Novembre Dicembre 2018 - Nefrologo in corsia

Il trattamento emodialitico come causa scatenante di porpora crioglobulinemica: un case report

Abstract

Descriviamo il caso clinico di una paziente che sviluppava una sindrome crioglobulinemica mista (MCS) in seguito all’esecuzione di trattamento emodialitico con temperatura del bagno di dialisi al di sotto dei 36 C° nonostante la negativizzazione del genoma virale HCV conseguente a terapia eradicante.

Parole chiave: case report, crioglobulinemia, sindrome crioglobulinemica mista, temperatura bagno di dialisi

INTRODUZIONE

Con il termine di Crioglobulinemia ci si riferisce alla presenza di immuglobuline sieriche la cui caratteristica peculiare è quella di precipitare a temperature inferiori a 37°C e dissolversi a temperature più elevate.

La classificazione maggiormente utilizzata è quella elaborata nel 1974 da Brouet, basata sull’analisi immunologica delle crioglobuline (CG) che consente di stabilire la clonalità dell’immunoglobulina responsabile del quadro patologico (1).

Sulla base di tale classificazione, si individuano tre tipi di crioglobulinemie (Tabella 1)

  • tipo I, monoclonale e generalmente associata a patologie ematologiche. Frequentemente asintomatica anche se talvolta può associarsi a iperviscosità sierica.
  • tipo II e tipo III, definite miste per la policlonalità degli anticorpi rinvenuti e generalmente secondarie a patologie infettive e autoimmuni (2).

Sebbene la classificazione di Brouet sia la più utilizzata, non tiene conto di quelle CG che possiedono caratteristiche atipiche, come componenti oligoclonali di IgM con o senza tracce di Ig di tipo policlonale, spesso indicate come tipo II-III (3).

Nelle forme sistemiche di crioglobulinemia il coinvolgimento vascolare interessa i vasi di piccolo e medio calibro con danno complemento mediato favorito dalla deposizione di immunocomplessi in sede endoteliale.L’interessamento multi organo configura la “Sindrome da crioglobulinemia mista (MCS)” la cui espressione è variabile e comprende numerose manifestazioni come porpora, artralgia e mialgia che configurano la cosiddetta “triade di Meltzer” che si associa a quadri sistemici di tipo neurologico renale e gastroenterico (4).

 

Caso clinico

Descriviamo il caso di una donna di 56 anni giunta al pronto soccorso del nostro Policlinico per tosse ingravescente e malessere generale in immunodepressa.

Presso il PS veniva eseguito Rx torace che documentava la presenza di “opacità diffuse e sfumate in sede apicale e medio-basale sinistra ed in sede para-ilare destra” con sospetto di polmonite bilaterale. A causa del peggioramento degli indici di funzione renale, la paziente veniva ricoverata presso la nostra UOC di Nefrologia.

All’ingresso in reparto appariva vigile, orientata nei tre assi, collaborante ed eupnoica a riposo. I parametri antropometrici misurati erano nella norma: Peso 55 kg, altezza 160 cm BMI 21,5 kg/m2. La PA era 110/80 mmHg.

Dall’anamnesi patologica remota si apprendeva una storia di glomerulonefrite da depositi mesangiali di IgA evoluta in ESRD, trattamento sostitutivo emodialitico per circa tre anni (dal 1999 al 2001) e successivo trapianto renale da donatore cadavere nel 2001, complicato da iniziale rigetto acuto trattato con terapia corticosteroidea.

La paziente riferiva inoltre pregressa epatite cronica HCV relata trattata con terapia antivirale specifica fino a completa negativizzazione. In ultimo si apprendeva di alcuni episodi pregressi di rush cutanei e artralgie diffuse.

La terapia domiciliare includeva i seguenti farmaci: Ramipril 5 mg, Doxazosina 4 mg, Clonidina 150 mg, Metilprednisolone 4 mg, Tacrolimus 3 mg, Furosemide 25 mg, Pantoprazolo 30 mg, Febuxostat 80 mg, Epoetina α 15000 UI/sett. La paziente inoltre era seguita presso il proprio centro trapianti di riferimento per periodiche visite di controllo.

