Marzo Aprile 2016 - Articoli originali

Nefrologia geriatrica: an overview

Abstract

Introduzione: La malattia renale cronica (MRC) è una condizione molto diffusa e la sua prevalenza è in aumento in tutto il mondo, soprattutto negli adulti di età ≥ 70 anni. Studi epidemiologici hanno dimostrato che ben il 20-54% degli adulti più anziani soffrono di MRC in stadio 3-5, ma la questione se questo eGFR inferiore è una conseguenza della malattia renale o se è il risultato di un fisiologico invecchiamento del rene è ancora discusso, anche se implica una riserva renale ridotta e una maggiore vulnerabilità al sovradosaggio farmacologico con un aumentato rischio di Insufficienza renale acuta (IRA).

Materiali e metodi: La ricerca su PubMed è stata condotta sulla letteratura inglese che descrive le attuali conoscenze su particolari e frequenti problematiche riscontrate nella malattia renale acuta e cronica negli adulti più anziani. Studi prospettici, retrospettivi, meta-analisi e le più recenti revisioni sistematiche sono stati inclusi.

Risultati: La maggior parte degli studi esaminati sono stati scartati per la popolazione errata o perché ritenuti non idonei, e solo 103 soddisfacevano i criteri di inclusione per la revisione. Gli studi inclusi nella revisione sono stati raggruppati in due aree: malattia renale acuta e cronica nei pazienti geriatrici e abbiamo analizzato i problemi peculiari e frequentemente riscontrati in questa popolazione.

Conclusioni: La popolazione geriatrica è in aumento in tutto il mondo, e bisognerebbe considerare alcuni particolari e frequenti problematiche riscontrate in questa popolazione, come la sarcopenia, la malnutrizione, il deficit psicologico e cognitivo, e il rischio aumentato di IRA, per consentire una buona qualità della vita, con un miglior rapporto medico/paziente, una maggiore aderenza alla terapia ed una riduzione dei costi di assistenza sanitaria, fino a concordare con il paziente e la sua famiglia, se possibile, un’adeguata “fine vita”. Il raggiungimento di questi obiettivi richiede un lavoro organizzato in team multidisciplinari che valutano il paziente geriatrico nella sua completezza.

Parole chiave: anziani, insufficienza renale acuta, malattia renale cronica, malnutrizione, sarcopenia, terapie palliative

 

Introduzione

La malattia renale cronica (MRC) è una condizione diffusa con una prevalenza in aumento in tutto il mondo, in particolare nella popolazione adulta con età ≥ 70 anni, dove la prevalenza negli Stati Uniti, in Europa, e in Cina è del 47%, 35% e 28%, rispettivamente [1] (full text) [2]. In Italia lo STUDIO CARHES (Cardiovascular risk in Renal patients of the Health Examination Survey) ha riportato un valore di prevalenza nella popolazione generale di 7,5% per gli uomini e 6,5% per le donne [3]. L’attuale sistema di classificazione Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (KDOQI) per la MRC si basa principalmente sul grado di riduzione del tasso di filtrazione glomerulare stimato (eGFR), che dovrebbe essere costante per almeno 3 mesi ed è classificato in cinque stadi [4]. Gli studi epidemiologici che usano questa classificazione hanno evidenziato che ben il 10% degli adulti e il 20-54% degli adulti più anziani soffrono di MRC in stadio 3-5 KDOQI[5] (full text) [6] [7], anche se la questione riguardante il metodo più appropriato di valutazione della funzione renale nell’anziano e se la riduzione del eGFR sia una fisiologica involuzione del rene legata all’età o una patologia renale con un rischio di evoluzione verso la malattia renale terminale (ESRD) è ancora dibattuta.

Il rene senile è il risultato di un processo fisiologico e multifattoriale caratterizzato da un progressivo e irreversibile invecchiamento cellulare renale [8]. Le alterazioni legate alla condizione di senescenza del rene determinano una riduzione della sua riserva funzionale. Le modificazioni strutturali includono la sclerosi globale glomerulare, la fibrosi interstiziale e l’atrofia tubulare. La ialinosi e fibrosi intimale delle arterie e la ialinosi delle arteriole si associano alla presenza di shunt tra arteriole afferenti ed efferenti. La matrice mesangiale aumenta e la membrana basale si ispessisce [9]. Da un punto di vista funzionale l’involuzione senile del rene presenta una riduzione del filtrato glomerulare e del flusso ematico renale, un aumento delle resistenze vascolari e della frazione di filtrazione. Anche la risposta a stimoli vasoattivi risulta alterata [10] (full text) [11]. Queste anomalie, caratterizzate da un’importante variabilità interindividuale, fanno si che una risposta a stimoli fisiologici possa condurre a condizioni patologiche. Un filtrato glomerulare ridotto è legato ad un normale processo di invecchiamento renale o alla MRC? Le condizioni cliniche che frequentemente caratterizzano il paziente anziano, quali patologie cardiovascolari, ipertensione arteriosa e diabete mellito, possono avere un ruolo nello sviluppo della MRC, accelerando il processo parafisiologico di senescenza renale ma resta incerto il ruolo patogenetico della senescenza cellulare renale davanti ad un caso di riduzione della funzione renale [12] (full text). Infatti, un ridotto ma stabile eGFR nei pazienti anziani può essere sufficiente a soddisfare le esigenze omeostatiche, con un corretto equilibro idroelettrolitico e acido-base, con un buon controllo pressorio, in assenza di anemia e disordini del metabolismo minerale, anche se implica una ridotta riserva funzionale con una maggiore vulnerabilità verso un danno renale acuto. Le problematiche inerenti la valutazione della funzione renale nell’anziano e il significato di un ridotto eGFR nell’anziano esulano da questa review, che si pone come scopo di identificare alcune problematiche peculiari e/o particolarmente frequenti nei soggetti anziani sia nella malattia renale cronica che nel danno renale acuto.

