Abstract
La metformina è considerata il farmaco ipoglicemizzante di prima scelta nel trattamento del diabete mellito di tipo II, per la buona combinazione tra efficacia terapeutica e ridotta incidenza di effetti collaterali. L’effetto collaterale più temibile del farmaco, l’acidosi lattica associata a metformina (Metformin-associated lactic acidosis, MALA), ha una incidenza nell’ordine di 2-9 casi/100000 pazienti/anno, sebbene le segnalazioni in letteratura risultino in aumento.
Di seguito riportiamo due casi di MALA insorta in pazienti con malattia renale cronica in stadio avanzato (stadio IIIb) in terapia con metformina a dosaggi incongrui in rapporto al grado di riduzione del filtrato glomerulare, e con insufficienza renale acuta sovrapposta.
I due pazienti sono stati sottoposti a sedute di emodialisi intermittente prolungata fino alla normalizzazione dei valori emogasanalitici e di acido lattico, e si è osservato parziale recupero della funzione renale, con evoluzione clinica favorevole in entrambi i casi.
Introduzione
La metformina è una biguanide la cui azione ipoglicemizzante si realizza principalmente attraverso l’inibizione della gluconeogenesi epatica [1]. Il farmaco attiva la adenosina monofosfatochinasi, con conseguente soppressione della gluconeogenesi a digiuno, oltre ad inibire selettivamente la fosforilazione ossidativa mitocondriale e le isoforme mitocondriali della glicerofosfatochinasi, con incremento del rapporto NADH/NAD+ nel citosol. Pertanto, da un lato aumenta la produzione di lattato attraverso una alterazione dello stato redox cellulare che impedisce la conversione del lattato in piruvato e glucosio, e dall’altro riduce la metabolizzazione del lattato attraverso l’inibizione della respirazione mitocondriale in tessuti come fegato e muscolo scheletrico, principali responsabili della clearance metabolica dell’acido lattico [2] [3].
La metformina è attualmente considerata il farmaco di prima scelta per i pazienti con Diabete Mellito (DM) tipo II poiché presenta elevata efficacia nel controllo glicemico, azione anoressizzante, favorevole profilo cardiovascolare, basso costo e basso rischio di effetti collaterali [4] [5]. L’utilizzazione nei pazienti con malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD) è consentita fino allo stadio III, sebbene sia suggerita cautela nei pazienti a rischio di instabilizzazione della funzione renale; inoltre, nello stadio IIIb le linee guida americane sconsigliano di iniziare una terapia con metformina [2] [4] [6] (full text) [7].
L’incidenza di acidosi lattica (LA) associata a metformina (Metformin-associated lactic acidosis, MALA) riportata in letteratura è nell’ordine di 2-9 casi/100000 pazienti/anno [8] [9] [10] [11]. Tuttavia, poiché la MALA è caratterizzata da un’elevata mortalità (30%) [12], è importante considerarne sempre la possibile diagnosi in caso di acidosi metabolica a gap aumentato in pazienti che assumano il farmaco, specie se lo squilibrio acido-base è preceduto da sintomi gastrointestinali compatibili con sovradosaggio, ed in presenza di fattori di rischio (insufficienza renale, sepsi, instabilità emodinamica, etc.) [13].
Vengono di seguito presentati due casi di MALA insorta in pazienti diabetici in trattamento con metformina, concomitante CKD e ricoverati per insufficienza renale acuta.
Caso 1
Una donna di 72 anni, obesa (BMI 35 Kg/m2), si presenta al Pronto Soccorso di un Ospedale periferico per dispnea ingravescente e confusione insorte da circa 48 ore, precedute da inappetenza, nausea e diarrea, oltre che per dolore ai quadranti sinistri dell’addome. In anamnesi ipertensione arteriosa, ipotiroidismo, DM tipo II con complicanze microvascolari (retinopatia), CKD stadio IIIb (creatininemia 1.4 mg/dl, eGFR MDRD 30 ml/min/1.73m2). La terapia domiciliare include losartan, lercanidipina, doxazosina, L-tiroxina, rosuvastatina, idroclorotiazide, insulina glargine, metformina (1 grammo tre volte al giorno), celecoxib al bisogno.
