Luglio Agosto 2016 - Nefrologo in corsia

La nefrite interstiziale cariomegalica: descrizione di un caso clinico atipico

Abstract

La nefrite interstiziale cariomegalica è una patologia rara, descritta per la prima volta da Burry nel 1974. La prevalenza è < 1% e l’eziopatogenesi resta sconosciuta. Istologicamente è caratterizzata dalla presenza di nuclei giganti a livello delle cellule dei tubuli renali e clinicamente si manifesta con insufficienza renale cronica evolutiva. La terapia è sintomatica (ACE-inibitori, antialdosteronici). Riportiamo il caso di una donna di 50 anni affetta da insufficienza renale in assenza di anomalie urinarie e ipertensione arteriosa. A sorpresa, la biopsia renale ha dimostrato la presenza di nuclei bizzarri e ingranditi a carico delle cellule tubulari, caratteristici della nefrite interstiziale cariomegalica. I reperti clinici e istologici del caso vengono discussi alla luce dei dati riportati in letteratura.

Parole chiave: biopsia renale, cariomegalia, insufficienza renale cronica, Nefrite interstiziale

 

Introduzione

La cariomegalia sistemica fu descritta per la prima volta da Burry [1] nel 1974 e quindi riconosciuta come nuova entità clinica da Mihatsch [2] nel 1979. Nonostante le alterazioni nucleari possano essere riscontrate a carico di più organi dal punto di vista clinico prevale il coinvolgimento renale e per questo viene definita anche come nefrite interstiziale cariomegalica (Karyomegalic Interstitial Nephritis, KIN). La KIN si manifesta generalmente nella II-III decade di vita con insufficienza renale cronica (IRC) progressiva associata ad anomalie urinarie di modesta entità, frequente movimento delle transaminasi in soggetti con anamnesi positiva per infezioni ricorrenti dell’apparato respiratorio.

Riportiamo un caso di KIN recentemente osservato presso la nostra Unità Operativa. La diagnosi è stata posta solo grazie alla biopsia renale (BR) le cui indicazioni sono state più volte discusse per le particolari caratteristiche clinico-laboratoristiche-radiologiche della paziente.

Caso clinico

Nel mese di maggio del 2015 giunse alla nostra osservazione una paziente siciliana di 50 anni in seguito al riscontro di IR stadio IV. All’anamnesi veniva segnalato uno zio materno affetto da agenesia renale unilaterale. La paziente risultava fumatrice da oltre 30 anni (15 sigarette/die), non aveva avuto gravidanze, negava allergie e l’uso di antiinfiammatori non steroidei (FANS), fitoterapici ed esposizione a metalli pesanti. Aveva sempre goduto di buona salute salvo due episodi bronchitici, di modesta entità, l’ultimo nel mese di marzo del 2015 regredito con paracetamolo e aerosolterapia ma al quale seguiva una progressiva intensa astenia. Per tale motivo si sottopose ad accertamenti con riscontro di una grave decurtazione della funzione renale (creatininemia2.6mg/dl, eGFR 21 ml/min CKD-EPI rispetto ad un precedente riscontro di normofunzione renale nel 2012), azotemia 42 mg/dl, Hb 10.0g/dl, GB 9.560, PLTS 213.000, uricemia 8.5mg/dl. Esame urine pH 6.0, PS 1.020. Proteine, emoglobina e glucosio assenti. Sedimento: negativo. Microalbuminuria 32 mg/L (v.n. <30 mg/L). ANA, anticorpi anti-DNA, ANCA, C3-C4, Elettroforesi proteica, Ig sieriche, glicemia nella norma. AST 40 U/L, ALT 32 U/L, glicemia 96 mg/dl. TSH 1.37 UI/ml, PTH 28 pg/ml. La sierologia per l’epatite B (HBsAg) e C (Anticorpi anti HCV), Citomegalovirus (CMV), Herpes-virus (HV), virus di Epstein-Barr (EBV), Toxoplasmosi risultò negativa per infezioni in corso o recenti. Alla radiografia del torace non erano evidenti lesioni pleuro-polmonari. L’elettrocardiogramma el’ecocardiogrammarisultavano nella norma. L’esame obiettivo era negativo (BMI 22.19). La pressione arteriosa era 125/75 mmHg.All’ ecografia addominale fegato, colecisti, vie biliari intra ed extraepatiche, pancreas e milza apparivano nella norma. I reni risultavano in sede, di morfologia conservata ma dimensioni ridotte (8.5 cm il destro e 9.5 cm il sinistro). Lo spessore corticale era assottigliato (12-13 mm) con lieve iperecogenicità diffusa e ridotta separazione cortico-midollare in assenza di dilatazione delle vie escretrici. All’ecocolordoppler (ECD) gli IR intraparenchimali risultavano pari a 0.70 e il velocitogramma delle arterie renali, bilateralmente singole, non evidenziava stenosi emodinamicamente significative con tracciati velocitometrici regolari (VPS 100 cm/sec, IR 0.68).

