Il trattamento della nefrite lupica, tra strategie consolidate e nuove opzioni terapeutiche: revisione narrativa

Abstract

Oltre la metà dei pazienti con Lupus Eritematoso Sistemico (LES) sviluppano nefrite lupica (NL) durante la loro storia di malattia. La diagnosi di NL, sospettata sulla base di dati clinici (proteinuria, sedimento urinario attivo, disfunzione renale) è formulata attraverso biopsia renale. Il trattamento immunosoppressivo delle classi proliferative di NL si basa su una fase di induzione dove steroidi ad alto dosaggio vengono associati a micofenolato mofetile (MMF) o ciclofosfamide, ed una successiva fase di mantenimento che affianca steroidi a basso dosaggio a MMF o azatioprina; differenti classi di farmaci (inibitori della calcineurina, anti-CD20) possono essere utilizzate come alternativa o in forme resistenti di NL, anche se il loro ruolo è meno consolidato. Studi recentemente pubblicati (o in via di conclusione) hanno aperto la possibilità di utilizzo di nuovi farmaci nella NL. In particolare, la deplezione (Obinutuzumab, anticorpo monoclonale anti-CD20) o la neutralizzazione (Belimumab, anticorpo monoclonale anti “B-cell activating factor”) dei linfociti B, e l’utilizzo di un inibitore della calcineurina a basso profilo di tossicità renale e sistemica (Voclosporina) hanno dimostrato un miglioramento della risposta renale in aggiunta alla terapia standard.

Parole chiave: nefrite lupica, terapia immunosoppressiva, lupus eritematoso sistemico

Introduzione

Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) è una malattia cronica autoimmune ad eziologia ignota che comporta la perdita di tolleranza immunologica a materiale nucleare endogeno, con scatenamento di una risposta immune multi-sistemica che porta a danno di differenti organi e tessuti [1,2]. Il LES è maggiormente prevalente in giovani donne in età fertile, ed il coinvolgimento renale (nefrite lupica, NL), è frequente. Circa il 25-50% di pazienti con LES possono presentare segni o sintomi di malattia renale all’esordio, e fino al 60% di pazienti adulti con LES sviluppano coinvolgimento renale durante la loro storia di malattia [1]. Nella NL, immunocomplessi prodotti nei linfonodi, nella milza o in altre sedi di tessuto linfatico si depositano nei glomeruli; inoltre, auto-anticorpi prodotti nel LES possono cross-reagire in situ con antigeni glomerulari (DNA, istoni, nucleosomi), in particolare della membrana basale [3]. La sede di deposizione degli immunocomplessi a livello glomerulare giustifica il fenotipo istopatologico e clinico. Depositi sub-endoteliali favoriscono disfunzione endoteliale ed influsso intra- ed extra-capillare di cellule infiammatorie (classi “proliferative” III e IV secondo la classificazione della International Society of Nephrology/Renal Pathology Society, ISN/RPS, del 2003 [4], attualmente vigente), espressi dal punto di vista clinico in danno renale acuto, proteinuria, ematuria. Al contrario, la deposizione sub-epiteliale causa danno podocitario e minor grado di infiammazione (la membrana basale glomerulare previene il contatto con lo spazio intra-vascolare), corrispondendo a lesioni istologiche di glomerulonefrite membranosa (classe V ISN/RPS) e a fenotipo clinico di proteinuria, spesso nefrosica [3]. Fattori di rischio riconosciuti per lo sviluppo di NL includono sesso maschile, giovane età ed etnia (più frequente in quelle afro-americana, asiatica ed ispanica rispetto a quella caucasica) [1,2]. Inoltre, è descritta una peggiore prognosi renale in pazienti di etnia africana/afroamericana ed ispanica, con più frequente progressione a malattia renale cronica terminale (End-Stage Kidney Disease, ESKD) [2].

 

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Eculizumab come trattamento di salvataggio nella microangiopatia trombotica secondaria a lupus eritematoso sistemico: case report e revisione della letteratura

Abstract

La microangiopatia trombotica (TMA) rappresenta una grave e frequente complicanza del lupus eritematoso sistemico (LES) ed è descritta nel 20-25% delle biopsie renali di pazienti con nefrite lupica (LN), associandosi ad una prognosi renale infausta.

Riportiamo il caso di una paziente affetta da glomerulonefrite lupica proliferativa (classe IV-G A/C), con associati evidenti aspetti di microangiopatia trombotica (TMA-LN). La paziente aveva esordito con un quadro di sindrome emolitico-uremica secondaria a LES inizialmente refrattaria alle terapie convenzionali con corticosteroidi, immunosoppressori e plasmaferesi, rispondendo invece al trattamento con eculizumab. È stata quindi condotta una revisione sistematica della letteratura al fine di confrontare la nostra esperienza con casi precedentemente descritti. Sono stati individuati 11 lavori, pubblicati tra il 2011 ed il 2018, per un totale di 20 pazienti con presentazione sovrapponibile alla nostra, che documentavano una positiva risposta clinica al trattamento di salvataggio con eculizumab. Alla luce dei risultati ottenuti, seppure i dati disponibili in letteratura siano scarsi, eculizumab appare una possibile strategia terapeutica nelle forme di sindrome emolitico-uremica atipica secondaria a LES e resistenti alla terapia convenzionale.

