Luglio Agosto 2016 - Nefrologo in corsia

Efficacia di eculizumab in un caso di SEU atipica associata alla gravidanza

Abstract

Le microangiopatie trombotiche (MAT) associate alla gravidanza sono condizioni rare, gravate da una significativa morbilità e mortalità fetoneonatale e materna.

Descriviamo il caso di una donna di 33 anni che alla 36a settimana di gestazione ha sviluppato un quadro di MAT caratterizzato da aumento di LDH, consumo di aptoglobina, presenza di schistociti, piastrinopenia e danno renale acuto con necessità di trattamento sostitutivo. Non era presente ipertensione gestazionale e la proteinuria era risultata assente fino al giorno del ricovero in ospedale. L’ADAMTS13 era normale e la paziente non aveva avuto diarrea.

Veniva trattata inizialmente con parto cesareo, infusione di plasma e plasmaferesi senza beneficio. In quinta giornata, nell’ipotesi di sindrome emolitico-uremica atipica (SEUa), veniva avviata terapia con eculizumab, previa profilassi antibiotica e contestuale vaccinazione antimeningococcica A,B, C, W135 e Y, con rapida risoluzione della microangiopatia trombotica e ripresa funzionale renale completa. Il neonato ha presentato decorso perinatale normale. Le indagini funzionali e genetiche relative a disregolazione del complemento (anticorpi anti CFH e sequenziamento geni CFH, CFI, MCP, CFB, C3) sono risultate tutte nella norma.

In conclusione la diagnosi differenziale della SEUa con la sindrome HELLP è spesso sfuggente. La persistenza del quadro di MAT oltre l’induzione del parto associato al grave decorso della malattia con rischio di compromissione renale talvolta irreversibile, devono oggi indurre ad una precoce aggressività terapeutica, anche alla luce della disponibilità di soluzioni teraputiche specifiche ed efficaci.

Parole chiave: eculizumab, SEU atipica, SEU atipica associata alla gravidanza, SEU atipica postpartum, sindrome HELLP

 

Introduzione

La microangiopatia trombotica è una condizione rara che può insorgere come manifestazione di diverse malattie, in età pediatrica e nell’adulto, a rapida evoluzione, morbilità e mortalità elevata.

Anche se l’eziopatogenesi è diversa, essa è contraddistinta da lesioni patologiche tipiche costituite da danno endoteliale e formazione di trombi ricchi di piastrine e/o fibrina a livello microvascolare che determinano un’emolisi meccanica nel microcircolo, consumo di piatrine e ischemia degli organi.

Le più comuni cause di microangiopatia sono: la porpora trombotica trombocitopenica (TTP), la sindrome emolitico uremica da Shiga tossina (STEC-SEU) e la sindrome emolitico uremica atipica complemento mediata (SEUa). Altre forme (“secondarie”) insorgono in associazione ad altre patologie quali neoplasie, malattie del tessuto connettivo, pancreatite, glomerulonefriti, infezioni virali, ipertensione arteriosa maligna, alterazioni del metabolismo della cobalamina, nel trapianto di midollo o di organi solidi; altre sono indotte da farmaci (ticlopidina, clopidogrel, inibitori delle calcineurine, chemioterapici,…).

La TTP è dovuta ad un deficit severo di ADAMTS13, metalloproteasi che cliva il fattore di von Willebrand di grosse dimensioni. Se, a causa di una carenza dell’enzima, il “taglio” non avviene, il fattore di von Willebrand si accumula nel sangue nella sua forma di grandi dimensioni, attorno al quale le piastrine formano gli aggregati patologici caratteristici della TTP. Può essere acquisita, per la presenza di anticorpi anti-ADAMTS 13 o genetica da assenza congenita della proteina (Sindrome di Upshaw-Schulman).

La STEC-SEU (Shiga Tossina Escherichia Coli sindrome emolitico uremica) è dovuta a infezione da shiga tossina che causa danno endoteliale e attivazione del complemento.

La SEUa è dovuta a disregolazione genetica della via alternativa del complemento.