Per un corretto inquadramento nosologico della nefropatia medica si decideva di sottoporre la paziente a BR sinistra ecoguidata con ago tranciante da 16 G. Il frustolo di parenchima renale destinato alla microscopia ottica comprendeva 25 glomeruli, 13 scleroialini, i restanti privi di lesioni significative. A livello tubulare numerosi nuclei dell’epitelio apparivano megalici (Figura 1, Figura 2) e in alcuni lumi erano evidenti cilindri ialini. Vi era, inoltre, una focale atrofia tubulare con fibrosi interstiziale e minimi infiltrati infiammatori linfomonocitari. I vasi presentavano un’arteriolosclerosi di grado moderato. L’immunofluorescenza eseguita con anticorpi versoIgG, IgA, IgM, C3, C4, C1q, catene leggere kappa/lambda, fibrinogeno e l’ immunoistochimica per i Poliomavirus (SV40) risultarono negative. Nel frustolo destinato alla microscopia elettronica erano presenti 6 glomeruli, 2 in sclerosi completa. Le membrane basali erano nella norma, il mesangio lievemente espanso e privo di depositi, i pedicelli apparivano interdigitati.Nei tubuli si confermava la presenza di frequenti nuclei di notevoli dimensioni, spesso a contorno estremamente irregolare e con aspetti di rimaneggiamento cromatinico (Figura 3, Figura 4), in assenza di particelle virali.

Lo studio della citologia urinaria nella paziente e nel fratello (sano) non evidenziava atipie nucleari.

Si concludeva, pertanto, per insufficienza renale cronica stadio IV da nefrite interstiziale cariomegalica (KIN). La paziente veniva posta in terapia con ramipril ed eritropoietina. A 8 mesi dalla BR la funzione renale resta stabile (creatininemia 2 mg/dl).

Discussione

Il primo caso di cariomegalia fu descritto nel 1974 da Burry [1] in seguito al riscontro all’esame autoptico, condotto su una giovane donna di 22 anni deceduta per epatocarcinoma, di megalocitosi e cirrosi epatica associata ad una estrema displasia nelle cellule tubulari renali, nel pancreas esocrino ed endocrino. Nonostante l’Autore ritenesse verisimile che tali alterazioni nucleari fossero determinate dall’ingestione di farmaci o alimenti contaminati, gli studi tossicologici risultarono negativi e l’eziologia rimase sconosciuta. Nel 1979 Mihatsch [2] descrisse una nefropatia diagnosticata “accidentalmente” a carico di 3 pazienti, uno svizzero e due fratelli siciliani (Messina), caratterizzata da una inusuale, marcata cariomegalia coinvolgente le cellule dei tubuli renali, del fegato, colon, bronchi e polmoni. Anamnesticamente in tutti i casi erano riportate ricorrenti infezioni tonsillari e polmonari (polmoniti, pleuriti) ed una evoluzione verso l’uremia con necessità di trattamento dialitico. Nell’unico paziente trapiantato la KIN non recidivò nel graft.