Per il riscontro di insufficienza renale acuta, acidosi metabolica ed iperpotassiemia, al Pronto Soccorso viene intrapresa espansione volemica con soluzioni isotoniche ed alcalinizzanti, in attesa di eseguire le indagini strumentali. Tuttavia, in rapporto al rapido peggioramento del quadro clinico-laboratoristico, viene contattato il nostro Centro e viene disposto il trasferimento della paziente.
All’ingresso la paziente appare tachipnoica (28 atti/min) e polipnoica, con saturazione periferica accettabile (95%) in ossigenoterapia con maschera di Venturi FiO250%, ipotesa (pressione arteriosa sistolica circa 90 mmHg), oligo-anurica ed ipotermica (34°C).
I dati di laboratorio sono descritti in Tabella 1.
Dopo circa 30 minuti, la paziente sviluppa un arresto cardiocircolatorio da attività elettrica senza polso, con rapido recupero del polso in corso di rianimazione cardio-polmonare avanzata.
Viene posizionato un catetere venoso centrale (CVC) da dialisi in vena giugulare interna destra e vengono attuate espansione volemica con cristalloidi e colloidi, somministrazione di noradrenalina (100mcg/min) e dopamina (17mcg/Kg/min), e trasfusione di emazie concentrate. Inoltre, per il deterioramento degli scambi respiratori (PaO2 64 mmHg, PaCO2 55 mmHg) si rende necessario l’inizio di ventilazione meccanica non invasiva (NIMV) in modalità BPAP. Previa raccolta dei campioni per esami colturali, viene intrapresa terapia antibiotica ad ampio spettro con meropenem e linezolid. Alla TC polmonare esteso focolaio di addensamento a destra. Emerge nei giorni seguenti uno sviluppo su campione di broncoaspirato (BAS) di Serratia marcescens sensibile alla terapia in corso.
Viene iniziata una sessione di dialisi intermittente prolungata sotto forma di Sustained Low-Efficiency Dialysis (SLED) in anticoagulazione regionale con citrato (K 4 mEq/L e bicarbonato 32 mEq/L nel bagno di dialisi, Qb 200 mL/min, Qd 300 mL/min) [14] (full text), utilizzando una macchina AK 200 ultra (Gambro-Baxter, Italia) ed un filtro in polisulfone (F8HPS, 1.8 m2, Fresenius Italia). Dopo 2 h la paziente presenta tuttavia un ulteriore peggioramento del quadro neurologico in corso di NIMV, e poiché l’emogasanalisi arteriosa (EGA) documenta il netto incremento dei valori di CO2 (80 mmHg) si procede a intubazione oro-tracheale e inizio di ventilazione meccanica. Gli esami strumentali ‘bedside’ sono riportati in Tabella 1.
Per il persistere di acidosi metabolica dopo 12 ore di SLED, la sessione viene ripetutamente prolungata fino ad una durata complessiva di 31 ore (Tabella 1).
Solo in quinta giornata è possibile sospendere le amine e gli inotropi, ed in sesta giornata la paziente viene estubata. Si rende necessario sottoporre la paziente ad altre complessive 13 sedute di terapia sostitutiva della funzione renale (RRT) prima di osservare la ripresa di una diuresi efficace. La paziente rientra a domicilio dopo una fase di riabilitazione, senza riportare alcun deficit neurologico. Alla dimissione valori di azotemia e creatininemia pari a 70 e 2.2 mg/dl rispettivamente, terapia ipoglicemizzante con insulina.
Caso 2
Un uomo di 78 anni viene condotto al Pronto Soccorso per dispnea ingravescente ed inappetenza. In anamnesi cardiopatia ischemica, DM tipo II, CKD stadio IIIa/IIIb (creatininemia 1.3 mg/dl, eGFR 45 ml/min/1.73 m2), ipertensione arteriosa, pregressa adenomiectomia prostatica trans-uretrale. La terapia domiciliare include acido acetilsalicilico 100 mg/die, associazione ramipril/idroclorotiazide, glimepiride e metformina (1 grammo ai pasti principali), insulina levemir e rosuvastatina.