Materiali e metodi

Disegno dello studio

Sono state valutate le attuali conoscenze su problematiche peculiari e/o particolarmente frequenti nella popolazione geriatrica con malattia renale acuta e cronica attraverso la valutazione di trials randomizzati e controllati (RCT) e quasi-RCT. Abbiamo incluso nella ricerca studi pubblicati in letteratura biomedica e abstracts provenienti da atti di convegni o da riviste nazionali e internazionali. Pubblicazioni in lingua non inglese e non italiana sono stati esclusi a causa della mancanza di disponibilità per la traduzione. Un secondo revisore indipendente ha esaminato i risultati della ricerca e le discrepanze sono state risolte attraverso una discussione.

Motori di ricerca utilizzati

  • Cochrane Renal Group’s specialized register of RCTs
  • PRISMA: rendicontazione delle reviews e metanalisi
  • CONSORT statement: è stato utilizzato come base per la valutazione della qualità dei reporting
  • ClinicalTrial.gov
  • WHO International Clinical Trials
  • Registry Platform
  • MEDLINE
  • Libri di testo di nefrologia, articoli di revisione, e altri studi.

Risultati

Abbiamo esaminato gli studi clinici randomizzati e controllati (RCT) e quasi-RCT che valutano le attuali conoscenze su alcune problematiche peculiari e/o particolarmente frequenti nella popolazione geriatrica con malattia renale acuta e cronica. Un totale di 496 abstract e manoscritti sono stati identificati nella ricerca iniziale, di cui 257 sono stati esclusi perché ritenuti non idonei. Dopo la valutazione di qualità, 103 soddisfacevano i criteri di inclusione per la revisione. Gli studi inclusi nella revisione sono stati raggruppati in due aree: malattia renale acuta e cronica nella popolazione geriatrica e all’interno di queste macro aree abbiamo analizzato le attuali conoscenze su alcune problematiche peculiari e/o particolarmente frequenti nei soggetti anziani.

Discussione

Negli ultimi anni sono state sempre maggiormente indagate alcune problematiche peculiari e/o particolarmente frequenti nei soggetti anziani, sia nell’ambito della malattia renale cronica che del danno renale acuto.

Sarcopenia, dinapenia, malnutrizione e fragilità

La sarcopenia, la dinapenia, la malnutrizione e la fragilità sono condizioni che si riscontrano con maggiore frequenza negli anziani, in particolar modo se affetti da MRC. La Sarcopenia è stata definita dal Gruppo di lavoro europeo sulla Sarcopenia negli anziani (EWGSOP) [13] [14] come perdita di massa muscolare e diminuzione della qualità funzionale con insufficienza contrattile e anomalie metaboliche ed endocrine, che interessano tutto il metabolismo, compresa la risposta immunitaria / infiammatoria [15] (full text) (Tabella 1). La Dinapenia è la perdita della forza muscolare, associata all’età, che non è causata da malattie neurologiche o muscolari ed è definita dalla ridotta forza di impugnatura [(hand-grip test) <30 kg (uomini) e <20 kg (donne)], mentre l’obesità sarcopenica può essere definita da un elevato rapporto tra contenuto di massa grassa/ massa magra (FM/FFM) [16] [17] [18].

La prevalenza di sarcopenia negli studi clinici varia a seconda della definizione utilizzata, considerando una perdita di massa muscolare di circa l’8% per decennio fino all’età di 70 anni, con un successivo aumento della perdita fino al 13-24% per decennio [19] [20] (full text) [21], raggiungendo il 50% nei pazienti dializzati, dove rimane spesso misconosciuta o sottodiagnosticata [22]. Nella MRC molte condizioni risultano in grado di accelerare il deperimento muscolare come l’acidosi metabolica, l’assunzione ridotta di proteine e l’inattività fisica associate ad insulino resistenza, osteoporosi e deficit di vitamina D [17] [18]. Un ruolo di primo piano è stato anche attribuito al basso grado di infiammazione cronica, elemento patogenetico importante nel determinare il quadro di aterosclerosi accelerata riscontrato nella MRC [23] (full text).

La malnutrizione proteico-energetica (PEW),è un’altra problematica frequentemente riscontrata (18 – 75%) nei pazienti anziani affetti da MRC, in particolar modo se sottoposti a terapia sostitutiva [24] (full text). La Società Internazionale di Renal Nutrition and Metabolism (ISRNM) ha definito PEW come uno “stato di deplezione proteico-calorica”, che viene diagnosticata attraverso vari criteri, clinici, ematochimici e strumentali (Tabella 2) [24] (full text). Le cause di PEW nella MRC sono molteplici (Tabella 3) e possono determinare un quadro clinico denominato “Sindrome Complessa Malnutrizione-Infiammazione” (MICS) o Sindrome MIA (Malnutrizione-infiammazione-aterosclerosi) con una ridotta qualità della vita, e un aumento della morbilità e mortalità [25] [26] (full text). Pertanto la valutazione routinaria dello stato nutrizionale per la diagnosi e la gestione della MICS è raccomandata attraverso varie metodiche, come la soggettiva Global Assessment (SGA), lo score malnutrizione infiammazione (Malnutrition Inflammation Score) (MIS) costituito da quattro sezioni (storia nutrizionale, esame obiettivo, BMI ed esami laboratoristici), il cui score correla con lo stato nutrizionale, l’infiammazione e la mortalità nei soggetti dializzati [27], il Geriatric Nutritional Risk Index (GNRI),che considera l’albumina e il rapporto tra peso attuale e peso teorico ideale secondo la formula di Lorentz ed è in grado di predire il rischio di complicanze e la mortalità legate ad uno stato di malnutrizione [27].

Un’altra condizione che può essere riscontrata nell’anziano è la fragilità (“Frailty”), una sindrome biologica con ridotta riserva e resistenza ai fattori di stress che deriva dal calo di più sistemi fisiologici e determina vulnerabilità ad eventi avversi. Il termine “anziano fragile” è stato utilizzato per la prima volta nel 1974 dal Consiglio Federale sull’invecchiamento, da allora sono state date molte definizioni di “fragilità” ma Fried et al. [28] sono stati i primi a definire un fenotipo di fragilità ed a distinguerlo dalla disabilità e dalle comorbilità (Tabella 4).