La mutazione genetica a carico di alcuni fattori di regolazione del complemento viene identificata nel 60% dei casi; l’alterazione più comune e responsabile dei quadri clinici più severi interessa il fattore H del complemento [1]. Altre mutazioni possono essere a carico dei geni che codificano per altre proteine correlate al fattore H (CFHR1-R3), il fattore I (CFI), la proteina MCP e i componenti costitutivi del complemtento C3 e fattore B (CFB) con mutazioni che portano alla loro perdita di funzione e la trombomodulina (THBD). Ci possono essere combinazioni di 2 o più mutazioni.

La SEUa è gravata da mortalità elevata e rischio di evoluzione in insufficienza renale terminale in più del 50% dei casi a 3-5 anni dall’esordio [2] (full text).

La diagnosi differenziale di SEUa prevede l’esclusione delle altre microangiopatie trombotiche: l’attività di ADAMTS13 deve essere > 5-10% (se <5-10% diagnosi di TTP) e le shiga tossina 1 e 2 devono essere assenti (se presenti diagnosi di STEC-SEU) [3].

È generalmente accettato che la MAT è una conseguenza dovuta alla combinazione di predisposizione genetica e presenza di trigger/fattori precipitanti [4]. Pazienti con una sottostante mutazione genetica hanno una maggiore suscettibilità a sviluppare MAT in presenza di un fattore slatentizzante. In alcuni pazienti infezioni respiratorie o gastrointestinali precedono l’insorgenza di MAT. In altri il trigger può essere la gravidanza. (Figura 1).

Per quanto riguarda le microangiopatie trombotiche in gravidanza, generalmente la TTP si verifica durante il secondo e terzo trimestre, periodo in cui si ha fisiologicamente un consumo di ADAMTS13 dovuto ad un aumentato rilascio di fattore von Willebrand e/o all’influenza ormonale che può ridurre i livelli di ADAMTS 13 [4].

La sindrome HELLP (Hemolysis Elevated Liver Enzymes and Low Platelet count) complica il 10% dei casi di preeclampsia severa, che insorge nel 3-5% delle gravidanze, e rappresenta la MAT più frequente durante la gestazione. Solitamente si verifica nel 2° e 3° trimestre, e nel 20% dei casi non è preceduta o accompagnata da ipertensione e proteinuria e si risolve entro pochi giorni dal parto. A tutt’oggi le cause della sindrome HELLP rimangono sconosciute [5].

Il 10-20% dei casi di SEUa è associata alla gravidanza [6] (full text) e insorge nel postpartum nell’80% dei casi [4] [6] (full text). L’incidenza è di 1 caso ogni 25.000 gravidanze [7], in donne con difetti dei geni del complemento o da autoanticorpi anti proteine del complemento. Al parto, l’infiammazione, il rilascio di cellule del feto nella circolazione materna, infezioni e emorragie portano fisiologicamente ad attivazione sistemica del complemento [4] [6] (full text). La gravidanza può essere la condizione amplificante il complemento, il fattore precipitante e in mancanza di fattori di regolazione, come conseguenza si ha un’attivazione incontrollata del complemento, danno endoteliale e MAT. (Figura 2)

La terapia classica della sindrome HELLP prevede l’immediata induzione del parto. Nella SEUa non esiste tale raccomandazione, anzi il parto potrebbe ulteriormente amplificare l’attivazione del complemento.

La terapia della SEUa prevede l’infusione di plasma e la plasmaferesi, con risposta incompleta, assenza di remissione nell’80% dei casi e outcome sfavorevoli a lungo termine; l’attivazione della via alternativa del complemento può essere bloccata dall’eculizumab, un anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato antiC5, che impedisce la formazione del complesso di attacco di membrana C5b-9, già utilizzato per il trattamento dell’emoglobinuria parossistica notturna, approvato da FDA/EMA nel 2011 per la terapia della SEUa [8].