L’esame radiografico del torace documenta un esteso versamento pleurico sinistro. Dopo approfondimento diagnostico con TC torace-addome con mezzo di contrasto – che evidenzia lesioni polmonari multiple, alcune delle quali colliquate, e versamento pleurico sinistro – viene posizionato un drenaggio pleurico. Il paziente viene successivamente ricoverato presso una Unità di Medicina Interna. Nelle 48 ore successive si osserva un progressivo peggioramento del quadro clinico con la comparsa di sopore, ipotensione, dolori addominali diffusi ed oligo-anuria; il paziente viene pertanto trasferito presso il nostro Centro.
I dati di laboratorio sono descritti in Tabella 1.
Si procede a posizionamento di CVC da dialisi in vena giugulare interna destra e si intraprendono infusione di cristalloidi e noradrenalina (17 mcg/min) per stabilizzazione emodinamica. La terapia antibiotica viene potenziata mediante aggiunta di ceftazidime a levofloxacina. Si intraprende quindi SLED, con le stesse caratteristiche del caso precedente, per una durata programmata inizialmente di 12 ore; per il persistere di acidosi metabolica, la seduta viene tuttavia prolungata per altre 8 ore (Tabella 1). Già in corso di SLED è possibile ridurre il dosaggio delle amine vasoattive, definitivamente sospese in seconda giornata. Si osserva contemporaneamente una ripresa della diuresi, con possibilità di sospensione definitiva della SLED. Il paziente viene successivamente trasferito presso una Unità di Medicina Interna con valori di azotemia e creatininemia pari a 48 ed 1.4 mg/dl rispettivamente, ed in terapia con insulina.
Discussione
L’acidosi lattica è la più frequente causa di acidosi a gap anionico aumentato nei pazienti ospedalizzati, ed è caratterizzata da elevata mortalità, correlabile sia con i valori assoluti di acido lattico che con la causa sottostante [15] [16].
Nel contesto della LA è possibile distinguere il tipo A – o da ipossia/ipoperfusione in senso lato (ad es. shock cardiogeno, ipovolemico, settico) – e il tipo B, che si osserva in assenza di cause evidenti di ipoperfusione sistemica. Questa seconda forma è secondaria di solito a malattie sistemiche (ad es., insufficienza epatica), farmaci/tossici, disordini congeniti o acquisiti del metabolismo [15] [16] [17] (full text).
Nell’ambito delle LA tipo B rientra anche la MALA, la cui connessione con il metabolismo del lattato è complessa. La biguanide infatti inibisce la riutilizzazione del lattato attraverso la gluconeogenesi, inibisce la fosforilazione ossidativa mitocondriale e riduce lo stato redox mitocondriale, aumentando quindi la produzione di acido lattico nei tessuti insulino-dipendenti[2] [13] [16].
Mentre rara risulta la forma ‘indotta’ da metformina – ossia l’overdose ‘pura’ da farmaco, più spesso secondaria all’assunzione di dosaggi incongrui a scopo suicidiario – in presenza di insufficienza renale è di più frequente osservazione la variante ‘associata’ a metformina (MALA)[2], condizione in cui la metformina è tra i fattori determinanti – e non semplice ‘testimone’ – dell’acidosi [12] [17] (full text).
I due casi presentati si caratterizzano per la probabile combinazione delle due forme.