Fragilità, malnutrizione, sarcopenia e dinapenia si associano a ridotte prestazioni fisiche, disabilità, peggiore qualità di vita e ridotta sopravvivenza e possono essere causati dall’invecchiamento, dalla MRC o da entrambe le condizioni, infatti è probabile che alcuni aspetti della MRC come il metabolismo alterato delle proteine, l’infiammazione, lo stress ossidativo, e l’anemia accelerino l’invecchiamento portando ad un quadro di fragilità [29] (full text). In questi pazienti il supporto nutrizionale attraverso integratori alimentari ed altri interventi nutrizionali appare fondamentale [26] (full text), ma negli ultimi anni si è dato sempre maggiore importanza all’attività fisica raccomandando una valutazione routinaria dell’attività e della funzione fisica e incoraggiando l’utilizzo dell’attività fisica costante e moderata nella pratica clinica, considerando eventuali limitazioni ortopediche, cardiovascolari o neurologiche attraverso la somministrazione di questionari self report [(Short Form-36 (SF36), Patient Reported OutcomesMeasurement Information System (PROMIS), Katz, Independence in Daily Living questionnaire (ADL), Lawton, Instrumental Activities of Daily Living (IADL)], l’utilizzo di valutazioni strumentali (test cardio-polmonare, valutazione muscolare) e di “field” test per valutare la mobilità e le capacità fisiche (Gait Speed, Walking Tests, Chair Stands etc) [30] (full text).

Dialisi o terapia conservativa-palliativa

Il numero complessivo di pazienti molto anziani (> 79 anni di età) che necessitano di terapia sostitutiva renale è in aumento nelle società occidentali, costringendo ad una scelta nella gestione della ESRD tra emodialisi (HD), dialisi peritoneale (DP), e terapia conservativo-palliativa[31] (full text) [32]. La fragilità, la malnutrizione e la sarcopenia determinano un forte impatto negativo sullo stato generale di salute e sulla prognosi dei pazienti anziani, influenzando la scelta del trattamento sostitutivo renale [33] [34]. Il dilemma se intraprendere la dialisi o accettare un approccio conservativo sostenuto da cure palliative interessa non solo un gran numero di anziani ma anche le loro famiglie e le risorse sanitarie. Recenti evidenze suggeriscono che molti pazienti oltre i 75 anni di età con più comorbidità hanno una aspettativa di vita e una qualità della vita notevolmente ridotte con un trattamento sostitutivo [35] (full text)[36]. Una comparazione tra le due terapie appare complesso in quanto è difficile indicare un inizio della terapia palliativa, ma utilizzando un eGFR fisso prima di iniziare la dialisi, alcuni studi hanno suggerito una eguale sopravvivenza dei pazienti anziani con comorbidità multiple o scarsa funzionalità fisica in terapia conservativa o in dialisi, mentre altri autori riportano addirittura una maggiore sopravvivenza con la terapia palliativa [37] [38] [39]. I pazienti anziani in terapia sostitutiva hanno comunque esigenze diverse rispetto ai pazienti più giovani, pertanto si dovrebbe pensare anche a terapie sostitutive personalizzate [40] (full text), come la home dialisi o la dialisi peritoneale assistita. La selezione delle alternative più adeguate dovrebbe essere su misura per soddisfare le esigenze individuali, considerando variabili come la scelta del paziente, lo stato psico-clinico, e il contesto sociale e familiare, analizzate dal punto di vista nefrologico, geriatrico e psicologico, che mira non solo a prolungare l’aspettativa di vita ma anche a migliorare la qualità della vita del paziente. La Pianificazione Preventiva della Cura (PCP) è un processo di discussione tra un individuo e il suo medico per quanto riguarda le preoccupazioni, gli obiettivi, le preferenze, la prognosi e la terapia futura [41] [42]. Pertanto risulta fondamentale una corretta informazione al paziente ed ai familiari riguardo alla prognosi, all’aspettativa di vita, alla qualità della vita, ai rischi, ai benefici ed agli oneri della terapia offerta. Per i pazienti in cui si decide di effettuare una terapia conservativa-palliativa è necessaria una attenta gestione del paziente che miri al trattamento dell’anemia, dell’acidosi metabolica, dell’ipertensione, con attenzione all’equilibrio dei fluidi, controllo dei sintomi, soprattutto il dolore, ma anche i problemi di salute mentale, come la depressione, tenendo sempre presente i bisogni spirituali del paziente, infatti la spiritualità e la religiosità svolgono un ruolo importante nel rapporto medico-paziente e nella qualità della vita, arrivando ad una adeguata “fine vita”, spesso attraverso una collaborazione tra nefrologo e palliativista, in strutture chiamate hospice [43] [44][45] (full text).La conoscenza prognostica dell’outcome del paziente anziano può indirizzare o influenzare le scelte terapeutiche, ma spesso dipende principalmente dalla natura personale del giudizio clinico. Uno strumento prognostico attualmente utilizzatosi basa sulla presenza di cinque variabili quali l’età avanzata, la demenza, la malattia vascolare periferica, la diminuzione di albumina e la risposta ‘no’ a ‘saresti sorpreso se il paziente morisse nei prossimi 6 mesi?’ [46]. Negli ultimi anni si sono sviluppati indici come il Multidimensional Prognostic Index (MPI)[47] (full text) che è un indice prognostico di mortalità a breve (1 mese) e lungo-termine (1 anno) basato su informazioni ottenute da una Valutazione Multidimensionale (VMD) del soggetto anziano (Tabella 5), suddividendo in lieve-moderato-severo il rischio di mortalità di un soggetto anziano, aiutando pertanto notevolmente il medico in una così difficile scelta.

