di ESI (40%), la restante parte valuta il tunnel anche in assenza di franchi segni di ESI (11,1%). Questi 23 operatori hanno inoltre segnalato di farsi guidare dall’esito dell’ecografia nella scelta della via di somministrazione dell’antibiotico. Infatti, il 78,3% opta per sola terapia topica con ecografica negativa e terapia sistemica per os con ecografia patologica, mentre un altro 17,4% attua un protocollo antibiotico da peritonite se presente un eco del tunnel positivo.

Cuff shaving

È stato chiesto agli operatori se utilizzassero nella loro pratica clinica il cuff shaving come tecnica mininvasiva chirurgica e valida opzione terapeutica in casi di infezione dell’emergenza cutanea e del tunnel non responsiva alla terapia medica. Il 71,1% degli intervistati ha risposto di utilizzare questa tecnica, mentre il 13,3% ha manifestato indisponibilità nell’uso di questa metodica per mancanza di operatori addestrati all’esecuzione. Il 15,6% circa degli intervistati, infine, ha riferito di non utilizzarla per scelta clinica.

 

Discussione

Il “Network di Dialisi Peritoneale del Triveneto” punta ad essere una rete collaborativa all’interno della quale sia possibile un processo di analisi della letteratura e dell’esperienza clinica per costruire e condividere dei protocolli Evidence-Based tra tutti i centri coinvolti.

Platea di aderenti alla survey

Le ESI si confermano essere un importante fattore di rischio per peritoniti e perdita del CP e questo ha comportato l’interesse sia medico che infermieristico per questo argomento. Infatti, alla survey dedicata hanno partecipato tutti i centri di PD del Triveneto con almeno un operatore per centro. È stata inoltre l’occasione di diffondere e approfondire le linee guida “ISPD Catheter-related Infection Recommendations: 2023 Update” [3] di recente pubblicate. La variabilità delle situazioni cliniche in questo campo comporta che la qualità delle evidenze e il grado delle raccomandazioni non siano elevate e questo ha indotto la maggior parte dei partecipanti alla survey a ritenere utile una discussione che portasse a implementare nella propria pratica clinica le nuove indicazioni.

Criteri di esecuzione del tampone nasale e dell’ES

È emersa un’ampia variabilità di opinioni in merito al tampone nasale sia per quanto riguarda l’esecuzione, il timing dei controlli che per le conseguenze terapeutiche in caso di positività per Stafilococco Aureo. Si è potuto dedurre infatti che solo un quarto degli intervistati ritenga utile una profilassi topica dell’ES in caso di positività del tampone nasale. Questo atteggiamento coincide con quanto emerge dalle nuove linee guida dell’ISPD in cui si raccomanda ancora la profilassi antibiotica con mupirocina, ma la forza della raccomandazione si è ridotta da 1B a 1C rispetto alla precedente edizione delle stesse linee guida emesse nel 2017 [4], questo a causa dell’alta variabilità di approcci descritti anche in letteratura e la mancanza di confronto diretto tra l’uso di mupirocina a livello nasale e dell’ES.

A seguito dell’ampia discrezionalità documentata anche in merito all’esecuzione del tampone dell’ES, in fase di discussione è emersa l’importanza di basarsi su robusti criteri diagnostici che facciano sospettare la presenza di infezione e permettano di minimizzare false positività che possano indurre trattamenti inappropriati. La linea guida dell’ISPD 2023 precisa infatti che, per definire un quadro di infezione del sito di uscita del CP, sia necessaria la presenza di secrezione purulenta, con o senza segni come eritema, gonfiore, dolore, indurimento, crosta. L’esecuzione di un tampone in assenza di secrezione purulenta potrebbe portare alla collezione di batteri cutanei commensali, come ad esempio Stafiloccocchi Coagulasi Negativi [6], oppure all’errata valutazione di un ES semplicemente “colonizzato” e clinicamente normale.

Appare di dubbia utilità l’esecuzione di tamponi di controllo seriati [7]. Come riportato anche nella recente linea guida ISPD, è invece prognosticamente rilevante il riscontro di ESI “ripetute”, definite come 2 o più ESI con lo stesso organismo entro 12 mesi da una precedente risposta alla terapia antibiotica [8], poiché in grado di identificare una colonizzazione persistente dell’ES associata a livelli più elevati di rischio di peritonite e trasferimento in emodialisi.

Gestione del tessuto di granulazione esuberante “Proud Flesh”

È esigua la letteratura in merito a questa problematica di frequente riscontro. Una descrizione più precisa di questo reperto ci è fornita da Twardowski a metà degli anni Novanta [9]. L’Autore identifica due categorie di guarigione dell’exit-site: una guarigione rapida (o buona) ed una guarigione lenta (o scarsa). In particolare, sottolinea come negli ES a guarigione lenta il tessuto di granulazione del sinus diventi chiazzato, rosso o francamente esuberante con secrezioni sierose che possono evolvere in torbide, di color giallo o francamente purulento. Un ES di tale tipo richiede spesso l’uso di antibiotici sistemici e cambi di medicazione più frequenti (a giorni alterni o anche giornalieri). Sempre secondo l’Autore in quasi tutti i casi, l’infiammazione è causata da un’infezione, indipendentemente dai risultati della coltura. La risposta infiammatoria al catetere stesso o agli irritanti locali è rara.