Al momento, l’uso di eculizumab nella SEUa associata alla gravidanza rimane anedottico non essendoci linee guida condivise sulla durata del trattamento [9] [10] [11] [12] [13] (full text). La sicurezza e l’efficacia di eculizumab durante la gravidanza sono state recentemente studiate nei pazienti con emoglobinuria parossistica notturna: 61 donne con 75 gravidanze in trattamento con eculizumab suggeriscono un buon profilo di tollerabilità di eculizumab durante la gravidanza, con alti tassi di sopravvivenza fetale e materna (96 % e 100 %,

rispettivamente). Eculizumab è stato trovato in 7 su 20 campioni di sangue di cordone ombelicale e in nessuno dei 10 campioni di latte umano [14].

Descrizione del caso

Una paziente di 33 anni, alla 36a settimana della prima gravidanza trascorsa senza problemi di rilievo, il 9 aprile 2015 giungeva alla nostra osservazione in DEA per dolore addominale e in presenza di segni di sofferenza fetale.

La paziente presentava famigliarità negativa per nefropatie e preeclampsia, positiva per ipertensione arteriosa e risultava normotesa prima e durante il periodo della gravidanza.

All’ingresso in ospedale i valori pressori risultavano normali (130/80 mmHg) e il dipstick urinario negativo.

Gli esami urgenti mostravano una grave piastrinopenia (63.000/mm3), un aumento di LDH fino a 1358 UI/l, delle transaminasi (1543 UI/l SGOT e 1243 UI/l SGPT), della bilirubina (diretta 5,94 mg/dl, in prevalenza indiretta), con uricemia 6 mg/dl (precedente valore del 1° aprile 4,8 mg/dl). Coagulazione normale, fibrinogenemia 313 mg/dl (Figura 3 e Figura 4).

Nella notte tra il 9 e il 10 aprile veniva eseguito taglio cesareo urgente per peggioramento della piastrinopenia (25.000/mm3) e dei segni di sofferenza fetale; in sala parto era presente anuria. Il neonato andava incontro ad un decorso perinatale normale.

Dopo il parto la paziente veniva trasferita in rianimazione con una grave ipertensione arteriosa controllata da tre farmaci a dosi massimali (labetalolo, metildopa e nifedipina); persisteva anuria, PVC molto bassa (0-2 cmH2O) nonostante riempimento e infusione di albumina; veniva praticata infusione di solfato di magnesio per 24 ore dopo il parto, per la prevenzione delle convulsioni tonico-cloniche eclamptiche. Gli esami mostravano la persistenza di piastrinopenia, LDH, transaminasi elevate. All’ecografia dell’ addome e alla TC era presente un’ ematoma pericapsulare epatico e colelitiasi. Veniva avviata CVVH per persistenza di anuria, ventilazione non invasiva ed emotrasfusioni e terapia steroidea a basse dosi, come indicato nella sindrome HELLP.

Dal 10 al 13 aprile veniva praticata infusione di plasma e il 14 e 15 aprile plasmaferesi.

Venivano effettuate ulteriori indagini per la conferma e la diagnosi differenziale della MAT, ottenendo i seguenti valori: schistociti 1-2%, consumo di aptoglobina (0 mg/dl), Coombs negativo, ADAMTS13 attività 56,7%, anticorpi 1,9 U/ml e antigene 0,81 µg/ml, assenza di shiga-toxin E.coli e lieve ipoC3.

Lo screening trombofilico mostrava un valore normale della APC resistance (4,9 ratio), della proteina C (118%), una fisiologica riduzione della proteina S (66%), omocisteinemia 22,8 uMOL/l, LAC negativo; gli immunologici erano negativi (ANA, ANCA).

Con la terapia si osservava un modestissimo miglioramento dei parametri ematologici e nessun beneficio sulla funzione renale.

Il 15 aprile veniva somministrata la prima infusione di eculizumab 900 mg, sotto copertura antibiotica con ceftriaxone e contestuale vaccinazione antimeningococcica (gruppi A,C,W135,Y e B di Neisseria Meningitidis); la terapia antibiotica veniva proseguita fino alla dimissione (circa quindici giorni dopo la vaccinazione).