Disturbi neuro-psico-cognitivi

I deficit psicologico-cognitivi hanno un’elevata e crescente prevalenza nei pazienti anziani con MRC in terapia conservativa o sostitutiva (30-80% nei pazienti in HD) [48], anche se sono spesso sotto-diagnosticati [49] [50]. Il quadro clinico è caratterizzato da rallentamento esecutivo e motorio, deficit cognitivi di memoria e linguaggio, ed è attribuito a malattie della sostanza bianca cerebrale, a infarti cerebrali spesso clinicamente silenti [51], ad alterazioni ematochimiche, idroelettrolitiche ed acido base tipiche di questi pazienti [52]. Il deficit cognitivo può compromettere l’aderenza al trattamento interessando l’efficienza delle attività quotidiane, come l’assunzione corretta dei farmaci e le regole alimentari ed è un predittore significativo di elevata morbilità e mortalità nei pazienti in terapia sostitutiva. Inoltre i pazienti con MRC presentano un più elevato tasso di disturbi psicologici come la depressione associata al deficit di Vitamina D e ad una patogenesi infiammatoria [53] (full text). Queste patologie riducono notevolmente la qualità della vita e hanno un impatto negativo sulla compliance del paziente, sull’outcome clinico e quindi sulla spesa sanitaria [54] (full text). Inoltre nella pratica clinica corrente i fattori da misurare per valutare l’appropriatezza degli interventi non sono solo la semplice dicotomia vivo/morto ma interessano anche i sintomi, lo stato generale di salute e la soddisfazione della cura consentendo una buona compliance del paziente con notevole risparmio della spesa sanitaria nazionale. Per tale motivo può essere importante la valutazione delle capacità cognitive, dello stato di salute psicologica e della qualità della vita dei pazienti anziani con MRC attraverso la semplice somministrazione di test diagnostici, come il Mini-Mental State Examination (MMSE) [55], il Montreal Cognitive Assessment (MoCA) [56] (full text), il Geriatric Depression Scale (GDS) [57] e il Short Form 36 Health Survey (SF-36) (Tabella 6), che consentono un successivo invio se necessario a specialisti competenti come geriatri, neurologi, psicologi o psichiatri, infatti anche in questo ambito appare sempre più necessaria la collaborazione di un team multidisciplinare.

Ipertensione arteriosa nel paziente anziano

Più della metà dei pazienti anziani affetti da MRC soffre di ipertensione arteriosa, che può contribuire alla progressione della MRC e ad aumentare il rischio cardiovascolare. Le classificazioni dell’Ipertensione Arteriosa, in passato, sia quella del World Health Organization-International Society of Hypertension (WHO-ISH) [58] che quella del Joint National Committee (JNC) [59] (full text), non hanno mai previsto, nessun criterio di differenziazione per età. Solo recentemente il Joint National Committee (Comitato Nazionale Congiunto, JNC) ha pubblicato l’ottava versione delle linee guida per la gestione dell’ipertensione negli adulti, dove per la prima volta vengono segnalati target differenti in base all’età [60], infatti l’American Society of Hypertension (ASH) / International Society of Hypertension (ISH) insieme con le linee guida canadesi, Hypertension Education Program utilizzano un cut-off di età maggiore di 80 anni per un target terapeutico di PA <150/90 mmHg. In Europa, la Società Europea di Cardiologia (ESC)e di Ipertensione (ESH) aveva pubblicato lo scorso anno l’aggiornamento delle “Guidelines for the management of arterial hypertension” [61], che assegnavano particolare importanza al fattore età (con orientamenti anche per la classe degli over 80) fornendo specifici target di trattamento, ma a differenza delle raccomandazioni del gruppo JNC 8, hanno aggiunto la variabile della fragilità, raccomandando un approccio su misura per il paziente anziano fragile <80 anni di età utilizzando obiettivi individualizzati [62] (full text).