I dati emersi dalla survey documentano come più di un terzo dei partecipanti riconosca nel trigger infettivo la causa da trattare. Importante è anche il ruolo attribuito al nitrato d’argento, a tal proposito durante la presentazione degli esiti della survey ci si è soffermati sul metodo adottato da Twardowski caratterizzato da estrema precisione nelle toccature [9]. Le linee guida internazionali non affrontano questo aspetto della gestione dell’ES.

Terapia dell’ESI

In letteratura sono numerosi i protocolli di medicazione dell’ES sano descritti con lo scopo di ridurre il rischio infettivo, comprendenti l’applicazione locale di diversi tipi di antisettici o antibiotici, la copertura o meno dell’ES. Gli autori suggeriscono in particolare che ogni centro di PD dovrebbe monitorare gli eventi infettivi ed adattare i protocolli di medicazione al contesto locale. È fondamentale anche che ad addestrare i pazienti seguendo specifici protocolli siano infermieri esperti in PD [10].

Le nuove linee guida ISPD, in continuità con le precedenti del 2017, non riportano la superiorità di un agente detergente rispetto agli altri, ma modificano invece da 1A a 1C il grado di raccomandazione riguardo l’applicazione quotidiana topica di crema antibiotica. Viene inoltre definito come 0,4 episodi per anno il limite del tasso complessivo di infezione del sito di uscita del CP da rispettare per garantire dei buoni outcome.

In riferimento alla terapia antibiotica empirica, i risultati della survey appaiono sostanzialmente in linea con le raccomandazioni ISPD sia in termini di somministrazione orale che di scelta della molecola antibiotica. L’ampio uso di sola terapia topica in empirico è un dato congruente con quanto emerso dall’analisi delle indicazioni al tampone dell’ES. L’ampia discrezionalità diagnostica come conseguenza impone un tentativo di terapia “sub-ottimale” nei casi dubbi. Quest’ipotesi viene rafforzata dal comportamento emerso in presenza di Stafiloccocchi Coagulasi Negativi, infatti con isolati non francamente patogeni è stato palesato ampio ricorso a sola terapia topica, globalmente il 40,0%, finanche alla sospensione della terapia antibiotica con esclusiva intensificazione delle medicazioni (6,7%). Per ciò che concerne tanto la quota di operatori che optano da subito per terapia endovenosa con vancomicina, quanto l’esteso uso di chinolonici, i dati potrebbero trovare spiegazione nella casistica storica dei singoli centri. Infatti, anche in questo caso, la letteratura suggerisce una revisione dei propri protocolli alla luce dell’epidemiologia storica di infezioni da MRSA o PA.

In merito alla gestione dell’ESI da MSSA, MRSA e PA la platea di intervistati è apparsa concorde nel comportamento da adottare. Particolarmente interessanti sono state le risposte ottenute in merito alle ESI causate di Pseudomonas Aeruginosa; infatti benché si fosse pienamente concordi nell’attuare il suggerimento delle ISPD di trattare con antibiotico mirato per almeno 3 settimane [11 – 13], meno netta è stata la posizione in merito al ricorso a duplice terapia antibiotica fin dal primo isolamento del germe (34,2%) o solo come seconda linea in caso di fallimento terapeutico (50,0%). Le indicazioni della linea guida a riguardo appaiono stringate e trovano analogia con la gestione dei casi di ESI da Stafilococco Aureo “a lenta” risoluzione dove viene proposta l’aggiunta di rifampicina orale. Tale raccomandazione è per lo più estrapolata dall’esperienza nel trattamento della peritonite [14] e dalle linee guida terapeutiche per il trattamento della batteriemia da Stafilococco Aureo associata a materiale protesico infetto [15]. A completamento va riportato il dato, altrettanto rilevante, di addetti che, in caso di fallimento della prima linea di terapia, non avviano alcuna modifica farmacologica (15,8%) optando, plausibilmente, per la rimozione del catetere infetto.

In ultimo si è esplorato il comportamento in merito alle ESI con sospetto o documentato coinvolgimento della cuffia profonda. Dalle domande effettuate è emersa una quota considerevole di operatori (40,0%) che attribuisce un ruolo alla conta dei globuli bianchi su liquido peritoneale quale discriminante e come, in presenza di tale quadro clinico, più della metà (55,6%) ritenga necessario procedere direttamente con la rimozione del catetere peritoneale.

Uso di medicazioni all’argento

Rispetto alla convinzione unanime che la corretta cura dell’ES rappresenti lo step fondamentale per la prevenzione delle ESI [16], ad oggi non esiste ancora uniformità sulle strategie del trattamento dell’exit-site infetto. Sono, ad esempio, numerose le tipologie di medicazioni avanzate che mirano alla stabilizzazione dell’ES attraverso una disinfezione continua che possa ridurre il rischio di infezioni [17]. Come emerso anche dai risultati della survey, le medicazioni a rilascio prolungato di ioni d’argento si sono sicuramente ritagliate una nicchia nel panorama della pratica clinica collocandosi quali medicazioni dei casi “sospetti” e con score ISPD negativo (≤4 punti).