Nel primo caso, la paziente – pur in presenza di una CKD avanzata (stadio IIIb) – assumeva da anni un farmaco a dosaggio incongruo in rapporto alla riduzione del filtrato glomerulare; ciò nonostante, non risultavano precedenti episodi ascrivibili a sovradosaggio. Tuttavia, il peggioramento della funzione renale – verosimilmente secondario allo stato infettivo, all’uso di FANS per i dolori articolari/ossei, all’ipovolemia da diarrea ed inappetenza, ed alla prosecuzione della terapia con losartan – ha verosimilmente determinato il progressivo accumulo del farmaco. In effetti, in condizioni di normale funzione renale la clearance della metformina è elevata (circa 450-500 mL/min), con corrispondente rapida eliminazione del farmaco (emivita plasmatica 4-5 ore). Al contrario, con la riduzione della funzione renale, la clearance renale della metformina si riduce, e l’emivita plasmatica aumenta in misura marcata [18]. Inoltre, in queste situazioni il farmaco si accumula anche negli eritrociti e nei tessuti periferici [19] (full text) [20] [21] (full text). Lo sviluppo di insufficienza renale acuta con oligo-anuria può magnificare questo fenomeno con grave rischio di tossicità. Le prime avvisaglie dell’accumulo di metformina nel caso in oggetto erano da riconoscersi nell’acuirsi dei sintomi gastrointestinali (nausea, inappetenza, vomito e dolori addominali) riferiti dai familiari nei primi giorni di malessere. Le manifestazioni gastrointestinali spesso sono i prodromi dell’intossicazione da biguanide [22] (full text).
Il sospetto diagnostico di un quadro infettivo quale fattore precipitante era corroborato inizialmente dalla presenza di leucocitosi neutrofila (sebbene lo shift a sinistra della curva sia di per sé compatibile anche con l’acidosi lattica), a fronte di grave ipotermia (34°C) alla presentazione, e successivamente dalla comparsa di febbre (37.8°C) alla sospensione della dialisi, e dalla persistente necessità di amine vasoattive anche dopo la risoluzione del quadro di acidosi lattica. Il sospetto era poi confermato dagli esami strumentali eseguiti, dagli elevati valori sierici di procalcitonina (19 ng/mL) e dalla successiva positivizzazione degli esami colturali.
Stanti l’esclusione dell’assunzione di altri tossici in grado di provocare acidosi metabolica (alcool etilico, metanolo, glicole etilenico, salicilati, e simili) e di una chetoacidosi diabetica (glicemia normale all’ingresso), la presenza di CKD, i dosaggi elevati di farmaco assunti abitualmente, ed infine la sostanziale negatività delle indagini strumentali eseguite, il quadro clinico-laboratoristico descritto indirizzava fortemente verso una diagnosi di MALA. L’emogasanalisi arteriosa confermava una severa acidosi metabolica, lattica, peraltro con una consensuale componente di acidosi respiratoria (PaCO2 23 mmHg rispetto ad un valore atteso di 16mmHg) oltre ad un gap anionico di 45mmol/L.
La paziente quindi presentava tutti i criteri diagnostici per probabile accumulo di metformina: anamnesi positiva per assunzione del farmaco, elevati valori di acido lattico (> 15 mmo/L), gap anionico elevato (>20 mmol/L), severa acidemia (pH< 7.10 o livelli di bicarbonatemia < 10 mmol/l), insufficienza renale (eGFR< 45 ml/min/1.73 m2o creatininemia>2 mg/dl) [22] (full text).
L’acidosi respiratoria, inizialmente di grado lieve, ha presentato un progressivo peggioramento fino al coma ipercapnico, e può essere almeno in parte ascritta alla somministrazione di bicarbonato prima del trasferimento della paziente; infatti, un rischio della terapia alcalinizzante è rappresentato proprio dal possibile incremento della PaCO2 [15]. Ulteriori possibili cause di ipercapnia, nel caso specifico, possono essere state rappresentate dall’affaticamento dei muscoli respiratori da prolungato aumento del lavoro respiratorio, ed il sovraccarico di liquidi conseguente alla vigorosa espansione volemica [15] [23].
Tra le cause probabili del peggioramento cardiocircolatorio con arresto da PEA sono da riconoscere la disfunzione ventricolare sinistra e la ridotta gittata, ma anche la vasodilatazione arteriosa e l’ipotermia, temute conseguenze delle gravi forme di acidemia. Inoltre è da considerare la possibile riduzione del calcio ionizzato come ulteriore effetto collaterale della terapia alcalinizzante [15] [23].
Da segnalare che – dopo l’inizio della RRT – i valori sierici di acido lattico erano rimasti elevati per molte ore. Questo fenomeno è ascrivibile a più fattori, quali il recente arresto cardiocircolatorio, l’instabilità emodinamica – ossia il sovrapporsi anche di una grave forma di ipoperfusione sistemica e tissutale – la necessità di usare elevati dosaggi di inotropi e amine con conseguente stimolo sui recettori adrenergici beta2, l’alterata capacità del fegato di metabolizzare acido lattico [15], ed il venir meno dell’inibizione della glicolisi a seguito della derepressione della fosfofruttochinasi per effetto della terapia alcalinizzante [23].