Particolarmente frequente e quasi caratteristica negli anziani, è l’ipertensione sistolica isolata, con pressione arteriosa sistolica superiore a 159 mmHg e diastolica inferiore a 90 mmHg, con una prevalenza che arriva fino al 23,6% all’età di 80 anni ed è ormai definitivamente accertato che non è un innocuo indice di invecchiamento ma aumenta il rischio cardiovascolare, indicando una ridotta compliance delle grandi arterie [63]. Ulteriori indici prognostici negativi nella popolazione anziana sono l’ipotensione ortostatica, sia sistolica che diastolica, valutata eseguendo determinazioni della pressione arteriosa dopo 1, 3 e 5 minuti di ortostatismo, la aumentata variabilità pressoria nelle 24 ore e le alterazioni del ritmo circadiano che rendono particolarmente indicato effettuare un Monitoraggio pressorio delle 24 ore (ABPM), per la ricerca di episodi di ipotensione, soprattutto ortostatica, post-prandiale e notturna, in quanto se prolungati o ripetuti nel tempo, possono provocare danni ischemici a livello cerebrale [64]. Nell’anziano bisogna inoltre tener conto di fattori come la pseudoipertensione che può sovrastimare i valori di pressione arteriosa alla tradizionale misura indiretta (sfigmomanometrica), in tal caso può essere presente il segno di Osler, ovvero la persistente palpabilità della arteria radiale sclerotica, che appare come un cordoncino rigido non pulsante[65] e la presenza del gap auscultatorio caratterizzato dalla normale comparsa dei toni di Korotkoff durante la desufflazione del manicotto, con successiva scomparsa prima del raggiungimento della pressione diastolica, e ricomparsa a valori inferiori, con sovrastima dei valori diastolici e/o sottostima di quelli sistolici [66]. Questi segni sono un indice di aumentata rigidità della parete arteriosa spesso in associazione con sclerosi e calcificazione dei vasi di medio e grande calibro e soprattutto con la mediocalcinosi di Monckeberg, patologia vascolare associata a calcificazione della tonaca media a livello delle arterie di piccolo calibro, riscontrata frequentemente nei pazienti affetti da MRC e diabete mellito [66]. Nel paziente anziano risulta particolarmente importante per una efficace gestione terapeutica, la stratificazione del rischio cardiovascolare globale, proprio a causa delle frequenti comorbidità. La terapia dell’ipertensione arteriosa con o senza MRC prevede l’adozione di misure comportamentali, quali una dieta salutare, esercizio fisico moderato, eventuale cessazione dell’abitudine al fumo, riduzione del consumo di alcolici e l’assunzione di farmaci specifici come gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) o i bloccanti del recettore per l’angiotensina (ARBS) nei pazienti con MRC, proteinuria e/o diabete [67]. Nella popolazione anziana, in particolare pazienti in ESRD in trattamento sostitutivo, ed altre categorie di pazienti affetti da patologie croniche, bisogna considerare anche il fenomeno “dell’epidemiologia inversa” o “fattore di rischio paradosso”, per cui elevati livelli di BMI, colesterolo e pressione arteriosa sono associati ad un minor rischio di morte tra i pazienti anziani [68]. I meccanismi ipotizzati sono molteplici, migliore stabilità emodinamica negli obesi, protezione delle adipochine verso il TumorNecrosisFactorα (TNFα), protezione delle lipoproteine nei confronti delle endotossine, e tossine lipofiliche sequestrate nel tessuto adiposo. L’epidemiologia inversa dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare può avere un impatto sulla gestione della popolazione geriatrica, quindi merita ulteriore attenzione e forse nuovi target di tali fattori di rischio dovrebbero essere valutati per la popolazione anziana. Un altro importante aspetto da considerare è il decadimento cognitivo, infatti negli anziani l’ipertensione arteriosa è associata ad un aumento dei tassi di incidenza di demenza, tra cui la malattia di Alzheimer e la demenza vascolare [69] (full text). Nagai et al. [70] hanno riportato una correlazione fra ipertensione arteriosa e demenza, e nello studio HYVET [71] l’indapamide, con o senza perindopril, ha ridotto significativamente non solo il rischio di morte e di eventi cardio e cerebrovascolari ma anche la demenza nel soggetto molto anziano, dato confermato anche dallo studio di Li et al [72] (full text) che ha mostrato come l’uso degli ARBS sia associato ad una significativa riduzione d’incidenza e progressione della malattia d’Alzheimer e della demenza. In caso di ipertensione resistente alla terapia farmacologica, che si verifica quando il target pressorio raccomandato non viene raggiunto in presenza di adeguate misure comportamentali e almeno tre classi di farmaci antipertensivi, compreso un diuretico, assunto alla dose massima raccomandata o massima tollerata [73], può essere utile il dosaggio dell’aldosterone plasmatico (PAC) e dell’attività reninina plasmatica (PRA) (rapporto Aldosterone/renin ratio (ARR) (PAC/PRA) <30-40 ng/dl) per la ricerca dell’iperaldosteronismo secondario, condizione frequente nella popolazione anziana per la presenza di stenosi dell’arteria renale, sindrome delle apnee notturne o altre cause di ipovolemia come scompenso cardiaco, cirrosi epatica, eccessiva terapia diuretica etc. [74]. Questa valutazione risulta importante considerando che l’aldosterone determina un quadro di infiammazione e fibrosi sistemica in particolare a livello dei cardiomiociti e delle cellule muscolari lisce vascolari ed è responsabile anche dello sviluppo della sindrome metabolica con ipertensione, disfunzione endoteliale e resistenza all’insulina, aumentando notevolmente la morbilità e la mortalità cardiovascolare [75]. Pertanto questi pazienti potrebbero trarre giovamento da una terapia con farmaci antialdosteronici oltre alla eventuale correzione della patologia ritenuta responsabile [76].

Trapianto renale nel paziente anziano

Il trapianto di rene è la terapia di scelta per un paziente con ESRD, spesso anche in un paziente anziano, ma sebbene il numero di pazienti con ESRD è in costante aumento, il numero totale di trapianti di rene rimane quasi invariato [77]. Con una carenza di organi persistente e tassi di scarto elevati, negli ultimi anni si è cercato di estendere l’età del donatore e l’età del ricevente, utilizzando la donazione di organi marginali e l’utilizzo di trapianto di rene doppio per ottimizzare i risultati [78]. Pertanto sono stati utilizzati reni normalmente rifiutati per il trapianto: innesti non ottimali da donatore cadavere, donatori a cuore non battente, donatori marginali come anziani, ipertesi, diabetici, obesi, affetti da nefrolitiasi, o donatori viventi con una storia di tumore maligno, con potenziali infezioni trasmissibili o con cisti renali [79]. Il Senior Program Eurotransplant [80] (full text) è stato stabilito come un sistema di ripartizione ‘vecchio per vecchio’ sottolineando l’importanza di mantenere brevi tempi d’ischemia a freddo e tecniche di conservazione e allocazione innovative. I problemi più comuni con l’utilizzo di reni non ottimali nel trapianto renale, sono il ritardo nella ripresa di funzionalità dell’organo e il fallimento del trapianto a breve o lungo termine, anche se i primi risultati a lungo termine mostrano una eguale sopravvivenza sia del paziente che dell’organo trapiantato rispetto ai trapianti non marginali, ovviamente se effettuata una adeguata e standardizzata valutazione bioptica pre-trapianto [81] [82] (full text), consentendo una riduzione delle liste di attesa.

Patologie oncologiche nel paziente anziano e conseguenti nefropatie

Nel paziente anziano risulta molto frequente la patologia oncologica che può presentare molteplici complicanze a livello renale: farmacologiche, ostruttive, chirurgiche, e in caso di nefrectomia un frequente peggioramento della funzione renale per scarsa capacità compensatoria dell’organo vicariante con una funzione già parzialmente compromessa [83]. Inoltre vi sono patologie tumorali, come il mieloma multiplo, che è la seconda forma più comune di tumore maligno ematologico dopo il linfoma non-Hodgkin, che possono coinvolgere direttamente il rene, e rappresenta la malattia ematologica più spesso associata ad insufficienza renale acuta, oltre ad essere in costante crescita nella popolazione anziana [84]. Bisogna anche considerare la eliminazione, spesso renale, dei farmaci chemioterapici e/o biologici, pertanto la compromissione renale acuta o cronica può ritardare e/o impedire la corretta somministrazione dei farmaci richiesti per trattare la patologia oncologica. Inoltre possono essere presenti problematiche legate alla ostruzione a livello renale o delle vie urinarie per aderenze dovute alla masse tumorali e/o ad interventi chirurgici [85] (full text).