Dal 17 aprile si osservava una ripresa graduale della diuresi con sblocco due giorni dopo, tale da consentire la sospensione della dialisi dal 21 aprile. Nei giorni seguenti si assisteva a normalizzazione delle piastrine, progressivo miglioramento della funzionalità renale e progressiva riduzione dei valori pressori solo con labetalolo 200 mg al giorno. La proteinuria mostrava un trend in riduzione da 0,8-1 g/die a 0,3-0,4 g/die.

L’infusione di eculizumab veniva ripetuta secondo lo schema previsto per la fase di induzione per la SEUa, ottenendo la normalizzazione della funzione renale, dell’ LDH, delle piastrine e un miglioramento dell’emoglobina.

Le indagini diagnostiche per escludere una disregolazione del complemento (funzione globale del complemento, anticorpi anti CFH, sequenziamento geni CFH, CFI, MCP, CFB, C3) risultavano negative.

La paziente veniva dimessa dall’ospedale il 2 maggio proseguendo la terapia di mantenimento con eculizumab (1200 mg ogni due settimane) con diagnosi di SEUa senza identificazione di mutazione genetica del complemento.

In data 23 maggio tuttavia la paziente veniva nuovamente ricoverata in Chirurgia per una colecistite acuta calcolotica; veniva eseguita colecistectomia laparoscopica il 28 maggio, con infusione di eculizumab 900 mg il giorno precedente. Non si osservavano in corso di terapia segni di riattivazione di malattia, ma solo un lieve fugace calo della conta piastrinica e dell’aptoglobina.

Nei mesi successivi veniva proseguita la terapia con eculizumab 1200 mg con frequenza di somministrazione ogni due settimane e dopo sei mesi di terapia si è cominciato un graduale allungamento dell’intervallo tra le dosi di mantenimento prima a tre e poi a quattro settimane sulla base del dosaggio del CH50 (Figura 3 e Figura 4).

Discussione

La diagnosi di SEUa associata alla gravidanza può essere difficile per l’overlap con altre MAT (TTP e sindrome HELLP).

Un aumento delle transaminasi (caratteristico della sindrome HELLP) è stato riportato nel 47% di pazienti con diagnosi di SEUa [15] [16] (full text).

Il dosaggio del complemento non sempre è di aiuto infatti nel 64% dei casi di SEUa la complementemia è normale. Inoltre dosare il complemento prima di infondere plasma in urgenza non sempre è possibile.

Il test genetico non è rapidamente disponibile e in oltre il 50% dei casi non si trova una mutazione genetica.

Livelli di proteine del complemento normali e/o assenza di mutazioni identificate non escludono una diagnosi di SEUa.

Nel caso da noi osservato era presente un quadro con coinvolgimento renale severo, ADAMTS13 normale, assenza di diarrea o di altre infezioni scatenanti, assenza di segni di preeclampsia e di ipertensione gestazionale fino all’esordio rapido del grave quadro clinico. La lieve riduzione della complementemia faceva ipotizzare una disregolazione del complemento, una SEUa in cui la gravidanza aveva agito da trigger. In seconda ipotesi una sindrome HELLP ad insorgenza al momento del parto, non preceduta da una preeclampsia in assenza di ipertensione gestazionale e di proteinuria, con quadro clinico molto grave ai fini della sopravvivenza del feto e della paziente e ai fini del recupero della funzionalità renale.

Il trattamento della sindrome HELLP resta ad oggi controverso. L’induzione del parto è curativa nella HELLP. Nella SEUa non esiste tale raccomandazione, anzi il parto potrebbe ulteriormente amplificare l’attivazione del complemento.

Steroidi e plasmaferesi sono stati usati in assenza di un chiaro razionale o efficacia dimostrata. Circa un terzo delle donne con sindrome HELLP ha una mutazione del complemento identificata[17] (full text). Se si conferma un legame tra la sindrome HELLP e la disregolazione del complemento, l’inibizione del complemento può trovare indicazione nelle forme severe [18] (full text).