Parole chiave: nefrite lupica, lupus eritematoso sistemico, microangiopatia trombotica, eculizumab

Introduzione

La presenza di una concomitante microangiopatia trombotica (TMA) è nota e descritta fin nel 20-25% delle biopsie renali dei pazienti con nefrite lupica (LN) [1,2]. Di questi circa l’80% presenta TMA-LN renale isolata, circa il 10% un quadro sistemico di emolisi e trombocitopenia associata alla microangiopatia, e l’1-13% ha una concomitante sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APLs) [1,3]. TMA-LN è stata descritta in tutte le classi istologiche, ma nell’80% si associa alle classi IV o IV+V [1]. La TMA-LN presenta una prognosi renale significativamente peggiore rispetto alla LN isolata [4]. La patogenesi della TMA-LN è fortemente eterogenea e può coinvolgere la presenza di anticorpi interferenti con gli enzimi di clivaggio del fattore di Von Willebrand (ADAMTS13), azione protrombotica degli anticorpi antifosfolipidi o alterazioni dei fattori di regolazione della cascata del complemento [2]. Il ruolo centrale svolto dal complemento è confermato, oltre che dai dati laboratoristici che documentano un consumo del complemento in circa l’80% delle nefriti lupiche, dalla fissazione dei fattori di attivazione terminale (C5b-9) nel 75% delle biopsie TMA-LN [5] e dalla compresenza di C4d glomerulare e microtrombi vascolari renali, suggerendo un ruolo della via classica del complemento nel danno microangiopatico [5,6]. Anche la via alterna del complemento sembra tuttavia essere coinvolta ed è stata descritta una serie di 11 pazienti con sindrome emolitico-uremica complemento-mediata (CM-HUS) e LN, in 6 dei quali era stata identificata una mutazione causativa [7]. Inoltre, in pazienti affetti da LN sono stati riscontrati specifici anticorpi attivanti la via alterna, in particolar modo anti-C3 [8,9]. Si tratta di anticorpi IgG, appartenenti prevalentemente alle sottoclassi IgG1 e IgG3 [10], la cui presenza sembra essere correlata allo stato di attività di malattia [11]. Tali anticorpi svolgerebbero una funzione attivante la via alterna, attraverso un aumentato clivaggio di C3, con la formazione di nuove C3 convertasi in grado di amplificare l’attivazione della via stessa [9]. Inoltre, gli anticorpi anti-C3 sarebbero in grado di inibire l’interazione di C3b con il fattore regolatore CR1, interferendo sulla dissociazione del C3b mediata dal Fattore H [12]. Infine, anche l’azione opsonizzante di C3b sulle cellule apoptotiche può essere inibita dal legame con l’autoanticorpo, favorendo la soppressione della clearance macrofagica C3b-mediata [13]. Questi anticorpi sono stati associati ad un decorso più grave ed incline alla riacutizzazione della LN ma, vista la specifica azione sulla via alterna, potrebbero anche essere coinvolti nella patogenesi della TMA-LN [9,14]. Inoltre, la prognosi renale della LN sarebbe correlata a valori elevati del Bb sierico, marcatore di attivazione della via alterna del complemento, supportandone ulteriormente il ruolo centrale nella patogenesi [15]. Viste le crescenti evidenze relative al coinvolgimento di entrambe le vie del complemento nella patogenesi della LN e la necessità di trattare prontamente e con efficacia forme clinicamente aggressive altrimenti associate a scadente prognosi renale [16], è stato di recente proposto l’utilizzo di eculizumab per il trattamento di forme di TMA-LN refrattarie al trattamento convenzionale [17]. Eculizumab è un anticorpo monoclonale IgG2/IgG4 ricombinante completamente umanizzato che, legandosi alla frazione C5, blocca la formazione del complesso terminale C5b-9 con C5a e di conseguenza la via di attivazione comune del complemento [18].  L’efficacia di eculizumab è già stata dimostrata in pazienti con sindrome emolitico-uremica atipica (aHUS) complemento-mediata ed associata a trapianto renale, consentendo una stabile interruzione della plasmaferesi [19]. Inoltre, è stato utilizzato con successo nella prevenzione delle recidive di sindrome catastrofica da anticorpi antifosfolipidi (CAPS) [20]. Riportiamo di seguito un caso di TMA-LN refrattaria alla terapia convenzionale responsivo ad eculizumab somministrato come terapia di salvataggio.

 

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