Insufficienza renale acuta nell’anziano

Il rischio di sviluppare un danno renale acuto è significativamente aumentato negli anziani, sia per i cambiamenti anatomo-funzionali renali e sistemici dovuti all’età, che per le comorbidità e la terapia farmacologica [86], infatti uno studio condotto su 430 pazienti ha mostrato il danno renale acuto come la causa più frequente di biopsia renale nel paziente anziano [87] (full text). L’eziologia dell’insufficienza renale acuta (IRA) è spesso multifattoriale, anche se in talune situazioni si può riconoscere un’eziologia specifica. Tra le più frequenti cause di IRA nell’anziano, con una prevalenza fino all’ 11% in ambiente ospedaliero con conseguente prolungamento dei tempi di degenza ed aumento della morbilità e mortalità, è la crontrast induced nephropathy (CIN) [88] (full text), determinata dall’utilizzo sempre più frequente in radiologia diagnostica e interventistica del mezzo di contrasto (mdc) iodato somministrato per via endovenosa e/o endoarteriosa. Attualmente l’incidenza di CIN negli anziani è stimata intorno al 6%- 14% [89] (full text), infatti l’età è un fattore predittivo indipendente, con un rischio cinque volte maggiore nei pazienti di età superiore ai settanta anni, indipendentemente dagli altri fattori di rischio, come il diabete, la MRC, l’ipercalcemia, le infezioni, la disidratazione e la proteinuria, peraltro maggiormente presenti nei pazienti anziani. Andranno inoltre ricercate anche le nefropatie associate alla presenza di una componente monoclonale o di una paraproteina prodotta in eccesso (mieloma multiplo, gammopatia monoclonale, Waldestrom, amiloidosi, malattia da deposito di catene leggere etc.), in quanto responsabili della cast nephropathy [90]. Attualmente queste patologie non rappresentano più una controindicazione assoluta ad eseguire una indagine con mdc iodato, anche perché vengono utilizzati prevalentemente mdc non ionici dotati di maggior tollerabilità. La prevenzione della CIN richiede dunque l’identificazione dei pazienti suscettibili di un danno renale acuto, l’eliminazione di fattori di rischio e le opportune misure di follow-up, oltre agli ormai abbastanza standardizzati protocolli di idratazione [91] (full text). In caso di peggioramento della funzione renale andranno considerate anche altre cause come la malattia renale ateroembolica spesso sottodiagnosticata, la cui esatta incidenza non è ancora del tutto nota [92]. Il rilascio di placche di colesterolo nel circolo sistemico, può avvenire spontaneamente, dopo procedure intravascolari o dopo l’utilizzo di farmaci anticoagulanti e trombolitici [93] (full text). Dal punto di vista storico, Panum per primo ha descritto questa patologia nel 1862 [94], nel 1945, Flory ha pubblicato una serie di studi autoptici [95] e successivamente, Thurlbeck e Castlemann hanno riportato un incidenza del 4% nei soggetti di età superiore ai 65anni con lieve aterosclerosi [96]. Attualmente la prevalenza autoptica è piuttosto elevata, 15-17% nei pazienti con più di 65 anni e aterosclerosi severa, ma arriva al 31-33% nei pazienti con aneurisma aortico e dopo manipolazione aortica (arteriografie, coronarografie, angioplastiche o chirurgia degli aneurismi aortici) [97], le possibili ragioni includono una maggiore consapevolezza clinica, una maggiore longevità dei pazienti con malattia vascolare aterosclerotica, l’aumento del numero di procedure vascolari invasive e il maggiore uso di trombolitici e anticoagulanti nella pratica clinica [98]. La natura sistemica della malattia ateroembolica rende difficile la diagnosi, anche se la triade classica di un evento scatenante, IRA e lesioni cutanee, sono fortemente indicativi di questa patologia. L’eosinofilia supporta ulteriormente la diagnosi, di solito confermata dalla biopsia di un organo colpito o dal ritrovamento di cristalli di colesterolo nella circolazione retinica con esame fondoscopico [93] (full text).

La politerapia perla gestione di malattie croniche, ovvero l’uso combinato di numerosi farmaci (antibiotici, antipertensivi, anti-infiammatori non steroidei, anticoagulanti, chemioterapici, biologici, antiretrovirali, stabilizzatori dell’umore, immunosoppressori etc), è comune nei pazienti anziani con aumento del rischio di eventi avversi e interazioni farmacologiche oltre alla ridotta aderenza alla terapia, contribuendo ad uno scarso controllo della malattia, a ricoveri ricorrenti, e ad una aumentata mortalità [99] (full text) [100]. I differenti farmaci possono creare un danno renale agendo in maniera differente, infatti l’IRA può essere dovuta ad un’ipersensibilità acuta o ad una intossicazione cronica da accumulo (nefropatia tubulointerstiziale cronica, spesso dovuta all’abuso di FANS), dove il danno tubulo-interstiziale è proporzionale alla dose e alla durata dell’esposizione al farmaco (Dose-dipendente) [101] (full text). Il litio (farmaco stabilizzatore dell’umore usato nel disturbo bipolare) può provocare un diabete insipido nefrogenico per tossicità sui tubuli collettori (interferenza con l’azione dell’ADH, ridotta espressione delle acquaporine), determinando delle microcisti nei tubuli distali e collettori fino a provocare fibrosi interstiziale diffusa [102]. Ciclosporina e Tacrolimus, possono portare ad un danno renale acuto da sovradosaggio o ad un danno renale cronico dopo prolungata assunzione, con fibrosi interstiziale localizzata o diffusa e ialinosi arteriolare che si manifesta con danno tubulare e successivamente glomerulare con riduzione del eGFR [103] (full text). L’uso di farmaci che alterano l’emodinamica renale è una causa crescente di IRA negli anziani, infatti gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACEI)e i sartani (ARB) sono ampiamente utilizzati, così come i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) che determinando una inibizione a livello della ciclossigenasi, alterano il flusso plasmatico renale e quindi il filtrato glomerulare, soprattutto nei pazienti con volemia ridotta, condizione spesso presente nella popolazione anziana [104] (full text). Esistono anche patologie più rare da metalli pesanti dovute ad esposizioni prolungate per motivi occupazionali (fonderie, fabbrica di vernici, porcellane, batterie) o ambientali (condutture idriche o alimenti coltivati in zone inquinate) [105].

