La dialisi palliativa e di supporto: stato dell’arte e proposte per una buona pratica clinica

Abstract

Per dialisi “di supporto” o “palliativa” si intende il trattamento dialitico rivolto a pazienti che giungono alle fasi più avverse di malattia e nella fase finale della loro vita. Quando le condizioni di salute, le comorbidità, la prognosi sfavorevole e le complicanze legate alla malattia renale avanzata non consentono l’avvio o la prosecuzione del trattamento dialitico standard, occorre identificare i criteri con cui proporre schemi dialitici mirati, integrati con adeguate cure di supporto, sia a pazienti incidenti che prevalenti.

Questo documento riassume le raccomandazioni nefrologiche e le evidenze scientifiche in tema di approccio palliativo alla dialisi, e avanza una proposta operativa per una buona gestione clinica della dialisi palliativa. Dopo un percorso di pianificazione condivisa della cura (“shared-decision-making”) che prevede la valutazione multidimensionale del malato, l’inquadramento prognostico e l’esplicitazione degli obiettivi personali e di salute del paziente, ha inizio un iter di cura mirato a integrare le opzioni terapeutiche disponibili, l’appropriatezza e proporzionalità della cura, e le preferenze del paziente, condivise con i suoi caregiver. Con l’obiettivo di ridurre l’impatto del trattamento dialitico sulla qualità di vita, di garantire un adeguato controllo dei sintomi, di favorire la domiciliazione delle cure e ridurre le ospedalizzazioni nella fase finale della vita, proponiamo una raccolta di indicazioni che agevolino il nefrologo nel mettere in pratica misure di proporzionalità di trattamento nelle condizioni di maggiore fragilità clinica del malato, e nel favorire un percorso decisionale e di cura ad oggi sempre più necessario nella pratica nefrologica, ma non ancora standardizzato.

Parole chiave: cure palliative, malattia renale cronica, fine vita, dialisi palliativa, emodialisi, dialisi peritoneale, pianificazione condivisa delle cure

Introduzione

L’applicazione dei principi della medicina palliativa nei pazienti affetti da malattia renale ha lo scopo di alleviare le sofferenze legate alla malattia e al suo trattamento, ed è appropriata lungo l’intera traiettoria di malattia, incluso (ma non limitato a) il fine vita [1]. L’attenzione è focalizzata sul trattamento dei sintomi e sul sollievo dell’impatto psicologico, sociale e funzionale della malattia. Poiché le cure palliative trovano indicazione ben oltre gli ultimi giorni di vita, quando sono ancora in atto cure volte a prolungare la sopravvivenza, come la dialisi, le linee guida nefrologiche internazionali ne hanno definito i criteri per la popolazione affetta da malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease, CKD), e hanno introdotto il termine di “Kidney Supportive Care” (cure nefrologiche di supporto o cure simultanee), in luogo di “cure palliative” [2, 3].

Se confrontati con i pazienti oncologici, i pazienti affetti da CKD avanzata hanno più probabilità di morire in ospedale, meno probabilità di ricevere istruzioni sul fine vita, e sono gravati da analoga incidenza di sintomi severi, quale il dolore moderato-severo [4].

In Italia nel 2015 viene pubblicato un documento intersocietario (SIN-SICP) da nefrologi e palliativisti, che riassume i criteri prognostici e di identificazione precoce dei bisogni di cure di supporto nella fase finale della CKD, e suggerisce un percorso condiviso con i palliativisti di presa in carico di questi pazienti, percorso che contempla anche la rimodulazione e la sospensione della dialisi, quando in atto [5]. Questo documento ha gettato le basi per l’implementazione delle cure palliative e simultanee nel nostro paese, consentendo di sviluppare le prime esperienze condivise: presso l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento dal 2017 è stato attuato un protocollo integrato di cura per la gestione della fine della vita dei nostri nefropatici e dializzati [6]. 

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Introduzione della pianificazione condivisa delle cure (PCC) in emodialisi: un progetto pilota per l’applicazione della Legge 219/2017 nei Centri Dialisi

Abstract

In Italia la pianificazione condivisa delle cure (PCC) entra per la prima volta in un testo normativo con la legge 219/2017. La PCC si svolge all’interno di una relazione di fiducia fra il paziente e il personale sanitario: si riflette in anticipo sulle decisioni relative al fine vita tenendo conto, oltre che degli aspetti clinici, di quelli psicologici, culturali, sociali, spirituali ed etici. Il paziente si prepara alla propria eventuale incapacità di autodeterminarsi, può identificare un fiduciario ed esplicita le proprie indicazioni per le fasi di incapacità e/o per il fine vita in linea con i propri valori e i propri obbiettivi.

I pazienti affetti da malattia renale cronica avanzata (MRC) sperimentano sintomi fisici importanti associati al disagio psicologico e sociale e spesso vivono un lento declino organico e cognitivo. Nonostante questo, l’accesso alle Cure Palliative è ancora limitato nella MRC rispetto a quanto avviene per altre patologie end-stage. Da qui l’esigenza di approfondire il tema della PCC con i pazienti nefropatici avanzati.

Questo studio pilota, svolto su 3 pazienti del Centro Dialisi dell’ASST di Crema per valutare l’applicabilità della legge 219/2017 nei Centri Dialisi, evidenzia la necessità di approfondire il tema sia in termini di conoscenza da parte del personale sanitario sia in termini di accoglimento della proposta da parte dei pazienti e dei familiari. Per questo sono necessari studi più estesi con follow-up prolungato, nonché l’adeguata formazione del personale sanitario e l’informazione ed educazione della popolazione su che cos’è la PCC e sul perché è così importante per ciascuno di noi.

Parole chiave: pianificazione condivisa delle cure, malattia renale cronica terminale, dialisi

Introduzione

Che cos’è la pianificazione condivisa delle cure (PCC)?

Per “pianificazione condivisa delle cure” si intende un processo che si svolge all’interno di una relazione di fiducia tra il paziente e il personale sanitario, in cui si illustrano al paziente e alle persone a lui vicine la situazione attuale di malattia, le possibilità di cura e la prognosi e si riflette in anticipo in merito alle decisioni relative al fine vita tenendo inevitabilmente conto, oltre che degli aspetti clinici, di quelli psicologici e della dimensione culturale, sociale, spirituale ed etica del paziente [1].

Nel corso di questo processo il paziente si prepara alla propria eventuale, futura, incapacità di autodeterminarsi (e quindi di acconsentire o meno alle cure proposte), può identificare un fiduciario ed esplicita ai curanti le proprie indicazioni per le fasi di incapacità e/o per il fine vita in linea con i propri valori ed i propri obbiettivi [2].

In sintesi, la PCC permette al paziente di esprimere che cosa significhi per lui vivere e morire bene [2, 3]. 

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