In successive pubblicazioni [3] [4] [5], le alterazioni citologiche furono segnalate a carico di cellule epiteliali e mesenchimali quali le cellule muscolari lisce intestinali, le cellule di Kuppfer e dei dotti biliari, le cellule di Schwann dei nervi periferici e gli astrociti cerebrali. I nuclei furono definiti talvolta “bizzarri” perché ipercromatinici e con profili irregolari. Nonostante il frequente interessamento sistemico, la disfunzione d’organo è stata riscontrata esclusivamente a livello renale, ad eccezione del caso descritto da Tagliente [6], esordito con insufficienza polmonare progressiva tale da portare al trapianto d’organo e comparsa più tardiva di IRC. L’esame istologico autoptico dimostrò cariomegalia a carico delle cellule epiteliali degli alveoli e dei bronchi dei polmoni nativi, degli epiteli tubulari renali ma non a carico del polmone trapiantato.

La patogenesi è ancora poco conosciuta. Godin [4] e Hassen [5] suggerirono in passato un possibile ruolo dell’ocratossina A ritrovata in alte concentrazioni nel sangue e nelle urine dei pazienti descritti, probabilmente in seguito all’ingestione di alimenti di origine vegetale o animali contaminati. Alcuni Autori [4] [7] descrissero casi ad interessamento familiare, con riscontro comune dell’aplotipo HLA A9/B35, ipotizzando un difetto genetico sul cromosoma 6 quale responsabile dell’ alterato metabolismo dell’ocratossina e quindi della cariomegalia (“two hits hypothesis”).

Recentemente sono state segnalate mutazioni a carico dei geni FAN1 e FANCD2 che codificano proteine necessarie per la riparazione del DNA danneggiato [8]. Zhou ipotizza che nei pazienti affetti da KIN agenti tossici per il rene causino un danno a carico del DNA delle cellule tubulari le quali, in seguito all’ alterato meccanismo di riparazione, sviluppano le modificazioni nucleari tipiche della KIN. Inoltre, FAN1 risulta particolarmente espresso a livello renale rispetto agli altri organi interessati e questo puo’ giustificare il prevalente interessamento clinico del rene, con manifestazioni sistemiche per lo più subdole, come un aspecifico rialzo delle transaminasi.

La diagnosi di KIN può essere formulata solo dopo aver escluso altre cause di cariomegalia [9], la più frequente delle quali è rappresentata dalle infezioni virali (CMV e Poliomavirus) in soggetti immunocompromessi, istologicamente caratterizzate dalla presenza di inclusi nucleari ben evidenziabili all’ immunoistochimica. Ancora, alterazioni morfologiche similari possono essere indotte dall’esposizione prolungata a metalli pesanti (piombo), dalla terapia radiante e antimitotica.

Nella maggior parte dei pazienti descritti in letteratura la KIN si manifesta con compromissione funzionale renale di vario grado, proteinuria modesta e/o microematuria, glicosuria. Radha[10] (full text) ha riportato l’ associazione istologica di glomerulosclerosi focale segmentaria e KIN in un bimbo di 8 anni sottoposto a BR per sindrome nefrosica steroido-resistente.

La prognosi quoad valitudinem risulta infausta e l’ inevitabile progressione della KIN verso l’uremia può essere contrastata solo da una terapia nefroprotettiva basata su ACE-inibitori e antialdosteronici [11].