In un paziente anziano con una fisiologica riduzione del flusso plasmatico renale e del filtrato glomerulare ed una ridotta riserva renale rispetto al paziente giovane, una ulteriore riduzione della perfusione renale associata all’attività simpatica ed al rilascio di sostanze vasocostrittrici durante una ipotensione acuta può portare ad un quadro di IRA. La disidratazione, la ridistribuzione interna dei liquidi, la riduzione della gittata cardiaca e l’utilizzo di alcuni farmaci, sono responsabili della maggioranza degli episodi di IRA nella popolazione geriatrica[106]. Tra le cause più frequenti di disidratazione vi sono vomito, diarrea, emorragie, o sudorazione eccessiva, associati ad un introito insufficiente di liquidi e / o ad un uso improprio di diuretici. In uno studio condotto su 122 pazienti di età superiore ai 70 anni, più della metà dei casi di IRA era secondaria a disidratazione [107] (full text). Nei pazienti anziani vi è inoltre una diminuita capacità di concentrazione urinaria, la perdita della regolazione del senso della sete, per un fisiologica alterazione a livello del tubulo distale renale e dell’ipotalamo cerebrale, una ridistribuzione interna dei liquidi e una ipoproteinemia [108] (full text). La disidratazione negli anziani rappresenta un fattore indipendente di maggior spesa sanitaria, ed è direttamente associata ad un aumento dei ricoveri in ambiente ospedaliero e in terapia intensiva, e soprattutto nei pazienti con moderata o grave iponatriemia, ad un aumento del tasso di riospedalizzazione, con una aumentata mortalità, pertanto rappresenta un potenziale bersaglio per un intervento di riduzione della spesa sanitaria e per migliorare la qualità di vita dei pazienti [86] [108] (full text).

L’ostruzione delle vie urinarie è una condizione la cui prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età, interessando prevalentemente la popolazione geriatrica ed è principalmente dovuta a iperplasia prostatica benigna, vescica neurogena, carcinoma della prostata, neoplasie pelviche o retro-peritoneali (linfoma, carcinoma della vescica, cervice, utero, ovaie o retto). L’iperplasia prostatica benigna colpisce il 50% dei soggetti di età compresa tra 50 anni e 90 anni e il 90% dei soggetti ultranovantenni [109]. L’ostruzione delle vie urinarie può anche essere dovuta alla presenza di calcolosi, nefropatia da urati (forma acuta e cronica), nefropatia ipercalcemica e nefrocalcinosi da iperparatiroidismo primitivo o secondario (negli anziani, prevalentemente secondario), mieloma multiplo, sarcoidosi, metastasi ossee osteoblastiche, sindromi paraneoplastiche, aumento di assunzione di calcio con la dieta, intossicazione da vitamina D, oppure può essere determinata da radiazioni, in genere conseguenti a irradiazione terapeutica per tumori della regione renale o retroperitoneale. Le nefropatie da ipercalcemia e iperuricemia si possono presentare anche in corso di crisi blastiche o nel trattamento con chemioterapici dei tumori ematologici per lisi cellulare [110] (full text).

La patologia ostruttiva si può manifestare in modo asintomatico, con scarsi sintomi clinici oppure con un quadro di IRA anche se solo in una piccola percentuale di pazienti si verifica una progressione verso l’ESRD. Le principali complicanze sono le sovrainfezioni e la terapia è, se possibile, la rimozione della causa ostruttiva e/o la risoluzione della patologia di base [111] [112].

Le infezioni delle vie urinarie sono una delle principali cause di morbilità e di spesa sanitaria in pazienti di tutte le età, spesso sottovalutata nella popolazione geriatrica, dove rappresentano invece una delle più importanti cause di mortalità ospedaliera per shock settico [113] (full text). I principali fattori di rischio sono il cateterismo a permanenza e/o le manovre strumentali, le disfunzioni neurologiche vescicali (derivanti da traumi spinali, patologie degenerative, neuropatie periferiche), il diabete mellito per le alterazioni metaboliche e per la ridotta fagocitosi (glicosuria, neuropatia), il trapianto renale a causa della terapia immunosoppressiva (devono essere ricercati agenti come poliomavirus, citomegalovirus etc.) e le uropatie ostruttive, per la stasi urinaria e per la riduzione del potere battericida della mucosa vescicale, situazioni frequentemente riscontrate nei pazienti anziani e il reflusso vescico-ureterale, maggiormente riscontrato nei pazienti giovani ma spesso misconosciuto negli anziani [113] (full text) [114].

Conclusioni

La popolazione geriatrica presenta delle problematiche peculiari e/o particolarmente frequenti che bisogna considerare sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico, come le alterazioni dello stato nutrizionale, del sistema muscolare, dello stato neurologico e psicologico, tenendo conto anche dello stato spirituale del paziente. Infatti attualmente non è possibile concentrarsi solo sulla sopravvivenza del paziente ma bisogna ottenere una buona qualità della vita fino a concordare con il paziente e i suoi familiari, se possibile una adeguata “fine vita”. Pertanto sempre più è necessario un lavoro in team con geriatri, nutrizionisti, palliativisti, psicologi, psichiatri e neurologi per consentire una qualità della vita adeguata con un miglior rapporto medico/paziente, una maggiore aderenza alla terapia e quindi un risparmio della spesa sanitaria, tenendo presente la crescente numerosità della popolazione geriatrica mondiale.