L’obiettività cardiaca e quella addominale non documentavano problematiche in atto mentre all’obiettività polmonare si repertavano crepitii diffusi su tutto l’ambito polmonare ascrivibili al quadro infettivo ipotizzato all’Rx. Appariva giustificata una consulenza infettivologica, in cui si impostava antibiotico terapia e.v. costituita da Meropenem 500mg, Vancomicina 500 mg da somministrarsi in base ai livelli plasmatici e Azitromicina 500 mg per os. Venivano dosati anticorpi IgM e IgG rivolti contro numerosi agenti patogeni (Clamidia, Micoplasma, EBV; Morbillivirus; Rubeolavirus, Echovirus, Borrelia e Parvovirus) che risultavano negativi. Negativa anche la ricerca dell’antigene urinario per legionellosi. Negativo il beta glucano.

Gli esami della funzionalità renale documentavano un notevole peggioramento della funzione d’organo all’ingresso in PS (Creatinina 6,2 mg/dl; BUN 126 mg/dl) rispetto all’ultimo follow –up trapiantologico eseguito nell’ottobre 2017. (Creatinina 3,2 mg/dl BUN 61 mg/dl).

Come si può osservare in Tabella 3, all’ingresso era evidente un quadro ematologico che includeva anemia, leucopenia e piastrinopenia.

Alla luce del quadro infettivo polmonare (confermato da esame TC) e per il contestuale peggioramento della funzionalità renale, si sospendeva la terapia immunosoppressiva con Tacrolimus potenziando quella corticosteroidea con Metilprednisolone.

Al fine di una valutazione morfologica del graft si eseguiva un’ecografia addome superiore ed inferiore che documentava “reni nativi non valutabili, Rene trapiantato in fossa iliaca destra, morfovolumetricamente nei limiti della norma (diametro longitudinale max 130 mm). Conservato lo spessore parenchimale. Aspetto iperecogeno del parenchima. La valutazione colorDoppler condotta a livello delle arterie renali intraparenchimali ha documentato valori di Resistivity Index nella norma (RI 0,6); valori aumentati a carico dell’arteria renale (RI 0,79).

Non essendosi verificato un sostanziale miglioramento degli indici di depurazione e di funzionamento d’organo (creatinina 5,11 mg/dl BUN 111 mg/dl in data 11/01/18) si rendeva necessario l’avvio di terapia sostitutiva emodialitica previo posizionamento eco guidato di CVC long-term bilume cuffiato in vena giugulare interna destra. In considerazione della marcata piastrinopenia, tutti i trattamenti emodialitici venivano eseguiti con filtro pre-eparinato.

In seguito all’ulteriore peggioramento del quadro anemico veniva praticata emotrasfusione con 2 sacche di emazie concentrate associando terapia marziale e.v. e potenziando la terapia con ESA già in corso all’atto del ricovero (Epoetina alfa 20000 UI/sett.) con parziale remissione del quadro clinico.

In data 17/01/18 per il manifestarsi di porpora agli arti inferiori, rush toracico e peggioramento della piastrinopenia, si sospendeva la terapia marziale per il sospetto di una reazione allergica. In accordo con il consulente infettivologo e a motivo di un miglioramento radiologico e clinico del quadro polmonare veniva sospesa l’antibiotico-terapia.

In data 18/01/2018 la paziente veniva valutata da un consulente dermatologo che confermava la presenza di lesioni purpuriche bilaterali agli arti inferiori e consigliava una valutazione ematologica in considerazione della storia clinica della paziente subordinando eventuali ulteriori misure a quest’ultimo intervento.

In data 22/01/18 il consulente ematologo sulla base dei risultati laboratoristici di bilirubina totale e LDH risultati nella norma (rispettivamente 0,8 mg/dl e 222UI/l), dell’assenza di schistociti all’esame emocromocitometrico e per la normalità dell’agoaspirato midollare eseguito su cresta iliaca escludeva patologie primitive o secondarie alle terapie immunosoppressive.