Il caso da noi descritto ha caratteristiche simili a quello pubblicato da Lucisano [11] e considerato dall’Autore atipico proprio per l’assenza di anomalie urinarie, ma se ne differenzia per la normalità degli indici di funzione epatica e dalla comparsa in età più avanzata (a 47 anni la paziente presentava una funzione renale nella norma). L’indicazione alla BR in assenza di reperti nefritici/nefrosici/sistemici è spesso fonte di discussione tra i nefrologi. La decisione di procedere al riscontro istologico è stata supportata, in accordo con la letteratura [12], da un inspiegabile peggioramento della funzione renale. Inoltre, abbiamo condiviso con la paziente la necessità di inquadrare la nefropatia sia a scopo terapeutico sia per valutare il rischio di “ricorrenza” della malattia in caso di trapianto. La diagnosi inaspettata di KIN ha permesso di evitare terapie immunosoppressive “ex juvantibus” (in assenza del dato istologico) e di prospettare con più serenità il trapianto non essendo descritti casi di recidiva in letteratura. Per quanto il follow-up sia temporalmente limitato, la funzione renale si mantiene stabile rispetto all’esordio. Nel timore di indurre un’iperkaliemia jatrogena, abbiamo consapevolmente evitato l’associazione del ramipril con l’antialdosteronico.

Infine, l’analisi delle citologie urinarie, suggerita da Palmer [13] come possibile test di screening per identificare forme familiari di KIN, non ha permesso di evidenziare atipie nucleari nella paziente e nel fratello sano.

In conclusione, la KIN resta una malattia rara e certamente sotto diagnosticata. I clinici potrebbero considerarla in soggetti giovani-adulti che presentino un peggioramento funzionale renale su base parenchimale, associato o meno ad anomalie urinarie, a screzio epatico, ad infezioni ricorrenti dell’apparato respiratorio. La BR rappresenta l’unica possibilità diagnostica di tale patologia e per questo andrebbe considerata in pazienti paucisintomatici, affetti da IR di difficile inquadramento.

Bibliografia

[1] Burry AF Extreme dysplasia in renal epithelium of a young woman dying from hepatocarcinoma. The Journal of pathology 1974 Jul;113(3):147-50

[2] Mihatsch MJ, Gudat F, Zollinger HU et al. Systemic karyomegaly associated with chronic interstitial nephritis. A new disease entity? Clinical nephrology 1979 Aug;12(2):54-62

[3] Tagliente DJ, Voss JS, Peters SG et al. Systemic karyomegaly with primary pulmonary presentation. Human pathology 2014 Jan;45(1):180-4

[4] Godin M, Francois A, Le Roy F et al. Karyomegalic interstitial nephritis. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 1996 Jan;27(1):166

[5] Hassen W, Abid-Essafi S, Achour A et al. Karyomegaly of tubular kidney cells in human chronic interstitial nephropathy in Tunisia: respective role of Ochratoxin A and possible genetic predisposition. Human & experimental toxicology 2004 Jul;23(7):339-46

[6] 3=6

[7] Spoendlin M, Moch H, Brunner F et al. Karyomegalic interstitial nephritis: further support for a distinct entity and evidence for a genetic defect. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 1995 Feb;25(2):242-52

[8] Zhou W, Otto EA, Cluckey A et al. FAN1 mutations cause karyomegalic interstitial nephritis, linking chronic kidney failure to defective DNA damage repair. Nature genetics 2012 Jul 8;44(8):910-5

[9] Rossini M, Coventry S, Duff DR et al. Chronic renal failure and abnormal tubular cells in 2 siblings. American journal of kidney diseases : the official journal of the National Kidney Foundation 2005 Nov;46(5):982-7

[10] Radha S, Tameem A, Rao BS et al. Karyomegalic interstitial nephritis with focal segmental glomerulosclerosis: A rare association. Indian journal of nephrology 2014 Mar;24(2):117-9 (full text)

[11] Lucisano G, Comi N, Cianfrone P et al. An uncommon presentation of an uncommon nephropathy: the karyomegalic interstitial nephritis. Journal of nephrology 2013 Nov-Dec;26(6):1188-91

[12] Dhaun N, Bellamy CO, Cattran DC et al. Utility of renal biopsy in the clinical management of renal disease. Kidney international 2014 May;85(5):1039-48

[13] Palmer D, Lallu S, Matheson P et al. Karyomegalic interstitial nephritis: a pitfall in urine cytology. Diagnostic cytopathology 2007 Mar;35(3):179-82