Abstract
La malattia del rene policistico autosomico dominante (ADPKD) è una patologia renale ereditaria e rappresenta il 10% delle cause di insufficienza renale terminale. Fino ad alcuni anni fa non erano disponibili terapie specifiche e il trattamento si avvaleva soltanto di misure preventive, utili a rallentare lo sviluppo dell’uremia. Nel 2012 è stato pubblicato lo studio TEMPO 3:4 che ha portato all’approvazione del tolvaptan per “rallentare la progressione dell’insufficienza renale nei pazienti adulti affetti da ADPKD, con insufficienza renale cronica stadio 1-3 ed evidenza di malattia rapidamente progressiva”.
In Italia il tolvaptan è prescrivibile dal 2016 e rimborsabile dal 2017. Ad aprile 2020 la rimborsabilità è stata estesa anche all’ insufficienza renale cronica stadio 4 iniziale (GFR >25 ml/min), in accordo con le raccomandazioni europee.
L’introduzione del farmaco ha reso necessaria una riorganizzazione degli ambulatori nefrologici, essendo diventato fondamentale garantire un ambulatorio dedicato ai pazienti affetti da ADPKD nel quale poter identificare i pazienti eleggibili al farmaco e monitorarli frequentemente, come raccomandato.
In questo elaborato presentiamo la nostra esperienza con il tolvaptan degli ultimi tre anni, ponendo attenzione non solo al profilo di sicurezza e tollerabilità del farmaco, ma anche all’impatto che la terapia ha avuto sulla riorganizzazione dell’attività assistenziale.
L’impiego della telemedicina potrebbe essere utile, da un lato a ridurre i costi dell’assistenza, dall’altro a diminuire la percezione di malattia nei pazienti in stadio iniziale di CKD.
Parole chiave: ADPKD, tolvaptan, telemedicina, costi dell’assistenza