In considerazione del quadro sintomatologico instauratosi e della storia clinica della paziente, appariva utile valutare eventuali auto immunità tramite dosaggio delle frazioni del complemento (C3, C4) e Fattore Reumatoide (FR) (Tabella 4). Il riscontro di ipocomplementemia, positività per fattore reumatoide e di crioglobuline in tracce non caratterizzabili, risultava compatibile con una crioglulinemia.

A completamento diagnostico, si richiedeva dosaggio dell’HCV-RNA che si confermava negativo.

Nel corso della degenza si osservava come le lesioni purpuriche e l’aggravarsi della sintomatologia generale, si manifestavano principalmente al termine dei trattamenti emodialitici. Nel sospetto di una correlazione tra il manifestarsi di tali segni e sintomi e l’emodialisi, si provava ad incrementare la temperatura del dialisato da 35.5 °C a 37°C. La temperatura ridotta era stata impostata a causa dei frequenti fenomeni ipotensivi che la degente afferiva durante i suddetti trattamenti e al termine degli stessi.

In seguito all’adozione di tale accorgimento, cioè all’incremento della temperatura del dialisato, si assisteva ad una riduzione progressiva delle manifestazioni cutanee e sistemiche che tuttavia si sono nuovamente manifestate in seguito ad un nuovo trattamento sostitutivo eseguito a bassa temperatura, resosi necessario per un sopraggiunto quadro ipotensivo.

Nel corso della degenza in considerazione dell’andamento clinico osservato, si decideva comunque di eseguire la terapia sostituiva con temperatura settata a 37 C° incrementando la conducibilità del sodio per evitare quadri ipotensivi. Si otteneva miglioramento duraturo e generale dello stato clinico della paziente come documentato anche dagli esami ematologici che riportano una progressiva riduzione della piastrinopenia e dell’anemia a partire dal 27/01/18, confermata anche nei follow-up successivi alla dimissione (Tabella 3).

La paziente veniva quindi dimessa in data 02/02/18 in condizioni cliniche generali discrete e con l’indicazione a proseguire cronicamente il trattamento emodialitico sostitutivo.

 

Discussione

Il trattamento della crioglobulinemia dipende dal disturbo di base e dalla gravità e natura del coinvolgimento sistemico.

Nei pazienti con crioglobulinemia mista, il trattamento è rivolto contro la patologia infettiva o autoimmune sottostante e nei pazienti con iperviscosità può avvalersi anche di plasma exchange.

Nel caso da noi proposto, la patologia scatenante la crioglobulinemia è verosimilmente imputabile alla pregressa infezione da HCV ed il trattamento anti-virale eseguito dalla degente, pur risultando efficace sulla negativizzazione del genoma virale, non aveva prodotto effetti sulla scomparsa delle crioglobuline.

La comparsa di recidive sistemiche nei pazienti che hanno ricevuto un trattamento eradicante con combinazioni di nuovi farmaci antivirali (antivirali direct-acting antivirals DAAs) è stimata intorno al 14%, indipendentemente dalla combinazione dei farmaci utilizzati in terapia. Le cause sono numerose e comprendono una maggiore gravità e uno stadio più avanzato di MCS; una clearance tardiva delle crioglobuline circolanti rispetto alla clearance dell’HCV; una soppressione incompleta della proliferazione clonale delle cellule B con conseguente produzione di crioglobuline del tutto indipendenti dal trigger virale (5).