Ruolo dell’ecografia del tunnel sottocutaneo

Benché l’ecografia non sia ancora stata collocata nelle flow-chart operative delle linee guida ISPD 2023, viene attribuito a questo strumento un ruolo di supporto e di conferma. I dati della survey muovono in tale direzione e mettono in evidenza una buona diffusione dell’ecografia in ambito nefrologico. Esistono già in letteratura indicazioni in merito all’utilizzo più opportuno dell’ecografia nelle ESI ed all’interpretazione dei reperti rilevati [18, 19]. La survey, che interpellava sia medici che infermieri con competenze in dialisi peritoneale, palesa come vi sia ancora ampio margine per utilizzare ed apprezzare tale strumento diagnostico.

Cuff shaving

Le nuove linee guida ISPD del 2023 suggeriscono che il cuff shaving venga considerato in pazienti in dialisi peritoneale con estrusione della cuffia esterna ed infezione dell’exit-site refrattaria alla terapia antibiotica (2C). Nella gestione delle criticità dell’emergenza cutanea, il cuff shaving, inteso come “rescue procedure”, permette di mantenere in sede il catetere peritoneale con una percentuale di successo fra il 70% ed il 100%. Considerata la facile esecuzione ed il ridotto traumatismo per il paziente, la pratica è da prendere sempre in considerazione negli episodi di infezione dell’emergenza/tunnel non responsivi alla terapia medica, prima di procedere alla rimozione del catetere peritoneale [20 – 22]. Le risposte alla survey confortano poiché la maggior parte dei colleghi (84,4%) crede nell’utilizzo nella pratica clinica.

Certamente la procedura del cuff shaving richiede alcuni accorgimenti che riguardano il fatto di dover valutare rischi e benefici della metodica stessa che, per quanto mini-invasiva, richiede comunque un campo sterile ed una mano attenta dato che la rasatura della cuffia potrebbe causare dissezione e danni importanti al catetere peritoneale [23].

 

Limitazioni

I dati emersi sono nati dalla pratica clinica per cui non è possibile estrapolare indicazioni robuste o linee guida specifiche.

 

Conclusioni

Dalla discussione finale della survey, è emersa l’importanza dell’ESI come indicatore di esito clinico che ci permette di verificare se la nostra pratica sia in linea con gli standard di riferimento. È quindi fondamentale conoscere e basare la nostra attività su quanto indicato nelle linee guida nazionali e internazionali.

Ogni centro di dialisi peritoneale dovrebbe registrare gli episodi di ESI in modo da ricavarne l’incidenza, che per quanto riguarda gli ESI non deve essere superiore a 0,4 episodi/anno, ed attuare le necessarie verifiche. L’esperienza e la formazione del personale dedicato alla gestione del paziente in dialisi peritoneale sono state ritenute fondamentali per garantire tale risultato.

Una rivalutazione a distanza delle esperienze dei centri dialisi potrà dimostrare se la survey, quale momento di confronto e discussione, ha contribuito a migliorare la pratica clinica e mantenere adeguati gli standard di cura. Infine, sono emerse numerose aree in cui sarebbero necessari studi dedicati, sia di tipo interventistico che di registro.

 

Network di Dialisi Peritoneale del Triveneto: contributori alla Survey

Giorgio Laudadio, Donatella Lenzi (Bassano del Grappa), Roberta Da Canal (Belluno), Letizia Angelo, Anna Maria Ranzato (Camposampiero), Marta Guizzo, Marina Cappellari (Castelfranco Veneto), Vincenzo Lidestri, (Chioggia), Morena Giozzet, (Feltre), Alessandra Trubian, Lorella Palma (Legnago), Salvatore Tata, Arianna Favaretto (Mestre), Mattia Parolin (Padova Pediatria),  Anna Basso (Padova Università), Gianantonio Zanchettin, Doris Gottardi (Pieve di Soligo), Cinzia Lazzarin (Piove di Sacco), Antonina Ambrogio (Rovigo), Vincenzo Cosentini, Sabina Rognini (San Bonifacio), Cristina Bonesso, Daniela Bettega (San Donà di Piave), Antonino Previti, Giada Pasin (Santorso), Serena Beltrame (Schiavonia), Marta Tenan (Treviso), Beatrice Bianco, Giorgia Stefanelli (Verona Università), Sabrina Milan Manani, Luciana Nogara (Vicenza), Alex Cosaro (Villafranca), Maria Luisa Bonincontro, Cinzia Gilli (Bolzano), Laura Olivi (Trento), Paola Sciortino (Gorizia), Romina Visintini (Palmanova), Alessandro Ciavatti (Pordenone), Antonina Lo Cicero, Mery Zuccollo (San Daniele del Friuli), Sabina Leonardi (Trieste), Stefania Sabatino, Barbara Savio (Udine).

 

Bibliografia

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