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Tabella 1
Criteri diagnostici di Sarcopenia
Criteri diagnostici di sarcopenia
ridotta massa muscolare (LMM), valutata dall’indice di massa muscolare scheletrica ≤ 8.90kg/m2 (uomini) e ≤ 6.37kg/m2 (donne)
ridotta forza muscolare (LMS), valutata attraverso l’hand grip con forza <30kg (uomini) e <20 kg (donne)
ridotte prestazioni fisiche (LPP) valutate con una ridotta velocità di camminata di ≤ di 0,8 m/s
La diagnosi di sarcopenia richiede la presenza di LMM + LMS o LPP
Tabella 2
Criteri diagnostici di malnutrizione proteico-energetica (PEW)
Criteri diagnostici di malnutrizione proteico-energetica (PEW)
Misure antropometriche
BMI,Forza muscolare, Hand grip, MAMC
Composizione massa corporea: massa magra/massa grassa
Perdita peso non intenzionale
Analisi ematochimiche
Albumina, prealbumina, transferrinemia, linfociti, colesterolemia totale, trigliceridemia, emoglobina, proteine totali, proteina C reattiva, % saturazione della transferrina, azotemia, creatininemia
Valutazione appetito e introito dietetico
Subjective Global Assessment (SGA),

Malnutrition Inflammation Score (MIS),Geriatric Nutritional Risk Index (GNRI),

Introito calorico (DEI), Introito proteico (DPI)

Diagnosi di PEW
BMI <23 Kg/m2,

Albumina < 3,8 g/dL, Prealbumina<30 mg/dL, Colesterolo tot<100 mg/dL,

DEI< 25 Kcal/Kg/die, DPI<0,8 g/kg/die, Perdita peso: 5% in tre mesi; 10% in 6 mesi,

MAMC <10%; Massa muscolare: 5% in tre mesi; 10% in 6 mesi

Abbreviazioni: BMI, body mass index; MAMC, Circonferenza muscolare dell’avambraccio;

Tabella 3
Cause di malnutrizione proteico-calorica nella malattia renale cronica

Cause di malnutrizione proteico-calorica nella malattia renale cronica
Anoressia, insulino resistenza, diabete
Deficit vitamina d, iperparatirpoidismo
Infiammazione, acidosi metabolica, anemia
Eccessiva prescrizione dietetica
sovraccarico di volume
Fattori associati al trattamento dialitico (idiosincrasia ad alcuni componenti del circuito di dialisi, membrane di dialisi, fistola a-v)
Comorbidità: età, diabete mellito, malattie cardiovascolari, patologie neurologiche degenerative, patologie ematologiche, infezioni
Tabella 4
Criteri diagnostici di Fragilità
Criteri diagnostici di frailty
Dimagrimento: perdita di peso (non intenzionale) Sarcopenia (perdita di massa muscolare)
Baseline:>10 Kg perduti involontariamente nell’anno precedente o, al follow-up, dimagrimento ≥ 5% del peso corporeo rispetto al precedente anno (mediante misurazioni dirette del peso).
Debolezza: Forza misurata con l’hand Grip: più basso del 20% (per sesso e indice di massa corporea)
Scarsa resistenza: “Esaurimento” muscolare (self-report)
Lentezza: Tempo di percorrenza / 15 piedi: più lento del 20% (per sesso e altezza)
Attività bassa: Kcal / settimana: più bassi del 20%. Un punteggio ponderato di chilocalorie consumate a settimana è stato calcolato al livello basale per ogni genere (Maschi: <383 kcal / settimana; Femmine: <270 kcal / Settimana)
Presenza di Frailty
-Positiva: ≥3 criteri presenti
-Intermedia o prefrailty: 1 o 2 criteri presenti
Tabella 5
Multidimensional Prognostic Index (MPI)
L’MPI è calcolato da parametri che valutano i seguenti 8 domini della VMD
1.Activities of Daily Living (ADL)
2.Instrumental Activities of Daily Living (IADL)
3.Short Portable Mental Status Questionnaire (SPMSQ)
4.Mini Nutritional Assessement (MNA)
5.Scala di Exton-Smith
6.Comorbidity Index Rating Scale (CIRS)
7.numero di farmaci
8.stato abitativo

Abbreviazione: VMD, Valutazione Multidimensionale

Tabella 6
Test psicodiagnostici per la valutazione dello stato neuro-psico-cognitivo e della qualità della vita

TEST NEURO-PSICO-COGNITIVI
Valutazione delle capacità cognitive
Montreal Cognitive Assessment (MoCA):
Il MoCA è stato progettato come strumento per un rapido screening del deterioramento cognitivo lieve. Valuta diversi domini cognitivi: attenzione e concentrazione, funzioni esecutive, memoria, linguaggio, abilità visuocostruttive, astrazione, calcolo e orientamento. Il tempo di somministrazione del MoCa è di 10 min. Il massimo punteggio possibile è 30 punti; un punteggio uguale o superiore a 26 è considerato normale.
Mini-Mental State Examination (MMSE):
MMSE è un test per la valutazione dei disturbi dell’efficienza intellettiva e della presenza di deterioramento cognitivo. Il MMSE è utilizzato come strumento di screening per la valutazione dei disturbi neuro-psico-cognitivi nei pazienti anziani con MRC. Il test è costituito da trenta item, che fanno riferimento a sette aree cognitive differenti: orientamento nel tempo, orientamento nello spazio, registrazione di parole, attenzione e calcolo, rievocazione, linguaggio, prassia costruttiva
VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLA VITA E DELLO STATO DI SALUTE
Short Form 36 Health Survey (SF-36)
SF-36 è un questionario sullo stato di salute del paziente che è caratterizzato dalla brevità (mediamente il soggetto impiega non più di 10 minuti per la sua compilazione) e dalla precisione (lo strumento è valido e riproducibile). Il questionario SF-36 può essere auto-compilato, o può essere oggetto di una intervista sia telefonica sia faccia-a-faccia.
VALUTAZIONE DELLO STATO PSICOLOGICO
Geriatric Depression Scale (GDS)
GDS è una tra le più diffuse scale per la valutazione dei sintomi depressivi nell’anziano, ma può essere usata anche nel soggetto con demenza lieve-moderata. È uno strumento composto da 30 elementi che esclude la rilevazione dei sintomi somatici e dei sintomi psicotici. Le risposte sono di tipo alternativo (sì/no) e questo rende lo strumento particolarmente indicato per i soggetti anziani con alterazioni cognitive. Il punteggio varia da 0 (non depresso) a 30 (massima gravità della depressione), con un livello soglia posto a 11, oltre il quale i sintomi depressivi sono clinicamente rilevanti.