In letteratura sono stati descritti 5 casi di SEUa associata alla gravidanza trattati con eculizumab[19] [10] [11] [12] [13] (full text). Tutti i casi sono andati incontro a completa risposta ematologica e recupero funzionale renale. Mutazioni genetiche sono state trovate in tre su cinque pazienti [20].

Nel nostro caso il parto sembrava aver aggravato anziché risolto il quadro clinico di microangiopatia. In presenza di ADAMTS 13 normale, in assenza di diarrea e di altre cause di danno renale acuto, nella verosimile ipotesi di SEU atipica, dopo breve periodo di terapia con plasma infusione e plasmaferesi senza risultati, eculizumab è stato avviato in quinta giornata dall’evento scatenante e dall’insorgenza della malattia. Abbiamo osservato una pronta risoluzione della MAT con completo recupero funzionale renale.

Non è chiaro a tutt’oggi se e in quali casi possa essere sospeso il farmaco senza incorrere in relapse di malattia, non infrequenti in letteratura. La genetica del complemento può essere di aiuto, un alto tasso di relapse è stato osservato nei casi di malattia che presentavano una mutazione del fattore H [21]. Secondo alcuni autori la biopsia renale, il test genetico e l’assenza di segni clinici di malattia sono gli elementi che possono oggi dare indicazioni sulla durata del trattamento [20]. La mancanza di biomarker validati rende estremamente difficile il monitoraggio dei pazienti che sospendono la terapia anche per quanto riguarda la precoce intercettazione di manifestazioni extra-renali [22] (full text).

Conclusioni

La SEUa in gravidanza è molto simile alla sindrome HELLP, complicanza della preeclampsia. Sono entrambe delle MAT. La diagnosi differenziale è spesso sfuggente. La SEUa è più rara, ma il mancato riconoscimento di questa patologia può condurre a conseguenze molto gravi nel breve e nel lungo termine. L’importanza di una diagnosi differenziale corretta è ancora più rilevante oggi con la disponibilità di terapie estremamente efficaci e in grado di modificare radicalmente il corso della malattia in termini di morbilità e di mortalità.

La persistenza di una quadro di MAT oltre le 48 ore dall’induzione del parto, soprattutto se con interessamento renale, associato al grave decorso della malattia con rischio di compromissione renale talvolta irreversibile, devono oggi indurre ad una precoce aggressività terapeutica, anche alla luce della disponibilità di soluzioni terapeutiche specifice ed efficaci, tenendo presente che quanto più precocemente si interviene nel processo patogenetico tanto maggiore è il recupero della funzione renale. Al pari di tutti i farmaci biologici svluppati negli ultimi anni per la cura di malattie rare e ultra-rare, il costo del farmaco per ogni singolo paziente è elevato.

Tuttavia, alla luce della rarità e della gravità della patologia, della scarsa efficacia delle terapie alternative, e della sicurezza del farmaco, riteniamo che l’utilizzo in fase acuta di eculizumab sia da considerarsi come quella di farmaco di prima linea, una volta certi della diagnosi di SEUa.

Per il trattamento in cronico, una volta stabilizzato il paziente, è importante trovare un equilibrio tra rischio di ricorrenza e implicazioni farmaco-economiche, di compliance e di rapporto rischio beneficio. Approcci razionali alla gestione personalizzata della terapia in cronico, per lo più basati sull’assetto genetico del paziente, sono stati tentati [21] [23] [24], ma un consensus generale non è stato raggiunto. Riteniamo comunque che sia importante coinvolgere il paziente nella decisione di come continuare il trattamento e il monitoraggio della patologia nel lungo termine.

Infatti non è chiaro se e quando la terapia possa essere ragionevolmente interrotta; il rischio di ricadute esiste soprattutto in caso di mutazione del fattore H. L’interruzione della terapia si deve accompagnare ad un attento follow-up per una precoce identificazione dei sintomi di malattia e un pronto riavvio del trattamento.

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