Per meglio comprendere come pur in assenza di positività per l’HCV RNA si possa manifestare una crioglobulinemia, è necessario considerare che nonostante il virus dell’epatite C sia prevalentemente epatotropo, è in grado di infettare numerose altre cellule come linfociti B, macrofagi, cellule dendritiche periferiche e monociti rimanendo successivamente in uno stato di quiescenza (6). In seguito alla stimolazione virale persistente dell’HCV viene favorita l’espressione di geni favorenti la linfogenesi con successiva espansione poli e monoclonale delle cellule B (7). I cloni permanenti dei linfociti B producono IgM poligonali o monoclonali che favoriscono la formazione di immunocomplessi (IC) costituititi dalla stessa IgM monoclonale e dall’IgG anti-HCV policlonale (8). Gli IC così formati sfuggirebbero ai meccanismi di clivaggio rappresentati dai macrofagi circolanti e dal sistema reticolo endoteliale con conseguente persistenza in circolo (9). Un ruolo importante specie nei pazienti cirrotici è attribuibile ad un ridotto clivaggio delle CG da parte delle cellule di Kupffer (10).

Nel caso clinico proposto pur in presenza di una risposta virale sostenuta (RSV sustained virological response) alla terapia con DAA, si documentavano aspetti clinici e laboratoristici compatibili con una MCS il cui trigger è da ricercarsi nella riduzione della temperatura del bagno di dialisi. Nel caso clinico descritto si conferma in accordo con letteratura (11) l’esistenza, in taluni casi, di una discordanza tra risposta virologica ottimale ai DAAs e persistenza di CG sieriche.

 

Bibliografia

  1. Brouet JC, Clauvel JP, Danon F, Klein M, Seligmann M. “Biologic and clinical significance of cryoglobulins. A report of 86 cases.” Am J Med. 1974 Nov;57(5):775-788.
  2. C Ferri, A L Zignego, and S A Pileri “Cryoglobulins” J Clin Pathol. 2002 Jan; 55(1): 4–13
  3. Musset L, Diemert MC, Taibi F, Thi Huong Du L, Cacoub P, Leger JM, Boissy G, Gaillard O, Galli J. “Characterization of cryoglobulins by immunoblotting” Clin Chem. 1992 Jun;38(6):798-802.
  4. Terrier B, Cacoub P.” Cryoglobulinemia vasculitis: an update.”Curr Opin Rheumatol. 2013 Jan;25(1):10-8. doi: 10.1097/BOR.0b013e32835b15f7.
  5. Sollima S, Milazzo L, Peri A M, Torre Spinello A, Galli M “Persistent mixed cryoglobulinaemia vasculitis despite hepatitis C virus eradication after interferon-free antiviral therapy” Rheumatology, Volume 55, Issue 11, 1 November 2016, Pages 2084–2085,
  6. Caussin-Schwemling C, Schmitt C, Stoll-Keller F. “Study of the infection of human blood derived monocyte/macrophages with hepatitis C virus in vitro”. J Med Virol. 2001 Sep;65(1):14-22
  7. Muramatsu M1, Kinoshita K, Fagarasan S, Yamada S, Shinkai Y, Honjo T “Class switch recombination and hypermutation require activation-induced cytidine deaminase (AID), a potential RNA editing enzyme” Cell. 2000 Sep 1;102(5):553-563
  8. Roccatello, S. Sciascia, D. Rossi, L. Solfietti, R. Fenoglio,E. Menegatti, S. Baldovino “The challenge of treating hepatitis C virus-associated cryoglobulinemic vasculitis in the era of anti-CD20 monoclonal antibodies and direct antiviral agents” Oncotarget. 2017 Jun 20; 8(25): 41764–41777
  9. Roccatello D, Isidoro C, Mazzucco G, Mesiti A, Quattrocchio G, Amore A, Molino A, Coppo R, Sena LM, Piccoli G. “Role of monocytes in cryoglobulinemia-associated nephritis”. Kidney Int. 1993 May;43(5):1150-1155
  10. Stine JG, Cornella S,Shah NL “treatment of chronic hepatitis C complicated by mixed cryoglobulinemia with new protease inhibitor sofosbuvir” Ann.Rheum Dis 2014,73 :e64
  11. Gragnani L, Frognani E, Piluso A, Boldrini B et al”Long –term effect of HCV Eradication in Patients with mixed Cryoglobulinemia: A prospective,controlled,open-label,cohort study” Hepatology vol.61,N°4,2015