Abstract
Lo sviluppo di danno renale acuto (AKI) è associato ad un importante incremento della morbilità e della mortalità nei pazienti gravemente ustionati e si presenta come complicanza in più del 25% dei casi di ustione. La comparsa di AKI può essere precoce o tardiva. Nel primo caso dipende principalmente dal ridotto output cardiaco conseguente alla perdita di fluidi, dalla rabdomiolisi o dall’emolisi. Lo sviluppo più tardivo di AKI, invece, è solitamente conseguenza dello stato settico, ed è spesso associato a insufficienza multiorgano (MOF).
Il primo segno di sviluppo di AKI è rappresentato dalla contrazione della diuresi nonostante un adeguato riempimento volemico; a questo segue il rialzo di urea e creatinina sierica. Il principale trattamento del paziente ustionato è la fluidoterapia: nelle prime ore successive alla lesione ha lo scopo di evitare lo shock ipovolemico e la possibile insufficienza multiorgano correlata, mentre più tardivamente, insieme alla terapia antibiotica, si configura come il trattamento cardine dell’eventuale stato settico. Occorre inoltre particolare attenzione nella scelta dei farmaci da utilizzare, per non sovrapporre al danno da ustione anche un eventuale danno nefrotossico. Il trattamento dialitico sostitutivo è utilizzato sia per la gestione del bilancio idrico in pazienti che richiedono massive infusioni di liquidi, sia a scopo depurativo per il controllo del quadro metabolico, dell’equilibrio acido-base e delle alterazioni elettrolitiche.
La nostra équipe collabora da oltre venticinque anni alla gestione dei pazienti grandi ustionati ricoverati presso il Centro Grandi Ustionati dell’Ospedale Bufalini di Cesena.
Parole chiave: danno renale acuto, ustione, sepsi, terapia renale sostitutiva continua