Poiché gli effetti collaterali della terapia alcalinizzante sono molteplici, l’uso del bicarbonato in corso di acidosi lattica rimane controverso. In particolare, esso dovrebbe essere limitato ai casi di grave acidemia (pH< 7.10), e solo per l’intervallo di tempo necessario ad agire sulla causa dell’acidosi lattica o in attesa della RRT [15] [23] [24]. L’emodialisi è la modalità più vantaggiosa di RRT in rapporto alle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco (Tabella 2), e di recente un consenso di esperti ha anche stabilito le indicazioni specifiche alla prescrizione dialitica in corso di intossicazione da metformina [24]. L’emodialisi intermittente classica garantisce la massima efficienza per unità di tempo (media 200 mL/min di clearance della metformina), con normalizzazione dell’emivita plasmatica del farmaco (2-6 h); per converso, i trattamenti continui (CRRT, continuous renal replacement therapy) presentano di solito bassa efficienza per unità di tempo (20-35 mL/min), e minimo effetto sull’emivita plasmatica (17 h), seppur con maggiore tollerabilità nei pazienti instabili emodinamicamente rispetto all’emodialisi standard [25] (full text) [26] [27]. Poichè tuttavia l’instabilità emodinamica è influenzata in larga misura dalla concentrazione e tossicità del farmaco, l’indirizzo generale è attualmente diretto verso modalità che uniscano i vantaggi dei trattamenti intermittenti (elevata rimozione per unità di tempo e normalizzazione dell’emivita plasmatica del farmaco), e di quelli continui (tollerabilità emodinamica, controllo del rebound legato al ‘fenomeno shuttle’ dal compartimento profondo, dove la metformina si ridristibuisce con un rapporto di 10:1 rispetto al plasma dopo le prime 24-48 ore [2] [18] [19] (full text) [20] [21] (full text) [24]. In questo senso i trattamenti intermittenti prolungati, come la SLED, potrebbero rappresentare il compromesso migliore [28], e possono essere prolungati o ripetuti a seconda delle necessità, come è avvenuto nei due casi presentati.
Nel secondo caso il paziente ha sviluppato un quadro di MALA durante il ricovero come conseguenza del riacutizzarsi della CKD a seguito di una sepsi ad origine polmonare.
In questo secondo caso, nonostante i livelli sierici iniziali di acido lattico fossero più elevati, le manifestazioni cliniche (insufficienza respiratoria e instabilità emodinamica) ed il grado di acidemia erano meno eclatanti; si è inoltre osservata una più rapida normalizzazione della lattacidemia nel corso del trattamento dialitico. Probabilmente ciò si può ascrivere alla minore dose di metformina somministrata ed accumulata, al più rapido recupero della diuresi, al celere inizio sia della terapia antibiotica che della RRT.
In entrambi i casi descritti la prognosi è stata favorevole, in contrasto con il dato di letteratura relativo all’elevata mortalità (30%) in corso di MALA [29] (full text). Le segnalazioni di nuovi casi sono inoltre in costante aumento [12], e tale trend è verosimilmente legato a un netto incremento della prescrizione della biguanide nell’ultimo decennio (+50%), peraltro con insufficiente attenzione da parte dei medici prescrittori alle indicazioni derivanti dalle linee guida, che ne sconsigliano l’impiego in caso di eGFR inferiore a 30 ml/min/1.73 m2, imponendo una riduzione dei dosaggi a meno di 2 grammi/die nella CKD stadio IIIa, e a meno di 1 grammo/die nella CKD stadio IIIb. Inoltre, tali linee guida suggeriscono la necessità di uno strettissimo follow-up del paziente e della sua funzione renale qualora coesista CKD, oltre che una esaustiva informazione del paziente in merito alle condizioni che possono portare all’accumulo del farmaco ed al sovradosaggio [7].
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